Libri > Hunger Games
Ricorda la storia  |       
Autore: MerasaviaAnderson    21/10/2015    1 recensioni
•{Minilong di 3 capitoli ~ What if? ~ Incentrata su Peeta Mellark ~ Tematiche abbastanza delicate}
"Sono passati sette anni e mezzo dalla Rivolta dei Distretti.
Katniss Everdeen è morta, molto probabilmente uccisa dalla persona che più amava.
Il giovane Ragazzo del Pane non se ne dà pace, chiuso tra quattro mura bianche che troppo gli ricordano le torture subite.
Il vecchio mentore cerca ancora rifugio nell’alcool, di nascosto dal mondo in cui deve apparire troppo serio e sobrio.
Un bambino dai capelli scuri e gli occhi blu che mai si ricorderà di sua madre.
La ricerca di una terribile verità, nascosta nel sangue della Ghiandaia Imitatrice che ancora macchia il pavimento di casa Everdeen-Mellark.
Riuscirà Peeta Mellark ad uscire dal baratro per l’ennesima volta?"
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Nuovo personaggio, Peeta Mellark
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



Dear Madness

Capitolo I:
L’ACCUSA
 
 
Nome: Peeta   ~   Cognome: Mellark.
Stato mentale: mentalmente instabile.
Accusa: Omicidio colposo    ~   di: Katniss Everdeen.
Precedente trattamento di Depistaggio.
“Pazzo”
 
