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Autore: ReaRyuugu    26/10/2015    2 recensioni
Shougo Haizaki non ci ha messo molto ad imparare che il contesto in cui vive lo vede principalmente come un fastidioso parassita. Quando una certa notizia scuote la sua monotona quotidianità, però, pur di andare contro ai soliti giudizi, persino smentire l'immagine che ha sempre dato di sé diventa una sfida a cui un po' infantilmente non riesce a sottrarsi.
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{Post-serie principale, focalizzata quasi interamente su Haizaki ma avviso subito che ci saranno poi elementi HaiKise. Il rating potrebbe cambiare.}
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Ryouta Kise, Shogo Haizaki
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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» 5. I won’t mind my own damn business!

 

 

L’aveva cercata ovunque. Era persino rimasto più tempo del previsto, sotto la guardia del signor Ishihara che si occupava di controllare per lui gli spostamenti della pazza sclerotica (che, altrimenti, vedendolo chinato a terra a perlustrare ogni angolo avrebbe di nuovo iniziato ad urlargli addosso) — ma l’ecografia era sparita, volatilizzatasi nel nulla, come se non fosse nemmeno mai esistita.

Era rimasto col broncio fino alla sera, persino quando il capo, probabilmente intuendo quanto avesse le palle girate in quel momento, si era offerto di dargli uno strappo fino a casa una volta terminato il turno. Seduto in silenzio nel posto del passeggero, Shougo guardava distrattamente le strade iniziare a tingersi delle sfumature del tramonto e le macchine iniziare ad ingorgare le strade, piene di persone che dopo essersi spaccate la schiena o essersi fatte il culo quadrato su una seggiola da ufficio se ne tornavano a casa con il pane che si erano guadagnati. E dire che pure lui se l’era guadagnato, il pane, per oggi; e dire che pure lui s’era spaccato la schiena, seppur quel giorno in particolare avesse rischiato di spaccarla anche a qualcun altro… però, nonostante questo, non riusciva a non sentirsi un completo fallimento.

Una, una cosa doveva fare bene. Un singolo foglietto doveva stare attento a non perdere, quando era più volte stato capace di tenere nella tasca posteriore dei pantaloni lo stesso scontrino per dieci mesi di fila; ma naturalmente, era stato capace anche di fallire in un compito così banalmente semplice. Non importava quanto si ripetesse che non fosse la fine del mondo, o che sua madre ci avrebbe riso su e gli avrebbe detto di aspettare la prossima volta: se possibile, anzi, tutto ciò lo faceva arrabbiare ancora di più, perché riconosceva pure lui di starsi infervorando per una cosa tanto idiota. Cazzo, neanche col signor Ishihara era stato troppo chiaro a riguardo, temendo che magari lo prendesse per il culo!

Quella giornata gli stava dando sempre più presupposti per incazzarsi come una iena. Prima la tizia che gli sbraitava contro, poi Ryouta, infine la dannata radiografia… forse era meglio se, una volta tornato a casa, si fosse limitato a chiudersi nello sgabuzzino che era camera sua e avesse evitato qualsiasi altro contatto fino al mattino dopo.

- Grazie per lo strappo, eh. - borbottò, quando il furgoncino si fermò davanti al complesso d’appartamenti tutt’altro che lusinghiero dove viveva con la sua famiglia. L’altro uomo non disse nulla, o forse si limitò ad augurargli buona serata con il suo tono ad infrasuoni che non arrivò neanche a sfiorargli i timpani; Shougo si chiuse il portellone alle spalle, e con le mani affondate nelle tasche della divisa si avviò silenziosamente verso l’appartamento. Chissà se avrebbe potuto permettersi di fare una doccia senza che, chissà, gli si sgretolasse il pavimento sotto i piedi, o gli cadesse il cesso dell’inquilino del piano di sopra sulla testa? Il fatto che tutte queste sfighe gratuite sarebbero state più che plausibili non fece che accigliarlo ancora di più, e schioccando la lingua sul palato recuperò le chiavi di casa nel momento in cui mise piede sul corridoio del suo piano.

