Storie originali > Fantasy
Ricorda la storia  |      
Autore: Bab1974    20/10/2015    2 recensioni
Storia partecipante al contest indetto sul forum di EFP da Delirious Rose 'ADA - Associazione Divinità Anonime, III° edizione (e che gli dèi che la mandino buona, questa volta XD)'
Horus mal sopporta la sua vita eterna e sua madre Isis teme che possa fare la fine del padre Osiris. Una ragazza appena conosciuta gli da un'idea che possa interrompere il circolo vizioso: tentare di diventare mortale.
Genere: Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'New Okland Times (NOT)'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La decisione
La decisione




La sala era piena di persone depresse come lui. Il ragazzo, un bel giovanotto di colore che non dimostrava più di diciassette anni, era l'ultimo del gruppo di sostegno a dover parlare dei suoi problemi. Si alzò in piedi ed enunciò la verità, già certo che nessuno gli avrebbe creduto, che, anzi, lo avrebbero preso per pazzo.
"Sono depresso, la vita mi fa schifo e attendo la morte, anche se so che non mi raggiungerà tanto facilmente. Un paio amici mortali mi ha consigliato questo gruppo di sostegno, dicono che è molto utile. E ora sono qui a raccontare i miei problemi.
Mi chiamo Horus, dimostro sedici anni, ma in realtà ne ho qualche migliaio. Mia madre Isis e mio padre Osiris erano fratelli gemelli e io sono nato dalla loro relazione incestuosa. La mia depressione è nata dopo il suicidio di mio padre, che non si è trovato molto bene senza poteri e senza essere osannato dai suoi fedeli. Un inutile castrato. Mia madre da allora ha come unico scopo nella sua eternità che io non faccia la sua stessa fine, che io non interrompa la mia esistenza in maniera volontaria. Io aspetto che lei molli la presa per andarmene per sempre."
Il silenzio che seguì le sue affermazioni, al posto dell'applauso di incoraggiamento che erano soliti eseguire, fu la conferma dei suoi sospetti.
"Vi manderei zio Seth, se non fosse che non sono in buoni rapporti con lui, e vi farei pentire di non credermi." ringhiò Horus, irritato di non essere preso minimamente in considerazione.
Una paio di risatine nervose furono la goccia che fece traboccare il vaso.
"Ok, grazie per l'aiuto e la comprensione." sbottò, prima di fiondare fuori dalla porta. Ma chi poteva biasimare? Chi avrebbe mai potuto credergli, senza che fulminasse qualcuno con lo sguardo e non solo in maniera metaforica?
Con stupore sentì una ragazza urlare da dentro che erano dei dementi, che se qualcuno si inventava una storia del genere era perché aveva bisogno di aiuto, non per essere deriso da qualcuno più pazzo di lui. Anche lei uscì, una ragazza forse non troppo carina e troppo bionda per i suoi gusti, ma con una carattere decisamente da prendere con le molle. Era una delle coordinatrici del gruppo.
"Sei ancora qui, Horus? Mi fa piacere. Volevo chiederti scusa per come si sono comportati quei dementi. Sono talmente contenti che ci sia qualcuno più folle di loro che spesso non capiscono quando passano il limite."
Horus si ritrovò a sorridere. La trovava simpatica, perché si era messa apertamente dalla sua parte e poi non era così male come aveva pensato all'inizio, forse solo diversa dal genere che di solito frequentava.
"E dimmi, tu che genere di problemi pensi che abbia in realtà?"
"Secondo me, tu hai rielaborato il mito di Horus per il tuo interesse, per non vedere quello che è la tua vita in realtà. Tuo padre si è davvero suicidato, probabilmente, e me ne dispiace, e tu hai deciso di farti adottare da Isis e Osiris per diventare qualcuno di intoccabile dal dolore, tipo un Dio."
A questo punto Horus scoppiò a ridere. Sheila, all'improvviso si ricordò il suo nome, alzò un sopracciglio. Non sapeva se sentirsi offesa oppure felice che la sua osservazione lo avesse fatto cambiare in quella maniera repentina.
"Sbalzi d'umore! Direi che il quadro per una anamnesi di depressione c'è tutta." commentò la ragazza "Ora che sembra che tu stia in uno stato di grazia e che per colpa tua ho perso la seduta, che ne dici di offrirmi qualcosa da bere? Visto che sei minorenne, mi accontento di una cola."
