Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Ledion Kaja    26/10/2015    0 recensioni
Chi o cosa decide come deve proseguire la vita di una persona? E soprattutto, con quale diritto? Un antico potere risvegliato. Umani, elfi, nani, orchi. La pace apparente durata diciotto anni dopo l'ultima grande guerra sta per finire.
'Il tuo destino è rosso come il mio, fratellino.'
E' la prima storia che scrivo qui su EFP, spero che sia di vostro gradimento e aspetto con ansia le recensioni. Grazie a chiunque leggerà ed apprezzerà la storia!
Genere: Avventura, Horror, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

(1)
 

Stava guardando il soffitto buio di camera sua da cinque minuti ormai, sudava, si sentiva la schiena bagnata e fredda, come se fosse caduto in mare con i vestiti addosso anche se l'ultima volta che aveva nuotato in acque cristalline non se la ricordava nemmeno.

Era sempre lo stesso incubo che turbava le sue notti, uguale, che puntualmente tornava facendolo desistere dal dormire, era una scena che quasi gli pareva di aver già vissuto, parecchi anni prima o magari in un altra vita, ma non ricordava quando e soprattutto non sapeva di chi fosse quella voce femminile e triste, come ad una madre a cui tolgono un figlio; per quel che ne sapeva poteva anche essere sua madre o sua sorella, sempre se ne avesse una, questo lo turbava, non aveva conosciuto i suoi genitori ma il solo pensiero che qualcuno di loro potesse soffrire lo faceva stare male.

Non riuscii ad addormentarsi e come ogni volta uscì in balcone e si accese una sigaretta.

Rimase a contemplare le tenebre che grazie alla luna, qua e la, lasciavano affiorare qualcosa dell'ambiente che lo circondava. Tutto normale. Il giardino di casa sua. Lo stesso giardino che da piccolo di notte gli faceva paura. Ma che aveva imparato a conoscere con gli anni. Quella notte sembrava essere tornato indietro nel tempo a quando in mezzo a quei cespugli vedeva strane forme, sentiva strani rumori.

Mentre buttava via il mozzicone li vide, due grandi occhi rossi fiammanti che lo guardavano quasi a chiamarlo a se e lui rispose alla chiamata.

Passo svelto, occhi fissi sugli occhi rossi, quasi inciampò nel discendere dal terrazzino.
Pensava a mille cose in quel momento, aveva la testa pesante di pensieri : 'Chi è? Cosa vuole? Che ci fa a casa mia? Mi farà del male?' Ma comunque la sua voglia di sapere era troppa, doveva avvicinarsi.
A quasi due metri raccolse un ramo abbastanza grande e robusto da ferire, se lo passo tra le mani, quasi a provarlo ed infine lo strinse fermamente con la mano destra.

I due occhi si mossero verso destra di almeno mezzo metro, intravide una sagoma, una creatura grande la metà di un uomo normale ma oltre a questo non riconobbe altro.

Mentre cercava di avvicinarsi ulteriormente la sagoma si mosse ancora, poi ancora, sempre più veloce, finché i due occhi rossi svanirono del tutto.
Jackies si fermò di scatto cominciando a guardarsi attorno ma niente, non ne trovò più traccia, come se si fossero volatilizzati insieme alla creatura a cui appartenevano.
Troppo piccolo per essere un umano e troppo veloce per essere un nano pensò.

Tornò sui suoi passi, scrutando comunque l'ambiente circostante anche se le tenebre celavano quasi tutto, i suoi occhi da *Wismer non erano d'aiuto in quel frangente.
C'era il silenzio più totale, interrotto qua e là dal vento che muoveva le foglie in un ballo che sarebbe stato stupendo se non fosse autunno e quel danzare significava l'imminente caduta delle medesime; come si può gioire nel vedere della foglie cadere?

Si preannunciava una notte fredda, la prima delle tante che sarebbero susseguite nei giorni a venire.

Autunno oramai era iniziato da un pezzo, le giornate si accorciavano sensibilmente e le persone di conseguenza diventavano più fredde, più cupe, se c'era una cosa che a Jackies piaceva dell'estate era la voglia di vivere che possedeva le persone.

A *Willtram era consuetudine, ogni due settimane, organizzare grandi cene a cui partecipavano tutti, dal Re al popolo, dai cavalieri ai stallieri, dai buffoni di corte ai contadini.
Nessuno escluso perché tutti partecipavano all'organizzazione.
I cuochi cominciavano a cucinare due giorni prima, così come i falegnami preparavano le grandi panche e i tavoli servendosi della moltitudine di quercie che si trovavano poco fuori le mura della città.
I più eccitati erano i buffoni di corte che, per tradizione, non dovevano mai presentare lo stesso spettacolo due volte, per questo motivo c'era sempre qualche buffone nuovo in sostituzione di chi, non avendo più idee tornava a *Quertram a farsi aggiornare nelle scuole di musica dagli elfi, i soli a conoscere l'Intelligenza musicale.

