Era
una tranquilla mattina, il sole caldo splendeva in un cielo limpido e terso, gli
uccellini cinguettavano melodiosi e un giovane biondo camminava lentamente verso
la sua meta.
Il
motivo per cui procedeva con tanta calma, insolita per un tipo irrequieto,
determinato e volenteroso come lui, era un bambino piccolo, tenero e assopito,
fasciato da una tutina nera e sorretto delicatamente dalle sue braccia
ferme.
Il
piccolo stava dormendo placidamente, perciò non volle rischiare di svegliarlo e
di farlo piangere.
Alzò
lo sguardo per scorgere una brezza leggera che scuoteva i rami sottili dei verdi
e rigogliosi alberi, che circondavano e quasi proteggevano la scultura
emblematica verso cui era diretto, il monumento degli eroi caduti durante le
guerre ninja che si erano combattute in passato.
Quando
gli si trovò proprio di fronte, fermò i propri passi e sorrise lievemente, un
po’ impertinente e un po’ nostalgico.
«Otou-san, Okaa-san… Buongiorno!» salutò i suoi
genitori.
«Guardate,
siamo venuti a trovarvi…» mormorò Naruto, addolcendo l’espressione quando spostò
delicatamente il primogenito in modo che poggiasse la testolina con pochi
capelli biondi sulla sua spalla. «Vi presento Boruto-chan. Iruka-sensei sostiene
che mi somigli moltissimo, ma io non ricordo di essere stato così rompiscatole,
specialmente di notte, quando io e Hinata-chan vorremo dormire questa peste
strilla e si dimena tutto per attirare l’attenzione. Forse perché non avete
avuto la possibilità di crescermi… Eheh, per me che sono sempre stato solo, la
paternità è una cosa nuova e sconvolgente, sapete? Mi devo ancora abituare…»
confessò tutto d’un fiato e la sua mente tornò subito al giorno in cui era
diventato padre.
Mai
come allora aveva compreso che, quando arrivavano, le cose belle della vita ti
colpivano senza preavviso, inaspettate.
Era
come ricevere un pugno nello stomaco senza sentire alcun dolore, ti veniva
spontaneo trattenere il fiato e spalancare gli occhi davanti alla
novità.
La
nascita di un figlio era sicuramente una di queste cose, da qualunque
prospettiva la si guardasse.
Era
un vortice irrefrenabile di sensazioni, di emozioni, di pensieri capaci di
riempire la mente e il cuore, di irretire i sensi.
La
sola vista di un esserino così piccolo avvolto in fasce sarebbe stata capace di
condurre anche l’uomo più controllato in uno stato di perenne ebetismo, o di
intenerire e sciogliere il cuore dell’essere più freddo
dell’universo.
Era
semplicemente impossibile restarne indifferenti.
La
natura umana a volte sapeva essere davvero straordinaria, unica e
inimitabile.
Mai
prima di allora, Uzumaki Naruto si era sentito così spiazzato ed
emozionato.
A
rallentatore, o così gli parve, un’infermiera intenerita gli porse il neonato
infagottato e gli spiegò rapidamente come tenerlo in braccio nel modo giusto
senza farlo cadere. E proprio lui, che raramente tremava di fronte alle altre
persone, si mostrò adorabilmente impacciato e confuso.
La
sua compagna di vita, stesa a letto dall’inizio del parto, i lunghi capelli
scuri sparsi sul guanciale, affaticata e con gli occhi lucidi di commozione, li
contemplò in silenzio.
Naruto
aveva sempre ammirato il coraggio di Hinata e quella volta sua moglie era stata
davvero coraggiosa a sopportare i nove mesi di gravidanza e le doglie finali,
perciò quando i loro sguardi si incrociarono sentì di amarla più di
prima.
Ricordò
con un sorriso nostalgico di aver accolto gli auguri di tutti i suoi amici e di
averli accettati con sincera gratitudine.
Ricordò
di aver ricevuto un rotolo da parte di Sasuke e di Sakura-chan, che erano in
missione insieme, e di aver quasi pianto mentre leggeva il loro messaggio,
perché nonostante la lontananza sentiva i suoi compagni più vicini che mai,
almeno con il pensiero.
