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Autore: Veronica_Rosazza    20/10/2015    4 recensioni
Non lasciare che la magia finisca: scopri momenti mai visti della storia di Harry Potter, con nuovi personaggi e nuove avventure!
Cassandra ha vissuto una vita quasi normale per dieci lunghi anni; ora, qualcosa sta per cambiare. Ecco il primo libro della mia serie!
'Tremante e con il respiro corto, Cassandra varcò la porta del Paiolo Magico, un locale buio e malandato, al cui interno si trovavano strane persone con indosso strani vestiti.'
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro, personaggio, Fred, Weasley, George, e, Fred, Weasley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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Era passato un mese dalla visita a Diagon Alley, 28 giorni, per l’esattezza. 28 giorni in cui Cassandra e suo zio si erano parlati molto poco. Lei avrebbe voluto ricoprirlo di domande ma lui non era mai stato di molte parole, e da quando era arrivata la lettera, lo era ancora meno. Aveva mostrato interesse, certo, chiedendole di mostrargli la bacchetta e l’uniforme, pretendendo di ispezionare i materiali comprati con i Weasley per assicurarsi che fossero di prima qualità; ma non avevano più parlato del mondo magico. Eppure lei aveva così tante domande da fargli.
« Padroncina! Padroncina Cassandra! Suo zio vuole vederla, signorina! »
Cassandra ebbe un tuffo al cuore. Sapeva che non le avrebbe retto se quella maledetta elfa non avesse smesso di comparire dal nulla, con la sua vocina, il suo corpicino magro e i suoi giganteschi occhioni castani.
« Sinfy! Mi hai spaventata! »
« La padroncina non è ancora abituata a Sinfy… Sinfy è dispiaciuta… Sinfy credeva che il padrone doveva dire a Cassandra di Sinfy! Ma lui non voleva! ». L’elfa si interruppe di colpo, ed iniziò a picchiare la testa sul pavimento.
« Smettila! Smettila!! Perché fai così?? » intervenne Cassandra, cercando di fermare Sinfy.
« Sinfy è cattiva! Sinfy parla male del padrone! Sinfy si deve punire! » strillò l’elfa con la sua acutissima voce.
« No, non devi! Ora smettila e io andrò dallo zio. Ma promettimi che la smetti di picchiarti! »
Cassandra uscì dalla sua stanza, percorse il lungo corridoio, passò oltre le numerose porte chiuse, scese le scale e si diresse verso il salotto. Lì, seduto sulla poltrona, c’era suo zio; accanto, Sinfy. Detestava quella creatura: era comparsa 5 giorni dopo l’arrivo della lettera da Hogwarts e non se n’era più andata; sembrava divertirsi a scomparire e ricomparire in diverse parti della casa. Le avevano spiegato che era rimasta nascosta, in tutti quegli anni, per non far scoprire a Cassandra il mondo magico, ma, ora che ne era a conoscenza, poteva finalmente servire i suoi padroni come era suo compito.
« Siediti » le disse suo zio. « Domani prenderai il treno per andare a Hogwarts. Parte dalla stazione di King’s Cross, alle 11, dal binario 9 e ¾. Verrà a prenderti un taxi qui davanti a casa. Domande? »
« No »

