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Autore: Alsha    21/10/2015    2 recensioni
|leggero crossover/AU con personaggi di Fairy Tail|
Si sono sfiorati solo tre volte durante le loro lunghe vite.
La prima con la compagnia di una persona non nata.
La seconda con un piccolo sopravvissuto.
La terza con l'ombra di chi non è potuto rimanere.
E tre volte sono bastate.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Pinako Rockbell
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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A Eli, che è magnifica e si meritava di più di questa cosa, ma che purtroppo ha me come amica e si deve accontentare.
 
 
 
Figli [non ancora nostri]
 
Makarov tamburellò le dita sul bancone di legno graffiato.
 
-Ehi, c’è da aspettare ancora molto? – il barista riemerse da sotto il bancone con un boccale.
 
-Un attimo, qui è successo un casino. – si scuso l’uomo, andando a spillare la birra per il suo cliente – Ecco, tieni.
 
Makarov bevve avidamente qualche sorso, mentre alle sue spalle il campanello sulla porta annunciava l’arrivo di un altro avventore.
 
Un’avventrice, sarebbe stato meglio dire, una giovane donna dai capelli castani.
 
-Pinako Rockbell, che bello vederti qui! – la salutò affabile il barista – La solita birra?
 
La donna annuì e l’uomo prese un altro boccale da sotto il bancone, mentre Makarov studiava quella donna tanto coraggiosa da andare in un locale stracolmo di uomini la sera tarda a bere. E fu allora, mentre la guardava sedersi ad uno sgabello che notò qualcosa, seminascosto dall’abbondante tuta da meccanico che la donna –Pinako- indossava: il ventre abbastanza prominente nella parte bassa. Quella donna era incinta, di pochi mesi probabilmente, ma di sicuro lo era.
 
Aveva passato tanto di quel tempo ad accudire sua moglie durante la gravidanza, finita giusto qualche mese prima con la nascita di suoi figlio Ivan, che avrebbe potuto riconoscere una donna incinta da metri di distanza.
 
-Fermo con quella birra! – intimò al barista saltando in piedi con la mano tesa, giusto un attimo prima che l’uomo appoggiasse il boccale davanti a Pinako.
 
-E tu che diavolo vuoi? – gli disse la diretta interessata, voltandosi verso di lui con uno sguardo a dir poco minaccioso.
 
-Con tutto il rispetto, non può bere, signora Rockbell. Fa male al bambino. – replicò pacatamente Makarov, rimettendosi a sedere.
 
-Signora Rockbell, ma sentitelo. – ringhiò – Per me puoi tornartene alla città di gente con la puzza sotto al naso da cui sei venuto.
 
-Dubito che Magnolia possa essere considerata una grande città. – si intromise irritato il barista con ancora il boccale in mano.
 
-Già. – confermò Makarov – Non c’è nemmeno un bar decente. Credo che un giorno ne aprirò uno mio…. – aggiunse sottovoce – Ciò non toglie, Pinako, che bere alcool farà del male al bambino.
 
-Tanto al padre non importa. – sibilò, guardando il barista allontanarsi per portare il boccale di birra ad un tavolo in attesa che quel diverbio finisse.
 
-Questo ti autorizza a uccidere tuo figlio? – sbottò – Io me ne vado.
 
Lanciò una banconota sul bancone, facendo un cenno al barista.
 
-E il resto? – gli gridò dietro l’uomo.
 
-Paga un succo di frutta alla signora, se lo vuole. Sennò acqua. – rispose, già mezzo fuori dalla porta.
 
E Pinako storse il naso, poggiando una mano sul ventre gonfio.
 
Avrebbe tanto voluto che Hoenneim fosse lì a darle un consiglio, pensò, con l’immagine della schiena di quello sconosciuto ancora negli occhi.
 
Eppure… eppure era la prima volta che qualcuno si preoccupava per lei.
 
 
 
 
Figli [non nostri]
 
Pinako si chiese chi fosse quel deficiente che le aveva quasi fatto tagliare il dito mentre puliva le mele. Chiunque stesse urlando davanti casa sua non era intenzionato a smettere.
 
-Aiutatemi!
 
Finalmente comprese che quella gridata al di sopra del rumore degli zoccoli sul selciato era una richiesta d’aiuto e si precipitò sulla porta. Fuori, a bordo di un carretto trainato da una coppia di muli, un uomo di mezza età stava lasciando cadere le briglie per precipitarsi sul pianale.
 
-Aiuto! – gridò ancora – Sta male!
 
-Urey! – sbraitò la donna precipitandosi in giardino – Muoviti, un paziente!
 
L’uomo, intanto, aveva già tirato giù dal carro una ragazza, evidentemente al nono mese di gravidanza. Era pallida, tesa, faticava persino a respirare.
 
