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Autore: Lulumiao    27/10/2015    2 recensioni
Peach non ha mai vissuto grandi avventure, ma stavolta dovrà affrontare l'ignoto.
Fanfiction per Halloween che mi è venuta in mente all'improvviso. È il mio primo tentativo di scrivere qualcosa di horror, spero sia riuscito.
Nella descrizione c'è scritto che è una raccolta di One-shot, ma non è così. È che non riesco a togliere la dicitura D:
Il rating, gli avvertimenti e i personaggi possono variare con il procedere della storia. Sappiate comunque che quasi sicuramente il rating diventerà rosso, tra uno o due capitoli.
Genere: Dark, Erotico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Mario, Peach, Sorpresa
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Buonasera a tutti :) Ho scritto questa storia, forse ispirata dall’imminente Halloween. La fan fiction, come chiaramente specificato da generi e avvertimenti che ho inserito e dal rating, potrebbe non essere adatta a tutti. Vi prego di chiudere la pagina se pensate di rimanere sconvolti o di non gradire certi temi.
È la prima volta che scrivo una storia horror, per di più venata di erotismo, spero di essere riuscita nell’intento di trasmettere qualcosa ai lettori. Stavolta più che mai ho bisogno di recensioni per capire dove ho sbagliato.
Buona lettura!                           
 
 
 
 
 
 
 
                                I'm gonna drink the red from your pretty pink face
 
 


26 maggio 1897

«Che tempo da cani!» borbottò il signor Mario Mario nell'udire l'ennesimo tuono proveniente da fuori, sprofondato nella sua poltrona preferita, sollevando per un attimo gli occhi dal libro che stava leggendo.
Che tempo angosciante, pensò sua moglie, Peach Mario, seduta davanti a lui sul divano, sorseggiando una tazza di tè.
I lampi provenienti da fuori illuminavano ad intermittenza il piccolo studio in cui marito e moglie erano soliti trascorrere le serate. I muri erano quasi interamente ricoperti da librerie piene di tomi che il signor Mario aveva letto e riletto più volte. Un camino spento occupava parte di una parete, mentre una scrivania trovava posto vicino alla finestra.
Peach bevve l'ultimo sorso di tè e posò la tazzina su un tavolino davanti a lei. La routine serale in casa Mario era sempre la stessa fin dalle nozze dei due coniugi, celebrate cinque anni prima: Mario e Peach, dopo cena, trascorrevano qualche ora nello studio, leggendo, senza quasi scambiarsi una parola; verso le dieci Peach chiudeva il libro che stava leggendo, beveva un tè e andava a letto; il marito la seguiva dopo circa mezz'ora. Tra i due non correvano cattivi rapporti, anzi, andavano d'accordo, ma non erano mai stati innamorati: il loro era stato un matrimonio combinato dalle rispettive famiglie e i fidanzati si erano conosciuti appena una settimana prima delle nozze. Inoltre, la mancanza di un interesse reciproco che andasse oltre un tiepido affetto platonico li aveva lasciati senza prole.
Mario era dedito esclusivamente alla sua fortunata attività di commerciante di funghi in scatola e ai libri (perlopiù saggi) del suo studio e non dedicava molto tempo alla consorte. Usciva di casa alle otto in punto e tornava nel tardo pomeriggio, garantendosi una condizione economica decisamente benestante.
Peach, invece, trascorreva tutto il giorno a casa, come era consueto per una donna dei suoi tempi, e usciva solamente di domenica per andare a messa con il marito. Le sue attività principali erano leggere e cucire graziosi centrini decorati con le iniziali di Mario, nonostante questa attività non si adattasse bene a una donna della borghesia medio-alta, essendo il cucito un'occupazione abbastanza umile. Scriveva molto spesso al padre e al suo tutore d'infanzia, tale Mastro Toad. A parte Mario, gli unici individui che vedeva ogni giorno erano il maggiordomo e la cameriera, due toad di mezza età. 
«Vado a letto» annunciò Peach col tono gentile che era solita usare con tutti. 
«Buonanotte, cara» disse distrattamente suo marito, senza alzare gli occhi dal libro. 
Peach si alzò e uscì nel corridoio. Salì le scale ed entrò in camera, seguita dalla cameriera che l'aiutò a togliere il corsetto del vestito e a mettere la candida camicia da notte. 
Rimasta sola, si mise a letto, chiuse gli occhi e si addormentò subito. 

