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Autore: Carolina Evans    25/10/2015    2 recensioni
“Tienilo tu, serve più a te.” Ti dice, senza che tu possa ribattere. Vi dirigete verso la casa e sapete già che dal momento in cui accenderete le luci del soggiorno, la vostra pace verrà turbata da Dorea e Charlus, che faranno domande e saranno preoccupati, e cercheranno di curarti, e tutta una serie di cose che qualsiasi persona normale avrebbe provveduto a fare in una situazione del genere prima di fumare una sigaretta. Ma è esattamente il motivo per cui tu sei amico di James Potter: lui non è normale. Gli sorridi, sapendo che nel frattempo lui pensa lo stesso.
Finalmente capisci una cosa. Non sei rimasto senza famiglia, ne hai appena acquistata una. Da stanotte non sei più un Black, sei Sirius, solo Sirius.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sirius Black | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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E’ questo il problema del dolore. Esige di essere sentito

 
 
 
Nickname : Carolina Evans
Carta scelta: n°8
Titolo: E’ questo il problema del dolore. Esige di essere sentito.
{Storia partecipante al contest “Let's play TABOO-Old Generation Edition!” di Alyx e Writer96 indetto sul forum di EFP} 
Personaggi: Sirius Black, James Potter, I Malandrini, Lily Evans 
Genere: Introspettivo
Note: Nessuna
Avvertimenti: nessuno 
 

Avevi 11 anni, Sirius Black, quando la tua vita è cambiata. Sei salito su quel treno, hai attraversato quel lago con la tua barchetta, hai varcato quell’enorme portone, hai salito quegli altissimi gradini, e sei entrato in quella enorme sala, la Sala Grande, che non eri più la stessa persona che quella mattina era uscita di casa. Eri Grifondoro, adesso, eri diverso. Eri amico di James Potter. Lo avresti mai detto? Quello sfigato con gli occhiali e senza un dente che ti aveva salutato nel vagone del treno, ora sedeva al tuo fianco, e non si sarebbe mosso di lì per un bel pezzo. Più ci parlavi, e più pensavi di non aver niente in comune con lui, dalla sua parlata veloce alla sua camminata svelta, che così tanto si contrapponevano al tuo passo lento e cadenzato e alle tue occhiate profonde, serie. Eravate il diavolo e l’acqua santa, eppure ridevate, Sirius, te lo ricordi quanto ridevate, mentre il soffitto diventava sempre più scuro e la tua adrenalina si scaricava, fino a diventare stanchezza, poi sonnolenza? Il tuo primo giorno ad Hogwarts sembrava essersi concluso in un modo talmente semplice che non ti sembrava vero. Infatti non lo era, Sirius. La prima delle grandi avventure era avvenuta quella sera, quando James Potter aveva deciso che non era possibile andare a dormire, ma che, anzi, la notte era il momento migliore in cui esplorare il castello. Tu eri davvero stanco, Sirius, e preoccupato per come i tuoi genitori avrebbero reagito alla notizia della casa in cui eri stato smistato, e volevi solo rilassarti nel tuo letto, eppure ti era bastato un solo sguardo negli occhi di James per cambiare idea. Erano appena nati i Malandrini.
E, più tardi, quella notte, la casa di Grifondoro aveva già iniziato a perdere i primi punti a causa vostra.
 
