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Autore: Legolas_97    19/10/2015    2 recensioni
Non erano soli. Era come se gli alberi respirassero e se nel folto delle tenebre li stessero scrutando. Poi di colpo due lampi gialli si accesero nella notte. Sussurrano qualcosa, un'antica lingua che Artù non comprese.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mordred, Morgana, Principe Artù | Coppie: Morgana/Artù
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Contesto generale/vago
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I rintocchi convulsi della campana d'allarme tornarono a squarciare il silenzio della notte, frantumando il fragile sonno del regnante. Sbarrando gli occhi e stringendo il lenzuolo tra i pugni per la sorpresa, Artù si alzò di colpo e senza curarsi della reazione della consorte si affacciò sul corridoio.
Forse lo avevano catturato e se le sue supposizioni si fossero rivelate veritiere, non avrebbe avuto alcuna possibilità di salvare la vita del figlio.
«Sire, vi sono stati dei disordini nella piazza del mercato! Pensiamo che il bambino druido possa essere uscito allo scoperto» lo informò una guardia mentre il resto delle truppe si mobilitavano per seguire quelle lieve tracce che Mordred aveva lasciato.
«Nel caso lo trovaste prima di me, conducetelo al mio cospetto vivo. E che non gli sia fatto del male; lui non ne ha fatto a nessuno» si raccomandò, bloccando l'armato perché stesse ad ascoltarlo.
Non si cambiò nemmeno. Rientrò nelle proprie stanze unicamente per raccogliere la spada e per indossare una mantella così da vincere il pungente alito dell'inverno. Da solo, armato unicamente di una fiaccola e della propria lama, il Pendragon sfidò le tenebre di quella notte nella speranza di poter trovare quell'innocente prima che fossero le guardie a farlo.
Passò al setaccio alcuni fienili, chiamando il nome del figlio, calpestando la paglia e scrutando nelle ombre di ogni angolo. Nulla che lo riconducesse al mago, il Pendragon non scorse alcuna traccia negli isolati che visitò. Imperterrito, comprendendo che se Mordred davvero aveva rischiato tanto era unicamente per vederlo, egli continuò tuttavia a cercarlo. Incrociando talvolta qualche soldato, Artù controllò ogni più minuto vicolo di Camelot perché sapeva che un corpo tanto esile avrebbe potuto celarsi anche in un modesto cono d'ombra.
Un rumore lo distolse dalla propria ricerca, attirandolo verso un'abitazione pericolosamente fatiscente. Misurando ogni passo con meticolosa cura, temendo il crollo immediato dell'edificio, egli si inoltrò appena attraverso le stanze del piano terreno. Era certo d'aver udito uno scricchiolio, un gemito come se intimorito qualcheduno cercasse di nascondersi dalla visuale nemica.
«Mordred!» chiamò a bassa voce, puntando la spada dinanzi a sé come se volesse scindere l'oscurità. Non ricevette risposta, se non un secondo cigolio. Questa volta accompagnato da un singhiozzo.
«Mordred! Sono Artù, esci...» continuò, danzando con lo sguardo a destra e a sinistra. In quel buio, non riusciva a delineare figura alcuna. E la torcia, oramai esausta, non era troppo d'aiuto.
«Papà, ho paura...» mugolò una vocina dall'angolo opposto rispetto a quello da cui Artù era entrato.
Ora non aveva più dubbi. Il bambino druido a cui stavano dando la caccia, era davvero suo figlio.
«Mordred! Sono qui, papà è qui.»
Non dovette attendere troppo a lungo che un piccolo tornado gli si incollò alle gambe, stringendolo con tanta forza che quasi gli parve di cadere. Svelto lo accolse tra le proprie braccia, guardandolo negli occhi.
L'errore più grande che ora avrebbe potuto commettere era di disinteressarsi della minaccia esterna per concentrarsi unicamente sul figlioletto.
«Dov'è mamma, Mordred? Perché sei venuto da solo?» gli domandò all'istante, schiacciandosi immediatamente a terra quando vide un paio di ombre svoltare l'angolo. Dovevano uscire da Camelot e alla svelta; se Morgana si fosse accorta della fuga del bambino, non si sarebbe fatta alcuno scrupolo a seminare panico e distruzione nei territori del suo reame.
«Volevo vederti, papà. Mi mancavi» mugolò il bambino, reggendosi forte al collo del padre mentre quest'ultimo sgattaiolava tra i vicoli della cittadella fino al confine con la foresta.
«Anche tu mi mancavi... ma non devi usare la magia quando mi vieni a trovare, capito? Non ne hai bisogno, basta soltanto che chiedi del re e sarai condotto da me» gli spiegò, poggiandolo a terra e guardandosi furtivo intorno. Una fitta nebbia albergava i boschi di faggi che proteggevano la fortezza mentre un vento gelido sibilava tra le foglie e i rami secchi, donando al luogo un aspetto orribilmente sinistro.
«Ho paura» sussurrò il bambino, temendo con la sua voce di poter disturbare la finta calma della foresta. Lentamente, egli circondò con le proprie braccia una gamba del padre che a spada sguainata si guardava attorno.
Non erano soli. Era come se gli alberi respirassero e se nel folto delle tenebre li stessero scrutando. Poi di colpo due lampi gialli si accesero nella notte. Sussurrarono qualcosa, un’antica lingua che Artù non comprese.
«No! Ferma mamma!» gridò il mago, opponendosi all’incantesimo della strega con uno simile ed egualmente potente. La foresta fu attraversata da un tuono quando i due poteri si scontrarono e una forte onda d’urto costrinse il Pendragon ad indietreggiare di un paio di passi.
«Vieni, Mordred» lo richiamò la Sacerdotessa mentre il bambino si volgeva in direzione del genitore. Artù gli sorrise, carezzandogli la fitta chioma riccioluta.
«Torna di nuovo qualche volta ma fa’ più attenzione» lo salutò, stringendolo un’ultima volta tra le proprie braccia. Mordred annuì, ricambiando quella stretta che trasudava affetto e sicurezza.
«Grazie, papà» gli sussurrò in risposta prima di scomparire nell’ombra della madre.
   
 
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