Non gli servì neppure avvicinarsi, che subito sentì una certa commozione di voci alterate provenire da dietro quella lastra spesa meno di mezzo centimetro che si spacciava per ‘porta’. Fece roteare gli occhi, arricciando il naso: non aveva fatto caso alla sua macchina fuori, ma a quanto pare Shinya era già tornato — e, per giunta, solo per mettere zizzania. Ma non si stufava mai di litigare, quello? Certo, era l’ultimo che poteva parlare, testa calda e guerrafondaio qual era, ma persino lui arrivato ad un certo punto preferiva evitare discussioni e starsene per conto proprio.

Indietreggiò di un passo, aggrottando le sopracciglia. Non era la prima volta che si trovava in una situazione del genere, in cui quelle urla lo sconfortavano al punto da dissuaderlo dal tornarsene finalmente a casa propria. L’aveva già detto, no? Il suo contributo a quelle discussioni era sempre praticamente nullo, Shinya non lo reputava responsabile abbastanza da poter infilarsi in determinate questioni, di conseguenza fare dietrofront e fregarsene era diventata, per lui, la prassi.

Ma quella sera non sembrava aver voglia di dar retta alle consuetudini. Si mordicchiò l’interno della bocca, e si riguadagnò quel passo che si era perso poco prima: le voci erano confuse, agitate, ma con un po’ di attenzione riuscì comunque a capire cosa si stavano dicendo.

- Non me ne può fregare niente se non vuoi, l’hai capito?! Io non lo campo un altro moccioso, o fai come ti dico io o fai come ti dico io! -

Shougo sentì la madre cercare di replicare, ma la sua voce era così rotta dalle lacrime che neppure capì cosa stesse dicendo. Un qualcosa gli si attorcigliò in mezzo alla gola, così repentinamente da farlo faticare a respirare.

- È perché so cosa sei! Sei un’incapace, una deviata, una maledetta egoista! - Shinya, intanto, non sembrava neppure sul punto di smettere. Come cazzo riusciva a prendersela così tanto con lei, a non lasciarle tregua nemmeno nello stato in cui si trovava?

- Tirati su o ti ci porto di peso, non me ne frega niente. -

- No-… no, Shinya, per favore… -

- Ho detto di tirarti su, cazzo, muoviti!  -

Haizaki non fu sicuro di quale fosse stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, se quell’urlo, se la voce della donna che continuava a ripetere “No, no, no” come in una disperata cantilena, o se fosse colpa del rumore che seguì subito dopo, come se quello stesse davvero cercando di trascinarla via. Non poteva ancora sapere quale fosse il preciso problema, perché fosse scoppiato quel litigio e chi fosse nella ragione o nel torto, ma cazzo, non se ne sarebbe di nuovo stato con le mani in mano. Anche se fosse stato suo fratello maggiore ad avere ragione, in quel momento si stava prendendo un po’ troppe libertà.

Si susseguì tutto con una velocità tale che quasi gli sembrò di star vivendo quella manciata di secondi in terza persona, come spettatore. La chiave si infilò al primo colpo nella toppa della porta che si aprì senza sforzo, e fu senza nemmeno chiuderla che Shougo corse verso i due. Li vide esattamente come aveva immaginato — lei a terra, con le guance rigate di lacrime, e lui che cerava di tirarla su per un braccio — ma non si fermò a contemplare la scena: si avventò immediatamente contro Shinya, cercando di tirarlo via.