 
James ha aspettato il tuo ritorno. O meglio, ci ha provato, ma è crollato prima. Dorme sulla poltrona più vicina al fuoco della Sala Comune, e russa come un trombone. Sorridi, sfilandoti dalle spalle il Mantello che per stasera ti ha prestato, e ti avvicini silenziosamente a lui. Gli metti una mano sulla bocca e sussurri nel suo orecchio
“Sono la McGrannit e non vedo l’ora di baciarti, Potter!”
James si sveglia di soprassalto, spaventato, mentre tu sghignazzi quanto più silenziosamente riesci a fare. Il tuo migliore amico ti fissa, inquietante come poche volte, con una palpebra più in alto e una più in basso. Sembra uno psicopatico.
“Non è divertente, Sirius.” Ti dice, con la bocca impastata.
“Dovresti vedere la tua faccia, quella sì che è divertente”
Lui si rialza e si stiracchia, cercando di far apparire come casuale un pugno che ti rifila sul mento.
“Allora, non vuoi sapere com’è andata?” chiedi, esaltato.
“Non siamo mica donne, non voglio sapere per filo e per segno cosa hai fatto, Sirius, so cos’è un rapporto sessuale…”
“Anche se non l’hai mai avuto” continui tu, pavoneggiandoti.
“Intendo dire, che io sono qui per festeggiare! Sei diventata una signorina, Sirius!” continua lui, prendendo da un angolo nascosto una bottiglia di champagne che sicuramente aveva rubato quella sera dalle cucine. Tu sorridi, e allunghi la mano per prendere uno dei bicchieri che ti porge.
“Sì, ma io ho qualcosa di più urgente da fare” dici, quando lui ha riempito il tuo bicchiere. James ti guarda stupito, prima che tu prendi dalla tasca un pacchetto di sigarette e un accendino e ne prendi una.
“La sigaretta post sesso, eh? Hai preso tutto da me!” ti dice lui, allungando una mano per farsene offrire una.
Sbuffi, pensando a come sei riuscito a scegliere come amico la persona più scroccona di Hogwarts. Gli porgi la penultima delle tue sigarette, e ti volti seccato verso la porta della Sala Comune, diretto al parco, mentre James trotterella alle tue spalle, urlando una serie di battute sconce su di te e su ciò che hai fatto questa sera.
 
 
E’ una sera di Luglio, e ti trovi nel giardino di casa Potter. Definirla sera è abbastanza un eufemismo. E’ notte fonda, e sei seduto sul muretto vicino alla staccionata, indeciso su cosa fare. Venire da James è stata la prima idea che hai avuto, in maniera totalmente irrazionale. D’altra parte, quando si sta male il primo posto dove si vuole tornare è casa propria, e James è casa tua. Eppure non osi muovere un muscolo, tanto meno fare un passo, e nemmeno pensare. Sei vuoto, Sirius, sono riusciti a farti sentire tale. Vuoto, incompleto, inutile, sbagliato, diverso. Erano anni che ci provavano, è vero, ma non ci erano mai riusciti perché non glielo avevi permesso. Avevi imparato a rendere di metallo le pareti del tuo cuore, tanto che nulla era riuscito a scalfirlo. Fino a oggi. Perché per quanto tu fingessi che non ti importasse, Sirius, tu hai sempre avuto bisogno di loro, hai sempre avuto bisogno di una famiglia, e renderti conto che loro non avevano bisogno di te, che si vergognavano a dividere con te la stessa casa, era stato troppo anche per te. Puoi continuare a mentire quanto vuoi, Sirius, ma lo sai benissimo qual è la cosa che ti fa più male, in tutto questo schifo, e prescinde il dolore fisico che ti pervade il corpo gonfio, o il singolo occhio nero, o il rivolo di sangue che ti