Horus tornò triste.
"Già minorenne, non mi sembrava così brutto esserlo, quando ero un Dio." commentò.
Il sospiro esasperato della fanciulla gli fece capire che la stava scocciando con quella storia. Horus la osservò meglio. In fondo era carina e voleva aiutarlo. Si chiese fino a che punto e volle scoprirlo.
"Vuoi conoscere Isis, mia madre? Si lamenta che non le presento mai le ragazze con cui esco, sarà contenta. Vuoi conoscere la dea della fertilità e della famiglia? Ora insegna a cucinare a singoli e a coppie, ma è stata parecchie cose nei secoli, tutto per permettermi di sopravvivere."
"Cos'è che ti angoscia della vita eterna?" chiese Sheila, decidendo di stare al gioco. Studiava psicologia e sociologia e Horus era un soggetto interessante.
"Dimostro sedici anni da millenni. Poi c'è il problema che affligge tutti gli Dei decaduti. Siamo immortali ma soffriamo la fame. Credo che non possa esistere nulla di più brutto. Non sarebbe così male, altrimenti."
"Fame eterna? In effetti credo che neppure io starei bene. Hai detto che vuoi presentarmi tua madre? Accetto, se non hai cambiato idea."
Horus sorrise e le porse il braccio perché potesse appoggiarsi.
"Prendiamo l'autobus? L'America è una gran nazione, potrei guidare a sedici anni, ma la mamma mi deve procurare una patente nuova. Quella vecchia diceva che ero nato nel 1974 e non dimostro quarant'anni."
La ragazza lo fissò interdetta. Si chiese dove poteva portare la fantasia di un ragazzo.
"Come passi il tempo?"
"Ultimamente lavoro con Manitù e Ares in un locale che si chiama Solaris. Si tratta di un pub privato i cui soci sono tutti Dei decaduti. Qualche mese fa mio zio Seth, che sembrava volersi riappacificare con la mia famiglia, ha chiesto alla mamma che lo raggiungessi dove lui ha la sua attività, ma lei ha scoperto che voleva solo farmi del male e ci ha rinunciato."
"Interessante." commentò Sheila, accondiscendente.
"Non mi credi, vero?"
"Cerco di essere aperta di mente, ma è difficile, anche se ammetto che non ti contraddici facilmente. Comunque non vedo l'ora di conoscere tua made, chiunque sia."



Tacquero per tutto il viaggio in autobus. Horus avrebbe voluto raccontarle altri particolari della sua non vita come Dio decaduto, lo divertiva farlo con qualcuno che non  lo sfotteva e si sforzava di capirlo, anche se non gli credeva, ma voleva prima arrivare a casa. Dopo circa mezz'ora giunsero davanti a un'anonima palazzina, come ce n'erano tante in città.
Horus suonò il campanello e si fissò davanti alla telecamera.
"Horus, sei tu?" chiese una voce femminile "Non avrai perso le chiavi, spero?"
"No, mamma, ti volevo presentare una ragazza che ho conosciuto durante l'outing."
"A proposito...non sei tornato troppo presto?" chiese, ma aprì.
Dopo qualche piano a piedi, si ritrovarono davanti a una porta aperta. Ad accoglierli una bellissima donna di colore, con le labbra piene e gli occhi color dell'ambra.
-Acc... è bellissima e giovane. Se dovessi pensare a una dea, credo che me la immaginerei proprio così.- pensò Sheila mentre le porgeva la mano e la salutava.
"Buonasera, spero di non disturbarla."
Isis stava per schernirsi, ma intervenne Horus.
"Non ti preoccupare, noi Dei decaduti non dormiamo mai." la informò.
"Stavo per chiederti com'era andata alla seduta, ma lo posso immaginare. Non hai potuto farne a meno, vero?"
"Che senso ha una seduta del genere, se non racconti la verità. Sono fuggito quando hanno cominciato a ridere." ammise alla fine. "Sheila mi è corsa dietro per consolarmi. Pensa che mi stia immaginando tutto per non soffrire della realtà."
Intanto si erano accomodati in salotto. Isis osservò gli occhi della donna e si chiese se Horus aveva fatto bene a raccontarle tutte quelle cose. Nel loro caso non era sicuro che molti sapessero. Poteva nascere una specie di caccia alle streghe che non poteva portare nulla di buono.