- Stai esagerando, porca puttana, smettila! -

- E tu da dove cazzo esci?! Fatti gli affari tuoi, fanculo! -

Non si aspettava che avrebbe reagito nell’istante in cui aveva appoggiato le mani sulle sue spalle; non si aspettava che pur essendo immerso così tanto nello sbraitare come uno psicopatico avrebbe comunque avuto i riflessi abbastanza pronti da rigirarsi come una biscia verso di lui e caricargli in faccia il pugno più forte che avesse ricevuto negli ultimi cinque o sei anni.

Fu piuttosto sicuro che il cervello gli si spense per una manciata di secondi mentre, per colpa del contraccolpo, andava a sbattere pesantemente sul muro dietro di loro e contro di esso si accasciava a terra, la mano che d’istinto aveva lasciato la presa per difendere inutilmente la parte già colpita. Non aveva idea di cosa fosse successo in quel lasso di tempo in cui tutte le sue percezioni erano andate completamente in blackout, ma a quanto pare quando riprese conoscenza al 100% la lite era già sfumata.

Aprì gli occhi, o meglio, aprì l’occhio su cui non si era abbattuta l’inspiegabile furia di Shinya, soffiando per il dolore acuto che sentiva diramarsi in tutta la parte destra del viso. Stava cercando di ammazzarmi?, pensò, facendo vagare lo sguardo: suo fratello non sembrava essere rimasto lì, ma la donna era ancora a terra, seduta sulle proprie ginocchia e col capo chino, mentre con una mano cercava di coprire i singhiozzi che ancora la scuotevano.

… che razza di scena patetica. Era chiaro come il sole quanto, tra i due, non corresse buon sangue, quanto rancore scorresse nelle vene di Shinya e quanto ogni pretesto fosse buono per urlarle addosso, ma davvero si sentiva fiero di se stesso quando riusciva a ridurla in quello stato? Davvero non provava neanche una punta di rimorso nell’arrivare a litigi così estremi?

Staccò le spalle dal muro, avvicinandolesi in silenzio. Cos’avrebbe dovuto fare? Consolarla, fare finta di niente, andare alla ricerca di quell’altro? Confuso da tutte quelle opportunità allungò una mano verso di lei, sfiorandole una spalla, ma non si aspettava certo di vederla sussultare e voltarsi spaventata in sua direzione. Alzò le mani, sgranando gli occhi.

- Tranquilla, ma’, sono io. - la rassicurò senza nemmeno pensarci, accostandosi a lei. Quella reazione da dove diavolo arrivava? Aggrottò le sopracciglia, inquieto: magari non le aveva messo le mani addosso, ma sicuramente doveva essere sembrato del tutto intenzionato a farlo. Che cazzo gli passava per la testa? La scarsa pazienza era qualcosa che era plausibile venisse ereditata di figlio maschio in figlio maschio, in quella genia, ma a quel punto nessuno dei due ci era mai arrivato — o almeno, per quanto a volte fosse proprio una deficiente, mai nemmeno una volta Shougo aveva pensato di picchiare sua madre!

La quale, per altro, non aveva smesso per un attimo di essere scossa dai singhiozzi. Non poteva vederne il viso, coperto dalle lunghe ciocche di capelli che quasi la proteggevano da qualsiasi sguardo, ma bastò il suono sommesso di quel pianto a farlo sentire fortemente a disagio. Ancora, cosa diavolo avrebbe dovuto fare, quale sarebbe stata la giusta reazione? Sollevò una mano, un po’ titubante, provando a sfregarla sulla schiena della donna.

… e quella situazione rimase statica per quelle che a lui parvero ore. Non sapendo cosa dire, era rimasto così fino a che non era stata l’altra a riprendere la parola, facendosi uscire a fatica la voce impastata dal pianto.

- … perché fa così? -

- Eh? - naturalmente, colto totalmente di sorpresa in mezzo a quel silenzio, Shougo mancò completamente di recepire quella frase. Bravo cretino, pensò, malmenandosi mentalmente; quello era proprio l’ultimo momento in cui doveva non prestare attenzione!