scende dalla tempia. Lo sai che la cosa peggiore è che mentre tuo padre e tua madre ti continuavano a riempire di incantesimi senza darti il tempo di difenderti, il modo di difenderti, e tu eri a terra, stremato, i tuoi occhi per un secondo hanno trovato quelli di Regulus, e non vi hanno trovato niente. Non un segno di rimpianto, di dolore, non un briciolo di compassione. Anzi. E quindi lo sai che la cosa peggiore in tutto questo non è che tu sei stato cacciato di casa, attaccato dai tuoi stessi genitori, né che il tuo ritratto sulla parete dei Black sia stato bruciato. E’ che hanno vinto loro, si sono presi anche Regulus, è ormai uno di loro. E’ che quella in cui sei stato sconfitto stasera non è solo una guerra durata sedici anni con i tuoi genitori, ma è una battaglia in una guerra ben più grave e sanguinosa. Ci sono tante altre famiglie che la pensano come la tua, e tanti altri figli come Regulus, e finchè ci saranno non importa tu da che parte della guerra ti schieri: non avrai pace.
Non ce la fai ad alzarti, Sirius, e tiri fuori lo specchio. James sta dormendo, eppure ti bastano un paio di parole per svegliarlo. Dopo due minuti lui è lì, al tuo fianco, nel suo giardino, ed ha uno sguardo profondamente rincoglionito e assonnato, eppure non ha bisogno nemmeno che tu parli. “Lo hanno fatto davvero, alla fine.” Dice, sedendosi anche lui sul muretto, e cacciando dai pantaloni del pigiama un pacchetto di sigarette. Te lo porge aperto, alzando un sopracciglio. Guardi al suo interno, ci sono solo tre sigarette. Ti dispiace quasi prenderne una, perché sono poche, e sai che a James dà fastidio quando ti rubi una delle sue, ma lui insiste, avvicinandoti sempre di più il pacchetto semivuoto. Fumate in silenzio, l’unico rumore lo sfrigolio del tabacco e della carta che si consumano, e che debolmente illuminano ciò che avete davanti gli occhi. Non sapete cosa dire, non siete fatti per dirvi parole rincuoranti, né per consolarvi con frasi o gesti sdolcinati. Semplicemente, condividete il dolore, come se il tuo fosse il suo e viceversa. Siete due pezzi della stessa anima.
“Che dici Pad, stiamo qui tutta la notte a guardare le stelle?” ti chiede a un certo punto James, che ha spento la sigaretta e ti guarda, sorridendo.
“Sì dai, e poi magari ci diamo anche due romantici bacini, eh?” rispondi, senza poterti trattenere dal sorridere, tuo malgrado. La risata di James sconquassa il silenzio della notte, e sai che finchè senti questo suono niente potrà mai andare davvero male. Spegni la sigaretta con il piede, e ti volti a guardare il tuo amico, in mano hai il pacchetto di sigarette che sei pronto a restituirgli.
“Tienilo tu, serve più a te.” Ti dice, senza che tu possa ribattere. Vi dirigete verso la casa e sapete già che dal momento in cui accenderete le luci del soggiorno, la vostra pace verrà turbata da Dorea e Charlus, che faranno domande e saranno preoccupati, e cercheranno di curarti, e tutta una serie di cose che qualsiasi persona normale avrebbe provveduto a fare in una situazione del genere prima di fumare una sigaretta. Ma è esattamente il motivo per cui tu sei amico di James Potter: lui non è normale. Gli sorridi, sapendo che nel frattempo lui pensa lo stesso.
Finalmente capisci una cosa. Non sei rimasto senza famiglia, ne hai appena acquistata una. Da stanotte non sei più un Black, sei Sirius, solo Sirius.
 
