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Autore: Hydrogen96    27/10/2015    6 recensioni
Salve a tutti! Mi chiamo Hydrogen96 e voglio raccontarvi la storia di Thranduil, dalla nascita alla partenza verso Valinor.
Tutto ciò che scrivo è il mio headcanon, che è un misto di idee mie e idee che ho visto su internet (foto, gif, testi di persone che commentavano dicendo la loro ecc.). Spero che vi piaccia, cercherò di aggiornare spesso. :)
Grazie della lettura
Genere: Guerra, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Legolas, Melian, Oropher, Thingol, Thranduil
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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A Crown of Thorns
 
 




 
 
Capitolo 1: Il Principino è nato!
 
 


 
Prima Era, Doriath.
 
A nord-ovest della Terra di Mezzo, nel Beleriand, sorgeva rigoglioso e prospero il Doriath.
Il Re del Beleriand era Elwë Singollo, conosciuto dalla maggior parte degli Elfi con il nome di Elu Thingol. Assieme a lui vi dimorava la bella Maia Melian, ed insieme regnavano sui Teleri.
I Teleri erano un antico lignaggio di Elfi, dal quale nacque la stirpe dei Sindar.
La nostra storia ha inizio dalla visita del Re di Boscoverde il Grande e la moglie in dolce attesa.
Una grande festa era stata preparata, per celebrare l’arrivo dei due regnanti e soprattutto l’imminente nascita del nuovo principe dei Sindar.
Re Oropher e Regina Calime stavano cavalcando seguendo il percorso del fiume Esgalduin, la quale acqua si muoveva sinuosamente lungo il suo percorso, placida e lenta, riflettendo i raggi del sole.
Una volta il sole non esisteva e l’unica fonte di luce era la lontana Valinor, terra benedetta dei Valar. E a quei tempi nel cielo alla volta del Beleriand vi era un perenne stato crepuscolare.
Il vociare dei giovani Elfi che accompagnavano i loro sovrani al cospetto di Thingol si faceva sempre più concitato man mano che si stavano avvicinando alla città. Tuttavia le loro voci erano musicali, e non interrompevano il silenzio del paesaggio, anzi, sembrava che fosse parte di quella segreta armonia.
«Siamo quasi arrivati» sussurrò Oropher, in direzione di Calime.
A queste parole, un dolce sorriso increspò le labbra della donna. In quel momento stava accarezzando la moltitudine di sete che racchiudeva il pancione, il quale a sua volta conteneva quello che un giorno sarebbe diventato un grande Re.
La voce di Oropher era imponente, seppur pacata e tranquilla come lo scorrere dell’Esgalduin.
La capitale del Doriath era Menegroth, le cui porte erano state scavate nel fianco di una collina rocciosa.
Tale collina risiedeva lungo il corso del fiume che i sovrani di Boscoverde il Grande stavano placidamente percorrendo. Il rumore dei zoccoli delle cavalcature e dei passi degli elfi che avevano preferito camminare erano perfettamente in armonia con lo scrosciare del fiume sulla riva.
Quando finalmente arrivarono, le trovarono aperte per loro, e all’interno della collina si potevano vedere le aule ampiamente decorate. La sublime opera degli elfi e dei nani che avevano contribuito ad ergere tale splendore, ora si innalzava alla vista di Oropher e di Calime, che ne rimasero piacevolmente sorpresi. Non era la prima volta che visitavano il Beleriand ma davanti a tale opera nessuno poteva passare senza ammirarla nuovamente.
Un gruppo di Elfi, tra Teleri ed altri Silvani, si apprestarono a salutare i nuovi arrivati, lanciando fiori colorati ai loro piedi in un vociare concitato.
«Mae govannen amici miei, nae saian luume’» parlò Thingol, quando al suo arrivare le voci si erano acquietate.
«Mae govannen Thingol» disse Oropher di rimando, rivolgendosi con rispetto al Re che ora aveva davanti a sé.
Melian si avvicinò, cingendo il braccio sinistro dello sposo con il proprio e salutando a sua volta gli ospiti.
«Abbiamo una nuova luce su Boscoverde il Grande, possa essa brillare contro l’oscurità più profonda» i sovrani del Beleriand sorrisero, benedicendo il futuro principe custodito nel ventre materno. Infine li accompagnarono all’interno della maestosa dimora.
C’era un lungo ed imponente corridoio da percorrere, le cui colonne ricordavano dei faggi che erano stati scolpiti con maestria. Sulle medesime colonne vi erano scolpite anche figure di uccelli, e di altri animali. Quando le porte furono chiuse, i colori all’interno cambiarono: i vetri tinti riflettevano la luce del sole sul pavimento, generando immagini colorate. L’interno risplendeva di una moltitudine di colori raggianti, che erano uno spettacolo per gli occhi.
Thingol aveva da sempre ammirato i lavori dei Nani e per la costruzione del Menegroth si ispirò alle dimore naniche nelle città di Nogrod e Belegost. Assieme al Regno Celato di Gondolin, Menegroth era la più bella dimora elfica della Terra di Mezzo.
 
