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Autore: Najara    25/10/2015    11 recensioni
Se una nuova razza arrivasse sulla Terra e offrisse agli umani la possibilità di ottenere un futuro già preordinato per i loro figli non ancora nati, cosa succederebbe?
Storia scritta per il contest: "Una domanda a te e una a me" di grazianaarena con l'identikit di milla4
Nominata a 5 Oscar nel contest: "Oscars Efpiani 2016". (Miglior Film Straniero, Miglior Sceneggiatura Originale, Miglior Attrice non Protagonista, Miglior Attore Protagonista e Miglior Film.)
Storia vincitrice degli Oscar: Miglior Film Straniero e Miglior Attore Protagonista.
Genere: Introspettivo, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il tessitore

 

 

Kintou aprì gli occhi per la prima volta. Si alzò lentamente, osservando i suoi nuovi arti, le braccia che terminavano con mani e dita, poi le gambe, con i piedi e altre dita più corte. Le mosse adagio, una dopo l’altra, osservando l’effetto che faceva. Uscì dalla vasca e fece qualche passo incerto. Davanti a lui un grande specchio gli ricambiava lo sguardo di un blu profondo. Si osservò notando le caratteristiche di quel nuovo corpo, la bocca sottile, il naso dritto, la fronte spaziosa e i capelli corti e nerissimi, il suo petto era ampio e il suo corpo muscoloso. Soddisfatto guardò il suo mondo. Ludaria era cambiata, come lui il suo pianeta si era trasformato. L’intero piccolo corpo celeste era stato ricoperto da edifici e i primi ludariani si stavano già muovendo nelle nuove strade, respirando il giusto mix di ossigeno e azoto. Alzando lo sguardo verso il cielo vide per la prima volta il pianeta di cui loro avevano copiato le caratteristiche base. Un mondo verde e azzurro, immenso, se paragonato al suo. Un ricordo ne suggerì il nome: Terra.

 

Centocinquantadue anni e il pianeta attorno al quale orbitavano era profondamente mutato. I dati fluivano regolari ai loro computer indicando pace, stabilità economica e prosperità in ogni continente. Kintou fece una smorfia, allontanò lo sguardo dalla vetrata e accarezzò la cravatta che stava indossando.

“Signore? Gli ospiti sono qui.” Il ludariano si voltò verso la segretaria umana e annuì.

“Fateli entrare e per favore portatemi il mio infuso.”  Aspettando la coppia di umani si sedette alla sua scrivania in mogano, accarezzando il legno terrestre e apprezzandone per l’ennesima volta le venature.

Teresa, la sua segretaria umana, entrò un istante dopo con una coppia. Li presentò come i signori Mercer, poi con un sorriso gli consegnò una tazza fumante e si allontanò. Kintou respirò il profumo dell’infuso di rosa canina poi guardò la coppia di umani seduta di fronte a lui.

“Benvenuti su Ludaria. Io sono Kintou e, se lo vorrete, sarò l’artefice del destino di vostro figlio.”

 

“È la prima volta sulla Terra?” La donna era giovane ma sicura di sé e la sua era una domanda di cui conosceva già la risposta.

“Come lo avete capito?” Chiese Kintou. Erano arrivati nell’orbita terrestre da venticinque anni ed era effettivamente la prima volta che scendeva sul suolo del pianeta.

“Siete rimasto cinque minuti fermo ad osservare una mosca. So che voi ludariani apprezzate la nostra fauna e flora, ma una mosca attira tanta attenzione solo alla prima visita, poi anche voi capite che sono insetti fastidiosi.”

“Siete la mia guida?” Domandò allora, chiudendo gli occhi per osservare il destino della donna.

“Non lo fate!” Kintou si bloccò sbattendo le palpebre. “Il mio destino mi appartiene, vi pregherei di non osservarlo.”

“Come desiderate.” Kintou assentì, alcuni umani erano contrari alla manipolazione del destino, presto anche loro avrebbero capito gli immensi vantaggi che una manipolazione intelligente dei destini poteva portare. Questa donna doveva avere un destino naturale, presto nessuno ne avrebbe posseduto uno simile al suo.

“Grazie. Comunque sì, mi chiamo Sarah e sono la vostra guida.”

