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Autore: KillYourDarlings    20/10/2015    1 recensioni
SPOILER 3X13 --
Non puoi vivere con lui Will, e non puoi vivere senza di lui.
La consapevolezza.
Il dolore.
La bellezza estatica e turpe ed il petto gonfio di eccitazione morbosa, malsana, ecco il suo divenire.
La crisalide si è schiusa ma le sue ali sono spezzate, non può dispiegarle ora.
Guardami come ti guardo io, come mi guardi da sempre.
La consapevolezza, la mancanza del dolore.
La leggerezza.
Non c'è posto che gli appartenga più di quello.
Il circolo vizioso, la trappola mortale e deliziosa, Hannibal.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Hannibal Lecter, Will Graham
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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È quella la sua maledizione, la consapevolezza non la rende meno gravosa. Qualcuno ha affermato che non esiste presa di coscienza priva di dolore, qualcun altro ha asserito esattamente il contrario e Will non sa di per certo per quale motivo la sua mente confusa  sia fomentata da citazioni delle quali non è neppure in grado di ricavare una fonte esauriente -per quanto ne sa possono provenire dalla bocca del più grande filosofo di tutti i tempi così come da quella di Alana, di Jack, di Bedelia o di Freddie Lounds..-, non è il momento. Un momento, letteralmente uno soltanto, poi diviene buio,  nero, denso come il sangue che li avvolge come un drappo sensuale e funereo.
Un momento, i suoi occhi  così vicini e velati da una patina che riesce ad occultare l'aura vitrea di quelle iridi sanguigne e particolari, identiche a quelle di un predatore senza remora; un momento e le sue mani, le proprie aggrappate agli stralci della camicia rovinata, un momento e il suo respiro trattenuto, l'odore del suo sangue e del proprio mescolati a quello del loro agnello sacrificale. Dolarhyde è il loro patto suggellato, la loro intima ed inscindibile unione, è il sacrificio votivo offerto da Will Graham a Dio. Al suo Dio, a colui che imperituro gioca con le vite, con la sua, a colui che ha pazientemente ghermito le sue mani per intingerle nel sangue fino ad impregnarvi le cellule.  Dio che è crudele, Dio che è salvezza per la sua anima errabonda ed irrequieta. È il simbolo delle loro anime inesorabilmente incatenate.
Un momento, uno soltanto, la sua maledizione.
Non puoi vivere con lui Will, e non puoi vivere senza di lui.
La consapevolezza.
Il dolore.
La bellezza estatica e turpe ed il petto gonfio di eccitazione morbosa, malsana, ecco il suo divenire.
La crisalide si è schiusa  ma le sue ali sono spezzate, non può dispiegarle ora.
Guardami come ti guardo io, come mi guardi da sempre.
La consapevolezza, la mancanza del dolore.
La leggerezza.
Non c'è posto che gli appartenga più di quello.
Il circolo vizioso, la trappola mortale e deliziosa, Hannibal.
Non con lui, non senza di lui.
Il suicidio è il nemico, non lo è per Will, non lo è per loro in realtà.
Loro non comprendono il concetto di 'nemico', lo sradicano e lo estirpano e lo riducono in cenere. Non esistono nemici, esistono soluzioni, esistono compromessi.
Non con lui, è brutale, è violento, è sbagliato.  Le creature più empie non possono emergere dalle gorgoglianti fauci dell'Inferno e rimanere impunite, è lì che devono fare ritorno, nei recessi inviolati di un nulla rasserenante. Lo odia.
Non senza di lui. Non ha più una casa, una famiglia da cui fare ritorno, una vita diversa. Non c'è nulla oltre quella scogliera e quel sangue di cui è intriso tutto, di cui è zuppo il suo animo lacero e combattuto. Non c'è nulla senza di lui e senza la sua eleganza mortifera.   Lo ha plasmato, la mente non può essere manipolata infinite volte, si è calcificato un pensiero abnorme ed invalidante: è totalizzante, è bestiale ed è bellissimo. Lo ama e sa che amarlo è tutto ciò che può fare.