 
***
 
 
«Come stai, mia cara?» domandò Oropher alla consorte, che non aveva parlato molto. La soave voce della regina si era udita poche volte nel corso del viaggio, e dopo aver salutato Thingol e Melian non aveva più proferito parola.
Ella gli sorrise, liberandosi degli abiti che l’avevano protetta durante il viaggio. Erano pesanti e troppo stretti, finalmente si sentì libera di muoversi. Lo sguardo materno si posò sul ventre ingrandito, ora che non era più vincolato dagli immensi strati di seta poteva vederlo meglio.
Il Re dei Sindar vi posò una mano, e sorrise anche lui appena sentì un calcetto da parte del frutto del loro amore.
«Avete già pensato ad un nome?» chiese la regina al suo re, con il medesimo sorriso stampato sulle labbra. Calime era semplicemente radiosa, luminosa e brillante, ed in quel momento rispecchiava esattamente il significato del suo nome: raggiante, chiara.
La stanza che era stata preparata per loro dava sul fiume, le finestre colorate illuminavano il pavimento, tingendolo dei colori dell’arcobaleno, i quali a loro volta raffiguravano le immagini paradisiache di Valinor, splendenti e pure.
Oropher sembrava pensieroso a tale domanda, le grosse sopracciglia corrucciate. Ci stava pensando da molto tempo, era alla ricerca di un nome glorioso per il figlio perché secondo lui avrebbe compiuto imprese degne d’esser scritte.
Man mano che scorreva una lunga lista, scartando ogni nome, si ritrovava privo di idee. Si alzò dal loro giaciglio, avvicinandosi alla consorte per poi afferrare una ciocca di capelli argentei tra le mani. La fece scivolare tra le dita come una cascata di argento dalla morbidezza ineguagliabile, poi osservò la medesima ciocca andare a mescolarsi al resto dei lunghi capelli di Calime. Erano dritti e ricadevano sui fianchi della figura snella e raggiante. Era il tipo di donna che emanava gioia e speranza.
«Thranduil» le rispose, dopo molto. Quel nome gli uscì dalle labbra senza che ci pensasse.
Alle parole del re, la regina gli accarezzò una guancia, seguendo i lineamenti induriti dai secoli e dalle guerre. Non gli rispose, ma quel gesto accompagnato da un dolce sorriso fece intendere a Oropher l’approvazione della sua proposta.
Le sorrise di rimando, appoggiando la propria mano su quella di lei e mettendole sulle spalle un abito più leggero. Il materiale era simile a quello della seta, solo che l’abito era bianco e comprendeva alcune parti trasparenti: in particolare le lunghe maniche a losanga.
«Siete bellissima» disse, posando un bacio sulle labbra che aveva sempre amato e le cinse la vita con le proprie forti braccia, facendo attenzione a non stringerla.
Le mani di Calime percorsero la schiena di Oropher, per poi chiudersi sopra le spalle in un abbraccio che durò un po’.
L’aspettativa di vita eterna conferiva agli Elfi una certa calma nel fare le cose, poiché il tempo a loro non mancava mai né la vecchiaia sopraggiungeva per indebolire la loro capacità di compiere azioni. Quindi quel “un po’” potrebbe essere durato minuti, ore, anni, secoli e noi non potremo mai capirlo davvero.
Quando le braccia di entrambi si dischiusero per separarsi, era tempo di dirigersi nel salone grande, per dare inizio ai festeggiamenti.
Il piccolo Thranduil stava scalciando sommessamente, come se si fosse girato dall’altra parte durante il sonno e avesse trovato un ostacolo che gli impediva di raggiungere la posizione desiderata.
Un ulteriore calcio generò una fitta di dolore che percorse Calime in lungo ed in largo, facendola rabbrividire. Un gemito, dovuto a quella improvvisa scarica, abbandonò le labbra della regina, destando la preoccupazione del consorte.
«Tutto bene?» domandò egli, accorrendo da lei. Aveva appena finito di indossare i sontuosi abiti da cerimonia.
«Sì» fu la risposta, che non tardò ad arrivare. Calime stava cercando di capire se l’ora fosse arrivata o se semplicemente fosse stato un caso.
«Sicura?» insistette Oropher, lo sguardo ceruleo concentrato su di lei. La stava analizzando sempre più preoccupato.
Dal canto suo, la regina si sedette sul loro talamo perché in quel momento ne sentì un bisogno improvviso.
«Thranduil…» bisbigliò, mentre sentiva le mani raffreddarsi e tremare debolmente. E fu allora che Oropher capì.
La fece stendere dolcemente, assicurandole che sarebbe tornato subito, e corse. Corse come non aveva mai corso, i suoi passi non erano stati così veloci in nessuna guerra, nessun allenamento e nessuna circostanza.
Chiamò aiuto, e la notizia giunse persino alle orecchie di Thingol, che decise di rimandare la festa a quando Calime si sarebbe sentita in forze.
 