"Lei cosa ne pensa?" chiese Isis.
"Più o meno quello che ha detto lui. Ma... si chiama davvero Horus?" ribatté la ragazza.
"Ora ci facciamo chiamare Horus e Isis Marvel, è un piccolo vezzo che abbiamo molti noi Dei decaduti, di tenere i nostri nomi originali."
Sheila sentì un brivido lungo la schiena. Quella era una famiglia di pazzi! Come poteva cavarsela e riuscire a evitare che finisse uccisa? In che razza di situazione si era messa, se fosse sopravvissuta ci avrebbe pensato due volte come minimo prima di correre dietro al primo che le faceva compassione.
Isis, vedendo la faccia stravolta della ragazza, cominciò a ridere sommessamente. Osservò il figlio, che invece sembrava molto deluso dalla sua reazione.
"Horus, questa pensa che siamo appartenenti a qualche setta e che le vogliamo fare del male." Horus sbuffò e guardò da un'altra parte, come qualsiasi adolescente. "Horus, ti lamenti, ma certe volte rimani proprio infantile, non sembra che tu abbia cinquemila anni." Poi si rivolse a Sheila "Mi dispiace che tu sia stata coinvolta, ma non preoccuparti, non ti elimineremo per mantenere questo segreto, è sufficiente che tu non ne parli a nessuno, giusto per non sembrare pazza anche tu."
"Voi siete davvero immortali?" chiese timidamente, poi osò di più "Dimostratemelo."
Horus scattò in avanti.
"Dai, mamma, posso? Lo faccio io, se vuoi."
Isis sospirò. Si chiese se il tempo avesse  fermato il suo cervello a un livello inferiore, ma acconsentì. Horus corse in un'altra stanza e tornò qualche attimo dopo con un coltellaccio da cucina. Sheila sussultò: questa volta non aveva paura per sé, ma per lui, che potesse farsi male.
"Che intenzioni hai?" chiese, tenendosi la mano sul cuore, che sentiva battere furiosamente "Non fare sciocchezze."
"Non ti devi preoccupare per me. Osserva bene. Fa un po' male, ma ne vale la pena." Horus strisciò la lama lungo il palmo della mano, stringendo i denti per il dolore, lasciando una ferita profonda e lunga, che cominciò a perdere copiosamente sangue. La ragazza vide con orrore, senza il coraggio di emettere nessun suono, il liquido rosso scendere dal taglio e colare fino a terra.
Dopo qualche istante stava per pregare Horus di mettersi una fasciatura, quando si accorse che la ferita si stava rimarginando per conto proprio davanti ai suoi occhi.
"Non ci credo." sussurrò con le lacrime che le scendevano sul viso "Non può essere vero." Si mise poi una mano davanti alla bocca, cercando di riprendersi. "Non che tu mi abbia convinto di avere migliaia di anni, ma di certo non sei normale."
Horus rise e Isis scosse la testa sconsolata.
"Ora che credi di aver ottenuto, a parte un essere umano in più che potrebbe raccontare la nostra storia in giro? Lo sai che siamo sempre a un passo dall'inizio di una caccia alle streghe senza scampo."
"Mamma, sono stanco di questa vita eterna." sottolineò una volta in più Horus "Visto che tu mi impedisci di togliermi la vita, potrei anche optare per farmi uccidere da altri."
"Ma voi non avete rimasto alcun potere?" chiese Sheila, che si era un attimo ripresa.
"In realtà, il mio unico scopo è quello di far sopravvivere questo disgraziato."
La ragazza ripensò ai miti che aveva studiato a scuola e si chiese se potesse fare qualcosa.
"Non hai pensato a una via alternativa?"
"Quale sarebbe? Non ne conosco altre." Horus era curioso di ciò che la ragazza aveva pensato.
"Se non vuoi morire, ma neppure vivere in eterno, perché non diventi mortale? Morirai quando è la tua ora." La proposta fece rimanere senza parola entrambi gli dei decaduti, che si osservarono per un lungo attimo. Horus fu il primo a scuotersi.
"Non sono neppure sicuro che sia possibile una cosa del genere." ragionò, poi si rivolse alla madre "Tu che ne dici? Potrebbe esistere una sostanza che mi tolga l'immortalità?"