 
 
“La tua scopa è diabolica. Ha già fatto fuori tre quarti dei mie soprammobili.” Dice Lily, seccata, mentre rialza un minuscolo Harry che per l’ennesima volta è caduto nel tentativo di camminare. Sogghigni, alle parole della rossa. In fondo, anche se ha sposato un Malandrino, resta sempre un Prefetto rompicazzo. Al sentir nominare la sua scopa, d’altra parte, Harry emette un piccolo versetto di giubilio, e ti guarda soddisfatto. Rispondi al suo sguardo, pensando a quanto diventerà fissato per il Quidditch questo bambino. Come suo padre, d’altronde. Per un momento ti chiedi se effettivamente sia stata una buona idea quella di Lily e James di aver messo al mondo un bambino. Se adottasse i caratteri dei suoi genitori, sarebbe davvero una rovina. Per adesso Harry è solo un bellissimo neonato di un anno e un mese, che non ha ancora imparato a dire il tuo nome, anche se quello di Remus sì, e che prova a camminare su delle gambe cicciotte che non lo sostengono.
“A proposito, amico, mi dispiace di non esserci stato al tuo compleanno, so che doveva essere una figata, con Bathilda e tutto, ma avevo importanti compiti da parte dell’Ordine. Mi perdoni?” chiedi ad Harry, avvicinando il tuo viso al suo. Per tutta risposta, il tuo figlioccio si limita ad afferrarti una ciocca di capelli e a tirarla, ridendo.
“Direi che non ti ha perdonato, Pad!” sorride James, tirando su Harry e portandolo sulle sue ginocchia, mentre lui emette una serie di deliziati “Papà!”.
“Rossa, ma se prendessi il marmocchio e lasciassi noi uomini liberi di fumare una sigaretta?” chiedi, consapevole di attrarre verso di me le ire di Lily con l’appellativo che ho appena usato. Lei alza un sopracciglio, non sai se infastidita di più dal fatto che hai chiamato lei “rossa” o il suo bimbo “marmocchio” .
 “Almeno andate in giardino, per piacere” vi chiede, portando Harry in cucina. James la segue con lo sguardo, mentre tu ti dirigi verso la porta e sbuchi nel cortile di casa Potter. Il tuo amico ti lascia crollare su una sedia di vimini, mentre ti appoggi su una panca in legno. Si tocca le tasche, e si rende conto di aver dimenticato in casa il tabacco, così tu gli offri una delle tue sigarette, nonostante il fatto che tu ne abbia solo tre nel pacchetto. Ve le accendete in silenzio, lottando contro il vento di inizio Settembre che tenta di spegnere la fiamma del tuo accendino. Dopo qualche boccata, gli chiedi come va. James si prende del tempo per assaporare il fumo della sigaretta, e poi pronuncia un “Bene” che non ti convince nemmeno un po’. Se lo conosci da dieci anni ci sarà un motivo, Sirius. Riconosci ogni inflessione della sua voce, ogni minima sfumatura. Lo guardi, alzando un sopracciglio, consapevole del fatto che non ti serve altro per farlo sfogare. E infatti, dopo pochi secondi, James inizia a parlare.
“Non ce la faccio più, Sirius. Non riesco più a vivere tutta la mia vita tra queste quattro mura. Non sono abituato. Non ho mai passato più di qualche ora chiuso in una stanza senza fare niente, e ora passo giorni, settimane intere così. Finchè avevo il mantello, riuscivo a cavarmela. Da quando l’ho prestato a Silente, non ho nemmeno più quello.”
“Ma cosa deve farci? Glielo hai chiesto? Magari ha quasi finito e te lo può restituire…” dici, senza crederci nemmeno tu. James alza le spalle, affranto. Dopo un po’ riprende.
“Non… non fraintendermi. Io amo Lily ed Harry, davvero, sono la mia vita. Se non li amassi così tanto non riuscirei mai a farcela. Però non credo di poter resistere così in eterno, sprecando la mia vita tra quattro mura. Mi sento anche in colpa, con tutti voi che rischiate con le missioni, l’Ordine… Io dovevo diventare Auror, Sirius, dovevamo fare il concorso insieme, ti ricordi? Io avevo deciso di passare tutta la mia vita in azione. E invece adesso non faccio nulla, resto nascosto. Restare fermo, in più, mi porta a pensare fino a sragionare, mi preoccupo per tutto, per voi, per l’Ordine, per Dorcas, per Bathilda che abita qui a fianco! Sono arrivato a preoccuparmi per Bathilda, e qui a Godric’s Hollow non succede mai nulla, credimi. I Mangiamorte nemmeno sanno che esiste. Persino Lily sente il bisogno di andare fuori, di incontrare persone, e sai che lei è praticamente una secchiona! Senti, io non voglio lamentarmi, credimi, ma ho bisogno che tu ne parli. Al prossimo consiglio dell’Ordine. Se io non avrò ancora riavuto il Mantello, non potrò venire, e mi serve che qualcuno dica loro che stiamo impazzendo.”
“Sai che non cambierà niente, vero, James?” gli dici, affranto quanto lo è lui. James ti annuisce, per risposta, e si stiracchia, alzandosi dalla sedia.
“E’ una gabbia dorata. Almeno ho loro due. Almeno ho lei. Nella sfiga sono fortunato ” dice, indicando con la testa Lily che sta cercando disperatamente di imboccare uno sporchissimo Harry.
“Almeno ho te.” Aggiunge, e ti si scioglie il cuore mentre guardi i suoi occhi scuri riempirsi di lacrime e vedi le gocce che in silenzio scorrono sulle guance.
 
 
 