Ricordò
cose belle e brutte, ma il suo sguardo correva sempre lì, al frutto dell’amore
che l’aveva sempre sostenuto e incoraggiato nel corso degli anni, che era
maturato da quando ne aveva preso piena consapevolezza e l’aveva ricambiato con
tutto se stesso.
Rammentò
che, almeno un minuto o forse due dopo averlo tenuto in braccio per la prima
volta, il neonato iniziò a piangere e a strillare con tutto il fiato che i suoi
piccoli polmoni potevano contenere.
Naruto
fu riscosso improvvisamente e bruscamente dai suoi dolci pensieri, non capì e
tornò a fissare confuso e spaventato l’infermiera. Non aveva la più pallida idea
di come si facesse a calmare un bambino appena nato.
«Adesso
so bene come prenderlo, visto?» si complimentò, annuendo tra
sé.
«Naruto-kun,
eccomi. Scusa se ho tardato a raggiungervi», si rivelò Hinata, comparendo
silenziosa e pacata alle sue spalle.
«Non
dire così, Hinata, sono contento di vederti!» si voltò a guardarla, un largo
sorriso che quasi andava da orecchio a orecchio, una gioia che si rifletteva nei
suoi occhi celesti così belli, che si erano conservati puri nonostante le mille
difficoltà affrontate con coraggio dal giovane fino a qualche anno
prima.
Un
sorriso meraviglioso, contagioso, che la giovane donna non poté non ricambiare
con il suo più discreto e riservato, ma ugualmente bellissimo e
gentile.
«Torniamo
a casa? Quando Boruto-kun si sveglierà, sarà molto affamato e poi dovrò anche
cambiarlo», propose lei, adocchiando il bambino che ancora riposava sulla spalla
di suo marito. E a lui non smetteva di fare uno strano effetto il fatto di avere
una casa condivisa con una compagna e un figlio, quando un tempo attribuiva
quella parola a un luogo solitario, dove tornava e non trovava mai
un’accoglienza degna di questo nome, piuttosto gli rispondeva un silenzio triste
e innaturale.
Fortunatamente
le cose erano cambiate.
«Sì…
Torniamo a casa».
*
Una
notte, qualche giorno dopo, Hinata Uzumaki si sentì particolarmente ispirata, e
mentre osservava il suo piccolino che non ne voleva sapere di prendere sonno,
gli sistemò le copertine addosso con estrema cura e provò a canticchiare una
nuova ninna nanna.
«Trasformami in bolla per farmi toccare uno
stella…» improvvisò il primo verso ripensando al momento del bagnetto, che
era sempre così divertente e gioioso, dato che Boruto prendeva tutto come un
gioco e si agitava apposta per schizzare acqua insaponata addosso a lei o al
papà.
«Soffia piano e regalami un giro di luna
senza che se ne accorga…» intonò con voce carezzevole e dolce, poiché essa,
l’onnipresente luna, aveva un significato speciale nella sua vita, era legata al
suo primo bacio d’amore. Il bambino smise di agitarsi e si
quietò.
«Legami a un raggio di sole, regalalo al
vento…» il sole della sua vita, il centro del suo mondo, era sempre stato
Naruto. Grazie a lui era cresciuta, si era impegnata, aveva lottato, aveva
protetto e sfidato il vento delle avversità. Crogiolato nel calduccio e cullato
dalla voce materna, Boruto aveva chiuso quegli occhi ancora così piccoli, di un
azzurro più chiaro del cielo stesso.
«Di ogni mio sorriso cattura l’essenza e poi
donala al mondo…» concluse, vedendo che la sua canzoncina improvvisata aveva
sortito l’effetto sperato e sorridendo intenerita al pensiero che probabilmente,
una volta che a suo figlio sarebbero spuntati tutti i dentini, lui avrebbe
mostrato alla gente uno splendido sorriso, magari raggiante e impertinente,
sempre più simile a quello paterno.
«Buonanotte, Boruto-kun», sussurrò
soavemente. Prima di allontanarsi dalla culla, depositò un bacino sulla fronte
liscia del piccolo.
Non
avrebbe mai immaginato che essere mamma l’avrebbe resa immensamente felice e
totalmente coinvolta. Persino le notti insonni e le perenni ansie sembravano
cose da poco se confrontate alla prospettiva di veder crescere un figlio giorno
dopo giorno, anno dopo anno.