Fu svegliata da un forte bussare alla porta. 
«Avanti!» biascicò, insonnolita. La luna era alta nel cielo e il temporale non accennava a diminuire.
La porta si aprì ed entrò la cameriera.
«Che ore sono?» chiese Peach.
«Sono le ventitré, signora. Scusate il disturbo, ma volevo avvisarvi che vostro marito ha ricevuto un telegramma urgente in cui gli viene chiesto di recarsi immediatamente a casa dei suoi genitori perché sua madre ha avuto un grave malore. È uscito poco fa e mi ha chiesto di avvisarvi».
«Che cos’ha la signora Mario?» chiese Peach, allarmata. Non nutriva grande simpatia per la suocera, ma le dispiaceva di saperla malata.
«Nel telegramma non è specificato, mi dispiace. Spero che il signore non prenda freddo, con questo temporale» disse la toad, preoccupata.
«Lo spero anch'io».
«Vi lascio riposare. Buonanotte».
«Buonanotte. Fammi sapere se giungono notizie».
«Senz'altro» la rassicurò la domestica, uscendo e chiudendo la porta. 
L'oscurità si impadronì nuovamente della stanza, illuminata, durante quella breve conversazione, dalla fioca luce della candela della toad. 
Peach, inquieta, si sdraiò di nuovo e cercò di riprendere sonno. Stavolta ci mise più tempo ad addormentarsi, tormentata dalla preoccupazione per la salute della suocera e per la sicurezza di Mario, uscito con quella pioggia così fitta. Ma, alla fine, la stanchezza ebbe la meglio.

Per la seconda volta fu svegliata, ma stavolta a destarla fu un forte rumore di pioggia. Peach aprì gli occhi e si accorse che la finestra era aperta. Si chiese come fosse possibile, dato che quando si era coricata la finestra era chiusa e che era impossibile che la cameriera o il maggiordomo fossero entrati per aprirla. 
Guardò l'orologio, al chiarore della luna: era mezzanotte in punto. 
Si alzò e chiuse la finestra, notando il pavimento non molto bagnato, segno che la finestra era aperta da poco. Probabilmente è stata chiusa male e il vento l'ha aperta, pensò.
Si coricò di nuovo e riprese sonno.

