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Autore: _Diane_    21/02/2009    4 recensioni
IMPORTANTE. Riprendo in mano la fiction dopo tanto, taaanto tempo! Spero possa ancora piacere, io vi prometto che ce la metterò tutta affinché questa storia, alla quale sono affezionata, abbia un degno sviluppo e un grande finale ^^ Enjoy!
TRAMA: Shinichi è quasi ventenne ormai. Dopo che l'organizzazione è stata finalmente debellata è potuto tornare alla vita di tutti i giorni, fatta di investigazioni e amore per la sua fidanzata Ran, che lo ha perdonato nonostante tutte le passate bugie. Ma sembra non esserci pace per lo Sherlock Holmes del nuovo millennio. Deve indagare su una persona scomparsa, riconquistare la fiducia del suo vecchio amico Heiji, scoprire perché ci siano due Kaito Kid che scorrazzano per i cieli di Tokio...
Ci riuscirà, anche stavolta?
Genere: Drammatico, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Heiji Hattori, Ran Mori, Un po' tutti | Coppie: Kaito Kuroba/Kaito Kid, Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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~ • Two Kids are better than one • ~
Chapter 8: Questions without answers

Nonostante fossero le tre di mattina e fuori regnasse ancora l’oscurità della notte, la mente di Shinichi era lucida e reattiva come nel bel mezzo del caso più complesso. Il cuscino e il suo letto erano ridotti ad un misero campo di battaglia dopo il suo vano tentativo di prender sonno; così si trovava a fissare il soffitto, consapevole che non sarebbe riuscito a dormire nonostante la stanchezza che gli gravava sulle spalle. Il letto nel quale cercava di prender sonno non era tuttavia così male, sebbene fosse poco più di una brandina che Kaito aveva messo a disposizione all’ultimo secondo. Lui che ora dormiva sul divano in salotto, lasciando la sua più comoda camera ad Aoko.

Fino alla mattina del giorno prima, tutto aveva un suo senso, un suo equilibrio; come delle biglie che dopo aver troppo rotolato finalmente trovano un piano stabile, nel quale stabilirvisi in una condizione di quiete… Parziale, purtroppo.
Quel piano era stato infatti scosso con violenza, la biglie si erano nuovamente sparse sulla superficie, stravolgendo tutto.
Kaito Kid, Ran, Kogoro, Haibara, Hattori… Tutto era cambiato, probabilmente per sempre.
L’ultima biglia, di cui Shinichi aveva ignorato l’esistenza, si stava spostando proprio in quel momento e stava per colpire sia lui che Kaito; il fiuto di detective lo ingannava pochissime volte.
Un altro individuo vestito da Kaito Kid si aggirava silenzioso tra le strade di Tokio.
Mentre Kaito poco prima ne parlava a Shinichi, questo per poco non cadeva bocconi, ridendo a crepapelle; un altro Kid? Non bastavano loro due (Shinichi e Kaito) a creare scompiglio?
Eppure, mentre i due discutevano, un avviso era giunto in tarda serata alla centrale della polizia di Tokio, mettendola in estrema allerta; Kaito Kid avrebbe provato a rimpossessarsi del diamante Pain Dour tra due giorni esatti, sempre alle 9 di sera.
Dato che né Shinichi né Kaito avevano scritto alcun annuncio... Chi lo aveva fatto al posto loro? Poteva trattarsi della ladra conosciuta quella sera al museo?
Domande senza risposta; ecco cosa induceva Shinichi alla ricerca e al ragionamento.
Ragionamento che dopo un po’ si affievolì, finché Shinichi cadde in un sonno leggero e tormentato da incubi, nei quali c’era sempre un bambino che piangeva e una figura femminile che si allontanava.

♠ ♠ ♠

-Buongiorno Kazuha.-
Mentre la limpida luce del mattino lasciava spazio a quella più calda del pomeriggio, il profilo alto di un giovane uomo raccolto in preghiera si distaccava dal prato verde. Il suo corpo proiettava un’ombra netta sulla lastra di marmo bianco, la sua mano calda tremava al freddo contatto, ma non si spostava; ascoltava in silenzio il rumore del vento.
Hattori visitava il cimitero almeno una volta alla settimana; ormai lo considerava il suo rifugio personale, il luogo in cui con la vita della sua Kazuha se n’era andata anche la sua giovinezza, lasciando spazio alla durezza e alla freddezza del mondo materialistico, di un mondo troppo adulto.
-Non piangerò. Te l’ho promesso quel giorno e non lo farò, lo sai…-
Dice sottovoce, mentre sente le lacrime salirgli prepotentemente agli occhi.
Si asciuga con la manica della giacca…
Continua, fingendo un tono ironico stringendo gli occhi, abbozzando un sorriso.
-Sei la mia “scema” preferita, come potrei non esaudire i tuoi desideri?-

Ad un tratto Hattori si accorse di una presenza alle sue spalle… Gli porgeva un fazzoletto.
-Ho sentito che si è ripromesso di non piangere, però… Gradisce un fazzoletto?-
Mentre Heiji indietreggiava di qualche passo, cercando di osservare la donna che gli stava davanti dietro quel sottile velo degli occhi, accettò il fazzoletto. Era di seta bianchissima.
La donna indossava un completo rosso intenso piuttosto aderente. Un paio di guanti bianchi e un cappello a larghe falde molto elegante. I capelli erano biondissimi e raccolti dentro di esso, lo sguardo gelido e penetrante, l’espressione leggermente distaccata ma tuttavia cordiale.