Picchi il pugno contro il muro, ripetutamente, per rompere il tuo cuore di ghiaccio, unica eredità ottenuta dalla tua famiglia. Un pugno dopo l’altro, tenti di abbattere il muro di questa casa, vuoi gettarlo giù, e piangi, Sirius, perché non sai cosa fare, perché questo muro non si romperà ma ti romperai tu, e allora continui a battere i pugni finchè non ti fai male, finchè non ti sanguinano le mani. Non credevi di poter soffrire così tanto, eppure succede anche a te, che ti sentivi così invincibile. Non hai mai creduto in nessuno, tu, hai sempre retto da solo in ogni situazione. Tu contro tutti, tu contro il tuo dolore, contro il tuo orgoglio, contro gli sguardi duri e quelli beffardi, tu, Sirius Black, senza nessun altro aiuto se non te stesso. E James. Ma ora che non c’è, tu cosa farai? Ti pensavi tanto imbattibile, ma è bastato che una persona sola  se ne andasse perchè tutto ciò in cui credevi crollasse. Adesso vorresti tanto credere in qualcosa, prendertela con un Dio per la tua sventura, per essersi accanito contro di te.
Ma tu non credi in nulla Sirius, e puoi prendertela solo con te stesso. La rabbia ti riempie il cuore, e tu lo sai che è sbagliato, Charlus te lo diceva sempre, “Non si può vivere di rabbia, figlio mio”. Charlus, l’uomo che per primo ti aveva chiamato figlio credendoci davvero, amandoti come amava il suo vero figlio, era morto come era morto James, che giaceva a terra, sul pavimento della sua casa, era troppo tardi per i funerali, avrebbero dovuto aspettare domani, ora era solo tempo di stare seduti per terra a piangere, e a urlare al mondo che non era giusto. Ma sarebbe arrivato il tempo della vendetta. Sarebbe arrivato il momento in cui avresti scagliato un incantesimo su Peter, il grassoccio, timido, pauroso amico di una vita, quello sempre sbagliato, l’ultimo classificato, colui che viveva nella vostra ombra. E sotto la pelle la senti, senti questa rabbia che ti fa ribollire le vene, ti fa venir voglia di uccidere, di stritolare con le tue mani la causa di tutte le tue sventure. Così ti alzi in piedi in tutta la tua enorme statura, Sirius Black, ti alzi, anche se sei sconvolto mantieni sempre una certa eleganza, una raffinatezza dei movimenti non voluta, ti è rimasta nel sangue malato che ti ritrovi nelle vene, sangue che non hai scelto ma che hai, sangue che ti ha segnato per tutta la vita, e che si intravede nelle sue vene anche al di sopra della tua pelle pallida come la Luna e tersa come un lago di montagna, morbida e liscia, pelle che lacereresti pur di permettere al tuo sangue di sporcare l’asfalto della strada di Godric’s Hollow. Ti alzi in piedi e inizi a camminare, urlando per sfogarti, con le lacrime che accompagnano i tuoi strilli insensati, la gente ti prenderà per ubriaco, ma a te non interessa, ti interessa solo scaricare questo dolore, smettere di sanguinare senza che la tua pelle sia stata lacerata. La morte di James è la tua emorragia interna.
“Black, porca puttana, ti vuoi fermare?”
Ti giri, Sirius, e speri di trovare davanti a te Lily Evans, tua rivale per sette anni e nuora da tre, raggiante che ti sorride per dirti che era tutto uno scherzo suo e di James. Potrebbe anche essere, sarebbe nel loro stile. E invece di fronte a te trovi Dorcas Meadowes, che ti guarda esterrefatta. Dovevi aspettartelo. La voce che avevi sentito non ricordava per niente quella di Lily, un po’ acuta e persistente. Dorcas ha i capelli biondi legati dietro con una coda, e ti corre incontro. Ti getti su di lei come hai sempre fatto per trovare conforto, e lei piange con te. E’ così piccola, ti arriva alle spalle, eppure regge il tuo peso, quello di tutti i tuoi pensieri, di tutti i tuoi ricordi, della tua anima nera come il tuo nome e di ciò che non dici, che non ammetti nemmeno a te stesso, della tua rabbia cieca e sorda che sta per farti impazzire, della voglia di uccidere che ti dà prurito alle mani e rende rossa la pelle del pugno stretto intorno alla bacchetta. Piangi e le bagni la felpa che le tiene caldo in questa tremenda nottata di Ottobre, o dovresti dire Novembre, Sirius, ma davvero ti importa? Ha davvero senso dividere il tempo in giorni, mesi, anni, ora che il tuo punto di appoggio non c’è più? Corri, vai via. Scappi da te stesso, scappi per rincorrere qualcuno, per rincorrere quella stessa morte che ora ti scivola tra le dita come se fosse fatta di sapone, affinchè ti restituisca James e Lily, tutto in cambio di loro, tutto, la tua vita, il tuo onore, il tuo nome, la tua libertà. Sai già com’è finita, Sirius, ha vinto la vendetta, ha vinto la tua parte nera, hanno vinto loro. Tu la libertà l’hai persa, ingiustamente, ma Lily e James non sono tornati, e non torneranno più, ora lo sai.
 