Isis scosse la testa.
"Non che io sappia. Conosco molte cose che danno potere, ma nessuna che lo elimini, almeno non a un Dio." Isis sentì un tremito al cuore e si chiese se fosse una soluzione fattibile, l'unica per impedire a suo figlio di togliersi la vita. Il ragazzo, da parte sua pensò che finalmente avrebbe potuto dimostrare diciotto anni, prendere la patente, magari farsi una famiglia. E non vedere morire le persone che amava. Gli era capitato, qualche secolo dopo essere decaduto, d'innamorarsi e di tentare di costruirsi un futuro, ma la sua famiglia, moglie e due bambini, erano morti di tifo, senza dare scampo al suo cuore che si era inaridito.
"Mi sembrava un'ottima soluzione." borbottò Horus, poi riaccompagnò la ragazza a casa propria.
"Dimenticati di me." le consigliò "Porto solo guai." E se ne andò.
Lui e sua madre accarezzarono anche l'idea di trasferirsi, prima che lei tornasse a trovarli. Oramai era un dolorosa abitudine cambiare casa, se non città. Sperarono che questo non fosse il caso. Nonostante tutto, il lavoro al Solaris e la conoscenza con gli dei rimasti e le loro storie, avevano fatto bene a Horus e Isis sperava che potesse continuare. Horus non aveva accennato più al fatto di voler diventare mortale e l'ex dea sperò che anche quella fase fosse archiviata.



Horus non aveva mai smesso di cercare notizie che potessero aiutarlo a scoprire come raggiungere la mortalità del corpo, ma, nonostante al Solaris fosse a contatto con ogni genere di divinità, sembrava che non ce ne fosse qualcuna che sapesse nulla sull'argomento.
"Non capisco perché nessuno ci abbia mai pensato. Perché è meglio uccidersi, piuttosto che diventare mortali?" si lamentò un giorno con il suo datore di lavoro.
"Se diventassi mortale, non ti accontenteresti di un po' di cibo per andare avanti o di qualche vestito." La voce di Ares era calma e cercava di farlo riflettere "Dovresti cominciare a lavorare anche per la tua salute, per la tua famiglia. Vorresti dei figli?"
"In realtà, non ci ho davvero pensato. Ho già perso moglie e figli qualche millennio fa. Sono morti e non so se sono pronto a ritentare subito. Per il momento mi accontento di smetterla di pensare al mio futuro infinito."
"Potresti provare a chiedere alla mia bis nipotina. Ha già aiutato tua madre, non credo che abbia problemi e un sacco di tempo libero. Dorme solo un'ora più di noi." consigliò Ares, dopo averci pensato "Lei e il suo computer hanno a disposizione tutta la conoscenza possibile. Se esiste qualcosa del genere, potrebbe esserti utile a trovarlo."
L'idea di rivolgersi a quella che l'aveva salvato dalle grinfie di Seth, lo spaventava. Quella ragazza aveva qualcosa che metteva i brividi, anche a uno come lui che non poteva morire, con il suo sapere sempre tutto di tutti, senza sbagliare mai. Chissà che gli avrebbe detto, se mai si fosse convinto a metterla a parte di questo suo desiderio? Lo avrebbe compatito, deriso, aiutato? Non era sicuro di volerlo sapere.



Il dio decaduto, non sapeva che la ragazza, una volta che il Solaris era entrato nella sua area di protezione, era diventato uno dei suoi luoghi controllati e che, una volta che la chiacchierata con Seth era entrata a contatto con i circuiti di Linda, il computer di Cynthia, questo ne aveva informato la creatrice, che aveva deciso di mettersi in contatto con lui.
"Così vuoi diventare mortale? Sei sicuro di questa scelta?" aveva chiesto senza parafrasare, attraverso una delle sue microspie. Horus era saltato da una parte, spaventato, rompendo uno dei piatti che stava lavando. Non vedendo nessuno, pensò di essere impazzito, alla fine. Mentre raccoglieva i cocci, sentì suonare il proprio cellulare. Il numero era sconosciuto, ma rispose ugualmente.
"Ti senti più a tuo agio ora che non ti sembra ti parlare da solo?" chiese la ragazza.