Il giorno dopo, come aveva detto lo zio, un taxi si trovò davanti a casa, alle 8 del mattino, per portarla a Londra, alla stazione. Binario 9 e ¾. Scesa dal taxi era di nuovo sola, come quando era dovuta andare a Diagon Alley. Si armò di carrello portabagagli, ci sistemò sopra un baule preparatole da Sinfy, una borsa comoda ed il trasportino con Ophelia, il gatto.
Binario 9 e ¾. Si diresse verso il binario 9. Non c’era nulla che potesse far pensare a qualcosa di magico, lì intorno. Ben presto si trovò davanti al binario 10, con la spiacevole sensazione di essere stata presa in giro. In quel momento, con la coda dell’occhio, le parve di vedere una persona scomparire. Si voltò e non vide nulla. Incuriosita, tornò sui suoi passi e notò alcuni ragazzi che giravano intorno alla colonna tra i binari 9 e 10. Facendo finta di nulla, si voltò con discrezione, dando le spalle al gruppetto, ma facendo in modo da continuare a tenerli d’occhio: i ragazzi si lanciarono a tutta velocità, con bauli, valige ed animali, contro la colonna. E scomparvero. Uno dietro l’altro.
Binario 9 e ¾. Era impossibile. Doveva aver visto male.
Binario 9 e ¾. A pensarci, era una soluzione abbastanza logica: se per entrare a Diagon Alley avevano dovuto battere su un muro con la bacchetta, perché per arrivare al treno non avrebbero dovuto passare da una parete?
Binario 9 e ¾. Ma chi le assicurava che, senza conoscere la formula magica, non sarebbe solo andata a sbattere?
Binario 9 e ¾. Una signora, vestita in modo stravagante ma elegante, vi ci si stava avvicinando. Vicino a lei una ragazza che teneva in mano un rospo. Cassandra pensò che non potevano che essere dirette la binario 9 e ¾.
« Mi scusi? Sapete dirmi dove si trova il binario 9 e ¾? » chiese timorosa; alla peggio, avrebbero pensato che fosse una persona strana. La signora la guardò, con un’aria di sufficienza mista a disgusto: « Per di qua » disse indicando la colonna; « ma solo maghi e streghe possono passarvi ».
« Lo immaginavo » rispose. « E c’è qualcosa da fare, per passare? Oltre ad essere una strega, intendo », chiese.
« Fa come faccio io », intervenne la ragazza: capelli corvini ed occhi verde smeraldo, il viso sottile ed il naso fino; si limitò a guardarsi intorno, per essere sicura di non dare troppo nell’occhio, e corse dritto contro la colonna, tra i binari 9 e 10.
Era sparita. Era entrata dentro la parete; oltre i mattoni bianco sporco. Ed ora non c’era più.
« Coraggio. Cosa aspetti? Che il treno parta senza di te? » infierì la donna. « Questi figli di babbani… » borbottò fra sé.
Cassandra non ne conosceva il motivo, ma essere figli di babbani non doveva essere una bella cosa. Decise così che nessuno avrebbe più potuto insinuare che lei fosse una figlia di babbani: qualunque cosa volesse significare.
Prese la rincorsa, senza curarsi della possibilità che qualcuno la vedesse, e corse, più veloce che poteva, verso la colonna, ad occhi stretti. Sentì come un brivido, una sensazione come se stesse cercando di passare da un passaggio troppo stretto e, quando questa spiacevole sensazione finì, riaprì gli occhi. Era su un altro binario, popolato da gente vestita nello stesso strano modo di quella che si trovava a Diagon Alley. Sulle rotaie, sostava un treno molto lungo, rosso, a vapore, da quanto poteva vedere; sulla fiancata era ben visibile il titolo “Hogwarts Express”.
Davanti a lei la ragazza di prima e, subito dietro, la donna scortese, che l’aveva seguita attraverso il passaggio.
« Io sono Amalia Macnair » disse la ragazza porgendo la mano a Cassandra.
« Cassandra Dolohov ».
Dopo la sua presentazione, i volti delle due si segnarono di torvi sorrisi, che Cassandra non riuscì a comprendere.
« Cara! È il tuo primo anno ad Hogwarts? » disse la signora Macnair, circondando Cassandra con il braccio sottile. « Amalia è al secondo, sono sicura che diventerete grandi amiche! Se avrai bisogno di qualunque cosa lei sarà felice di aiutarti! »
Cassandra ringraziò stupita e si lasciò accompagnare da Amalia alle porte del treno.
« Fate buon viaggio, e divertitevi! » salutò calorosamente la signora Macnair.
Salite sul treno, Amalia decise quale scompartimento avrebbero occupato e, per questo motivo, cacciò in malo modo i ragazzi che già lo stavano occupando.
« Perfetto! Questo posto mi piace. A te piace? » chiese.
« Si, non è male », rispose imbarazzata.
« Cassandra, giusto? È un bel nome, ma è troppo lungo. Come ti chiamano gli amici? »
« Cassandra », rispose titubante.
« Bene! Ti chiamerò Cassi. Mi piace di più! ». In quel momento, la porta dello scompartimento si spalancò ed entrarono quattro ragazze con una divisa verde addosso. Solo ora Cassandra notava che i ragazzi più grandi avevano le divise ornate da diversi colori.
« Ehy Ami! Muoviti! Ci sono dei mocciosi da reclutare! » disse una delle ragazze: una ragazza grassottella, con i capelli castani, pettinati in due codini ai lati della testa, gli occhi piccoli e neri.
« Hai già cominciato vedo! » aggiunse un’altra ridendo.
« Lasciatela stare. Lei è la mia nuova amica. Vero Cassi? Coraggio, andiamo! Tanto sappiamo già quale sarà la tua casa, non è vero? » le disse facendo l’occhiolino.
Non ci volle molto tempo, dunque, prima che la sua nuova amica strega la abbandonasse da sola sul treno per Hogwarts; in fondo, Cassandra non sapeva decidere se fosse un bene o un male.
Poco dopo che il treno si mise in movimento, la porta dello scompartimento in cui sedeva si spalanco di nuovo, ma con più discrezione di prima, o, per lo meno, con minore violenza. Comparvero due ragazzi, alti, con i capelli rossi e del tutto identici tra loro.
« Ciao! » fecero i due in coro, chiudendosi la parta alle spalle.
« Cosa ci fai qui da sola? » chiese uno sedendosi.
« Domanda più importante. Chi sono io? » chiese l’altro seguendo il fratello.
Sorpresa ed un po’ infastidita, Cassandra rispose che il ragazzo di sinistra, quello che si era seduto per secondo, era George; mentre l’altro, a destra, era Fred.
« … Hai indovinato! Non l’avrei mai detto… » disse George.
« Si vede che sei speciale » aggiunse Fred.
« Quindi perché sei da sola? » riprese George.
« Non lo ero fino a poco fa. Ho conosciuto una ragazza: Amalia »
« La serpe?? » la incalzò Fred.
« Ehm… »
« Aveva la divisa verde?? » fece George.
« Ehm… Si… »
« Oh cielo! Vuole farlo davvero! » esclamò George.
« Vado a prendere Lee e la fermiamo! » disse deciso Fred, uscendo di corsa dallo scompartimento.
« Che succede? » chiese Cassandra dubbiosa.
« Amalia non è una bella persona, sai? » rispose lui in tono serio; « Dovresti starle lontana ». Ci fu una pausa di silenzio, poi aggiunse in tono più spensierato: « Alla fine dell’anno scorso lei e le sue amiche andavano in giro vantandosi che avrebbero convinto più persone possibili del primo anno a chiedere al cappello di entrare a Serpeverde; e bisogna fermarla! O non vinceremo la coppa di quidditch nemmeno quest’anno! »
Osservando l’espressione confusa ed interrogativa di Cassandra, George intuì che non aveva idea di cosa stesse parlando. Le spiego, così, come funzionavano gli smistamenti, le caratteristiche della quattro case, i colori, il torneo di quidditch, la coppa che veniva consegnata a fine di ogni anno, senza tralasciare alcuni malevoli commenti sugli studenti di Serpeverde e qualche colorito elogio alla casa di Grifondoro.
« Tu a quale casa appartieni? » gli chiese.
« A Grifondoro! È ovvio! » le rispose. « Tutta la mia famiglia viene da lì! La tua famiglia viene dal mondo magico, giusto? Andavano a Hogwarts anche loro? »
Cassandra ci pensò un po’ su; non sapeva come rispondere. « Non saprei. Mio padre non era inglese, credo. E mia mamma era… babbana. È così che si dice, no? »
« Si, si è così » rispose George visibilmente imbarazzato.
Il silenzio piombò nello scompartimento. C’erano solo loro due, e nessuno sembrava avere intenzione di rompere quell’imbarazzante momento.
« Come mi avete trovata? », chiese infine Cassandra.
« Oh! Nostra madre ti ha visto dal finestrino! …Le piaci, sai? Ci ha detto di venire a farti compagnia »