 

I destini erano paragonati a dipinti, mosaici o testi, ma Kintou li aveva sempre visti come arazzi, composti da miliardi di sottilissimi filamenti, per cui lui non dipingeva, né scriveva destini, lui li tesseva.

Gli ospiti erano ritornati sulla Terra, soddisfatti e pieni di speranza per il loro Harry, il bambino non ancora nato che la signora Mercer portava in grembo. Kintou sorseggiò l’infuso con un smorfia, freddo era ancora più disgustoso di quando era caldo. Senza ulteriore indugio lo finì e poi incominciò a preparare il piano per l’arazzo.

Per prima cosa c’erano i filamenti, il feto aveva materiale grezzo attorno a lui, Kintou aveva già analizzato tutto quel materiale e ora si preparava a filarlo secondo le sue direttive. Aveva parlato a lungo con i signori Mercer, e lo avrebbe fatto ancora per due o tre settimane, doveva conoscere a fondo i loro desideri e le loro paure, doveva analizzare il loro animo di modo che il destino del loro bambino sarebbe stato esattamente ciò che loro volevano, e non soltanto quello che credevano di volere.

Gli umani erano una razza curiosa e piena di contraddizioni, tessere i loro destini era stata una sfida non indifferente, ma dopo tutto i ludariani, e lo stesso Kintou, avevano affrontato sfide ben più difficili. I Terrestri erano stati sorprendentemente accoglienti, una volta passato lo shock iniziale, ed avevano accettato con grande entusiasmo l’idea di destini prescritti, non tutte le razze che avevano incontrato nei loro lunghi viaggi erano state tanto semplici da convincere. Tra gli umani pochi si erano opposti, pochi avevano obbiettato che era contro il libero arbitrio, un concetto, questo, che aveva affascinato Kintou per la sua esoticità, e quei pochi avevano dovuto arrendersi davanti ai così positivi cambiamenti impressi alla razza umana dai ludariani.

Kintou sorrise nervoso, quei bellissimi filamenti, erano tutto, erano pura potenza, avrebbe potuto filarli in ogni modo lui desiderasse, avrebbe potuto tessere ad Harry una morte prematura, una vita di sofferenze, oppure una vita ricca di gioia e felicità. Il ludariano fece una smorfia poi si mise al lavoro. Aveva un’idea molto precisa di quello che desiderava per quel bambino.

 

“E così voi scrivete i destini della gente?” Sarah sorseggiava il suo infuso di rosa canina guardando di sottecchi Kintou che, seduto accanto a lei, aveva rifiutato ogni sorta di bevanda.

“Sì.”

“Sì? È così semplice per voi?” La donna era accigliata e Kintou ormai la conosceva a sufficienza da sapere che non avrebbe cambiato argomento tanto facilmente.

“È immensamente difficile e profondamente facile, dipende dai punti di vista.” Sarah sorrise, quello stesso pomeriggio lei gli aveva risposto esattamente quelle parole quando lui le aveva chiesto come gli umani potessero decidere di mettere al mondo figli. “Per la nostra razza i destini sono semplicemente pagine vuote da riempire, tele da disegnare o fili da filare.” Aggiunse lui nel silenzio della donna.

“Conosco la teoria, ma non capisco, come fate a far sì che tutti si esaudiscono? Non sognano tutti di diventare rock star o presidenti?”

“Noi andiamo al di là di queste cose, i puri desideri che hai espresso non sfiorano neanche lontanamente la profondità di un animo umano.”

“E allora cosa vogliamo tutti?”

“La serenità, la pace, la sicurezza economica.” Sarah fece una smorfia, sapeva che erano parole della propaganda ludariana.

“Io voglio fare le mie scelte e i miei errori, trovo spaventosa l’idea che qualcuno manipoli fin dalla nascita ogni mia decisione.”

“Ma le decisioni che prendi saranno sempre le tue.”

“Certo, solo perché vorrei ciò che voi avete scritto per me.” Kintou fece un sorriso.

“Ti rende nervoso questa discussione… perché?” Il ludariano la guardò, sorpreso che avesse imparato a conoscerlo così a fondo in qualche settimana di frequentazione.

“Noi ludariani non amiamo parlare più del necessario del nostro lavoro. Quello che facciamo è per il bene supremo, ogni razza che abbiamo incontrato ha beneficiato del nostro lavoro.”