 
 
Sono dodici anni che resti rinchiuso in questa prigione, Sirius, come tu abbia fatto a non impazzire non lo sai nemmeno tu. I giorni si assomigliano tutti, e anni si mescolano come se fossero dei mazzi di carte, senza possibilità di distinguerli, eppure tutti diversi, tutti tremendi, tutti schifosamente orribili. Mentirai, in futuro, dicendo di aver dimenticato cosa si prova ad essere prigionieri, ma sai che non è vero, ogni minuto speso tra quattro mura strette e sudice e umide ti fa morire sempre di più, e si imprime nella tua memoria. Non sapresti dire cosa è avvenuto prima e cosa dopo, è vero, eppure sapresti dire che cosa si prova in ogni singolo giorno passato ad Azkaban: angoscia. Morte, solitudine, paura, sono le tue migliori amiche, Sirius Black. Eppure speri. Speri perché in te c’è quel piccolo briciolo di anima uguale a quella di James, che sa che sei innocente. Speri che se ne accorgano, e nel frattempo odi, Sirius, odi uno tra i tuoi migliori amici per essere stato un traditore. Eppure a volte non provi niente, Sirius. Non odi, non soffri, non speri. Non vivi. E’ la tua unica difesa, mettere di provare emozioni, e difenderti in una cortina di disinteresse falso e blando. Non è sempre vero che la prigionia ti dà tempo per pensare, anzi. Per i primi tempi è così, la solitudine dà spazio alla tua anima per allargarsi oltre i limiti dell’immaginazione. Ma dopo tanti anni, la tua anima si anestetizza. Rimane inerme, insensibile a qualsiasi stimolo.  Eppure, in questa apatia, qualcosa ti smuove, qualcosa ti fa reagire.  E’ una foto, sulla Gazzetta che stamattina ti ha portato il Ministro della Magia, in visita nella tua cella. Una semplice foto in copertina di una famiglia felice in vacanza in Egitto, eppure cambia tutto, Sirius Black. Hai di nuovo uno scopo, un motivo per vivere. La tua fuga non è mai stata più vicina.
 
 
Stasera c’è la Luna Piena. Lo sai perché finalmente, per la prima volta in dodici anni, hai il muso fuori dalla prigione. Assapori la libertà, Sirius Black, e non ti sembra di aver mai annusato un profumo migliore. Ti sembra già di leggere le testate di domani mattina: “Sirius Black, il famoso criminale evaso da Azkaban”. Allegheranno anche una tua foto. Speri sia bella, ma ne dubiti. Ridacchi al pensiero di ciò che James avrebbe detto. “Sei un egocentrico vanitoso, Pad”. Nulla può turbarti stasera, nemmeno la Luna Piena e il malinconico ricordo di una vita fa, di un cane, un lupo un cervo e un topo che corrono nel parco di Hogwarts. Sputi a terra, per non pensare, per pulire la bocca dal sapore amaro che il ricordo ti ha lasciato sulla lingua, e preferisci soffermarti sul presente, sull’immediato, sull’ora. E nel presente tu hai fame, Sirius Black. La tua vendetta non può essere compiuta stanotte. Un cane nero si fa strada nella notte, fondendosi con essa, in cerca di cibo.
 