« Sono contenta di piacerle », disse sorridendo, e sentendosi, forse per la prima volta da mesi, abbastanza confidente. « Anche voi mi piacete molto »
« Oh si! Sei stata subito simpatica a tutti! Anche a Ginny, che di solito si vergogna troppo per parlare con le persone » replicò George allegro. All’ora di pranzo passò il carrello, guidato da una signora dall’aspetto gentile, con i capelli grigi e le fossette sulle guance. Cassandra non aveva con se soldi e George si offrì di comprarle una confezione di Gelatine Bertie Bott Tuttigusti + 1, perché, sosteneva lui, non poteva andare a Hogwarts senza averle mai mangiate. Sebbene di quelle strane caramelle dei maghi non ne fosse entusiasta, questo le diede spunto per approfondire il funzionamento dei soldi: quando erano andati a fare acquisti a Diagon Alley, si era fidata ciecamente della famiglia Weasley, senza pensare a quando valessero zellini, falci e galeoni.
« Una falce vale 29 zellini, mentre un galeone vale 17 falci » le aveva spiegato George, mangiando una gelatina; « Papà ci ha spiegato che 1 galeone vale 5 sterline, ma non so cosa voglia dire », concluse, scartandone un’altra.
« Che schifo! »
« Cosa?? »
« Queste caramelle fanno schifo! » urlò Cassandra disgustata.
George scoppiò in una fragorosa risata. « Avrei dovuto dirtelo, hai ragione! Alcune hanno sapori un po’… particolari! »
« Sì, e questa sa di schifo! »
« Non te l’hanno insegnato che non si dice mai che il cibo fa schifo? » chiese con aria divertita; « In fondo è questione di fortuna… La mia sapeva di fegato e cipolle! »
Il resto del viaggio trascorse tra altri disgustosi gusti delle gelatine Tuttiigusti+1 ed impazienti domande con cui Cassandra tempestava il suo nuovo amico: sui punti dati per ogni casa, sul gioco del quidditch, sui fantasmi di cui le aveva parlato e sui professori.
D’un tratto, la porta dello scompartimento si aprì ed entrò Fred.
« C’è stato un piccolo diverbio con le ragazza di Serpeverde: Lee non si farà vedere per un po’; non ha un bell’aspetto », sentenziò. « Non vi siete ancora cambiati? Ormai siamo quasi arrivati! »
« Di già? Hanno spostato il castello? » domandò perplesso George.
« Il tempo vola quando ci si diverte! », rispose svogliatamente Fred, mentre fissava qualcosa dalla tendina spostata del finestrino, verso il corridoio del treno. « Ho schivato per un pelo un incantesimo pastoia ma Lee è stato colpito in pieno. Mentre mi difendevo dalla Macnair la Owned gli si è accanita contro »
« E dov’è lui ora? » chiese Cassandra.
« Oh… non credo sia andato lontano… »
« L’hai lasciato là?? » urlò George.
« Cosa potevo fare? Erano cinque contro due! Di cui uno pietrificato! » si difese Fred; « Sono scappato più in fretta che ho potuto! »
« Come pietrificato?? » si stupì Cassandra. Non era certa che fosse lecito pietrificare qualcuno, nemmeno in una scuola per maghi.
« Sì, beh… Cambiatevi. Andremo a recuperarlo dopo » disse Fred, sbrigativo.
« Non ti perdonerà tanto facilmente, lo sai vero? » fece George con un’aria tra il preoccupato ed il divertito.
« Non per farmi gli affari tuoi… Ma quindi hai litigato con Amalia? » chiese piano Cassandra a Fred.
« Sì ma non è un problema. Diciamo che non siamo mai andati troppo d’accordo », le rispose lui.
« Beh, ma questo è il suo scompartimento. E quella è la sua borsa », disse indicando la cappelliera sopra la loro testa.
Seguì un momento di silenzio.
« Ciao! », disse secco Fred, lanciandosi fuori dalla porta dello scompartimento, seguito da George, che non si lasciò invitare due volte.
Sempre più divertita e sempre meno spaventata, Cassandra presa la sua borsa, che Sinfy le aveva accuratamente preparto, e ne estrasse i pezzi della divisa. Mentre si trovava intenta a cercare di capire come girare la pesante toga nera, Amalia entrò nello scompartimento, sola.
« Oh, sei qui. Non te ne sei mai andata? » chiese Amalia.
« No » le rispose, non potendo non pensare al perfetto tempismo che sembrava accordare lei e i gemelli.
« Beh, se non ti muovi non conoscerai nessuno. Non puoi sperare di farti delle amicizie, così »
Cassandra era tentata di dire alla ragazza che non aveva bisogno dei suoi malevoli consigli e che degli amici già se li era fatti; subito però, guardando i suoi capelli leggermente spettinati, pensò a quello che doveva essere successo poco prima, all’altro capo del treno, e convenne che, per il momento, era meglio tenersi certi pensieri per sé.
« Su, non guardarmi con quella faccia imbronciata. Lo dico per te! Per quanto io sia simpatica, penso che dovresti altri amici, oltre a me » disse Amalia con un sorriso accattivante e gentile, per il quale Cassandra non poté che sentirsi sciocca, ad aver mal interpretato le sue parole.
Prima di cambiarsi, Amalia aiutò Cassandra ad infilare la pesante toga nera: « Lo sai fare il nodo alla cravatta? » disse indicando la sua, lanciata sul sedile alle sue spalle. « Se hai problemi puoi chiedere a me, ti insegno volentieri. Di solito sono i ragazzi a doverla indossare, quindi è normale se non sai come si fa ».
Nel frattempo, l’Hogwarts Express rallentò la sua corsa, fino ad arrestarsi. Fuori dal finestrino il tempo era cupo, il sole era calato da un pezzo e le nuvole fitte coprivano interamente il cielo, tanto da non lasciar intravedere neanche una stella. La stazione in cui si erano fermati era debolmente illuminate da alcune fiaccole sospese e sul muro di fronte padroneggiava, dipinta a caratteri antichi, la scritta Hogsmeade.
Quando anche Amalia ebbe terminato di cambiarsi, le ragazze si precipitarono giù dal treno e Cassandra corse a fianco di Amalia, che, senza preavviso e senza curarsi dell’amica, si mise a correre verso l’uscita della stazione. Mentre attraversava di fretta la folla che li vi si accalcava, si sentì afferrare, all’improvviso: mani la trascinavano indietro e di lato, trattenendola per le braccia e per le spalle. Cassandra perse di vista Amalia e presa dallo sconforto per aver perso il suo unico punto di riferimento, si accorse solo ora di essere bloccata e, con tutte le sue forze, senza pensarci, tentò di divincolarsi, di tornare tra la folla. Era spaventata e l’ultima cosa che le interessava era sapere cose stesse accadendo.
« La pianti di correre? »
« Già! Vorrai mica che ti stacchiamo le braccia! »
Sentendo la voce dei gemelli, Cassandra uscì di sé. Era furiosa. L’avevano intrappolata lì e separata dall’unica persona che potesse aiutarla in quel mondo nuovo, fatto di treni a vapore nascosti dietro pilastri della stazione, fatto di galeoni, falci e zellini, fatto di bacchette magiche, fiaccole, foschia, bauli, freddo e cravatte indossate da ragazze. Urlò e sbraitò contro i ragazzi, si arrabbiò con loro facendo esplodere tutta la tensione, lo stupore, la paura, l’ansia che l’avevano angosciata negli ultimi mesi e solo quando ebbe finito, tirò un lungo sospiro, di sollievo e di soddisfazione.
I volti dei gemelli erano increduli e pallidi. Sembravano non capire da dove potesse provenire quella potenza, sprigionata dalle urla e dalla rabbia di una ragazzina di undici anni, alta si e no 150 cm, con quei capelli rossi, quegli occhi azzurri e quel volto ricoperto di lentiggini. « Ok. Va meglio ora? » chiese George.
« Volevamo portarti da Hagrid. Sai, ti abbiamo già detto che di Amalia è meglio non fidarsi » spiegò Fred.
« Da chi? »
« Da Hagrid! Accompagna lui quelli del primo anno » disse George, indicando un uomo gigantesco che si trovava poco più in là, dalla parte opposta a quella verso cui stava correndo prima. Stava chiamando a gran voce i ragazzi del primo anno e Cassandra si sentì tanto stupida, per non averlo notato prima.
« Comunque anche noi siamo tuoi amici! Altro che quella là… » disse Fred.
« Già! Noi siamo più simpatici! »
« E più belli! »
« Indubbiamente! », conclusero in coro.
La scortarono a braccetto, uno da una parte e l’altro dall’altra, verso l’uomo di nome Hagrid e la lasciarono solo dopo essersi raccomandati con lui di non farla cadere nel lago.