- Non capisco… perché la sta prendendo così male? Perché mi deve trattare così? - purtroppo o per fortuna neanche sua madre sembrava troppo recettiva nei confronti del mondo che la circondava, trasformando quella che ormai si poteva ben catalogare come domanda retorica in desolato monologo - Lo so che non sono mai stata una buona madre, lo so… ma davvero fino ad ora tutto quello che ha provato nei miei confronti è stato odio? Io non capisco, Shougo… -

E, in tutta onestà, neanche lui capiva. L’aveva detto e l’aveva ripetuto, un buon carattere era l’ultima cosa che scorreva nel sangue degli Haizaki, ma quell’escalation di isteria era l’ultima cosa che si aspettava da parte sua. Non era lui quello perennemente responsabile, l’unico portatore della fiamma della morale in una casa di sciagurati? Possibile che fosse così stressato dal lavoro, dalla frenesia della sua routine, che alla fine era totalmente esploso?

- … è diventato un po' testa di cazzo, magari gli passa. -

L'aveva pensata un tantino diversa da così, ma il succo era comunque quello. Lei, d'altronde, evitò nuovamente di soppesare quell'affermazione, passandosi invano le mani sul viso nel tentativo irrazionale di restituirsi una parvenza di dignità. 

- E se fosse lui ad avere ragione? - guaì, con un filo di voce. Le mani erano lentamente scivolate verso il basso, premendosi sul ventre in un moto inconsciamente protettivo, e al ragazzo quel gesto non passò inosservato. Si corresse: il nodo che sentiva prima alla gola, a confronto, non era niente rispetto a quel che sentiva adesso, appesantito da un presentimento a dir poco insopportabile

- In effetti, perché avete discusso così forte? – si dovette sforzare per tirare fuori quella domanda, quasi temendo di star andando a gettare manciate di sale su una ferita che vedeva come palesemente scoperta. Era tutto così strano, per lui — tutti quei sentimenti di preoccupazione, di incertezza e pure di rabbia non gli erano mai appartenuti con quell'intensità, e ogni passo che faceva per assecondarli era come avanzare in un bosco buio del quale non vedeva l'uscita. Era davvero sempre stato così difficile avere a che fare col resto degli esseri umani? Per quante emozioni, fino a quel momento, aveva provato solo un surrogato, un’imitazione? E soprattutto, doveva servire una situazione così all’estremo per fargliene rendere conto? 

Ma non era oggettivamente il momento di soffermarsi sulle proprie seghe mentali. Finalmente l’altra si era voltata verso di lui, insistendo per cercare il suo sguardo: ora più che mai, doveva sforzarsi di ostentare sicurezza.

- … racconto tutto-tutto? -

- Racconti quel che ti senti di raccontare, ma’. Tranquilla che il revolver alla tempia non te lo punto. -

Si sentì segretamente fiero di riuscire a strapparle un sorriso, tacendo nel lasciarle il tempo di radunare le idee e finalmente prendere parola.

- In realtà era tranquillo quando è tornato a casa. Non pensavo neppure ci fosse il tempo di litigare, contando che tra poco attacca con l'altro lavoro… - non era per niente facile seguire le sue parole. Si sistemava i capelli, gesticolava, si passava le dita sul vestito per dipanarne le pieghe… forse non se ne rendeva conto, ma che stesse provando di sviare l’attenzione dal suo discorso? Fu la prima idea che gli balenò in testa, e Shougo fece appello a tutta la sua poca costanza per non perdersi neanche una parola. 

- … e? -

- E quindi ne ho approfittato anche per parlargli di una cosa un po' spiacevole. Magari in mezzo alla fretta ci si sarebbe soffermato meno… -

- Alt. Quanto spiacevole. -

- U-un po’… -

- Ok, ma un po' quanto. -

Finalmente smise di gesticolare, facendo riposare le dita sulle gambe. Allora stava cercando davvero di deviare la sua attenzione? Cosa diavolo aveva combinato, stavolta? Haizaki sollevò il sopracciglio sinistro, per il quale aveva ancora un minimo di sensibilità, ma non commentò.