“Non parlare di bene supremo, fa venire i brividi! Tanta gente è stata uccisa con la scusa del bene supremo.”

 

I filamenti erano difficili da intrecciare, non sempre si piegavano al volere del filatore. Kintou osservò con un sospiro i filamenti ricadere scomposti, di nuovo privi di forma. Il suo lavoro era complicato dalla sua missione personale. Aggiungere quel particolare seme nella vita dei feti che trattava era un’impresa soprattutto perché doveva essere invisibili agli occhi degli altri ludariani.

Kintou si tolse la giacca blu, arrotolò le maniche della camicia bianca e si rimise al lavoro con maggiore decisione, aveva seminato centinaia di semi, presto avrebbe iniziato a vederne i frutti.

 

“Ancora lo zoo?”

“Mi piacciono le specie non senzienti, non hanno desideri complessi, solo basilari necessità. I loro destini sono riposanti per la loro semplicità.”

“Insomma, è come guardare un libro per bambini.” Kintou annuì, Sarah paragonava sempre i destini ai libri. La donna lo accompagnò allo zoo e insieme a lui guardò gli animali rinchiusi in recinti.

Salve, posso esservi d’aiuto?” Kintou alzò un sopracciglio, la donna che li aveva interpellati era giovane, aveva i capelli rossi e un ampio sorriso sulle labbra. Sarah sorrise e Kintou la guardò arrossire, perplesso.

 

“Il vostro infuso di rosa canina.” Teresa posò la tazza fumante sul tavolo lanciando uno sguardo curioso a Kintou che seduto con gli occhi chiusi muoveva lentamente le mani. Con dovizia e attenzione il ludariano intrecciò nella sua mente l’ultimo filamento, il più prezioso ai suoi occhi. Il destino resse e lui annuì aprendo gli occhi, ora era pronto per farlo davvero.

“Grazie Teresa, potete chiamare i signori Mercer, il destino può essere impiantato.”

 

“Ti andrebbe lo zoo?” Kintou osservò perplesso Sarah, la ragazza era arrossita e non lo guardava.

“Ci siamo andati cinque volte questo mese, credevo ti annoiassero gli animali.”

“Così tante volte?” Sarah arrossì ancora, chiaro segno che sapeva che la sua aria indifferente non stava funzionando.

“Sì, e ogni volta hai richiesto la stessa guida: Elisa.” Sarah indicò un negozio di abiti maschili.

“Andiamo lì, sono stufa di vederti con questi abiti informi e spenti. Con i tuoi occhi voglio vederti indossare il blu! Ovviamente hai il portamento adatto ad un elegante abito giacca e cravatta.” Il repentino cambio di soggetto era chiaramente un diversivo ma Kintou non insistette, invece si piegò ai suoi desideri e andò a provare uno dei tipici completi eleganti degli umani.

 

Dana Mercer era seduta davanti a lui, Jack Mercer invece era in piedi e si muoveva nervosamente.

“Andrà tutto bene, Harry non sentirà nulla e neppure voi, signora Mercer.” Kintou prese un profondo sospiro e chiuse gli occhi mentre iniziava ad intrecciare il destino del bambino.

 

“Io… credo che mi piaccia…” Sarah aveva dimenticato il suo infuso di rosa canina che ormai era freddo.

“Elisa?” Sarah arrossì, annuendo. “Capisco, e questo è un problema? La razza umana, grazie al nostro intervento, non prova più sentimenti come il razzismo o l’omofobia.”

“Non è quello il problema! E se non le piacessi?” Kintou annuì, comprendendo il dilemma della ragazza.

“Se io avessi scritto il tuo destino potrei dirti con sicurezza che tutto andrà bene, ma a quanto pare tu hai un destino naturale quindi…” Si strinse nelle spalle. “Dovrai buttarti.” Sarah sorrise, gli occhi che le si illuminavano mentre si mordeva il labbro superiore e Kintou la guardò perplesso e confuso, si era immaginato dello sgomento davanti all’indeterminatezza della sua situazione, ma la ragazza sembrava brillare di entusiasmo e tremare di paura allo stesso tempo.

 

Fili e filamenti, sottili come un respiro, Kintou li intrecciò con abilità ed intelligenza. Harry avrebbe riso, giocato, imparato, sarebbe cresciuto e si sarebbe innamorato, avrebbe studiato e sarebbe diventato la persona che desiderava essere, fino a rendere fieri i suoi genitori e fondare una famiglia.