In una sterile camera d’ospedale, seduto s’un letto dalle candide lenzuola, vi era un giovane uomo: gli occhi azzurri come il cielo d’estate erano persi nella bianca parete che s’ergeva dinanzi a lui, che rivolgeva le possenti spalle alla porta, nella vana speranza di non veder entrare nessuno.
Sulla fronte cadeva una cascata di ricci capelli dal color dell’oro, ormai puliti dal precedente sangue che li imbrattava.
Lei è morta.
Le sue grandi mani, con delle grosse vene sporgenti, stringevano i bordi del lettino scomodo, nel tentativo di calmare i tremori e di conseguenza la volontà di distruggere ogni cosa intorno a sé.
Lei è morta.
La porta alle spalle dell’uomo si schiuse lentamente, in un leggero rumore paragonabile al ticchettio di un orologio, e nella stanza fece capolino un altro uomo da un trasandato aspetto e con acquosi occhi grigi, i capelli biondi e leggermente unti ondeggiavano con il suo passo arrancante mentre si avvicinava al letto dove il giovane dalle occhiaie profonde e il volto magro era seduto.
«Peeta?» lo chiamò l’uomo appena entrato, non ricevendo tuttavia alcuna risposta «Peeta, ragazzo?»
Con dei passi lenti e moderati camminò fino all’altro lato della stanza, in modo da poter guardare negli occhi Peeta, nonostante l’uomo dai vestiti consunti non avesse il pieno coraggio di sostenere una conversazione a quattr’occhi con quel ragazzo, che ormai era diventato come un figlio.
«Peeta, sono Haymitch.» gli disse, inginocchiandosi davanti a lui per poterlo guardare in volto, in quanto – non appena era entrato nella stanza – Peeta aveva improvvisamente calato lo sguardo.
Vergogna.
«Dov’è Jake?» sussurrò flebilmente, ancora timoroso di guardare in viso il suo mentore, che per tanti anni era stato per lui una fidata figura.
«Senti, ragazzo, hanno avviato le pratiche del processo …»
«Non mi interessa il processo!» cercò di urlare, stavolta alzando il volto verso l’uomo che l’aveva cresciuto come un figlio, cercando di apparire un minimo timoroso … ma era solo follia quello che vi era nei suoi occhi «Voglio sapere di Jake! Voglio sapere con chi è, dove l’hanno portato?»
«Calmati ragazzo, Jake sta bene. È con Ellen Everdeen, la madre di Katniss.» rispose il mentore pacatamente, tentando di rilassare i nervi del ragazzo.
Ma quella risposta non fece che far divenir peggiore la situazione, Haymitch se ne accorse dagli occhi spalancati dell’uomo del Pane e di come le vene delle sue braccia fossero diventati sporgenti.
«Con Ellen Everdeen, Haymitch?» quasi sussurrò, non avendo più la forza neanche per un sussurro «Perché proprio con lei, Haymitch? Lei non merita, non lo merita!»
«Peeta, devi calmarti, d’accordo? Altrimenti se il dottor Aurelius ti sente vaneggiare in questa maniera ti sederà. E tu non vuoi che ti sedi, vero Peeta?»
«No.» No, perché rivedo lei.
«Bene,» proseguì il mentore, accarezzandosi la barba un po’ troppo lunga sul mento «Ellen Everdeen era l’unica parente che vi è rimasta e la Paylor ha valutato che è meglio che Jake stia con lei, d’accordo?»
«Mi proibirà di vederlo.» lacrime amare iniziarono a scendere sul volto del giovane mentre veniva aiutato da Haymitch a stendersi sul lettino «Io sono un assassino, Haymitch.» continuò, la sua voce era rotta dal pianto e della rabbia dei pochi secondi precedenti non vi era più l’ombra.
«Questo è tutto da valutare, ragazzo.» gli rispose Haymitch, toccandogli una spalla e rivolgendogli un amorevole sguardo paterno «In questi giorni si svolgerà il processo, okay? Si stanno svolgendo tante indagini al 12.»
«Io non ricordo nulla, Haymitch.» le lacrime bagnavano ancora le sue guance arrossate, la testa si riversava sul guanciale bianco per via della stanchezza «Io so solo di averla trovata piena di sangue nel bagno … e c’era Jake che piangeva ed io ero disteso sul pavimento del salotto e …»
«Basta, Peeta!» lo interruppe l’uomo, continuando a tenere le mani sulle sue spalle, nella speranza di infondergli quel coraggio di andare avanti che mancava a lui stesso. «Adesso pensa solo a riposarti, prometto che ti farò sapere tutto ciò che è giusto che tu sappia, va bene?»
Il giovane dai capelli color del sole era nuovamente sprofondato nel silenzio, preda delle urla che vi erano nella sua mente, di immagini distorte e lunghi capelli corvini legati in una treccia.
Amavo farle la treccia alla sera.
«Peeta!» lo richiamò Haymitch, scuotendolo non appena aveva intuito che sarebbe sprofondato nuovamente nel baratro nero «Guardami negli occhi, panettiere.» fece in modo da fargli alzare il viso, incontrando quell’azzurro sconfinato dei suoi occhi lucidi.
Haymitch non poté che sentire solo dolore nel vedere quello sguardo spezzato.
«Ho detto che ti farò sapere tutto, Peeta – rispondimi – va bene?»
«Va bene.» farfugliò, prima di tornar a calare nuovamente lo sguardo, cercando di evitare quegli occhi da Giacimento che troppo gli ricordavano lei.
Haymitch gli lasciò solo un’affettuosa pacca sulla spalla prima di alzarsi e dirigersi verso la porta della camera bianca, ma continuava a guardarlo con quello sguardo preoccupato che sempre aveva ingannato il suo menefreghismo.
Aveva già perso la ragazza, la sua Dolcezza … e molto probabilmente era stato il suo ragazzo ad ucciderla, preda dei suoi attacchi di follia.
Oh, quei due ragazzini che aveva tirato su come figli … Che appena sei anni dopo della guerra gli avevano inaspettatamente regalato un nipotino.
Nella migliore delle ipotesi Peeta sarebbe finito in un centro di recupero psicologico e Jake sarebbe rimasto con la nonna, che mai aveva potuto sopportare Peeta – glielo aveva sempre detto, a Katniss, che prima o poi le avrebbe fatto del male.
Ma lei era rimasta al fianco del suo Ragazzo del Pane, nonostante tutto; aveva portato in grembo suo figlio, lo aveva aiutato ad uscire fuori dalle peggiori confusioni mentali che l’avevano portato a mettere in dubbio la sua esistenza stessa.
Il dolce Peeta non riusciva a credere che Lei era morta, non riusciva a capacitarsi neanche del fatto che probabilmente era stato lui stesso ad ucciderla, con le sue mani macchiate di farina e troppi peccati.
Quanto avrebbe voluto raggiungerla, in quel presunto paradiso di cui suo padre gli narrava la sera e dove lui stesso adesso era finito, colpito da una bomba nemica insieme a tutta la sua famiglia.
Solo lui non era stato abbastanza buono da meritarsi quel paradiso?
Quanto tempo ancora avrebbe continuato a soffrire su quella vita terrena?