Percorsero circa due miglia, uscendo dalla stazione, lungo un sentiero che si allontanava sempre più dal paese nel quale si erano fermati. L’atmosfera era sempre più cupa, il cielo sempre più nero, l’aria sempre più fredda e sembrava che stesse per piovere.
Durante il tragitto, Cassandra non parlò con nessuno. Era troppo intenta ad osservare i suoi compagni per pensare di parlar loro. Ce n’erano alcuni che, come lei, si guardavano in torno, da soli e spauriti; altri facevano lo stesso, ma lo facevano in compagnia; la maggior parte di loro, però, sembrava trovarsi completamente a suo agio in quel luogo, come se non si accorgessero di stare camminando lungo un sentiero sterrato, a pochi passi da un bosco, di notte, verso non si sa quale direzione, per raggiungere una scuola di magia e stregoneria. « Ciao. Ehm… Mi chiamo Hagrid » disse l’enorme uomo che li stava accompagnando, avvicinandosi. « Allora hai conosciuto i gemelli Weasley » Ad un cenno affermativo da parte di Cassandra, aggiunse: « Sono tremendi, quei due! Simpatici, eh… Non credere che no. L’anno scorso si sono subito fatti notare. Pensa che hanno anche dato fuoco all’aula di pozioni! Dovevi vedere la faccia del professore. Se non lo fermavano, stai certa che li ammazzava »
Mentre parlava, Cassandra lo studiava. Era molto alto, con una folta barba nera, e allo steso modo portava i capelli, ricci. Portava in mano una lampada, che schiariva il sentiero; era vestito in un modo assurdo, ancora diverso da quello degli altri maghi che aveva conosciuto fino ad allora.
« Sono in sette, i Weasley, sai? Anche Bill era forte; e Charlie è al suo ultimo anno: mi mancherà quel ragazzo. E poi c’è Percy. Lui non è come gli altri, più antipatico, sai? Se ne va in giro per la scuola, con la sua aria da superiore, a dire a tutti quello che devono e non devono fare » continuò.
« Conosco Percy » replicò lei. « Li ho conosciuti tutti questa estate »
« Oh » disse Hagrid evidentemente imbarazzato. « Beh, non dirgli che ti ho detto che è antipatico. Non è carino », aggiunse.
Quando gli occhi dei ragazzi, orami stanchi, riuscirono a distinguere, nella foschia, quelle che apparivano come barche ondeggianti, a Cassandra fu chiaro quello che intendevano i gemelli con le loro raccomandazioni.
« Ragazzi, questo è il Lago Nero. Con quelli del primo anno lo si attraversa in barca per arrivare a scuola » disse Hagrid. « State attenti a non cadere in acqua: io sono un guardiaccia; non so se riesco a ripescarvi, e c’è una piovra gigante che abita queste acque » aggiunse, e facendo un occhiolino a Cassandra si voltò, diretto ad una delle imbarcazioni. Salì su una di quelle, che sembrava voler cedere e sotto il suo peso.
I ragazzi lo seguirono e si disposero sulle barche, che poggiavano in parte a terra; circa 5 persone su ognuna, tranne in quella in cui sedeva Hagrid, sulla quale lui occupava da solo 3 posti. Quando furono tutti saliti a bordo, la imbarcazioni cominciarono a muoversi, da sole, senza che nessuno remasse.
Sotto di loro, le assi delle barche cigolavano ed il lago nero e la riva portavano i loro sinistri rumori alle orecchie dei ragazzi più spaventati. Sembrava quasi, pensò Cassandra, di sentire la piovra gigante di cui aveva parlato Hagrid muovere le acque sotto di loro, in attesa che una ragazzina più distratta delle altre cada in acqua. D’un tratto, ricordandosi dell’avvertimento di Fred e George, si strinse più vicino alla sua vicina, rimpiangendo di essersi sistemata sul bordo.
« Che c’è, hai paura di cadere? » le chiese ridacchiando la ragazza alla sua sinistra. « Credi davvero che ci sia una piovra gigante lì dentro? »
« Beh, perché non dovrei farlo? Non vedo perché avrebbe dovuto mentire »
« Sono solo storie che si raccontano per spaventare i figli di babbani, lo sanno tutti. Tu sei figlia di babbani? » chiese lei in tono sarcastico.
« No! » rispose Cassandra fermamente, memore della promessa che si era fatta.
Erano ormai giunti a metà della loro traversata, quanto un forte tuono scosse il lago, fino ad allora tranquillo.
« Tenetevi forte » gridò Hagrid. « Non voglio che ci bagniamo, ma neanche che cadete » E, detto questo, le barche aumentarono la velocità, mentre il temporale si avvicinava da ovest.
In breve tempo, furono a terra. Davanti a loro, una lunga scalinata, che non era stata visibile fino a quel momento a causa della nebbia che era calata. In cima, si trovava un enorme castello, dalle alte e numerose torri che si stagliavano contro il cielo nero, illuminato in ogni sua parte da milioni di finestre, che lasciavano intendere che gli altri fossero già tutti al suo interno.
Camminarono lungo i numerosi gradini, affrettando il passo per evitare la pioggia settembrina che li seguiva ormai da vicino; quando giunsero all’ingresso del castello, tutti i ragazzi si accalcarono all’entrata, spingendosi a vicenda.
Quando riuscì a farsi strada, Cassandra si trovò di fronte ad uno spettacolo magnifico: una grande stanza, dal soffitto talmente alto da sembrare infinito; le pareti ed il pavimento in pietra; da un lato, un’imponente scalinata, anch’essa in pietra, seguita da altre rampe di scale, tantissime. Una donna sostava di fronte al gigantesco portone che si trovava poco più in là: era una donna minuta, non troppo alta e decisamente magra; portava un paio di occhiali poggiati sul naso ed un grande ed alto cappello nero, con una grossa piuma di lato.
« Fate silenzio ». Le fu sufficiente pronunciare queste semplici due parole ad alta voce per far tacere tutti i ragazzi agitati ed emozionati che in quel momento si trovavano nell’ingresso. Era di certo una donna forte, di carattere, severa ed autoritaria, in grado di farsi facilmente rispettare. « Benvenuti alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. Io sono la professoressa McGonagall, insegnante di trasfigurazione e direttrice della casa di Grifondoro. Ogni anno, i nuovi studenti vengono smistati in una delle quattro case della scuola: Grifondoro, Tassofrasso, Corvonero e Serpeverde. Ogni casa è degna di rispetto ed ognuna di esse ha visto crescere tra i propri membri alcuni dei più noti ed importanti maghi della storia della magia. Ogni vostro trionfo porterà punti alla casa in cui verrete smistati, così come ogni vostro fallimento ne toglierà. Alla fine di ogni anno scolastico, la casa che avrà ricevuto più punti vincerà la Coppa delle Case.
« La cerimonia di smistamento avrà luogo nella sala alle mie spalle a comincerà a breve. Prego tutti quanti di fare silenzio e di ricomporsi come meglio è possibile ».
Durante il viaggio, George aveva spiegato a Cassandra come avveniva lo smistamento: in fila, uno dietro l’altro, davanti al resto della scuola e degli insegnanti, avrebbero dovuto cimentarsi in un incantesimo che veniva loro chiesto; in base alla loro bravura, venivano smistati in una delle case: in Grifondoro i migliori, seguiti da Corvonero e da Tassofrasso; infine, in Serpeverde si trovavano i più scarsi.
Naturalmente non aveva potuto dirlo a George, ma lei a casa si era esercitata con alcuni semplici incantesimi, guidata dallo zio; ora non poteva far altro che sperare di non fare brutta figura e di non finire in Serpeverde.
Le pesanti porte vennero aperte e lo spettacolo che si parò davanti ai ragazzi era ancor più mozzafiato di quello della sala d’ingresso. In un’enorme stanza rettangolare, che si sviluppava in lungo davanti ai loro occhi, erano disposte quattro grandi tavolate, due verso il fondo e due dall’altra parte; lì erano seduti i ragazzi più grandi. Di fronte, in senso opposto a quello dei tavoli degli studenti, ce n’era un altro, al quale sedevano quelli che dovevano essere i professori. Le pareti erano finemente lavorate, e piccole creature simili a gargoylle erano state scolpite a fissarli. Notò allora il soffitto: sembrava non esserci; sullo sfondo appariva il cielo, come l’avevano veduto fino a poco fa fuori dalle mura del castello, e tutto era illuminato grazie a miliardi di candele sospese a mezzaria, sopra le loro teste. Altre luci provenivano dalle fiaccole che erano appese alle pareti. Le tavole erano imbandite come per una grande festa: grandi piatti dorati da portata e non sostavano sui tavoli, e così erano disposti anche bicchieri e posate.
La professoressa McGonagall ordinò loro di disporsi in fila, di avanzare lungo l’enorme salone e facendoli fermare al centro, tra le due file di tavoli, ad aspettare.
« Psss… Cassandra! » si sentì chiamare. Si voltò e vide Fred e George che, poco lontano, in avanti, le sorridevano, le facevano segno di stare tranquilla con i pollici alzati e le sillabavano “GRIFONDORO”. Lei rispose con un sorriso, mentre davanti alla fila era stato disposto un alto sgabello con appoggiato in cima un vecchio cappello a punta, malconcio e con un enorme strappo rivolto verso gli studenti. Il silenzio calò nella sala, e tutti guardavano fisso in quella direzione.