Un compromesso, un salto nel vuoto, le sue equazioni per ricomporre la tazzina e riportare indietro il tempo. Un nuovo mondo per loro che sono ascetici  e immortali, intrappolati in un involucro di carne debole ma forti di uno spirito inviolabile, un mondo in cui li avrebbe attesi Abigail, un mondo con Mischa, privo di confini. Sono troppo grandi per quel luogo mortale, e nessuno avrebbe potuto separarli oltre il limite dello stesso. Con lui, sempre con lui ma senza di lui.
Un momento ed il sapore dello stesso impresso nella memoria, Hannibal non parla, è difficile non farci caso. Ha sempre una risposta per tutto, arguto e pretenzioso, ma ora si limita a bere la vita dalle labbra di Will ed a cibarsi del suo solo respiro, ora si limita a trovare ristoro nella sua voce spezzata da una debolezza ormai dilagante, ingigantita dall'adrenalina che scivola  viscida lontano dai corpi feriti e grondanti, maltrattati.
Non parla e poi tacquono entrambi, non c'è niente da dire, non hanno realmente bisogno di parole. Tutto si confonde e si mescola in quell'abbraccio dalle sfumature cariche di una disperazione esaltante, di una pace paradossale e di un tumulto che si maschera, ancora un momento.
L'ultimo, l'ultima volta il suo calore, l'ultima volta un abbraccio dal quale è fuggito troppo a lungo, l'ultima volta il battito del suo cuore premuto contro l'orecchio.
Lo ama, ammetterlo ora è più facile. Lo ha sempre amato con la stessa veemenza che lui ha impresso nel suo sentimento mai accolto, l'accettazione lo libera, lo ama e vorrebbe dirglielo ma non è necessario neppure quello. La pelle glielo trasmette, gli occhi torbidi che gli recapitano una promessa, quella di rimanere insieme anche ora, soprattutto ora.
Saltano. Will salta, si aggrappa alle spalle ampie di Hannibal e lo trascina con sé, non incontra la sua resistenza. Gli ha parlato della scogliera, lui conosce quell'intenzione da ancor prima dello stesso Graham. La conosce e la accetta, non ha paura, quella ferita è  mortale. 
L'ultimo istante, l'ultimo davvero, poi l'impatto.
Denso, buio, un oceano che pare fatto di sangue, il sangue di mille innocenti offerti loro in segno di deferenza. Urla, perdonami, poi il sibilo del silenzio. Nero, la luna è l'unica fonte di luce ma non arriva ad animare le viscere del suo prezioso mare, della loro tomba.
Denso, buio, poi nessun dolore e la lentezza di un abbraccio disciolto nel sale di lacrime mai piante. 
Addio.

Riemerge come per un miracolo, no, no, no.
La coscienza torna a galla e sentirsi è orribile, la percezione di sé e del proprio corpo lo destabilizza profondamente, il respiro gli si incastra in un punto imprecisato della gola e riempire i polmoni fa male. Tossisce ed il rantolo raschiante riecheggia nel paesaggio deserto, inanimato se non dai propri esasperati spasmi, perché può ancora respirare? 
Cos'è quel barlume di concretezza? Perché  è  ancora in grado di formulare pensieri coerenti? Quasi coerenti. Il capo duole e fa male anche pensare, non ci riesce, la pelle impregnata di salsedine cuoce e rimanda fitte profonde in quei punti in cui la lama sottile di Francis ha lacerato, altre cicatrici. La sua è un marchio, non scordarti di me e del mio passaggio, non puoi farlo perché io non mi scorderò di te, porta con te il mio cuore spezzato.. La guancia sfregiata cosa significherà? Stendardo di vittoria oppure di una sconfitta deflagrante? Al momento l'idea di essere ancora reale su quella Terra lo turba, non sembra invece turbare lui. Lui non sembra essere in grado di trasmettere al volto emozioni differenti da quelle poche che vuole concedere, non sembra percepire su di sé il dolore che il foro del proiettile gli causa, è stoico e lo è da quando è bambino. Sembra sereno, sembra sentirsi.. completo. Non sente, non è umano, è etereo ed è solamente di passaggio lì, è un'entità che Will comprende e poi d'un tratto non comprende più, un essere che un attimo prima stringe fra le braccia e che in quello successivo diviene inconsistente, incorporeo. Hannibal. Hannibal sente solo per Will.