 
Quanto tempo è passato da quando sei evaso? E quanto dalla notte in cui sono morti Lily e James? E quanto, invece, dai giorni felici di Hogwarts, Sirius Black? A volte dubiti che ci siano davvero stati. Ti sembrano una vita diversa, una non tua. Adesso la tua vita è nuovamente reclusione. Sei rinchiuso in questa casa che hai sempre odiato. “Per la tua sicurezza” dice Silente, e lo capisci. Lo sai che è giusto, ma non lo accetti. Non accetti queste stanze sempre troppo polverose, troppo piene di ricordi, troppo piccole, eppure troppo immense, ti ci perdi Sirius, mentre ti perdi tra i tuoi pensieri sempre non troppo felici. Ti ritrovi a camminare a zonzo per queste quattro mura, fingendo che siano spazi sconfinati, in cui vivere, in cui nascere, in cui morire. Guardi all’esterno e vedi solo morte, solo distruzione, non riesci a trovare una via di fuga. Questo tuo vagabondare non avrà mai fine, lo sai, non ritornerai a camminare per le strade a testa alta, come un uomo libero. Non è servito a nulla uscire di prigione: sei rimasto un recluso. Ora capisci finalmente le parole di James, che a suo tempo ti invocava pietà, ti chiedeva aiuto, e tu lo avevi ignorato. Adesso avresti bisogno anche tu di aiuto, e non sai a chi chiederlo, rinchiuso come sei in una gabbia dorata, in una casa di specchi, che ti costringono a guardarti dentro e a vederti così come ti vedevano i tuoi genitori. Sporco. Sbagliato. Diverso. Il quadro di tua madre incombe su di te come una sciabola, pronto a urlarti contro tutto ciò che pensa di te non appena ne sposti le tende. E’ una mattina di Aprile, e stai ripercorrendo il tuo solito giro per la casa. Cammini per il corridoio principale del piano superiore, e sfiori con le dita i muri sudici che trasudano polvere e depressione. In maniera quasi irrazionale finisci davanti alla porta della tua stanza. Metti la mano sul pomello e, tirando un ampio sospiro, la apri. Ti trovi davanti la tua camera, uguale a come l’avevi lasciata l’ultima volta in cui c’eri entrato. Sorridi, notando che i tuoi incantesimi avevano resistito: i tuoi genitori non erano riusciti a staccare le foto Babbane dal muro. Ti siedi sul letto perfettamente in ordine, e ti guardi intorno. Dei brividi percorrono la tua schiena, ripensando a tutto ciò che hai dovuto subire in quelle mura, e provi un leggero senso di nausea. Non passerà mai abbastanza tempo, Sirius, non finirà mai di farti effetto. La loro presenza è lì con te, e non si smuove. Probabilmente ha ragione Lupin, il loro ricordo ti farà impazzire. Hai vissuto tutta la tua vita, ogni scelta, ogni decisione, dalla più piccola alla più grande, per infastidirli, per essere la pecora bianca in una famiglia di pecore nere, e continui a farlo anche adesso che loro non ci sono più. Sghignazzi in maniera selvaggia, quasi folle. La tua risata rimbomba in questa casa vuota, e si trasforma presto in ululati di dolore. Ti stendi sul letto e guardi il soffitto per un po’. Vorresti che ci fosse il cielo, al posto di quell’intonaco bianco, e vorresti il mare di fronte a te, sono anni che non vedi il mare, Sirius, per quel che ne sai potrebbero anche averlo prosciugato. Potrebbe non esistere il mare. Potrebbe non esistere più il mondo, e tu saresti ancora qui, steso sul letto della camera che era tua a sedici anni, ad odiare dei genitori che non puoi fare a meno di amare.
Preso dalla malinconia, decidi di aprire uno dei cassetti del comodino a fianco al letto, per ritrovare qualche tesoro nascosto. Ci sono tre pacchetti di sigarette semivuoti, ognuno con una sola sigaretta all’interno. Tre sigarette solitarie, mai fumate per pigrizia, o per scaramanzia, o per ricordo. La sigaretta della tua prima volta, quella della notte in cui sei fuggito di casa, e quella dell’ultima volta che hai visto James. Tutte sigarette fumate con James. Ti chiedi a che serva avere tre sigarette e nessuno con cui fumarle.
 
 
E’ freddo il velo, Sirius. E’ ciò che hai pensato un attimo prima che fosse tutto buio. Sembra di seta molto sottile, e ti irrigidisce. Non provi dolore, solo un fastidio. Hai un attimo che sembra eterno, un attimo che scorre molto più lentamente di tutta la tua esistenza, e sai già che è l’attimo che sta dividendo la tua vita dalla morte. Non sai cosa ci sarà dopo, non te ne sei mai interessato. Hai semplicemente ignorato il problema, come hai cercato di fare con qualunque cosa ti facesse paura, o male. Hai finto che non esistesse, ed è stato lo sbaglio più grande di tutta la tua vita. Perché lo hai capito adesso, Sirius, un attimo prima che tutto finisca. E’ questo il problema del dolore. Esige di essere sentito. E tu non lo hai mai fatto, non lo hai mai accettato. Hai remato contro la parte più umana di te, fingendo di essere ciò che non eri: invincibile. E quindi piangi, Sirius, un attimo prima di morire, piangi per tutte le cose che ti hanno fatto soffrire. Piangi per James, piangi per Regulus, piangi per i tuoi genitori, piangi per Harry, piangi per Lily, piangi per Remus. Soffri e piangi soprattutto per te stesso.
E dopo aver pianto, ti investe la speranza. La speranza che dall’altra parte del velo ci sia qualcuno con cui dividere tre sigarette. Che dall’altra parte del velo ci sia James.
Con questo pensiero in mente, Sirius Black cessa di esistere.
  
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