- … in realtà piuttosto grave, perché non me la spiego. Ti ricordi che ho promesso di vendere alcune delle mie cose, no? Avevo… preparato una pelliccia che non avevo mai indossato, completamente nuova, e col ricavato avrei tolto dalle spalle di Shinya un bel po' di peso. - sospirò - … ma è sparita. Ho completamente rovesciato l’armadio, guardato ovunque… e non è uscita da nessuna parte. Quando gli ho detto che non la stavo più trovando si è fatto tutto scuro in viso, ma non ha detto niente, quindi pensavo che andasse bene così. Il… il peggio è arrivato dopo. -

Se mentre ricostruiva quel breve racconto sembrava essersi calmata, fu a quel punto che si irrigidì di nuovo, stringendosi nelle proprie braccia come alla ricerca di una qualsiasi protezione. Non sembrava una donna di trentacinque anni e poco più, sembrava più che altro una ragazzina indifesa, nel disperato tentativo di negare a se stessa qualcosa di tanto spiacevole e impensabile da non voler neppure riconoscerne l’esistenza.

- Ha detto che sarebbe entrato a lavoro più tardi perché aveva un appuntamento importante a cui dovevo venire anche io. - mormorò, abbassando di nuovo la testa. La mano di Shougo era rimasta poggiata sulla sua schiena, e non mancò di sentirla tornare a fremere sotto di essa.

Deglutì, sentendo la tensione tornare di nuovo tagliente e insostenibile: purtroppo, stava già iniziando ad intuire dove quel discorso stesse per andare a parare.

- Che poi, dopotutto è positivo che ci sia la possibilità di ricorrere a certe procedure in modo sicuro, no? Anche se sono tutte cliniche private e costose che lo fanno di nascosto… - proseguì, stringendosi ancora di più su se stessa: le dita, ancorate alle proprie braccia, tremavano disperate, tentando di appigliarsi sulla stoffa di un vestito che sembrava essere diventato il suo unico scudo - … ma non volevo sentirlo parlare di come avesse trovato qualcuno disposto a stare dietro al mio caso, di come sarebbe stata un’operazione brevissima, di come finanziare uno sbaglio gli sarebbe costato mille volte in più che pagare sotto banco un dottore per un ab… -

Fu in quel momento che la sua voce, sempre più barcollante, si ruppe di nuovo, spezzata da un singulto incontenibile. Non poteva vederla con chiarezza, visto che i capelli le coprivano il viso, ma non gli ci volle molto a Shougo a capire che sua madre avesse ricominciato a piangere.

E poteva in qualche modo biasimarla? Non importava che aggiungesse altro a quella storia: da una parte poteva essere plausibile che Shinya mettesse le mani avanti, ma non aveva nessun diritto di imporle in quel modo una simile decisione. Aveva potere su tante cose, là dentro; l’aveva sempre visto anche dal difuori delle bolle in cui soleva chiudere i loro abituali litigi, ma non era sul corpo di sua madre che poteva permettersi di mettere bocca. Persino lui arrivava ad un concetto tanto elementare!

- Razza di stronzo… - soffiò tra i denti stretti, coperto da quel pianto sommesso che si era intanto sovrapposto nuovamente a qualsiasi altro rumore. Tanto il nodo alla gola quanto il dolore all’occhio colpito prima stavano svanendo, lasciando tutto lo spazio rimasto ad una rabbia rampante che non vedeva l’ora di sfogare su quel deficiente. Magari se gli avesse fatto sbattere la testa abbastanza forte sarebbe tornato coi piedi per terra! Tanto, se aveva un permesso per entrare più tardi a lavoro, magari era ancora nei dintorni.