Peeta sapeva tante cose che né Haymitch, né nessuno voleva dirgli: aveva preso ormai la consapevolezza che non avrebbe rivisto Jake mai più, che non avrebbe potuto vederlo crescere se non in qualche fotografia che qualcuno gli avrebbe portato se l’avesse ritenuto degno di ciò.
Aveva troppi peccati da scontare, lui: l’assassino di Katniss Everdeen, la madre di suo figlio, l’unica donna che avrebbe mai potuto amare.
I medici gli avevano lavato il suo sangue di dosso, ma lui lo vedeva sempre lì, a sporcargli le grandi mani e le forti braccia, a ricordargli perennemente di non essere altro che uno sporco omicida, nient’altro che una scheggia vagante che avrebbe potuto far male a qualsiasi cosa lo circondasse.
Nella sua mente troppo contorta si fecero nitidi i frammenti di un episodio successo qualche anno prima: era da solo in casa, uno specchio davanti ai suoi occhi, la sua rabbia, i suoi occhi neri, lo specchio in frantumi, il baratro del flashback, le sue lacrime, un coccio di specchio, tagli sulle sue braccia, la voce di Katniss, della sua Katniss che lo rimproverava in lacrime per le sue azioni.
Le aveva giurato di non farlo mai più, di non aggrapparsi mai più ad un dolore fisico per uscire dai suoi incubi, e non lo fece.
Ma ora quel coccio, quel pezzo di specchio rotto era lui.
Era caduto, si era spezzato, aveva fatto del male, si era fatto del male.
Nella giovinezza dei suoi ventiquattro anni, Peeta Mellark mai si era sentito più vecchio come allora.
Si distese sulle lenzuola bianche, che tanto gli ricordavano quelle delle prigioni di Snow, quando veniva torturato fisicamente e psicologicamente, gli ricordavano il sangue, i veleni e le percosse … tutte le lacrime che aveva versato perché le frustate erano sempre troppe e non ci si abituava mai.
Tutte le lacrime che aveva versato per lei, il sollievo di saperla al sicuro quando gli era stato riferito che era nel distretto 13, prima del vero depistaggio, quando il suo amore per lei superava ogni ostacolo e ogni errore.
Ricordò solo che se lei fosse stata al posto suo, non sarebbe mai riuscito a darsene pace.
Ma ora, steso sul quel letto, non riusciva neanche più a pensare ad un qualcosa di concreto.
Jake. Jake. Jake.
Voleva solo il suo Jake, il suo bambino, poterlo vedere per un’ultima volta, stringerlo forte, dirgli addio e scusarsi con lui. Perché lo avrebbero certamente portato in prigione e Jake non l’avrebbe visto mai più, nelle mani di Ellen Everdeen, la donna vigliacca che da sempre l’aveva visto com’era realmente: un mostro.
Ma sapeva che Ellen Everdeen avrebbe amato comunque Jake, che se ne sarebbe presa cura e lo avrebbe tenuto lontano da ogni tipo di pericolo, compreso lui.
Cara follia, dove sei?




 
FINE CAPITOLO I
 



Angolo Autrice:
Ehilà, cari lettori!
Sebbene avessi promesso a me stessa di chiudere con le long dopo la bellissima e faticosa avventura con la serie Joshifer “Indelible”, non sono riuscita a resistere alla tentazione di scrivere questa mini-long.
L’ispirazione mi è venuta d’improvviso, durante un’esercitazione di matematica in cui (stranamente) avevo finito gli esercizi prima degli altri … Così presi carta e penna e “plottai” questa storia.
Tre capitoli scritti in davvero poco tempo, con solo il braccio sinistro perché anche questa volta la mia spalla destra ha deciso di fare i capricci, ma sono abbastanza soddisfatta del risultato, quindi direi che ne è valsa la pena.
Come avrete potuto notare, la storia è una grande “What if?”, in cui Katniss e Peeta hanno avuto un figlio, Jake, prima dei famosi “quindici anni” e Peeta ha nuovamente perso le staffe a causa del depistaggio, arrivando addirittura ad uccidere la compagna … O almeno così si presume.
Ho introdotto il personaggio di Ellen Everdeen, la madre di Katniss, che ho odiato fin da sempre, essendo per me il personaggio più vile e antipatico della saga.
Anche in questa storia ho voluto darle un ruolo abbastanza “oscuro”, infatti la dolce (si fa per dire) signora Everdeen detesta Peeta (Secondo me neanche nella saga originale alla madre di Katniss Peeta va a genio, visti anche i precedenti … Dopo il depistaggio, poi!), credendo che se davvero avesse amato sua figlia sarebbe rimasto lontano da lei a causa del “mostro” in cui il Presidente Snow l’aveva trasformato.
Su Haymitch non c’è molto da chiarire, solo che avrà un ruolo principale per tutta la storia (o almeno per i primi due capitoli).
Nonostante le tematiche un po’ forti e delicate che ho deciso di trattare, spero che la storia abbia iniziato ad entusiasmarvi un po’ e se il testo a tratti è un po’ “confuso”, diciamo che è una cosa fatta di proposito per rendere meglio la confusione mentale del Ragazzo del pane.
Detto ciò, non ho intenzione di dilungarmi ancora rendendo questo “Spazio autrice” più lungo del capitolo, spero che il capitolo vi sia piaciuto e ci sentiamo tra una settimana per il prossimo aggiornamento.
May the odds be ever in your favor!
_merasavia.

 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: MerasaviaAnderson