È questo il grande dono degli umani, che non posseggono particolari abilità innate come elfi, nani od orchi, ma sono l'unico popolo che ha l'Intelligenza Interpersonale e Intrapersonale, il dono del quieto vivere, dell'andare tutti d'accordo, sopratutto del fidarsi ciecamente l'uno dell'altro.
Il re è la guida e loro il suo popolo, i suoi contadini, il suo esercito, la sua famiglia.

Era di nuovo dentro casa, lasciandosi alle spalle la notte, il freddo e sopratutto le sue domande. Sbattè violentemente la porta alle sue spalle tanto da far tremare i quadri. Spezzò il robusto ramo a metà e lasciò cadere i due pezzi nel cesto della legna adiacente al caminetto.

Era una modesta casetta la sua, situata poco fuori le seconde mura, quelle a protezione del Castello, fuori dal caos impossibile della corte ma comunque abbastanza vicino ad ogni qualsivoglia cosa gli servisse, abitando a dieci minuti a cavallo dal mercato.
Aveva tre stanze in totale, molto ampie, ben areate e luminose; la più grande era adibita a cucina, aveva un grosso tavolo al centro con quattro sedie, anche se ne usava solo una da molto tempo.
Sulla parete sinistra c'era qualche scaffale che lui stesso aveva costruito con piccole ceste in cui vi appoggiava la frutta e verdura, la pasta, il pane, qualche fiasco di *raki ed innumerevoli altre cose sparse ovunque. Una credenza di fianco agli scaffali conteneva le marmellate, il burro, gli insaccati, la farina e qualche altro fiasco di raki.
In basso, una di fianco all'altra, due anfore con l'acqua, riempite il giorno prima dal pozzo dei Kristen, la famiglia più vicina a lui dopo i Jinten, con cui non parlava da tempo ormai.
Un mobile ad angolo completava il tutto, anche questo costruito da lui, in cui teneva la carne conservata fresca nel ghiaccio.
Nella parete destra c'erano dei quadri raffiguranti scene di caccia, pesca ed altre normali gesta di vita quotidiana. Tutti apparte uno.
Il quadro più piccolo, messo esattamente al centro rispetto agli altri, aveva una cornice rossa, tutta la tela era colorata di rosso, un rosso omogeneo e compatto che non lasciava trasparire nulla, magari incompiuto, ma che sua nonna aveva voluto appendere lo stesso. Tutti i quadri erano stati dipinti da Etemh, suo nonno. Sotto ai quadri, una grande panca di quercia con grandi cuscini riempiti di paglia, faceva da divano. Poco più in là, il caminetto sempre acceso, riscaldava l'ambiente, creando il tepore giusto per grosse chiacchierate davanti al fuoco magari sorseggiando qualche bicchiere di raki. Era solito passare intere ore, la sera, quando fuori diventava buio e le tenebre scendevano soppraffacendo i colori, i rumori e le persone, con suo nonno a discutere, ridere o semplicemente a raccontarsi la giornata lavorativa.

Da quando è rimasto da solo, quel caminetto è solo un inutile conservatore di ricordi, tutta casa è intrisa dei loro gesti, del loro profumo, delle loro risate.

La seconda stanza è quella in cui dorme. Rude e spoglia. Un letto a due posti, con un materasso di paglia e due cuscini sempre di paglia. Da un lato un comodino su cui appoggia i vestiti, dall'altro un comodino uguale ormai impolverato ed impoverito di qualsiasi funzione, appartenuto a suo fratello, scomparso cinque anni prima e ormai dato per morto. Una ferita ancora aperta che mai potrà riasanarsi.

La terza stanza, un giorno appartenuta ai suoi nonni, era diventata il suo laboratorio.
Un grosso tavolo aveva sostituito il letto. C'erano utensili e strumenti da lavoro dappertutto. Pezzi di legno in fase di lavorazione e poco più in là un grosso armadio conteneva, in un disordine paradossalmente ordinato, i libri regalati dal nonno, sempre stato ferreo nel pretendere che il nipote avesse un livello di istruzione elevato rispetto agli altri. Dando le spalle al tavolo si poteva notare una grande finestra di circa un metro e mezzo di grandezza che di giorno, tenuta aperta, faceva entrare la grande quantità di luce necessaria alla decorazione dei mobili in legno.

Si avvicinò alle credenze della cucina, vi prese un bicchiere ed il fiasco semi-vuoto di raki, se ne versò fino all'orlo sedendosi sulla sedia.