 

Kintou era arrivato con qualche minuto di anticipo. Il locale in cui erano soliti chiacchierare prima o dopo un’escursione sulla terra era poco distante e lui camminò per le strade illuminate dal sole. Nel cielo Ludaria stava lentamente tramontando.

Una risata raggiunse le sue orecchie e lui si bloccò, notando le due ragazze poco davanti a lui. Si stavano salutando. Le loro mani erano intrecciate e le loro fronti si toccavano. Poi Sarah si tese in avanti sfiorando le labbra di Elisa in un bacio. Era amore. Kintou aveva filato troppe volte quel sentimento per non riconoscerlo a colpo d’occhio.

 

Infine l’ultimo filamento. Una gocciolina di sudore sfuggì dalla fronte di Kintou scendendo lungo la sua guancia e finendo nel colletto bianco della camicia, lui non se ne accorse neppure.

 

Sarah piangeva, Kintou si avvicinò rapidamente.

“Cosa è successo?” Sarah era stata la personificazione della gioia per due settimane, Kintou non l’aveva mai vista sorridere così spesso come in quei quattordici giorni. Eppure adesso era in lacrime.

“Elisa…” Sarah lo abbracciò cercando conforto, il corpo che sussultava a causa dei grandi singhiozzi.

 

Ribelle. Harry avrebbe avuto due figli, ma per loro avrebbe voluto destini naturali. Quell’ultimo filamento era un’opera d’arte, un miscuglio di sentimenti ed emozioni: capacità di pensiero autonomo, forza di carattere, determinazione e coraggio erano solo i primi dettagli di un filamento con migliaia di implicazioni.

Kintou lo filò con mani esperte. Non era la prima volta.

 

Elisa stava chiacchierando con un collega accanto alla voliera. Kintou le si avvicinò quanto bastava per poterla guardare poi chiuse gli occhi. Il destino della donna era lì, davanti a lui. Bello, equilibrato, elegante. Kintou fece un passo indietro come se fosse stato colpito. Sussultò inorridendo. Quello era un destino ludariano e a filarlo era stato lui. Aveva intessuto per Elisa un destino molto semplice, ricco di soddisfazione e di amore. Un amore eterosessuale, così come avevano desiderato i suoi genitori quando, ventitré anni prima, gli avevano chiesto di dare alla loro bambina un matrimonio felice e accettato dalla società. Ventitré anni prima la società avrebbe accettato con difficoltà il tipo di amore che Sarah ed Elisa avevano avuto e così Kintou non glielo aveva concesso. Elisa non aveva nessuna colpa, quando si era allontanata dalla strada tessuta per lei, le redini del destino l’avevano corretta.

 

Kintou osservò il proprio riflesso. Indossava quegli abiti e beveva infuso di rosa canina, anche se non gli piaceva, per ricordarsi quello che aveva fatto, per ricordarsi di lei.

Aveva spezzato il cuore di Sarah, aveva spento la sua luce, la sua felicità. E lei era solo una goccia, in un mare di possibili felicità spezzate. Spezzate da lui. Eppure non era solo quello, l’esperienza del dolore rendeva gli esseri viventi diversi, una diversità di cui Kintou solo troppo tardi aveva appreso l’importanza.

 

Non vedeva Sarah da due anni, ci era voluto del tempo alla sua mente millenaria per assimilare il danno che aveva fatto e per giungere alla conclusione che se solo lei avesse avuto un destino artificiale allora avrebbe raggiunto la sua felicità e nessuno le avrebbe spezzato il cuore.

Ora era lì, seduto davanti a lei. La ragazza di un tempo era sparita e Sarah era diventata una donna matura, eppure certe cose non erano cambiate, infatti, proprio in quel momento, la donna, sorseggiava pensierosa il suo infuso di rosa canina.

“Certe cose non cambiano, tu non sei cambiato.” Kintou sorrise, inquieto. “Sei nervoso.” Constatò allora lei abbassando la tazza.

“Sì.”

“Perché?”

“Temo per il tuo futuro.” Era la verità, aveva visto lui stesso la sofferenza della donna e non poteva farci nulla, un destino avviato era impossibile da cambiare.