Evidentemente la povera ragazza era destinata a non dormire, quella notte, perché si svegliò una terza volta. O meglio, si ritrovò in uno stato di dormiveglia.
Sentiva il rumore della pioggia, il calore delle coperte e, dopo un po’, si accorse di una bizzarra sensazione sulla schiena, quasi un solletico, una carezza. 
Si girò su un fianco e il fastidio sparì. 
Pochi secondi dopo, però, ricomparve. Peach voleva reagire, ma scoprì che le palpebre e le membra erano molto pesanti.
Non era particolarmente allarmata, stranamente. La carezza era leggera come una piuma e quasi piacevole. Ciò che la toccava sembrava essere la punta delle dita di una mano. La giovane continuava a sentirsi pesante. La presunta mano salì fino a sfiorarle i lunghi capelli biondi, lasciati sempre sciolti di notte, e cominciò ad accarezzare anche quelli con delicatezza. Era un tocco molto delicato e gentile, che lentamente si spostò sulla pelle nuda del collo e Peach sentì distintamente delle unghie, anch’esse molto leggere. Il tutto continuava ad essere molto piacevole e rilassante per Peach, che cominciò a credere di trovarsi in un bel sogno. 
All'improvviso, però, uno sbuffo di aria fredda si sostituì alle unghie sul collo di Peach. 
A quel punto la ragazza si destò completamente, improvvisamente allarmata. 
Si voltò di scatto e vide una figura avvolta nella più completa oscurità sdraiata accanto a lei.
Il buio le impediva di vedere bene, ma non si spaventò perché pensò che fosse il marito, tornato a casa e stranamente affettuoso. 
«Sei tornato, caro? Come sta tua madre?» chiese la ragazza.
Mario non le rispose.
Piano piano gli occhi di Peach si adattarono all'oscurità e un sentimento di orrore iniziò a crescerle nel petto. 
La figura antropomorfa che le era sdraiata accanto non era Mario.
Non era neanche la cameriera o il maggiordomo.
Era una donna.
Mentre la paura di Peach aumentava, un lampo illuminò la stanza e il viso dell'intrusa. 
Un viso tondo, spettrale, su cui aleggiavano labbra rosse e occhi grandi che la guardavano fissa. Aveva un paio di orecchini a forma di fiore e il naso piccolo. Il tutto era incorniciato da una chioma scura.
Peach rimase pietrificata dal terrore e non oppose resistenza quando la nuova arrivata le avvicinò lentamente una mano al volto. La mano, la stessa che le aveva toccato la schiena e il collo, venne a contatto con la sua guancia. Era una mano molto fredda. 
Nel panico del momento, Peach avvertì nuovamente la sensazione di torpore che la aveva colta prima, e nuovamente si sentì molto pesante. Non le era mai successo di sentirsi così e quello non era decisamente il momento giusto per sentirsi deboli. 
Come in uno stato di trance, con gli occhi che si erano abituati al buio, Peach vide il viso della sconosciuta avvicinarsi con infinita lentezza al suo collo. Incapace di muoversi, sentì sempre di più che le forze la abbandonavano. 
Le labbra dell’ignota ragazza toccarono il suo collo e vi deposero un languido bacio.
In quel momento Peach avvertì una nuova sensazione che andava mischiandosi alla paura, qualcosa di intenso e caldo che la prendeva da dentro e rendeva ancora più assurda la situazione. Si sentì sempre più abbandonata tra le braccia dell’altra, che ora aveva dischiuso le labbra. 
Denti appuntiti le sfiorarono la pelle, al tempo stesso terrificanti e dolci come una coccola. 
Con la poca presenza mentale che le era rimasta, Peach si accorse che lentamente quell'essere capace di ipnotizzarla la stava facendo sdraiare, sempre con i denti ad un centimetro dalla sua carne.
Quando la testa poggiò sul cuscino, la bionda sentì un dolore lancinante dove un attimo prima la bocca dell'altra stava indugiando.
L'intrusa l'aveva morsa e i denti erano penetrati in profondità nella carne. 
Un gemito di dolore sfuggì dalle labbra di Peach. Un dolore così forte da paralizzarla ancora di più, da allontanare la razionalità.
Ma dopo qualche secondo si sentì come se insieme ai denti del mostro fosse penetrata anche una forte anestesia. Ben presto il piacere strano e fuori luogo percepito fin dalle carezze sulla schiena e che fino a quel momento era stato moderato crebbe sempre di più ed esplose fino a condurla in uno stato di estasi assoluta. 
Ormai ogni resistenza era inutile, era come caduta in catalessi. Il benessere che provava a poco a poco eclissò completamente l'orrore, ormai Peach si sentiva fluttuare in un universo di voluttà il cui centro risiedeva nel morso della donna sovrumana.
Ben presto Peach si trovò a desiderare che non finisse, perché mai nella sua vita aveva provato un godimento fisico e mentale così intenso. La forza muscolare era ormai un lontano ricordo ed era stata rimpiazzata da una nuova energia che fluiva direttamente dal morso al resto del corpo. Era totalmente persa, in balìa di colei che in quel momento le stava donando un piacere così intenso, travolgente, indescrivibile. Si sentiva un tutt’uno con l’altra, uno stesso essere, era legata a lei da un qualcosa di profondo e irrazionale.
La poca lucidità di Peach si spense completamente in favore degli impulsi più animali nel momento in cui il piacere raggiunse la vetta più alta. Subito dopo ridiscese, udendo l’eco dei gemiti che forse lei stessa aveva prodotto.
Pochi secondi dopo, la ragione tornò a farsi strada nella mente della ragazza ed ella riuscì ad aprire gli occhi. La donna dagli orecchini a fiore le teneva una mano su una guancia e l'altra intorno alla vita, fissandola intensamente con un’espressione indecifrabile.
Ancora molto confusa, Peach cercò di ricostruire l'accaduto, ma il suo cervello si rifiutava di collaborare. Davanti a lei, la dama della notte non faceva più così paura. Nonostante il buio, Peach vide che aveva grandi occhi azzurri, indossava un vestito nero e aveva le labbra e il mento sporchi di rosso.
Ma questa consapevolezza durò un attimo: Peach perse conoscenza.