Jackies era un ragazzo di diciassette anni, circa due metri di altezza, un po sopra la media degli uomini, capelli biondi tenuti corti ma non troppo e occhi gialli tipici dei Wismer. Di corporatura robusta, possedeva una forza che lo contraddistingueva dagli altri, suo nonno diceva sempre che aveva la forza di un *Dusten ma era troppo intelligente a differenza loro.

Al terzo bicchiere si alzò dal tavolo in direzione del caminetto il cui fuoco si assopiva lentamente ma inesorabilmente, prese un pezzo di legno e lo lanciò in direzione della fiamma.
Chiuse la porta a chiave e si diresse verso il suo laboratorio spegnendo man mano le candele della stanza apparte l'ultima che uso per farsi strada. Una volta dentro si diresse verso la finestra e la chiuse dando un ultima occhiata fuori ma non vide niente, solo buio. Tornò indietro, percorse il mini corridoio fino ad arrivare in camera sua. Una volta dentro si sfilò gli abiti appoggiandoli sul comodino e si adagiò sul letto. La coperta era troppo corta ma il freddo non gli aveva mai dato particolari fastidi quindi dormiva con buona parte del petto scoperto. Si umidificò la punta delle dita con un poco di saliva e spense la candela.

Buio.

Doveva essersi addormentato da un paio d'ore almeno. C'era il silenzio più totale. Si girò dall'altro lato cercando di riaddormentarsi ma niente, sentiva che c'era qualcosa che non andava.
Decise di alzarsi, prese le braghe e se le infilò. Conosceva casa sua a memoria ed era sempre stato bravo ad orientarsi, con passo deciso si diresse verso la cucina.
Trovò il fuoco spento. Tutto era come lo aveva lasciato, la porta chiusa a chiave, il bicchiere di raki ancora sul tavolo, tutto in ordine. Bevve un sorso d'acqua direttamente da una delle anfore e decise di ritornare a letto.

Quando passo davanti allo studio sentì qualcosa, un rumore secco, come un pezzo di legno che si rompe. Spalancò la porta immediatamente, cercando di capire cosa fosse successo. La finestra era spalancata. La luna entrava prepotente nella camera e illuminava tutto. Corse alla finestra per vedere se c'era qualcuno, magari la creatura dagli occhi rossi era tornata o semplicemente una forte raffica di vento l'aveva aperta. La finestra era stata forzata. Le due ante di legno erano state divelte dalla base. Qualcuno le aveva letteralmente sradicate, qualcuno molto forte, questo era sicuro. Fuori il silenzio regnava incontrastato e le tenebre lo assecondavano più forti che mai. Non sapeva cosa fare. Tornare a dormire non se ne parlava sicuramente, non avrebbe mai più ripreso sonno. Decise allora di riparare le due ante in maniera approssimativa almeno fino all'indomani, quando con l'aiuto della luce avrebbe risolto il problema definitivamente. Recuperò il martello e qualche chiodo dal tavolo e fece per tornare alla finestra quando un dolore lancinante lo assalì alla spalla destra.

Cadde in ginocchio.

Si tasto la spalla e vi trovò un pugnale conficcato, cercò di estrarlo ma niente, non riusciva ad afferrarlo. Dietro di lui sentì chiaramente dei passi, qualcuno si stava avvicinando. Cercò di rimettersi in piedi appoggiandosi allo scaffale dei libri ma una mano lo fermò tirandolo a se da un piede. Non riusciva ad opporsi, le forze lo stavano abbandonando, si sentiva svenire. Sempre la stessa mano lo afferrò per i capelli, alzandolo di peso, non riusciva ancora a vedere chi fosse. Trovò la forza per divincolarsi dalla presa e ci riuscì, cadde di nuovo a terra. Era la fine. Si giro per vedere in faccia il suo assalitore, se sarebbe dovuto morire voleva sapere almeno chi lo avrebbe ucciso.

Due occhi rossi.

Due occhi rossi fiammanti.

Gli stessi di prima ma la creatura era diversa, per corporatura sembrava un Wismer ma nessun uomo aveva gli occhi rossi, nessuna creatura, per quel che aveva appreso dai libri, nelle terre di Siniost aveva gli occhi rossi. Gli occhi scomparverò, di nuovo, come era successo in giardino. Passarono venti o trenta secondi. Riapparvero a pochi centimetri dalla sua faccia, poteva sentire il fiato della creatura sul suo viso.

Troppo vicino per non vedere.

Troppo vicino per non accorgersene.

Quella macchia rossa sulla guancia destra.

Non poteva essere.

'Mah?'

'Piacere di rivederti, fratellino. '

Buio.

 

 

 

 

 

 

 

 

Nota

* La razza umana è detta anche Wismer.
* Willtram è la più grande città degli uomini.
* Quertram è la terra degl'Elfi.
* Il raki è un forte alcolico distillato dall'uva.
* gli orchi sono chiamati anche Dusten.

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Ledion Kaja