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Autore: polymerase3    21/10/2015    0 recensioni
Non ho mai approfondito il genere fantascientifico; ultimamente, però, sto sviluppando grande interesse per le scienze biologiche, che diventeranno -almeno spero- il mio futuro universitario. Ho concepito questa idea molto velocemente, cercando qualcosa di originale da presentare ad un concorso di scrittura con tema "il valore della vita". Sfortunatamente, ho dovuto scartare il racconto all'ultimo minuto, dimenticandolo fra i documenti del mio computer. Mentre lo scrivevo, però, ho provato un'attenzione particolare verso queste parole, così fluide e libere; i temi sono diventati sempre di più e, un po' per l'eccessiva libertà, un po' per la delusione dovuta allo scarto repentino dal concorso, la storia mi è sfuggita di mano. Così, pian piano, l'ho dimenticata. Stasera la rileggo e risento quel legame particolare, l'attenzione all'ambientazione e alla biologia, il tema dell'umanità e del rapporto tra tradizione ed evoluzione, sebbene ancora abbozzate, rappresentano al meglio il vigore intenzionale che volevo rappresentare. Ho deciso quindi di proporlo qui, cercando magari qualche ispirazione per continuarlo e svilupparlo al meglio.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3

 

Ventidudesima ora, un altro sol che declina.

Phobos sembra terribilmente vicina alla finestra in metacrilato rinforzato.

-Hai intenzione di rimanere sveglio fino alla ventiquattresima?-

E’ da quando sono tornato a casa che Mikhail mi sta addosso, borbottando a intervalli regolari qualcosa sulle mie occhiaie, sulla stanchezza e l’apatia che ne deriva.

-Perché sprecare gli altri trentanove minuti?- qualche volta provo anche ad essere sarcastico,

-Trentanove minuti e trentacinquemiladuecentoquarantaquattro secondi- precisa lui

Ma non mi riesce quasi mai, almeno non con Mikhail.

Sorrido. Lui mi guarda ancora, preoccupato.

Torno dal lavoro ed è sempre lì, la mamma-polpo apprensiva che mi squadra dall’alto dei suoi tentacoli.

-Smettila di fare la mamma!-

-Scusami, paparino.

Ho creato io Mikhail, diciassette anni fa, quando la Factae viveva il suo periodo di massimo sperimentalismo.

Tutto ciò che il gamete x ha codificato in lui, scontrandosi con la fresca y estratta da una cavità palleale anonima, appartiene a me. Poco prima del crossing-over, io ero il 50% di Mikhail.

Era da poco nata la moda di incrociare due assetti genetici differenti, creando così uomini che, in seguito al posizionamento degli alleli per via artificiale, potessero assumere alcune caratteristiche tipiche di altre specie animali, creando genomi ibridi ed autonomi.

Mikhail è il frutto di uno dei primi esperimenti del genere.

Non ho scelto io la sua natura octopode; da tempo la Factae mi stava facendo lavorare su cavità palleali importate dalla Terra e, quando mi fu affidato il compito di creare una nuova specie, è stata la prima cosa a cui ho pensato.

Non so che fine abbiano fatto gli altri esperimenti dei miei colleghi, ma è superfluo dire che provai subito un forte affetto -anche se lui si diletta a definirlo istinto materno- verso l’uomo polpo.

Decisi di portarlo a casa, con il consenso del mio datore, a patto di crearne uno simile per uso aziendale.

Ben presto, mi accorsi di aver commesso un piccolo errore in Mikhail, di cui non feci parola con nessuno, nemmeno con la mia azienda.

Il fattore accelerato della crescita -a quei tempi ancora in via di sperimentazione- aveva dominato su altre zone non indicate, durante il processo di duplicazione del nuovo DNA.

Oltre a crescere più velocemente del solito, Mikhail aveva sviluppato un cervello superiore alla norma consentita, che l’ha reso il polpo che tutt’oggi è.

Sebbene sia un pochino orgoglioso, so bene che, nel profondo della sua materia invertebrata, è assai fiero dei geni umani che lo compongono.