Fece per alzarsi, ma una mano tremolante interruppe il suo impeto. Guardò verso il basso, verso quelle dita esili aggrappate ai propri pantaloni, e per qualche motivo sentì una punta di senso di colpa condannarlo di nuovo a scivolare silenziosamente sul pavimento: qualsiasi cosa si meritasse suo fratello, adesso non era lui la priorità. Se se ne fosse andato senza calmare la donna al suo fianco, alla fine, se ne sarebbe pentito e basta.

- … che c’è? -

- Io non voglio che tu te la prenda con lui per quello che ti ho raccontato. - sussurrò lei, lasciando la presa. Si passò le mani sugli occhi, tirando su col naso - … ha tutto il diritto di odiarmi, di trovarmi una persona degenere. Ha tutto il diritto anche di… credermi un’irresponsabile, perché chiaramente se non riesco a tenere di conto ad una pelliccia, allora pure un bambino per me dovrebbe essere fuori discussione.

ma è vero che ora voglio fare di meglio, ok? Quando ho avuto lui, e poco dopo ho avuto te, ero tanto più giovane e tanto più stupida. - sorrise, passandosi una mano tra i capelli, mentre l’altra tornava a riposare gentile sul basso ventre - … ma posso, almeno, provare a riscattarmi senza farci rimettere chi di colpe non ne ha? -

Per ovvi motivi, Shougo non aveva idea di quale fosse stata, in passato, l’attitudine di sua madre nei confronti delle proprie gravidanze. Non sapeva se quelle promesse fossero già uscite dalla sua bocca, o se valesse davvero la pena di fidarsi quando, in tutta sincerità, non conosceva nei dettagli il suo impegno al mantenimento di quella casa e di quella famiglia, avendo sempre solo ascoltato la versione dei fatti data da Shinya senza che questi permettesse a sua madre di ribattere in alcun modo.

E se, fino a quel momento, la visione che aveva avuto di lei fosse stata dettata da parametri totalmente sballati? Se davvero, in fondo, lei avesse sempre cercato di riscattarsi per la sua innegabile assenza durante gli anni più giovani della loro esistenza, ma ilpadrone di casa’ l’avesse sempre e solo giudicata secondo i propri standard?

- Ma’, posso chiederti una cosa? - avanzò, quasi senza pensarci. Sentiva bisogno di chiarimenti, ma non aveva una vera e propria domanda da formularle, motivo per cui si maledisse interiormente quando quella si limitò ad annuire col capo senza lasciargli neanche un secondo per pensare. Si morse l’interno della bocca, facendo mente locale.

- … è vero quando Shinya dice che non fai niente per mandare avanti la famiglia, o è solo un drammatico cazzone? -

In tutta risposta l’altra, finalmente, rise sommessamente, evitando ancora di ammonirlo per quelle parole.

- È vero che fino ad ora ho fatto troppo affidamento su di lui, soprattutto per quel che riguarda te; ed è vero anche che spendo molti soldi per mantenermi. - replicò con sincerità, dopo un breve attimo di pausa - Ma sai, l’affitto non si paga da solo, e le bollette nemmeno. Faccio quello che posso. -

Quand’è che le cose avrebbero smesso di ribaltarglisi in modo tanto rocambolesco davanti agli occhi?

Shougo sgranò sorpreso le palpebre, rendendosi definitivamente conto che tutto ciò che aveva creduto fino a quel momento — la completa inutilità di sua madre, la fondamentale e unica importanza di Shinya per tutti gli aspetti di quella casa — erano, in effetti, distorsioni dettate dal suo perpetuo e caratteristico disinteresse. A maggior ragione, adesso, quell’idiota di suo fratello doveva rendersi conto di aver superato linee che non doveva nemmeno permettersi di sfiorare.