Rendendosi conto di non conoscere chi si trovava di fronte, si affrettò a restituirgli il fazzoletto, che aveva accettato senza riflettere come un bambino sull’orlo di una crisi di pianto.
-No, grazie.- Dice, abbassando nuovamente lo sguardo sulla lapide sotto i suoi piedi, la mano con il fazzoletto tesa verso quella gentile donna.
-L’uomo non è diverso dalla donna, come invece vuole far erroneamente credere; siamo tutti esseri umani e come tali, soggetti al dolore del corpo.-
Heiji rimase colpito dalle parole della donna sconosciuta, tanto che non riuscì a fingere indifferenza come suo solito. Si accorse solo dopo qualche secondo che la donna le porgeva ancora la mano, questa volta in segno di saluto; il detective di Osaka si affrettò a porre in tasca il fazzoletto di seta e a porgere la mano a sua volta, stringendo quella della donna.
-Il mio nome è Katie Adams. Giornalista e… detective semi-professionista, è un piacere conoscerla signor Hattori.-
-Il piacere è mio, signorina Adams; le sembrerò brusco ma se mi permette, ma di finti detective ne conosco a bizzeffe, mi creda. Ognuno dovrebbe occuparsi della propria professione, e basta.-
-Allude per caso al suo vecchio amico? Al suo coetaneo Shinichi…-
Per le condizioni in cui era, sentire quel nome ancora una volta avrebbe prodotto un accesso di rabbia così forte che avrebbe fatto tremare l’intera Tokio. Per questo afferrò forte il polso della giornalista fino a quando si trovarono faccia a faccia. Heiji si trattenne per non urlarle contro.
-Cosa è venuta a cercare in un cimitero, mi dica… Scoop, notizie, dichiarazioni?-
-Solo giustizia.- Rispose lei, sostenendo il suo sguardo.
-Giustizia, dice? Io che son capo della questura di Osaka non riesco più a dare una definizione a questa parola; lei come crede di poterlo fare?-
-Facendo ad esempio luce sulla morte della sua amica, Kazuha Toyama.-

Hattori al sentire quel nome guardò ancora per un attimo gli occhi della donna, poi le lasciò il braccio e riprese a guardare il vuoto davanti a sé, sperando di potersi perdere.
-So cosa è successo quella notte; ho visitato io stessa il luogo nel quale vi trovavate la sera della sua morte, dopo l’incendio devastante che colpì i la torre di Tokio. So che Toyama è stata uccisa al suo posto, so che a sparare è stato Kaito Kid. Ufficialmente è stato classificato come un “incidente”, ma credo che quell’incendio nasconda qualcosa di più grosso; un’organizzazione malavitosa? Una setta alchemica..?-
-Non so di cosa stia parlando.- Disse Hattori, mentendo distrattamente. Nonostante tutto, aveva promesso a lui che niente di tuta quella storia, degli uomini in nero e dell’organizzazione, sarebbe dovuta rimanere avvolta nel mistero, dimenticata. Solo i loro più stretti amici e conoscenti sapevano la verità, verità che era stata cancellata anche dallo spaventoso incendio.
-Penso che lei sappia bene ci cosa io stia parlando.- Riprese la donna. –Giri di denaro, strani furti e omicidi, studi chimici ed esperimenti illegali… Strano che un ladro abile e scaltro come Kaito Kid ne sia finito immischiato. Neanche il nome di Conan Edogawa le ricorda qualcosa?-
Hattori non riuscì più a mostrare indifferenza. Si girò di scatto e guardò ancora una volta la donna, in modo intenso. Gli occhi scuri di lui si riflettevano in quelli verde smeraldo di lei. -Voglio solo aiutarla. Voglio che sia fatta chiarezza. Voglio la verità e la giustizia, così come la vuole lei. Ma non posso aiutarla, se lei non collabora.-
Ci fu un momento di silenzio. Un fruscio di vento più forte fece ondeggiare il prato verde, come fosse un mare in tempesta.
-Crede che solo la sua curiosità e la sua presunzione di sapere tutto possa convincermi?-
-Certamente, ma se questo non bastasse… Posso offrirle informazioni in cambio. Ad esempio; le interesserebbe sapere dov’è Kaito Kid adesso?-