Lo chiama sottovoce, rabbrividisce profondamente quando la sua mano ghiacciata scende a cercare la propria  abbandonata sui ciottoli di quel lido sperduto e della quale si ricorda soltanto in quel momento. È lui che gli dona la vita, che gli trasmette quella scossa elettrica in grado di riaccendere le sue terminazioni anestetizzate. Dona con ciò che toglie, è irragionevole. La sua stretta è debole, Will la ricambia con tutte le energie che riesce ad incanalare, poi si ricorda di poterle utilizzare in maniera più proficua. Sono soli, non ricorda niente, lui ha salvato entrambi. Dona e toglie, contemporaneamente, è la persona più controversa che sia mai riuscito a toccare ed a contenere dentro di sé.. Perché ora lo conosce meglio, ora anche lui è Hannibal Lecter. Non è più empatia, è un sentire vero e proprio, brucia ed incenerisce e ferirsi è catartico. Ora si tratta di essere.
Lo chiama ancora ed il suo nome particolare assume compattezza sulla punta della lingua, si trae faticosamente a sedere e lui non lo imita. Respira lentamente, sembra soltanto molto stanco dopo una nuotata inaspettata e troppo lunga per gli standard atletici del suo fisico ben fasciato da abiti fradici, continua a sanguinare.
Il suo nome è un mantra e toccarlo ora è facile, è necessario anzi, non può farne a meno e si chiede perché non l'abbia semplicemente fatto prima: la mano sostiene la sua sul proprio grembo, l'altra si posa con il palmo aperto sulla sua guancia. Percepisce le rughe sottili soto i polpastrelli, raccoglie i suoi capelli, un flashback e d'un tratto sono di nuovo in quella cucina, la delicatezza grottesca delle sue carezze sul proprio volto imperlato dall'acquazzone, il preludio di quella vita mai accettata e sempre desiderata, la dolcezza amareggiata di un uomo ferito. Will non è ferito però, il suo cuore è integro e tronfio, dolente perché è troppo tardi.
Sospira Hannibal, quel tocco lo rinfranca. Sa di verità, sa di scoperta, di grezzo e prezioso: sa di Will. Il suo Will, quella mente meravigliosa e finalmente evoluta.. Si spinge verso quella mano ed è pace, tutto smette di esistere. Il sangue e la debolezza, il proiettile non estratto e la certezza di non avere scampo, il passato, il futuro, persino il presente si riduce soltanto a quel tocco agognato ed a quella scoperta. 
«Non era questo il mondo che avevo in mente per noi, Will. Ricordi cosa ti dissi? Avevo creato un posto per noi, insieme, ho sperato che questa volta fossi in grado di accettarlo»
«Volevo ricalcare il tuo progetto»
Soffia Graham, la voce suona strana ora, entrambe in realtà: sembrano fuori luogo e fuori dal tempo, però il loro stridio greve è melodioso come il suono del suo clavicembalo che si disperde nel salone. Sembra chiedergli scusa, giustificarsi, voleva soltanto il meglio.
«Volevo creare un posto per noi, con Abigail, con Mischa..»
Hannibal chiude gli occhi, quei nomi scavano nella ferita e la eviscerano. Sciocco, sciocco uomo.. Quel luogo spetta loro di diritto, spetta loro il trono, ma non ancora, non adesso, non dopo aver assaporato il retrogusto rancido e dolciastro di un sentimento tale, di una complicità così preminente. Sono fatti l'uno per l'altro, sono complementari, da soli non hanno più alcun senso ed è un pensiero che lo turba ed al contempo lo gratifica.