Venite, presto, accorrete!
Son io, son qui, di nuovo,
A narrarvi la storia che or ascolterete.

La nostra scuola da quattro fu fondata
Di giovani maghi divenne ritrovo
E la tradizione più non fu abbandonata.

Grifondoro premiava il coraggio
Ragazzi di fegato e audaci
Presso di lui trovavano alloggio.

La bella Corvonero una cosa chiedeva:
Intelligenza e curiosità veraci;
Questi ragazzi ella accoglieva.

Tassofrasso di Tosca la casa,
gentili d’animo e buoni di cuore
fanno di questa il grande onore.

Abili e scaltri Salazar li voleva,
sull’ambizione la gloria si basa:
solo questi egli teneva.

Ponetevi dunque di fronte a me
Che dei fondatori sono retaggio
Attendete fino a che
A ciascuno non farò omaggio.

La canzone, per quanto fosse difficile a credersi, era stata cantata dal cappello che sedeva davanti a loro: il grosso strappo si era trasformato una bocca.
« Ora, avanzerete uno per volta, quando verrà chiamato il vostro nome. Indosserete il Cappello Parlante e verrete smistati », annunciò la professoressa McGonagall.
« Allen Eliza! » urlò la professoressa. Una ragazza piccolina, con capelli biondi molto corti e sfavillanti occhi azzurri si avvicinò senza mostrare incertezza, si sedette sullo sgabello e il cappello parlante le venne posto sopra la testa. Ci vollero un paio di minuti prima di avere una risposta dal Cappello.
« SERPEVERDE! »
La fila cominciava ad avanzare: due passi; quattro passi.
« Belby Marcus! »
Cassandra aveva intanto raggiunto Fred e George al posto in cui erano seduti; stavano parlando con un ragazzo un po’ mal concio, con il viso ricoperto di brufoli. Doveva essere il loro amico Lee Jordan, a giudicare dalla sua faccia arrabbiata, ma, pensò Cassandra, non era ridotto male come se lo era immaginato.
« È vero che nel lago c’è una piovra gigante? » chiese Cassandra bisbigliando.
« Bell Katy! » chiamò la professoressa McGonagall.
« Certo che è vero! Mica favole! Qualcuno è caduto nel lago anche quest’anno? » rispose Fred.
« GRIFONDORO! ». Un forte applauso si aprì nel tavolo al quale erano seduti i gemelli.
« No, no… ma una ragazza mi ha detto… »
« Attenti… Piton vi guarda male… » avvertì George, interrompendo Cassandra.
Si girò e lo vide: seduto al tavolo dei professori. Lunghi capelli corvini, come gli occhi, vestito interamente di nero e con uno sguardo di rimprovero impresso sul volto. Guardava proprio loro.
« Chang Cho!»
Nel frattempo la fila era avanzata e Cassandra era rimasta in dietro.
Dopo alcuni istanti il Cappello sentenziò: « CORVONERO! »
Fino ad allora Cassandra aveva prestato scarsa attenzione allo smistamento, troppo presa com’era dalla grande sala in cui si trovava. Non sapeva quante persone erano già state smistate.
« Davis Chloe! »
La lettera D. Tra poco sarebbe toccato a lei. Si impose di osservare attentamente cosa accadeva ma non vide nessun incantesimo, tantomeno da parte dei ragazzi che venivano smistati. O almeno non accadde per Chloe Davis, che venne smistata in Tassofrasso.
Nemmeno il ragazzo di Grifondoro che venne dopo di lei fece nessun incantesimo. Cominciando a pensare di essere stata presa in giro, Cassandra si voltò verso il tavolo in tumulto alle sue spalle, ma i gemelli erano troppo occupati a festeggiare il nuovo compagno per rispondere al suo dubbio.
« Dolohov Cassandra! »
Quasi non si sentì chiamare. Si girò e si diresse nervosa verso l’insegnante ed il cappello. Vide i gemelli che la fissavano ad occhi sgranati e si agitò di più. Si voltò vide, dall’altra parte, Amalia che, insieme alle sue amiche, le sprigionavano larghi sorrisi. C’era un’ultima persona che avrebbe voluto vedere nell’attesa che il Cappello Parlante la smistasse, ma non fece in tempo a cercarla che, con sua enorme sorpresa, quello cominciò a parlarle.
« Bene. Molta astuzia, vedo. Molto carisma, anche… »
La voce non sembrava arrivarle alle orecchie, ma sembrava piuttosto essere direttamente nella sua testa.
« Non molto temeraria, temo… »
Se quella voce avesse potuto sentirla solo lei si sarebbe spiegato il perché prima non avesse sentito niente.
« Intelligenza e costanza da vendere! Sono indeciso... Non certo Grifondoro bambina mia… Non fa per te! Diciamo… Corvonero… No. Manchi di saggezza. »
Cassandra cominciava a sentirsi in imbarazzo. Cominciava ad arrabbiarsi: quel cappello non la stava certo coprendo di complimenti! « Serpeverde o Tassofrasso… No. Ho deciso… TASSOFRASSO! »
E salì, da uno dei tavoli, un forte applauso. Amalia e le sue amiche ora portavano in volto lo stesso sguardo che aveva visto prima addosso a Fred e George, che ora erano girati verso il loro tavolo. La professoressa McGonagall le sfilò il cappello di testa e lei si diresse verso il tavolo che prima l’aveva applaudita, seguendo l’esempio dei suoi compagni prima di lei. Si sedette vicino a Chloe Davis, che la salutò presentandosi e dicendo che sarebbero diventate grandi amiche.
« Dubois Clara! »
« GRIFONDORO! » annunciò subito il Cappello Parlante.
Cercava intanto di studiare i volti dei suoi nuovi compagni, tentando di capire con quali di loro avrebbe più facilmente potuto andare d’accordo. Chloe non la convinceva: quella ragazza dal lungo naso, bassa e forse troppo magra non le piaceva affatto.
« Edgecombe Marietta! »
Eccola là! La ragazza che l’aveva presa in giro durante il tragitto in barca!