♠ ♠ ♠

Tick-tick.
Il volo New York/Tokio era in ritardo, come sempre. Il difetto più grande degli occidentali era sicuramente il non sapere guardare l’orologio e il non sapersi regolare in base ad esso…
Tick-tick.
Proprio per questo Ran, impaziente, sedeva nella sala d’aspetto dell’aeroporto di Tokio, aspettando un volo che non arrivava. Nonostante intorno a lei ci fossero diverse persone che con borse e valigie affollavano l’aeroporto, lei sentiva solo il tamburellare lento delle sue dita sul bracciolo di ferro della panchina.
Tick-tick.
Indossava un’ampia gonna colorata con molti sbuffi, collant trasparenti, un paio di tacchi bassi; una maglietta a maniche lunghe poco scollata ma piuttosto aderente, una giacca bianca aperta sul davanti e i capelli sciolti. Il posto di fianco al suo era occupato da uno zaino di modeste dimensioni, nel quale aveva messo velocemente tutto il necessario per quella “vacanza obbligata” negli USA… Suo padre Kogoro gliel’aveva concessa solo se non ci fosse stato “il mascalzone”, come lo chiamava ora: Shinichi.
Tick-tick.
Appena la madre di quest’ultimo fosse arrivata con quel maledettissimo volo da New York, sarebbero tornate entrambe nella “Grande mela”.
Ran sospirò.

-Mi scusi, questo posto è libero?-

Ran sobbalzò sulla sedia e si mise in posizione di difesa quando vide accanto a sé la figura famigliare e sorridente del… padre di Shinichi!
-Che piacere rivederla, signor Kudo!-
-Piacere piacevolmente ricambiato, Ran!-
Ran notò in quel momento come il padre di Shinichi sembrasse sempre giovane: i baffetti divertenti, lo sguardo allegro, il ciuffo ribelle e il sorriso acceso… Shinichi gli somigliava incredibilmente ogni giorno di più.
-Scusi se sono indiscreta ma… a dire il vero, aspettavo sua moglie.-
-Purtroppo Yukiko ha avuto qualche inconveniente con il volo e non riesce a venire prima di sera; sono tornato in Giappone per lavoro, in una città abbastanza distante da qui, e sono venuto a farti un po’ di compagnia. Me l’ha chiesto Yukiko…-
-E ogni cosa che dice sua moglie è legge, ormai lo sappiamo!- Disse ironizzando Ran.
-Fin troppo direi… Questo aeroporto è davvero affollatissimo e io manco da parecchio a Tokio. Usciamo a fare due passi e mangiamo qualcosa per aspettare la sera, che ne dici?-
-Certamente!- Ran sorrise ancora, felice di alzarsi finalmente e di fare qualche passo.
Si avviarono verso l’uscita dell’aeroporto, dove Kudo senior aveva parcheggiato l’auto.
Salirono entrambi e veloci, scivolarono tra le affollate strade di Tokio.

♠ ♠ ♠

All’aeroporto, dopo una buona mezz’ora, atterrò il volo proveniente da New York.
Una donna molto giovanile scese dall’aereo dopo aver recuperato il suo bagaglio a mano e si diresse a passo svelto verso la sala d’attesa; quando ci arrivò, si guardò intorno sorridente.
Man mano che i minuti passavano e il suo sguardo aveva percorso almeno venti volte tutta la sala, senza traccia del ragazza che avrebbe dovuto incontrare, il sorriso svanì.
La donna si girò indietro verso l’uomo che la stava raggiungendo.
-Allora, dov’è la futura moglie di nostro figlio?- Disse lui, vedendo la faccia preoccupata di lei ma cercando di ironizzare.
-Ran non c’è. Yusaku, Ran non è in aeroporto…-
-Cosa? Ok, il volo è partito in ritardo per qualche turbolenza ma avremmo dovuto trovarci qui…-
La donna provò a chiamare Ran, senza successo; il telefono era probabilmente spento o non raggiungibile.
-Dovremmo chiamare Shin-chan?- Chiese lei, un velo di sinistra preoccupazione sul bellissimo volto.
-Per ora è meglio di no Yukiko. Magari è solo qui intorno a mangiare qualcosa… Nostro figlio ha già troppi pensieri per la testa, riusciremo a cavarcela da soli.-
E così fecero.






Commenti dell’autrice:

Come potete vedere, la pubblicazione di questa storia procede MOOOLTO lentamente, ma procede. “The show must go on”, dice una bellissima canzone… E io vado avanti con la storia!
Prima che possiate lanciarmi oggetti appuntiti e affini, devo dire che non è assolutamente mia intenzione avercela con Hattori, che anzi tra i personaggi di DC ha un ruolo privilegiato. Tuttavia questi capitoli scritti in momenti diversi risentono molto dell’umore che ho e di quello che provo mentre li scrivo… Non so bene da dove sia nato questo capitolo, però è così anche per questo! Quindi davvero, non uccidetemiiii! Vi prometto che le fan del detective di Osaka lo rivedranno ironico e divertente come sempre, sperate e vedrete!!
Per il resto non ho molte cose da dire, lascio spazio a voi… Ringrazio moltissimo Liz Shelley e Rinalamisteriosa per i commenti, sperando che nonostante il tempo passato vi ricorderete di questa fiction! (Spero sia più chiaro ora perché Heiji ce l’abbia su con Shin, e che fine abbia fatto la povera Kazuha ç__ç).

L'unica cosa... scusate, magari è scritta un po' diversa e non benissimo... cercherò di rimediare!
Alla prossima, gente! ^^

Diane
   
 
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