Peach si svegliò per la quarta volta, ma stavolta fuori dalla finestra non c'erano più tuoni e fulmini e il cielo cominciava a schiarirsi nell'aurora. 
Ricordò indistintamente momenti della notte appena trascorsa, senza riuscire a collegarli logicamente.
Ricordava una donna che indubbiamente le aveva succhiato il sangue dal collo facendole raggiungere la punta di un appagamento senza precedenti. Per qualche ignoto motivo si sentiva legata a questa presenza notturna, che l'aveva fatta sentire così bene e l’aveva così spaventata allo stesso tempo.
Si sentiva strana, debole. Provò a sedersi sul letto, ma le mancavano le forze. Si aggrappò alla colonna del baldacchino e con grande fatica riuscì a tirarsi su.
Si guardò intorno e vide il suo volto riflesso nella specchiera accanto al letto; ciò che vide la lasciò sbigottita.
Il suo viso era di un pallore spettrale. La parte sinistra del collo era segnata da due profondi solchi rossi puntiformi circondati da un alone di sangue ormai secco. Anche la camicia da notte, la sera prima candida, era ora sporca di sangue. Guardando il letto, vide che anche le lenzuola erano macchiate. 
Cercò di dare un senso a tutto, nonostante apparentemente fosse impossibile interpretare logicamente quei vaghi ricordi e le strane manifestazioni sul suo corpo.
All'improvviso, dopo molte elucubrazioni, si ricordò di una storia letta in un vecchio libro di leggende del popolo yoshi, che narrava di una misteriosa creatura succhiasangue capace di trasformarsi in pipistrello chiamata "vampiro". 
Di colpo il sole sorse e un raggio la colpì in pieno volto, causandole un bruciore fortissimo. Lanciò un gridolino coprendosi il viso e, richiudendo la bocca, si morse un labbro, da cui subito sgorgò altro sangue.
Se lo tamponò, rifugiandosi sotto alle coperte per proteggersi dal sole. Tastandosi la bocca, sempre più allarmata, sentì che i canini superiori erano appuntiti e affilati come lame.
Era sempre più angustiata, ma c'era un'altra cosa fuori posto: nonostante il turbamento, il suo cuore era muto come la morte. 
Non aveva il batticuore, come le succedeva sempre quando era agitata. Al posto del battito a cui era abituata c'era solo un silenzio tombale, come se il cuore si fosse stancato e si fosse spento. 
Ad un tratto collegò tutto: l'oscura presenza, il morso sul collo, il sangue, il cuore muto, il pallore, i denti appuntiti, l'intolleranza al sole, la leggenda del vampiro.
Mano a mano che la consapevolezza si faceva strada in lei, una maschera di terrore prese il posto dell'espressione tormentata, lasciandole la bocca aperta in un'inquietante esposizione di denti aguzzi. 
Si lasciò ricadere sul letto, debole. Non aveva la minima idea su che cosa fare, era ancora incapace di elaborare l'accaduto. Presto avrebbe dovuto incontrare il personale di servizio e Mario e sarebbe stato difficile nascondere quegli avvenimenti incredibili (raccontarli era fuori discussione, l'avrebbero presa per pazza).
Come avrebbe nascosto tutto quel sangue? Poteva sciacquarsi il viso nella bacinella d'acqua che aveva nella stanza, ma come avrebbe fatto con la camicia da notte e le coperte? Come se non bastasse, continuava a sentirsi molto debole e priva di vigore. 