 
***
 
 
Così quella sera di autunno nacque il principe ereditario, nel Beleriand. Fuori dal palazzo le foglie ormai arancioni svolazzavano dipingendo il paesaggio del medesimo colore, con sfumature gialle e rosse, poiché il verde estivo aveva abbandonato quella landa con la promessa di tornare.
Il silenzio delle sale adiacenti fu squarciato da un energico vagito che annunciò la nascita di Thranduil.
Oropher era orgoglioso del proprio figlio, e tenne stretta la mano di Calime per tutto il tempo necessario, mentre ella dava alla luce il primogenito.
Il piccolo elfo, chiuso nel fagotto di tessuti, piangeva infastidito dall’improvviso cambio di ambiente. Faceva troppo freddo per lui, e quell’ambiente gli sembrava ostile. Voleva tornare dove si trovava prima e scalciava nel tentativo di liberarsi.
Il suo pianto si calmò una volta che la levatrice lo adagiò tra le braccia della regina di Boscoverde il Grande, ormai stanca. Il parto l’aveva esaurita fisicamente, ma non era troppo stanca per tenere la propria creatura a sé. Strinse debolmente il fagotto tra le braccia, lo guardò sorridendo di gioia immensa. E tale gioia veniva irradiata anche da Thingol e Melian, che erano sopraggiunti.
Tuttavia la regina era così provata che si addormentò contro voglia, il sonno la rapì improvvisamente, e gli occhi color acqua si chiusero. Non aveva rischiato di morire, né ci era andata vicina, poiché la levatrice esperta era stata brava a svolgere il suo compito.
Il piccolo Thranduil si guardò intorno, dopo vari tentativi di aprire gli occhi. L’aria dopo qualche ora non gli diede più fastidio perché vi si abituò. Quando dischiuse le palpebre, rivelando le iridi di un colore chiaro come il fiume Esgalduin, posò lo sguardo innocente e curioso sulla figura del padre. Più avanti nel tempo avrebbe sviluppato la cognizione dello spazio e delle dimensioni, ma al caldo tra le braccia della madre si limitava a guardarsi intorno e a fissare con curiosità i presenti. Emanavano un bel tepore, il tepore della gioia.
La festa in suo onore sarebbe stata grande e sfarzosa, per celebrare la sua nascita, l’amicizia tra Oropher e Thingol e quel felice incontro, che avveniva dopo tanto tempo.






Note dell'Autore:
Salve! Innanzitutto grazie per essere arrivati fino a qui. All'interno della storia metterò spesso dei dialoghi in elfico, per quello che posso, perché mi piace immaginarli nel loro ambiente, mentre parlano la loro lingua. Ovviamente ci sarà un piccolo translator sotto le note dell'autore, perché non voglio complicare la lettura. :3
Grazie mille a tutti. <3

Traduzioni da elfico a italiano:

Mae govannen = Ben trovato/i
Nae saian luume’ = È passato troppo tempo

 
   
 
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