«Bisogna saper cogliere i momenti. Bisogna riconoscerli, Will, eri davvero pronto per questo?»
Pronto per morire, pronto per ricongiungersi a lui altrove e contemporaneamente liberare il mondo dal putrido delle loro efferatezze? Sì, no, non lo sa più, vorrebbe portare le mani tra i capelli e stringerli e gridare al mondo le proprie paure ma non ha il coraggio di separarsi da quel contatto fondamentale, come se sia impossibile sopravvivere distante dal suo petto su cui ora indugia il palmo, carpendo ogni debole pulsazione di un cuore esausto.
Stringe i denti e deglutisce la poca saliva che gli rimane, tace, riflette, non vuole morire e morirà se lui muore. Lo merita, lo meritano. Non vogliono. Ha sbagliato dunque? Davvero ha pensato di non voler più contaminare con lui quella realtà sfalsata, di non voler più calpestare il suo stesso suolo intriso di budella e sangue e di non voler più affondare un coltello nelle carni tenere di qualcuno sino a macellarlo come un maiale? Davvero ha creduto di non voler più provare quel brivido di gelida eccitazione aggrappato al ventre ed alle ossa, il sapore dei suoi piatti prelibati e serviti con la dedizione di un vero appassionato, davvero ha contaminato il proprio essere con la certezza di voler sopprimere quella falena appena nata, appena battezzata e con ancora una croce rovesciata impressa di cremisi sulla fronte, di volerva schiacciare sotto la suola di una scarpa assieme al suo metodico e paziente allevatore? Ha davvero desiderato di non sentirsi più in completa armonia con il creato, di non sentirsi più se stesso? Si è cercato così a lungo Will, nei meandri della propria stessa mente e delle mille altre che aveva emulato.. SI è ritrovato integro e fiero su quella scogliera, davvero si è sentito pronto a rinunciarvi così facilmente?
Assolutamente no, ed è questo il problema, lo è anche dopo quel salto e dopo la domanda di Hannibal. Lui è orgoglioso, glielo ha letto negli occhi prima: ha visto una scintilla ravvivarli mentre le gambe spingevano in avanti, verso la preda spacciata di una bestia inferiocita e digiuna; ha visto un languore adorabile ammorbidirgli l'espressione mentre lottava, colpiva e si dimenava con grazia autentica per compiacerlo, per compiacersi, mai soltanto per salvarsi.
Lui è orgoglioso e Will come un bambino insicuro pende dalle sue labbra, brama la sua condiscendenza e al contempo la detesta, ancora non può farne a meno, fa così bene e fa così male, così giusto e così profondamente sbagliato.. Loro sono così giusti e così profondamente sbagliati.
Vorrebbe spiegarsi  ma sa che sarebbe complesso, non hanno tempo. Lo percepisce perché non è stupido, lui sussulta e fa più fatica a parlare, per un attimo viene a mancargli l'equilibrio e la terra sotto i piedi. Non può finire così.
«No..»
Mormora e non sa a cosa riferirsi, a tutto ed a niente: alla sua domanda, alle proprie sconvolgenti sensazioni, alla verità che violenta lo colpisce come uno schiaffo.. No, non sono pronto. No, non so cosa sento, anzi lo so e mi terrorizza tanto quanto mi eccita; per favore prendimi le mani e guidami tu, tu che sai e che conosci, tu che puoi, per favore non lasciarmi solo ora e crescimi in questo mondo nuovo, amplia questa mia nuova visuale, modellala così che diventi sempre più rassomigliante alla tua. No Hannibal, non morire. Perché se lui muore allora è tutto vano, allora nulla ha ancora senso, se lui muore tutto crolla e frana e lo sommerge sotto una valanga di macerie pesanti ma non abbastanza da soffocarlo ed ucciderlo. Condannato all'immobilità ed alle piaghe, vivo e bruciante di un desiderio scalpitante e mai sostentato, vuoto  in un modo incolmabile.