“Non devi.” Sarah tese il braccio sfiorandogli la mano. Kintou annuì anche se un altro sorriso, sintomo di nervosismo, gli apparve sulle labbra.

 

Quel giorno era ancora impresso in lui. Mentre stava salutando Sarah avevano assistito ad un grave incidente. Un giovane, sapendo di avere un futuro lungo davanti a lui, stava andando a velocità folle con la sua automobile ed era andato a sbattere contro un’utilitaria. Sulla seconda macchina due bambine e la loro mamma stavano tranquillamente rientrando a casa. Il ragazzo non si era fatto neppure un graffio così come le due bambine, uscite dall’auto incolumi e al sicuro, grazie al loro destino che prevedeva una bella vecchiaia, ma non era lo stesso per la madre. Nessuno si era mosso mentre la donna, bloccata tra i detriti dell’auto distrutta, chiedeva aiuto. Lui stesso aveva osservato la scena immobile. Ma Sarah era diversa.

Kintou aveva chiuso gli occhi e osservato per la prima volta il suo destino. I filamenti di dolore provato durante la sua vita l’avevano resa forte, non era un coraggio vuoto o artificiale il suo. Senza esitare era entrata nell’auto che iniziava a prendere fuoco e aveva tirato fuori la donna, mentre l’adagiava a terra Kintou aveva sussultato: il destino di Sarah finiva quel giorno.

L’esplosione aveva provocato un’ondata di calore e Sarah si era protesa sulla madre ferita, proteggendola con il suo stesso corpo. Era morta pochi minuti dopo, le ustioni troppo gravi per permetterle di resistere fino all’arrivo dei soccorsi. Per la prima volta Kintou aveva pianto. Osservando attorno a sé aveva visto visi distogliersi, nessun di loro era predestinato a provare dolore, nessuno di loro fu minimamente sfiorato dall’atto eroico di Sarah. Il ludariano rimase a lungo ad osservare: solo coloro che avevano destini naturali erano empaticamente coinvolti e solo nei loro destini quell’esperienza stava imponendo un segno, un nuovo filo che rafforzava il loro carattere e cambiava la loro visione del mondo, dalla tristezza per la morte di una giovane si imparava ad apprezzare la propria vita e la vita dei propri cari, i colori erano più luminosi, tutto era diverso. Kintou scioccato e spaventato aveva finalmente capito perché Sarah aveva sempre difeso il proprio destino naturale. Che lo volesse o no, lui e la sua razza erano i cattivi. E la cosa più terribile era che non se ne rendevano neppure conto.

Comprendendo quanto dannoso fosse il loro intervento, aveva osservato gli umani con occhi diversi. Compassione, empatia, pietà, stavano sparendo. Gli umani non provavano più l’eccitazione per una sfida, non sentivano più il brivido del rischio, non assaporavano più la pura gioia della riuscita, perché sapevano, dentro di loro erano consapevoli, che tutto quello che avevano e avrebbero mai avuto era già scritto.

Con la loro pretesa di superiorità i ludariani giocavano a fare gli dei, plasmando intere razze affinché fossero così come loro credevano dovessero essere. Certo, portavano benefici: pace, prosperità e apparente felicità a tutti… ma a che prezzo? Intere esperienze venivano cancellate: dolore, sacrificio, sofferenza erano aspetti intrinsechi della vita e loro li avevano spazzati via.

Il popolo imperfetto e così ricco di sfumature che avevano trovato, arrivando nell’orbita terrestre o alifiana o santriade o nutriada, era stato trasformato in qualcosa di ordinato e vuoto che non meritava più il nome di popolo.

Ma non sarebbe più stato così.

Kintou osservò i suoi abiti blu, il suoi occhi di un blu altrettanto profondo e annuì. Lui, lui, il cattivo malgrado se stesso, avrebbe fatto la differenza semplicemente restituendo alla razza umana quel sentimento di indefinitezza che il futuro doveva avere. Perché aveva pianto quel giorno, il sacrificio di Sarah aveva cambiato qualcosa dentro di lui e quel qualcosa non poteva andare perso.

Il Tessitore ora tesseva destini di ribellione e un giorno non avrebbe più dovuto tessere affatto.

Con un sorriso amaro sorseggiò il suo infuso di rosa canina osservando il pianeta azzurro e verde ai suoi piedi.

 

  
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