Volare è meraviglioso. Avere tra le mani un colosso di metallo in grado di restare sospeso a oltre diecimila metri, viaggiando a più di novecento chilometri orari, traghettando centinaia di passeggeri da un capo all’altro del pianeta… non c’è volo che non lo riempia di entusiasmo ed adrenalina, anche quelli più lunghi e difficili. La soddisfazione di ricevere i complimenti (e anche gli applausi) dei viaggiatori, poi, non ha prezzo –e anche le attenzioni civettuoli delle assistenti di volo, certo, non fanno male al suo ego, per quanto non faccia molto per ricercarle o incoraggiarle se non sorridere cortese. Adora il suo lavoro, così come adora le distese bianche azzurre in cui ogni giorno si tuffa, pronto a un nuovo viaggio e a una nuova piccola avventura.

Ma non c’è nulla, nulla,  che possa essere comparabile a quella fitta di gioia pura che gli gonfia il cuore quando, sfilata la divisa una volta completate le procedure ed essere sceso dall’aeromobile, dopo aver recuperato il proprio bagaglio ed essersi congedato dal resto dell’equipaggio, il suo sguardo trova una figura tanto famigliare quanto amata ad aspettarlo nell’aerea degli arrivi dell’aeroporto. Perché non c’è cielo che possa reggere il confronto degli occhi grigioazzurri di Kasamatsu-senpai, né cabina di pilotaggio che sappia di casa più della sua bocca premuta contro la sua in un bentornato colmo d’amore.