Non può morire, non da solo, non davanti ai propri occhi umidi ed impregnati di un'angoscia reale che gli fa tremare i polsi e le gambe ora fortunatamente inutili. Le ripiega sotto il corpo e si inginocchia al suo fianco, conduce la sua mano alle proprie labbra e queste ultime indugiano passivamente sulle nocche sporgenti, sul retrogusto salato e ferroso che la pelle ha assunto. A lui sfugge una smorfia minuscola, odia averle permesso di affiorare, ma non può farci caso proprio ora. Volge gli ultimi stralci di lucidità a quell'uomo che è stato in grado di ribaltare le sue considerazioni, in grado di competere con lui e di suscitare un interesse  fiacco ed anzi mummificato, in grado di sfiorare così deliziosamente un recesso  remoto della sua anima corrotta tanto da spaventarlo.. Lo guarda e la giada incastonata nel suo viso sfregiato lo accoglie, si prostra e si offre di conservare per sempre i segreti di quello scambio mai univoco e  mai realmente compreso, mai così speciale.
Si umetta le labbra ormai secche e parlare diviene un supplizio ma deve farlo, le parole sono il suo mezzo, le parole sono l'arma più affilata di cui un uomo disponga ed un dono altrettanto prezioso, mai sprecarle.
«Salvati..»
«Ti ho detto che non posso salvarmi, ed ora.. Ora non voglio farlo»
«Siamo responsabili di.. sii responsabile per le tue scelte, sii responsabile per le nostre. Siamo legati in un modo che esula le concezioni umane Will, in un modo che.. Che non puoi più scindere. Vivi, sei nato questa notte.. Le parole che ho sussurrato alla crisalide non sono state vane. Vivi e poi vieni da me.»
La risacca funge da ovattata interferenza e Will vorrebbe zittirla, impedirle di sovrastare la sua voce e di rendergli difficile l'udirla. Sono un'unica entità, ora più legati che mai, ciò che Hannibal vuole vuole anche Will e viceversa.. Soltanto ora la situazione è a senso unico, deve essere tutti e due. Può essere tutti e due e poi raggiungerlo, smetterla di inseguire un'utopica normalità e compiere l'opera che lui stesso è, riaverlo per sé senza riserve. Può farlo, vuole farlo, la paura folle sovrastata da un odio scalpitante che ora rivolge unicamente a se stesso. Sa cosa fare, annuisce, Hannibal accenna un pigro tocco con le punte insensibili delle dita formicolanti e percepisce l'irsuta barba scorrere sulla pelle. Si fida di Will che lo ha stravolto e che non lo ha più tradito, che mai più lo tradirà adesso:  non può farlo perché è tardi per i patemi d'animo, perché l'animo glielo ha divorato con una soddisfazione molto più proficua che non sarebbe giunta  limitandosi a divorare il suo cervello. Si sono feriti e si sono assimilati, si sono fusi, la decisione insita nel suo annuire lo rincuora. 
Vorrebbe accompagnarlo, vorrebbe mostrargli Firenze, ed è sul pensiero di loro due affacciati sulla regale città italiana con un buon Chianti in calici di cristallo che Hannibal abbandona la vita terrena. Un ultimo respiro grossolano ed il cuore si chiude su se stesso, su un passato di inverecondo sfacelo e su un futuro precluso, un ultimo respiro e l'atto si conclude. Cala il sipario, nessuno applaude, sono tutti inorriditi ma che importa, è tutto sbagliato. L'attore non dovrebbe morire durante la sceneggiata, dovrebbe fingere ma lui non finge, e quell'appiglio che pur essendo l'unico aveva ignorato sino a quel momento svanisce a sua volta. Si sente solo Will, privo di salvezza. È da solo ed il mare è di nuovo sangue, lo spinge in basso,   oppone resistenza e tiene a galla il suo feretro e sembra che stia ancora trattenendo il respiro per l'armoniosa e fragile stupore, per l'emozione suscitata dal sentirsi parte di qualcosa del genere, di essere capiti. Ecco come si era sempre sentito Hannibal con Will, compreso. E Will a sua volta aveva trovato uno specchio in cui riflettersi con sincerità, la colpa di non essere riuscito a farlo per tempo  è soltanto sua. Tutto sbagliato, una singola lacrima si perde sul suo pullover, abbassa le sue palpebre e cela al mondo l'occhio vitreo del suo uomo. Suo. SI china su quel corpo inetto e posa la fronte sulla sua, soffia il respiro vitale sulle sue labbra ma questa non si animano, il volto scivola verso il basso e trova comodo rifugio nell'incato della spalla. Non trova traccia del sentore delicato del suo dopobarba pregiato.È scomodo ed il gelo minaccia di farlo pericolosamente vacillare ma non importa, gli ha promesso di essere lui nel mondo e poi di raggiungerlo, solo poi, ma ora non importa. Non lo lascerà solo in quella notte di avvento.