Il cappello parlante impiegò molto tempo a smistarla; a Cassandra sembrò passare un’eternità, forse anche per il fatto che Chloe Davis colse l’occasione per presentarsi a dovere. Scoprì così che i suoi genitori erano babbani, che per lei quel mondo era tutto nuovo, che era molto emozionata e felice di essere in Tassofrasso, che sperava di farsi molti amici, che voleva prendere solo voti alti e diventare una brava strega, che adorava gli animali, che i suoi genitori avevano un maneggio e che lei possedeva tre gatti, ma che nessuno di loro l’aveva seguita a scuola, perché non erano magici, e quindi aveva dovuto comprarsene uno nuovo.
« Tu hai animali? » chiese infine.
« Ho comprato un gatto; si chiama Ophelia. E a casa abbiamo un elfa domestica, ma non so se valga come animale »
Ebbe così modo di far raccontare a Chloe che non sapeva cosa fosse un elfo domestico e che…
« CORVONERO! » la interruppe finalmente il Cappello Parlante.
Un grosso boato si aprì, questa volta, in tutta la sala. Cassandra e Chloe non sapevano il motivo ma alle insistenti domande di lei rispose un ragazzo più grande, seduto di fronte a loro.
« È una testurbante! Significa il cappello parlante ha impiegato più di 5 minuti per smistarla ed è un evento molto raro! ». Il ragazzo sembrava non essere troppo alto ma era abbastanza imponente, con capelli ed occhi scuri. Non disse molto altro in quel momento ma fu sufficiente per catturare l’attenzione di Chloe, che da quel momento rivolse le sue numerossissime domande a lui.
La professoressa McGonagall chiamò numerosi altri studenti ed il Cappello parlante li smistò. Un certo McLaggen Cormac finì in Grifondoro, mentre Jonas Daniel, insieme a Ricci James e Taylor Ruby si ritrovarono a Serpeverde; Janssen Jessy venne mandato a Corvonero e Tassofrasso guadagnò Patel Riley e Smith Zacharias.
Quando anche Willer William fu smistato in Corvonero, un uomo alto e molto magro, con lunghi barba e capelli argentati, si alzò dall’imponente sedia su cui era rimasto seduto in questo tempo.
« Quello è il preside. Albus Silente » spiegò Eric Goodway, il ragazzo seduto di fronte a loro.
« Benvenuti ad Hogwarts per un nuovo anno scolastico. Spero vivamente » e quest’ultima parola fu detta con particolare enfasi, « che nessuna ala del castello dovrà essere ricostruita, in parte o da capo, quest’anno. Buon appetito! »
Cassandra non poté fare a meno di pensare che quelle parole fossero rivolte ai gemelli Weasley, visti i racconti fatti da Hagrid.
Mentre cercava, con palese insuccesso, di incrociare lo sguardo di Fred e George, che nel loro tavolo, le davano le spalle, non si accorse che gli altri ragazzi avevano incominciato a cenare. Gustose pietanze dall’aspetto prelibato e di tutti i colori e di tutte le provenienze erano apparse sui vassoi che fino ad un momento prima erano rimasti vuoti. « Mangia! » le urlò Eric, mentre masticava del pollo e mentre le rovesciava nel piatto delle salsicce di cinghiale. Accanto a lei, Chloe si era servita con del riso: « Sono vegetariana » disse sorridendo. Vedendosi comparire sotto gli occhi bontà di ogni genere, Cassandra si ricordò che, non tenendo conto della caramelle dall’orribile gusto mangiate insieme a George sul treno, era da quel mattino che non metteva sotto i denti qualcosa. Si servì così di tutto ciò che le ispirava un buon sapore, facendo attenzione a che nulla le giocasse il brutto scherzo delle Gelatine Tuttigusti+1. Mano a mano che i vassoi si svuotavano, nuovi cibi vi ricomparivano dentro e Cassandra si chiedeva se sarebbe stato sempre così, ogni giorno, per ogni pasto.
Quando tutti ebbero finito di mangiare, gli avanzi lasciati nei piatti scomparvero, così come erano comparsi, e Silente si alzò nuovamente. « Spero che il banchetto sia stato di vostro gradimento. Ricordo che a tutti gli studenti non è permesso addentrarsi nella Forse Proibita: molte creature pericolose vi abitano. Dal momento che oggi viviamo di sabato, domani non ci saranno lezioni, che cominceranno lunedì » Uno scoppio d’entusiasmo invase la sala e il professor Silente si unì all’applauso. « Per quelli del primo anno: troverete che i vostri effetti sono nelle vostre camere, insieme agli orari delle lezioni. I prefetti vi scorteranno nelle vostre sale comuni.
« Ora, prima di salutarci, trovo opportuno ricordare l’inno della nostra scuola ». detto questo, agitò la lunga bacchetta, da cui fuoriuscirono lunghi nastri dorati, che composero delle parole sopra ciascuno dei tavoli. Subito, tutti iniziarono a cantare, ognuno a suo modo, con sue note, suoi ritmi.
« Hogwarts Hogwarts, Hoggy Warty Hogwarts per favore insegnaci qualcosa, a noi, anziani, calvi e tutti storti, a noi ragazzi dai calzoni corti, le nostre teste devono riempirsi di cose interessanti da non dirsi, per ora sono vuote e piene d’aria, di mosche morte e roba secondaria, insegna a noi che cosa va imparato, ripeti ciò che abbiam dimenticato, fa’ del tuo meglio e noi faremo il resto, finché il cervello non ci andrà in dissesto ».
Cassandra non cantò neanche una sillaba. Più che divertente, la scena le sembrò degna di non essere ripetuta mai più. Dato, però, che quando tutti ebbero finito ci fu un grande applauso, ampiamente incoraggiato dal preside e da molti degli studenti più grandi, ebbe l’impressione che quello strano rito si dovesse ripetere ogni anno.
« Coraggio! Ciascuno nei propri dormitori! » disse Silente entusiasta.