"Ma tu chi sei?" Sentì un lieve senso di inquietudine. Essere un dio senza poteri lo metteva a disagio.
"Non lo hai ancora capito? Sono Cynthia Carter. Mi è giunta voce che avevi bisogno di me." avvertì lei.
"Ah, suppongo, allora, che Ares ti abbia già detto qual è il mio desiderio?"
Cynthia gli spiegò che nessuno la aveva interpellata direttamente.
"Microspie? Fai davvero una vita pericolosa!" rise Horus.
"Abbastanza. Posso dire che non mi diverte la vita facile." rispose lei sullo stesso tono ilare.
Horus tornò subito serio.
"Hai già una risposta per me, allora?"
"Non proprio. Prima di chiamarti ho fatto ogni genere di ricerca e, per quanto abbia la possibilità di entrare in ogni genere di sito senza problemi, anche i più segreti, non ho trovato nessun riscontro." ammise Cynthia "Tutti cercano di raggiungere la vita eterna,  ma non conosco nessuno che voglia liberarsene, forse perché non ce l'hanno."
"Quindi mi hai chiamato per dirmi che non c'è speranza?" sbottò lui secco.
Cynthia pensò che i suoi sbalzi d'umore erano preoccupanti, ma continuò.
"Non è esatto. Se questa cosa non esiste, la si può creare. Sto già facendo delle ricerche per un'amica." disse la ragazza, accarezzando lo schermo del computer in cui erano segnati i suoi progressi sulla ricerca per Linda Kolkozky "Posso farlo anche per te. Ho solo bisogno di alcune cose che mi diano un'indicazione. Mi servono il tuo sangue e i capelli e anche quelli di tua madre e magari pure quelli di Ares. Devo fare dei raffronti genetici per scoprire qual è il gene vi tiene in vita in eterno... e trovare una maniera per eliminarlo."
"Pensi che sia così facile?"
"Non c'è nulla di facile al mondo, altrimenti ci annoieremmo. Ci proverò, ma tanto tu hai un sacco di tempo. Passalo a fare qualcosa di utile e smettila di deprimerti."
Horus si ritrovò a sorridere e si chiese se lei lo stava vedendo.
"Sì, ti vedo." rispose Cynthia alla domanda che aveva solo immaginato.
"Sei proprio una strega." accordò lui. "E dimmi, visto che sei sempre così informata, hai più sentito Seth? Sta rigando dritto?"
"Per ora sì. Sta cercando di campare con quello che ha fregato fino ad ora, aspettando un buon secolo che io crepi e che possa ricominciare a fare ciò che vuole. Se un giorno dovessi scoprire la cura per l'immortalità per te (suona strano, eh) credo che gli farò un scherzetto che non gradirà."
Rise di cuore buttando giù il telefono e lasciando Horus con un palmo di naso. Eh sì, non gli sarebbe piaciuto affatto.



Dieci anni dopo...
La donna stava spillando la birra, quando sentì qualcuno che la chiamava per nome.
"Ehi, Sheila, come ti va la vita?"
La ragazza si voltò e sorrise a vedere un ragazzino che dimostrava ancora diciassette anni, nonostante il passare del tempo.
"Horus, hai rinunciato a rinunciare alla vita eterna?" lo aveva detto a voce alta, tanto nella confusione del locale non si capiva molto. "Perdonami il gioco di parole davvero banale."
"No, anzi sono qui per festeggiare. Una mia amica ricercatrice è riuscita a trovare la Cura. Ora sono un essere umano come te. Non te lo posso dimostrare come l'altra volta, ora non ci metterei pochi secondi a guarire."
"Quindi... ce l'hai fatta?!" Sheila sembrava seriamente stupita, forse non pensava che davvero, chi aveva a disposizione la vita eterna, ci volesse rinunciare "Da che cosa lo capisci, se non puoi più ferirti?"
"Dormo almeno sei ore per notte. Prima, per millenni, non ho mai chiuso occhio. Ero entrato per cercarmi un lavoro. Sai se hanno bisogno di un aiuto?"
"IO ho sempre bisogno." enfatizzò la ragazza, sottolineando il fatto di essere la proprietaria del locale.
"Www, è tuo? Non è che coincida con il tuo piano di studi."