«Si
è addormentato?» s’interessò Naruto, questa volta fu lui a sorprenderla
letteralmente alle spalle.
«Riposa
come un angioletto», rispose Hinata, per nulla spaventata.
Lui
si era assopito per qualche ora, ma lei recava i segni delle occhiaie. Erano
anche piuttosto evidenti, ma appariva comunque bellissima.
«Perfetto!»
esclamò, apparentemente soddisfatto.
La
prese in braccio prima che potesse protestare e la portò in camera da letto,
senza alcuna malizia. Si sentiva in colpa e tutto ciò che desiderava in quel
momento era che dormisse anche lei.
Se
Boruto si fosse svegliato anche dopo la ninna nanna tanto tenera della sua
mamma, si sarebbe fatto carico lui dei suoi capricci e dei suoi
bisogni.
«Adesso
tu dormi, dattebayo!» ordinò dopo
averla fatta adagiare delicatamente tra coperte già sfatte e Hinata, che aveva
già intuito il suo stato d’animo, lo fermò un momento, ma solo un attimo, perché
sapeva che sarebbe stato inutile contrariare la sua decisione. Era semplicemente
adorabile.
«Naruto-kun… grazie per tutto questo. Ho la
certezza che tu sei qui con me sempre e che insieme cresceremo nostro
figlio», sussurrò lievemente mentre giaceva sul fianco e lo tratteneva
stringendogli fiaccamente una mano, per poi chiudere i suoi occhi dal colore
indefinibile e lasciarsi vincere dal sonno.
«Anch’io dovrei dirti grazie. Ho una casa in
cui mi sento finalmente amato e accolto. Ti ringrazio davvero, Hinata-chan»,
si disse senza farle lasciare la presa, sentendo più forte che mai un presente
in cui valeva la pena vivere, promettendo di preservarlo, di proteggerlo dai
fantasmi del passato. Con tutto se stesso.
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Nick
EFP/Forum:
Rinalamisteriosa
Titolo
tratto dalla canzone:
Di ogni mio sorriso cattura l’essenza e poi donala al
mondo
Canzone
scelta:
Sento solo il presente
Pairing:
NaruHina
Raiting:
verde
Genere:
fluff, introspettivo, slice of life
Note:
Questa storia partecipa al “Naruto
Song Contest” indetto da Nede. Spiegazioni sotto.
Note
per la raccolta:
Rieccomi, come al solito torno ad aggiornare la mia “creatura” adorata dopo tanto tempo, ma
vabbe’ xD confidate nel fatto che finché resterò affezionata a questa coppia,
essa rimarrà sempre in corso. Alcuni
capitoli sono ancora in fase di revisione, tra l’altro. Il traguardo una volta
era di quaranta capitoli, ma chissà se lo raggiungerò mai… *non sa se ridere o piangere* intanto
sono giunta a metà strada, meglio di niente, dai u.u
“Di ogni mio sorriso cattura l’essenza e poi
donala al mondo” è una one-shot
nata spontaneamente, ho preso in prestito i primi versi della canzone di
Annalisa Scarrone per usarli nella ninna nanna che canta Hinata a Boruto, non
avrei saputo come tradurli in giapponese, perciò immaginatela mentre la intona
nella sua lingua, ma il senso è quello.
Mentre
la frase “E non sento più niente tranne
la certezza che tu sei qui con me” la cito in parte nell’ultimo dialogo
prima di addormentarsi, sempre messa in bocca a Hinata.
Comunque
si capisce che ho preso ispirazione dalla canzone, incredibilmente ce l’ho
fatta! XD
Boruto
è presente perché è lui che, nascendo, ha catturato l’essenza dei suoi genitori,
e nel sorriso che mostrerà a tutti ne trasparirà la somiglianza. La trovo una
cosa dolcissima! *-*
Spero
vi piaccia questo nuovo capitolo, forse sembrerà breve e semplice ma ci ho messo
il cuore, davvero! >.<
Grazie
a chiunque abbia letto e grazie a chi vorrà lasciare spontaneamente un
parere.
Baci,
Rina