- Vado a vedere se quell’imbecille è ancora qui intorno. - dichiarò, alzandosi nuovamente in piedi. Sentiva l’occhio dolere al solo pensiero di una nuova rissa, rendendosi conto quasi solo in quel momento che la palpebra si stava gonfiando al punto da sbarrargli la visuale, ma mai nella vita Haizaki Shougo si era lasciato fermare da un paio di lividi.

Occhieggiò sua madre fare altrettanto, sistemandosi il vestito sulle gambe mentre si liberava da quella posizione rassegnata e sottomessa. Le era passata? Probabilmente no, ma era chiaro che stesse infinitamente meglio rispetto a prima, e che non avesse intenzione di lasciarsi abbattere oltre.

Era forte, quella donna. E si pentiva amaramente di starlo notando solo adesso.

- E io devo prepararmi, che anche stasera si lavora. - commentò, guardando verso di lui - … prometti che almeno proverai a non alzare le mani? -

- Io ci provo pure, ma non garantisco né per me né per lui. -

 

 

Non sapeva se fosse fortuna o sfortuna, la sua, mentre individuava la sagoma del fratello maggiore appoggiata contro lo scooter che usava per le consegne del suo secondo lavoro. Era rimasto a fissarlo in silenzio mentre l’oscura penombra gli conferiva la giusta protezione, contando e ricontando molte, troppe volte fino a dieci prima di trovare il coraggio di avvicinarglisi. La cosa non gli faceva onore, soprattutto considerando quel che aveva appena giurato — ma più stava là fuori, più il tempo passava, più il dolore della botta tornava a farsi sentire implacabile sulla sua faccia.

Deglutì, decidendo finalmente di uscire allo scoperto: non badò troppo alla sua fretta di nascondere in tasca il cellulare su cui stava tenendo così fissi gli occhi da accorgersi a malapena del suo arrivo, affrontandolo sfacciatamente e a muso duro così come era tanto bravo a fare.

- Mi fa piacere che una volta tanto non abbia dato la colpa a me per qualcosa che in casa sparisce, ma cazzo, se deve essere questo lo step successivo tanto vale che ci spari direttamente un colpo in testa e festa finta. - ringhiò, Shougo, le dita già dolorosamente strette in una coppia di pugni pronti a colpire. Era più che giustificato a tenersi pronto: l’occhiataccia di Shinya fu tutto meno che rassicurante, mentre lento incombeva su di lui con aria minacciosa.

- E a te da quando in qua frega qualcosa? - replicò quello, aggrottando le sopracciglia - Ci mancava altro che ci mettessi il naso pure tu. Levati dai piedi ora, o l’occhio nero sarà l’ultimo dei tuoi problemi. -

Altra deglutizione a vuoto. Sapeva quanto quell’idiota fosse capace di essere inutilmente prolisso, ma c’era una lezione che aveva imparato molto presto: le sue minacce non erano mai del tutto infondate. La tensione nell’aria stava diventando sempre più insopportabile, e in tutta onestà il più giovane non aveva la più pallida idea di come uscire incolume da quella situazione. Che poi, cosa pensava di risolvere? Perché gettarsi nella gola del lupo proprio dopo averlo visto inseguire e quasi sbranare un’altra preda? In quel breve lasso di tempo iniziò a pentirsi e maledirsi per ogni singola scelta di vita, quasi dimenticandosi di dover elaborare una risposta.

Se non altro, non aveva distolto lo sguardo nemmeno per un secondo, rifiutandosi di regalargli anche questo vantaggio.

- Ti lamenti di continuo che non mi interesso di niente, e ora mi dici di fregarmene? Ma vaffanculo! - non fu un’esclamazione eccessivamente elaborata, ma fu senz’altro liberatoria. Shinya non pareva aspettarsela, ma il suo stupore durò un momento — il tempo necessario a slanciare la mano e stringerla attorno al colletto della t-shirt del fratello.