Giunti fuori dall’enorme sala in cui erano rimasti fino ad allora, Cassandra notò le quattro grandi clessidre che si trovavano in quella che capiva ora essere la sala d’ingresso. Ognuna di esse era sorretta da una statua che rappresentava una casa: un grosso leone, un corvo, un tasso e un serpente; nella parte superiore di queste si trovavano, rispettivamente, delle pietre rosse, blu, gialle e verdi.
« Tassofrasso, seguitemi per favore! » disse un ragazzo molto più grande di loro. « Non mischiatevi altre case. Prestate attenzione ». Tutti i ragazzi del primo anno che erano stati smistati in Tassofrasso si riunirono in un angolo dell’ampio locale, in modo da fare defluire la folla che stava uscendo dalla Sala Grande.
Quando ci fu più calma, il ragazzo cominciò di nuovo a parlare: « Bene, ci siamo tutti? Io sono Gabriel Truman, sono il prefetto della casa Tassofrasso; ora vi accompagnerò al nostro dormitorio. Fate attenzione, e non rivelate a nessuno, per nessun motivo, dove si trovi l’entrata e, soprattutto, il modo per accedervi ». Fece una pausa. « Tutto chiaro? Bene! Allora andiamo! »
Ormai la sala d’ingresso era quasi vuota. Seguendo Gabriel, la attraversarono e si diressero verso una porta a punta, in legno, a sinistra dell’enorme scalone in marmo; passati dalla porta, scesero delle scale e si ritrovarono in un ampio corridoio di pietra, adornato da moltissimi quadro raffiguranti cibo ed illuminato da numerose torce, appese alle pareti. Procedettero lungo il corridoio, tra l’allegria di alcuni ed i sussurri tremanti di altri, con Chloe Davis che si divertiva a descrivere ogni singolo quadro con minuziosa attenzione. Si fermarono solo quando giunsero ad una nicchia creata nel muro di pietra, dentro la quale erano impilate alcune grosse botti.
« Ora, prestate bene attenzione, perché non è semplice e non lo ripeterò », disse Gabriel. « Tutto ciò che dovete fare per accedere al dormitorio è bussare sulla seconda botte dal basso, nel mezzo della seconda fila. Dovete ripetere questo esatto numero di colpi e con questo esatto ritmo, o si attiverà il meccanismo anti-intruso ». Detto questo, busso con uno strano ritmo sul coperchio della botte che aveva indicato: questo si aprì, e lasciò intravedere un cunicolo terroso, che sembrava procedere in salita.
« Tutto qui », aggiunse Gabriel, con un tono che a Cassandra apparve un po’ atterrito. « Coraggio, seguitemi ».
Uno per uno si avventurarono all’interno della botte, e Cassandra riuscì, almeno per quel momento, a seminare Chloe, che non smetteva di elogiare la complessità dell’entrata. Dopo poco tempo, le si aprì davanti agli occhi un’ampia stanza circolare, dal basso soffitto, calda ed accogliente, decorata con i colori giallo e nero e con numerosissimi cactus danzanti, poggiati su altrettante mensole. Dal soffitto, portavasi in rame accoglievano felci ed edere, che si protraevano come a volere toccare terra. Tutto, in quella stanza, era circolare: dalle porte, ai tavoli, alle mensole e perfino al camino fiammeggiante! Sopra di questo, troneggiava il quadro di una strega dal volto gentile, con in mano una coppa dai due manici; intagli di tassi danzanti decoravano i numerosi mobili in legno, del colore del miele. Era proprio una bella stanza, che, debolmente illuminata, dava una profonda sensazione di pace. « Eccoci arrivati. Se tutto andrà bene, questa sarà la vostra casa, per i prossimi sette anni »
« Beh… Menomale che è carina, allora » disse Chloe, che ne frattempo aveva raggiunto Cassandra.
« Ora », aggiunse Gabriel, « la porta sulla sinistra conduce al dormitorio delle ragazze, mentre la porta sulla destra a quello dei ragazzi.

Troverete lì tutte le vostre cose e gli orari che potrebbero servirvi » « Oh! Presto! Andiamo a vedere se abbiamo i letti vicine! » disse forte Chloe, prendendo Cassandra per un braccio e trascinandola attraverso la porta circolare di sinistra.
Giunte ai loro letti, le ragazze trovarono che questi erano in perfetto stile con il resto del dormitorio e della Sala Comune: erano bassi ma ampi, con alti materassi e ricoperti da piumosi cuscini e trapunte patchwork gialle.
Cassandra fece conoscenza con altre ragazze che, fortunatamente non sembravano socievoli come lo era Chloe: Dalia, Joanne e Norah. Ognuna di loro si sistemò nel proprio letto, e cominciarono a parlare della giornata: della scuola, della casa, dei compagni. Non molto più tardi, però, tutte crollarono in un profondo sonno. Tutte tranne Cassandra, che rimase a fissare a lungo il soffitto in pietra beige, pensando a quanto erano cambiate le cose, da un paio di mesi a quella parte.