Borbotta di nuovo, un gorgoglio gutturale che ho imparato a classificare come lingua dei polpi, mentre i suoi otto tentacoli si muovono rapidi lungo il piano della cucina. Fa solo finta di riordinare, sta semplicemente sfogando la sua rabbia. Evito quindi di rimproverarlo, cercando di non pensare alle ventose che dovrò ripulire dalle superfici in metallo.

Quando vuole, sa essere molto permaloso.

-Mikhail, tu credi nella terraformazione?-

Si ferma. Lo fa quando vuole intraprendere una lunga conversazione. Almeno servirà a calmarlo un pochino.

Lascia cadere i tentacoli lungo i fianchi, respira profondamente e comincia a parlare.

-Sai come la penso. Non saremmo arrivati su Marte, se ci fosse bastato il pianeta Terra.

-La Terra è un altro discorso, ormai non serve più.

Mikhail gorgoglia, questa volta è irritato. -Bella cosa da dire al pianeta che ti ha visto nascere.

La cavità palleale che ha generato Mikhail doveva essere una conservatrice radicale.

-Se sono stato mandato qui, insieme a molti altri, ci sarà pure un motivo.

-Ovvio che c’è. L’incontinenza.

-Non sviamo il discorso, adesso. Stavamo parlando di altro.

-Nient’affatto Stanislaus, stiamo parlando proprio di questo. La vera ragione per cui ve ne siete andati è che la Terra non vi bastava. Ora che siete su Marte, invece, volete farlo diventare un pianeta del tutto simile a quello da cui siete venuti, noncuranti del fatto che, così facendo, farebbe l’inevitabile fine di quello precedente. Sterile. Reso improduttivo dalle vostre stesse mani.

-Dagli errori si può sempre…

-L’uomo non sbaglia una volta e basta. Questo lo sai meglio di me. Non siete abbastanza contenti di quello che avete già fatto?

Quando ho parlato dell’orgoglio che Mikhail prova per i suoi geni umani, non intendevo assolutamente dire che cerca di nascondere o sminuire la sua metà cefalopode.

-L’abbiamo reso vivibile, ma a cosa servono le piante OGM, l’ozono e la cupola d’incremento gravitazionale se si può fare di più?-

Mikhail mi guarda. I suoi occhi da polpo luccicano, un barlume profondo e impercettibile, che non riesco a classificare.

-Stanislaus, tu proprio non capisci.

 

4

 

In realtà ha ragione. E’ il mio risentimento a confermarlo.

Stupido cefalopode, avrò per caso esagerato con i geni saputelli?

Il giornale telepatico m’informa del Perigeo con la terra, tra poco meno di quattro sol.

Madre Terra, il pianeta che mi ha visto nascere, il pianeta che sto vedendo morire.

Anche se l’antica Gea non si mostra più nel suo antico splendore, alcune comunità isolate continuano ancora a viverci, terrestri incalliti che andrebbero tanto d’accordo con Mikhail.

Sopravvivono, biasimando il più delle volte noi marziani, poveri illusi con la convinzione di poter ricominciare una nuova vita, la convinzione di essere diversi.

Dal punto di vista scientifico, so di essere umano al 100%.

Eppure non so dirvi quanto mi senta umano, non lo capisco.

“Avete deciso di abbandonare la Terra, ma non riuscirete a modificare la vera natura di Marte” ha detto Mikhail.

Penso a quanto io sia stato in grado di modificare la sua natura e, per la prima volta, mi chiedo se provi qualche sorta di rancore nei miei confronti.

Non possiamo fare come i terrestri, statici, chiusi nelle loro comunità, deprecando i Grandi Magazzini che forniscono a Marte tutto ciò che non è ancora in grado di autoprodurre.

Noi dobbiamo crescere, dobbiamo evolverci. E, con noi, anche Marte deve farlo.

L’innovazione ha bisogno anche di crescita, a questo ci pensa il mio lavoro.

 

   
 
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