All'improvviso, qualcuno bussò alla porta. Peach balzò a sedere cercando di ripararsi dal sole e la porta si aprì senza che lei desse il permesso. Era Mario, che entrò e la guardò sorpreso.
«Sei già sveglia, mia cara? È presto. La domestica ti ha detto che sono andato da mia madre, giusto? Ora sembra stare bene, ha avuto uno svenimento dovuto ad un abbassamento di pressione, secondo il medico, ma si è ripresa. Sono appena tornato. Ha piovuto per tutta la... Per l'amor del cielo, cos'hai sul viso?». 
Appena suo marito era entrato, Peach era riuscita a sistemarsi in modo da coprire la ferita sul collo, ma non aveva potuto nascondere il sangue sulle labbra causato dal morso che si era inflitta da sola e quello sui tessuti. 
«Non è niente, mi sono morsa mentre dormivo ed è uscito molto sangue. Stavo per alzarmi per cambiarmi» rispose, con la voce tremante, sempre cercando di ripararsi dal sole sempre più alto nel cielo.
Mario rimase per un secondo sulla porta, bagnato e infreddolito. «Come è possibile che un morso abbia provocato un tale disastro?» chiese, non essendo un uomo dotato di grande fantasia e non riuscendo ad immaginare un morso causato da denti umani in grado di provocare un dissanguamento del genere.
«Ho fatto un brutto sogno e nella paura devo aver stretto i denti» mentì lei. Avrebbe tanto voluto che fosse così.
«Allora vado a chiamare la cameriera, cambierà le lenzuola. Poi mi farò un bagno. Tu sistemati e disinfetta il labbro» disse Mario, uscendo.
Peach, dopo un secondo, con grande sforzo si alzò, corse alla finestra e chiuse le persiane, alleviando immediatamente il bruciore alla cute. Poi uscì e si recò al guardaroba per prendere velocemente una camicia da notte pulita e una sciarpa per coprire il morso. Aveva deciso che sarebbe restata a letto tutto il giorno, aveva fatto uno fatica immane anche solo per mettersi in piedi.
Quando si fu sistemata, tornò in camera reggendosi alle pareti e trovò la toad che cambiava lenzuola e coperte.
«Cerca di fare velocemente, devo sdraiarmi» la esortò Peach.
«Non vi sentite bene, signora? Cos'è questo disastro?» chiese la domestica, buttando i panni sporchi in un angolo.
Peach ripeté la medesima scusa di poco prima.
«Dev'essere stato un sogno molto intenso» commentò la toad, finendo di sistemare il letto. «Vi vedo molto pallida, mettetevi sotto alle coperte. Volete che vi porti la colazione?».
«No, ti ringrazio. Voglio solo dormire. E non aprire le persiane per nessun motivo, voglio stare al buio» rispose Peach, infilandosi nel letto. Non aveva fame, voleva solo chiudere gli occhi. Così fece, mettendosi comoda. Le palpebre erano pesanti e stava diventando difficile tenerle aperte.


Il sonno tornò subito, regalandole sogni intrisi di rosso e lussuria.
 
 
Che dite, potrei farne una long, secondo voi?
Il titolo è una citazione dalla canzone “I’m just your problem” del cartone “Adventure Time”. Tutta la ff è chiaramente ispirata a Dracula di Bram Stoker.
Buon Halloween! Un abbraccio a tutti e… un morso a tutte ;)
  
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