Il mattino seguente, Cassandra fu svegliata dalla luce che penetrava da una delle finestre circolari che si trovavano in alto, vicino al soffitto. Le sue compagne di stanza ancora dormivano, così decise di guardarsi attorno per cercare di non essere colta impreparata nei giorni futuri. Si vestì e la prima cosa che andò a controllare fu la sistemazione delle finestre: c’era un motivo se si trovavano così in alto, ed il motivo era che l’intero dormitorio si trovava nei sotterranei del castello. Guardando fuori, infatti, era ben visibile l’erba del prato che circondava la scuola; le finestre dovevano essere incantate, poiché anche se fuori il tempo era uggioso, una calda luce illuminava la stanza.
Guardò l’orologio che lo zio le aveva regalato e che portava allacciato al polso: le 8 del mattino; aveva dormito più di quanto non pensasse. Decise di andare nella Sala Comune, e, con sua enorme sorpresa, trovò solo un ragazzo che già era alzato.
« Ehy, ciao! Dormigliona! », disse Eric.
« Ci sei solo tu? » chiese Cassandra.
« Oh, si… Sono in ritardo. Sono sempre in ritardo »
« In ritardo per cosa? » chiese subito, assalita dal dubbio di aver dormito per un giorno interno e che quello non fosse domenica.
« Beh, in ritardo per… fare cose. Gli altri sono tutti sotto a fare colazione. Menomale che oggi è domenica, o voi del primo anno sareste tutti fregati dalla vostra stessa voglia di dormire! »
« Puoi aspettarmi qui un momento? » chiese, e velocemente si dileguò attraverso la porta del dormitorio delle ragazze. Ogni stanza era vuota, tranne quelle in cui quelle del primo anno ancora dormivano. Corse a svegliare Chloe e le altre compagne, dicendo loro che erano state le uniche a non svegliarsi. Prese dall’imbarazzo, tutte si prepararono in fretta e furia, mentre Norah aiutava a svegliare le ragazze delle stanze vicine.
Insieme, scesero nella Sala Comune, dove Eric aveva mantenuto la promessa, e le stava aspettando.
« Ce ne avete messo di tempo! Possiamo andare? »
Lui fece strada, infilandosi nel corridoio terroso, fin sotto, alle botti, e poi al largo corridoio in pietra. Le ragazze lo seguirono mentre Chloe si preoccupava di come avrebbero potuto svegliare gli altri, nel dormitorio maschile.
Giunte in Sala Grande, le ragazze non poterono fare a meno di notare che gli unici presenti a fare colazione erano i membri della casa Tassofrasso.
Non sapendo se essere infastidite o imbarazzate, si sedettero vicino ai loro compagni: erano lì disponibili pancakes, salsicce, uova, pancetta, prosciutto, fagioli, pane, burro, yogurt e marmellate di ogni genere e sorta. Cassandra non era abituata a vedere tutto quel cibo, soprattutto per la colazione: a casa sua, lei e suo zio avevano pasti molto veloci e all’istituto che aveva frequentato fino ad allora non ci si sprecava certo di fantasia.
Mentre la colazione procedeva, e alcuni compagni già si erano alzati da tavola, il professore di pozioni, il professor Piton, entrò nella sala, ma subito ne uscì borbottando parole incomprensibili.
« Che succede? » chiese Cassandra.
« Oh… lui è il direttore dei Serpeverde. Tutti gli anni chiede ai suoi allievi di essere puntuali… ma non lo sono mai… Tutti gli anni »
« Ma puntuali per cosa? Non c’è lezione oggi, vero? » incalzò Chloe.
« No. Ma noi siamo qui e loro no! » disse Eric, scoppiando in una fragorosa risata che attirò l’attenzione di tutti.
« Buongiorno, buongiorno ragazzi. Allora, questi sono i nostri nuovi arrivati! ». Era una signora sorridente, che indossava un vecchio cappello, tutto rattoppato. « Bene, bene… E i ragazzi? I nuovi allievi? » « Dormono! » disse Eric ridendo.
La professoressa Sprout sospirò. « Vai a svegliarli, Goodway. Bisogna rimboccarsi le maniche per vincere di nuovo la coppa. E questo non è certo un buon inizio! »
« Quale coppa? » chiese Norah Kat, mentre Eric si alzava da tavola.
« La coppa delle case, carina! Si vince con i punti! E chi dorme non porta punti! ». Conclusa la frase la professoressa si andò a sedere poco più in là, per la colazione.
« L’anno scorso abbiamo vinto la coppa. Vuole che ripetiamo l’impresa » disse una ragazza più grande a Norah, con aria rassegnata. Non sembrava confidare molto su questa possibilità.
Finirono con calma la colazione e prima delle 9 tutti i Tassofrasso si erano già alzati da tavola, mentre Piton entrava a passo svelto nella Sala Grande trascinando un giovane Serpeverde per un braccio. Uscendo, Cassandra incrociò Amalia, che le sorrise e le fece cenno che si sarebbero viste più tardi.
« Cosa facciamo? » chiese Dalia.
« Non lo so… cosa si fa la domenica ad Hogwarts? » rispose Joanne.
Rimasero così in silenzio alcuni istanti, guardandosi intorno nella sala d’ingresso. Ad un tratto Chloe suggerì di perlustrare la scuola, alla ricerca delle aule in cui avrebbero dovuto passare i prossimi sette anni. La proposta venne accolta con favore e le quattro ragazze si incamminarono su per i gradini dello scalone di marmo.
Un gruppo di Grifondoro stava intanto scendendo le stesse scale e, quando li intravide tra la folla, Cassandra chiamò Fred e George, che però non risposero al saluto, proseguendo di corsa verso la Sala Grande. Anche Percy sembrò non vederla; per ultimo, passò Charlie, che la salutò con un gran sorriso.
« Oh, ragazze! Attente alle scale! » urlò.
« Attente alle scale? Cosa significa attente alle scale? » chiese Chloe alle amiche, riprendendo a salire. Giusto in tempo per finire la frase, la rampa di scale sulla quale erano appena salite, sulla sinistra, si mosse. Stava cambiando direzione! Non più verso il lungo corridoio al quale erano dirette, ma verso un pianerottolo, dal quale prendeva vita solo un'altra rampa.
« Credo che intendesse esattamente questo » disse Cassandra, immobile in mezzo alla rampa, ora ferma.
« Che facciamo? Torniamo indietro o saliamo? » chiese Joanne.
« Già che siamo qui, saliamo, no? » disse Norah decisa, afferrando Dalia per una delle sue ossute braccia.
Così salirono; e salirono ancora. Tra scale che si muovevano e nessuna idea di dove fossero dirette, Norah riuscì a portarle tutte dritte alla guferia.
« Siamo sicure di poter stare qua? » chiese Dalia.
« Se non avessero voluto farci salire qui ci sarebbe stata almeno una porta » rispose Joanne.
« Venite a vedere! » gridò Chloe, pericolosamente affacciata alla finestra della gufiera.
Davanti ai loro occhi, un enorme prato, tutto in discesa, conduceva alla Foresta Proibita, che, ammirata ad una simile altezza, mostrava il suo lato più affascinate. Non scura e spaventosa, ma illuminata dal freddo sole di settembre lasciava intravedere tutte le sue sfumature. Poco distante, nella direzione del castello, si trovava una strana capanna in legno, affiancata da un altrettanto strano recinto.
« Chissà perché non vogliono che ci andiamo… » si chiese Cassandra.
« Non hai sentito? Ci vivono creature pericolose » subentrò Joanne.
« Beh ma non sembra tanto male, no? » disse Dalia.
« Beh, tanto non ci possiamo andare » concluse Norah, imboccando nuovamente le scale che le riportavano sui loro passi.
Scesero un’infinità di scale, così come le risalirono. Incontrarono un gruppo di Corvonero più grandi che accompagnavano un gruppo di ragazzi del primo anno, passarono per la biblioteca, per l’infermeria, che già vedeva, su un lettino, stesa una ragazza, scesero fino all’aula di pozioni e poi di nuovo su fino alla Torre di Astronomia. Arrivata l’ora di pranzo, erano sfinite, ma soddisfatte: pensavano di aver già esplorato buona parte del castello.
Scendendo verso la Sala Grande, Cassandra vide due ragazzi passar loro velocemente accanto e dileguarsi in un corridoio, sulla destra. Erano senz’altro Fred e George.
« Voi andate, io vi raggiungo dopo » disse alle altre ragazze fermandosi e poi risalendo le scale che stavano percorrendo per scendere.
« Dove vai? »
« Non rischi di perderti? »
Queste domande non trovarono risposta, perché Cassandra si sentiva troppo impegnata nel suo inseguimento per dar loro retta. Mano a mano che li seguiva, i due ragazzi sembravano aumentare il passo. Sempre di più. Sempre più veloce. Lungo nuovi corridoi, su e giù per altre scale, facendo avanti e indietro per il castello. Alla fine Cassandra si decise a chiamarli. I gemelli si fermarono di colpo, si diedero uno sguardo veloce l’un l’altro e si voltarono verso di lei.
« Cosa vuoi? » chiesero in coro.
Cassandra era perplessa. Allora l’avevano sentita. Allora stavano… scappando?
« Come? »
« Hai bisogno? »
« Cosa c’è? »
« Ehm… volevo solo parlarvi. Da ieri non ci siamo più visti » provò a dire Cassandra; subito dopo aggiunse, sorridente: « Mi avete mentito, non c’era nessuna prova », ma fu subito interrotta da Fred.
« Già, beh, anche tu »
« Anche io cosa? »
« Hai mentito, no? » proseguì George. « Dovresti smetterla di seguirci », concluse. Entrambi si girarono e proseguirono giù per le scale. Cassandra li vide arrivare fino allo scalone in marmo della Sala d’Ingresso e svanire nella Sala Grande. Cos’era successo?
Il tempo per il pranzo fu breve, la corsa dietro ai gemelli era stata più lunga di quanto non le fosse sembrato; il resto del pomeriggio trascorse come aveva fatto il mattino, ma meno frenetico: le ragazze capirono che c’era ancora molto, troppo da visitare.
A cena Cassandra non prestò molta attenzione alla fame che la divorava. Continuava a pensare a Fred e a George. Hai mentito. Dovresti smetterla di seguirci. Non aveva senso. Lei non aveva mentito. Su cosa? Seduta dov’era dava le spalle al tavolo di Grifondoro; avrebbe tanto voluto poter parlare con loro, ma quando anche la torta di zucca sparì dai piatti dorati tutti dovettero tornare nelle rispettive sale comuni e non ci fu l’occasione.
Quella sera, coricata nel suo letto in legno scuro, Cassandra non prese sonno in fretta, tanto che cominciò a chiedersi sarebbe mai riuscita a dormire sotto quella trapunta patchwork.

Note dell'autore: Ho voluto utilizzare le terminologie della nuova traduzione; per cortesia non apriamo discussioni in questo proposito. Fatta eccezione per alcuni personaggi e per la trama in sé della mia storia, tutti i diritti appartengono a J. K. Rowling. La canzone del Cappello Parlante è mia.

   
 
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