Sheila abbassò un attimo lo sguardo sul bancone, che era il suo nuovo ufficio e ammise che aveva sprecato la prima metà della sua vita tentando di migliorare un mondo che voleva rimanere fermo al palo.
"Ho capito che la vita dell'assistente sociale non faceva per me. Me la prendevo troppo a cuore per ogni caso, che si trattasse di un bambino abbandonato o di un giovane drogato. Li avrei accolti tutti a casa mia."
"Sarebbe un po come se un accalappiacani, si ospitasse tutta i cuccioli che cattura." rise Horus.
"Non avrei mai detto una cosa del genere ma a pensarci bene calza a pennello." rispose lei "Poi anche qui posso fare molto. Non sei il primo e non sarai l'ultimo a cui do un lavoro. Basta seguire poche e semplici regole." Gli fece cenno di aggirare il bancone per spiegargli meglio "Questo è un club privato. In realtà può entrare chiunque, ma per consumare bisogna fare una tessera di riconoscimento che i clienti devono avere sempre con loro. Mi raccomando, non una ogni gruppo, una ogni persona. Per evitare che i novellini in periodo di prova, perdano soldi o rubino, questa funziona anche come tessera prepagata, che può essere ricaricata in quella macchina automatica nell'angolo a destra. Oltretutto, il computer, per ogni tessera, segnala la quantità di alcol ingerito e dopo un tot non permette più l'acquisto."
"Accidenti, interessante ma complicato. Come si fa se qualcuno viene con una tessera di un altro?" s'informò Horus.
"Ora te ne mostro una." Fece un cenno a un cliente che si avvicinò con un sorriso, mostrando una gran confidenza. Doveva avere quasi cinquant'anni, ma in quel posto c'era gente di tutte le età. "Billy, il ragazzo sarà il mio nuovo aiuto. Gli mostri a tessera?"
"Volentieri." L'uomo tirò fuori un documento rigido, grande quanto una patente, in cui erano scritti nome, cognome e c'era una foto piuttosto grane che occupava metà dello spazio.
"Come vedi, la foto è piuttosto chiara e i dati sensibili sono presenti solo nel nostro computer. Tu devi servire solo chi ti da la tessera, e smettere di servire chi ha bevuto troppo. Ti assicuro che è più facile di quanto non sembri a parole, una volta che è partito." Sheila congedò il cliente e tornò a osservare Horus. Lo trovava perplesso.
"Cosa non ti convince di tutto ciò?" chiese alla fine.
"Sarei curioso di sapere se un'attività del genere rende. Chi ti dice che quelli a cui non dai più da bere, poi non vadano a in qualche supermercato aperto tutta la notte a comprarsi ciò che vogliono?"
"Questo purtroppo non posso regolarlo. Faccio solo quello in cui credo e, per fortuna, sono sostenuta da una specie di socia, che mi ha aiutato a mettere su il locale e mi aiuta ancora con i computer quando ho bisogno. Senza di lei sarei persa. Cynthia è davvero..."
"Un attimo, mettiti in pausa." l'interruppe lui, mettendo le antenne a quel nome "Non starai parlando di Cynthia Carter. Alta un metro e settantacinque, mora, rompicoglioni, che s'intromette qualsiasi cosa tu ne pensi?"
"Ehm... sì. La tua descrizione le sta a pennello. Lo ammetto, è davvero un po' rompi, e devi seguire le sue regola, ma in fondo è quello di cui noi esseri umani abbiamo bisogno per non entrare in un baratro, uno qualsiasi. Senza regole, diventiamo peggio degli animali."
Già, anche lui era riuscito finalmente a uscire dal suo stato di depressione centenario, grazie a lei.
"Finalmente, grazie a lei, posso sperare in una vita serena, anche se breve."
"Sono contenta per te. E dimmi, tua madre come l'ha presa?"
"Per il momento dice di voler continuare la sua vita. Vuole godersi i nipoti da giovane. In realtà a lei la vita eterna non è mai pesata ed è possibile che mi sia guadagnato una babysitter per i millenni a venire."
"Certo che quella ragazza è davvero un genio e tanto tempo da perdere. Ha inventato una cura per guarire dall'immortalità un solo dio. Cosa se ne farà ora? A cosa gli può servire?"
"Oh, io lo so." ghignò Horus e pensò alla brutta visita che presto avrebbe ricevuto suo zio Seth.
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Bab1974