- Cosa pensi che possa portare il tuo interesse? A cosa pensi che serva, adesso?! - sibilò, e Shougo sentì ogni lettera venirgli pressoché sputata sul viso - Non credere che col tuo lavoretto da tre soldi tu possa portare un cambiamento, la responsabilità di tutto continuerà ad essere sulle mie spalle. -

Dio, quella parola.

Quella fottutissima, insopportabile parola. Non aveva intenzione di urlare o di ribellarsi troppo, di far affacciare la gente alle finestre e di dare spettacolo, ma se così doveva essere non si sarebbe trattenuto. Non attese neanche di sentirlo finire, spalancando la bocca e riempiendosi i polmoni d’aria.

- Ma cacciatele nel culo le responsabilità! - sbraitò, divincolandosi dalla sua presa - Parli, parli, ti senti tanto più importante di me, di lei, e fai il martire manco ‘sto bambino dovessi partorirlo tu! Ma ti dai una calmata?! -

- Non è qualcosa che puoi capire, fatti gli affari tuoi. -

- E allora se sei tanto bravo fammi capire, cazzo! - le parole scivolavano dalla sua bocca una dopo l’altra, ormai senza controllo. Erano i momenti più pericolosi, quelli in cui cose che forse non avrebbe dovuto dire sarebbero state dette comunque; ma ora come ora non aveva intenzione di prestare così tanta attenzione ai formalismi - Non mi farò gli affari miei finché non smetterà di sentirti così dannatamente indispensabile! -

E questo era esattamente ciò che avrebbe dovuto evitare. Si morse la lingua nel momento esattamente successivo, ma ormai era troppo tardi: era fortemente, profondamente convinto che Shinya stesse sopravvalutando eccessivamente il suo ruolo in quella famiglia, ma questo non voleva dire che fosse comunque necessario. Vide distintamente il sogghigno beffardo stamparsi sulla sua faccia, mentre si chinava, minaccioso, verso di lui.

- Ma allora mi sembra che sia tu, qui, quello tanto bravo. - commentò, sbuffando divertito. Era raro, terribilmente raro che Shougo si sentisse così prepotentemente con le spalle al muro, ma sebbene Shinya gli stesse solamente parlando era come se ogni parola fosse una lama.

- Vai, prova ad occuparti tu di mamma e di nostro fratello, vogliamo scommettere che te ne tornerai strisciando a chiedere scusa? -

- Dovrai passare sul mio cadavere, prima di vedermi strisciare… - soffiò Shougo, ma nella realtà avrebbe voluto prendere tutti gli appunti mentali con su scritto pensa prima di parlare, idiota e cacciarseli in gola. Aveva fatto una sonora cazzata, ma era troppo stupidamente orgoglioso per tirarsi indietro proprio adesso.

Non aggiunse altro prima di troncare bruscamente quella discussione, voltandogli le spalle e ritornando verso casa: lo sentì vagamente borbottare qualcosa dietro di sé, schioccando la lingua con fare scocciato, ma se non altro riuscì a non dargli corda.

 

Anche volendo, era troppo occupato a pensare alle conseguenze di quella scommessa per mettersi di nuovo a litigare.

 

 

 

 

Buonasera!
Penso si sia messo DI TUTTO tra me e la stesura di questo capitolo: prima Romics, poi l’uni, poi i test a sorpresa, poi i preparativi per Lucca… it ain’t easy being Rea ;__;

Comunque, in un modo o nell’altro adesso il periodo è più stabile, e spero di non cedere alla tentazione di pubblicare un capitolo al mese. Tengo troppo a quest storia per lasciarla morire!

Purtroppo in mezzo a tutto questo le mie mani hanno fatto in tempo ad arrugginirsi, quindi tante cose, soprattutto nella parte centrale, non sono uscite come volevo. Spero vi piaccia lo stesso… !
In ogni caso, al solito grazie per le letture e le recensioni, siete tutti gentilissimi e spero di potervi intrattenere ancora per molto m(_ _)m alla prossima!

 

   
 
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