-Su, figliola, andrà tutto bene. – la rassicurò, prendendola sottobraccio – Urey! – chiamò di nuovo – Telefona a Sarah, avemmo bisogno di tutto l’aiuto possibile!
 
Una testa bionda si affacciò sull’uscio per sparire dentro di nuovo.
 
-Siamo dal dottore? – domandò stralunata la giovane.
 
-È il medico di Resembool. – le rispose l’uomo che l’aveva portata – Tranquilla figlia mia, tu e il bambino starete bene presto.
 
La ragazza sospirò, e l’uomo le rivolse un sorriso privo di speranza.
 
 
-Mio figlio e la sua fidanzata stanno facendo il possibile.
 
Pinako entrò in salotto reggendo un vassoio con una caraffa d’acqua.
 
-Lo so. È giovane, ma ci mette il cuore. Ah, chissà se quella sera al pub avessi lasciato che bevesse quella birra… Forse oggi non ci sarebbe stato nessuno a far nascere mio nipote.
 
Quasi le scivolò il vassoio dalle mani. L’uomo ridacchiò.
 
-Lei…
 
-Sì, signora Rockbell. Ho riconosciuto il cognome quando mi hanno detto dove trovare suo figlio. – le rispose con un tono assente – “Vada alla casa della Rockbell, suo figlio potrà aiutarla di sicuro” così hanno detto. – le tese una mano – Non mi sono presentato quella sera. Makarov Dreyar, è un piacere conoscerla.
 
La donna gli diede una stretta di mano che valeva come un ringraziamento e si sedette accanto a lui.
 
-Dov’è il padre? – gli chiese, dopo un po’ di silenzio.
 
-Mio figlio? Il più lontano il possibile, spero. Ha lasciato qui sua moglie e suo figlio, non è degno di vederne la nascita.
 
 
La giovane assistente del medico entrò nel salotto con un fagottino in braccio e i pianti svegliarono Makarov. Anche Pinako accorse dalla cucina, pulendosi le mani con uno straccio.
 
Sarah, con gli occhi lucidi, porse il bimbo al nonno che prese come fosse di cristallo.
 
Dietro la ragazza, la porta si aprì ancora, e entrò Urey, con uno sguardo funereo e i vestiti sporchi di più sangue di quanto avrebbe dovuto essercene.
 
Makarov non lo guardò nemmeno, cullò il piccolo e gli diede un bacio sulla fronte.
 
“Mi prenderò io cura di te”
 
 
 
 
Figli [non più nostri]
 
Un dito di muschio sulle tombe vecchie di anni.
 
Pinako rimpianse che Winry fosse partita di nuovo per aggiustare gli automail di Ed e si inginocchiò con le articolazioni che urlavano di dolore.
 
Sotto le zolle di muschio, la roccia dove aveva seppellito suo figlio e la moglie.
 
-Serve aiuto? – chiese un uomo
 
-Quanto tempo. – replicò Pinako dietro agli occhiali, mentre Makarov le porgeva una mano per alzarsi.
 
Si pulì le mani sulla gonna, mentre Makarov proseguiva:
 
- Avevano davvero un cuore grandissimo.
 
-Lo so.
 
-Mi ha raccontato di loro un amico tornato vivo da Ishbar. – sospirò – Gli hanno dovuto amputare un braccio e una gamba, ma se non lo avessero fatto sarebbe morto.
 
Pinako si accese la pipa che aveva nella tasca del grembiule.
 
-Mandamelo se dovesse avere bisogno con gli automail.
 
Makarov annuì.
 
-Alla prossima, allora. Devo tornare a Magnolia, mio nipote e il mio bar mi aspettano. – si voltò – Potresti passare per una birra, una volta o l’altra. Il Fairy Tail è aperto praticamente sempre, soprattutto per gli amici.
 
Sola davanti a due tombe, Pinako accettò l’invito.
 
 
 
NOTE CHE FORSE DOVEVO METTERE ALL’INIZIO
 
  • One shot scritta per colpa di una sfida con la Eli di prima, con indicazioni: Makarov/Pinako, figli, devono apparire da anziani. Giudicate voi se ho fatto un buon lavoro ^^
  • Makarov e l’altra gentaglia di Fairy Tail appena accennata, sono semplicemente dei normali cittadini di Amestris, lasciando da parte le vite che avevano nel loro universo.
  • Ho ipotizzato che Magnolia (città di Fairy Tail nella serie) fosse un semplice paesino, giusto un piccolo agglomerato di case, poco distante da Resembool.
  • L’amico che Makarov nomina è Gildarts, che anche in Fairy Tail ha due arti artificiali.
  
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