La tavola imbandita riluce armoniosamente, il disco riproduce una melodia classica sempre cara, riempie ed arrotonda un'atmosfera che è per forza di cose tagliente e greve.
Si guarda attorno, la cucina non è il suo ambiente ed in quel frangente è complesso essere lui, essere i suoi occhi e le sue mani e la sua voce, si sforza come non si è dovuto sforzare con lei. L'ha trovata, l'ha stanata e l'ha macellata a sangue freddo. Il proprio divenire, il se stesso tanto ripudiato ha agito per lui, lo ha aiutato. Non pensare Will. Sii responsabile per le nostre scelte, Will. La sua richiesta ridonda da settimane nel cranio, non lo lascia mai solo, lo sprona anche se il bisogno è raro, gli piace essere Hannibal Lecter. Gli piace vestire Bedelia come per un gala ed accompagnarla a tavola, servirle la sua stessa gamba mutilata addobbata in una maniera che le sarebbe apparsa familiare -anche se non perfetta-, prova un fremito di briosa aspettativa nel raggiungerla in sala da pranzo con un bicchiere di vino bianco che mesce sotto il proprio stesso naso. L'aroma è delizioso, ma viene intaccato dalla sua paura. Trema ma non parla, sa che non può nulla di fronte alla terrificante visione ibrida che la tiene in pugno, cede all'orrore che le si profila con rassegnazione. Una volta lui gli ha detto che la carne assume un retrogusto diverso a seconda delle sensazioni che il capo di bestiame macellato prova al momento dell'esecuzione. Il suo giudizio all'epoca è valso a poco, ora però ci tiene a constatare la veridicità delle sue asserzioni. Di cosa sa, la paura, Bedelia?
Non parla neanche Will, il chiarore dell'iride deprivato da ogni sorta di coinvolgimento è capace senza intervento di gelare il sangue della dottoressa: la scruta come un predatore sicuro di sé, lo è diventato. Con lui, per lui.
Assapora il bianco ed il delicato sapore danza sulla punta della lingua, le mani non tremano più mentre le serve la prima fetta come di consuetudine quando si hanno ospiti. Riempie il proprio piatto, il terzo anche. Ha apparecchiato per tre Will, non dimentica a chi appartiene tutto quello.
Sono in tre in quella stanza opulenta e calorosa, sono in tre a servirsi di quel lauto pasto e di quella cruda vendetta, sono in tre a scambiarsi sguardi di approvazione o terrore.
Si siede a capotavola, gli abiti eleganti che indossa sono suoi ed i pantaloni calzano un po' larghi, finalmente la voce. Monocorde, fastidiosa come cinque unghie trascinate su una lavagna.
«Buon appetito.»



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Angolino de le me: questa  è la mia prima fanfic sui miei due ometti preferiti, mi sono sempre sembrati così irraggiungibili a livello di caratterizzazione che prima d'ora non ho davvero mai neppure osato avvicinarmi a loro per scriverne.. Ma il momento doveva arrivare prima o poi e quindi ecco, spero che non sia così esageratamente terribile da costringervi a cavarvi gli occhi stile Abel Gideon ed infermiera impalata! 

 
   
 
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