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Autore: peetarms    27/10/2015    0 recensioni
Elizabeth Jensen non sopporta il suo nome intero, si fa chiamare Effy. Non sopporta neanche il suo passato, la morte di suo fratello gli ha fatto prendere decisioni sbagliate.
Suo padre Jeremy Jensen è un attore di fama mondiale molto legato ad Effy, sua madre Amanda Cortese invece è una delle modelle più famose a New York.
Per far ricominciare una nuova vita ad Effy decidono di trasferirsi nella città natale di suo padre, Union in Kentucky. Ma quando tutto sembrava andare per il verso giusto, il passato di Effy ritorna.
Josh Hutcherson è tornato a Union in Kentucky dopo le ultime première di Mockingjay pt.2 per prendersi un paio di mesi di pausa. Quando il suo agente lo chiama informandolo che agli inizi di Aprile ci saranno le audizioni per il film dell'attore Jeremy Jensen – attore che Josh ammira da sempre – Così Josh decide di provare ad entrar a far parte del cast.
Film che Jeremy ha scritto ispirandosi al passato di Effy.
[OFFICIAL TRAILER: https://www.youtube.com/watch?v=FOPTZkdyxyk]
Genere: Drammatico, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
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*Attenzione: i comportamenti dei personaggi descritti durante la narrazione della fan fiction non sono assolutamente da imitare: quello che fanno e pensano è spesso sbagliato. Con questo mio scritto pubblicato senza scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, né offenderle in qualche modo. La storia è solo frutto di pura fantasia.*

 

 

Capitolo 10.

 

 

1 Giugno 2016, 2.14pm.

 

«Effy, diavolo ti fermi?» mi urla per la milionesima volta Josh mentre io mi addentro sempre di più nel bosco.

«Cosa vuoi?» mi volto verso di lui arrabbiata, neanche io so per quale motivo.

«Cosa ti succede?» domanda una volta che mi sono fermata.

«Non ti hanno insegnato che non si risponde ad una domanda con un'altra domanda?» urlo acida.

«Smettila di fare la stronza e rispondimi» Josh è davvero infuriato, solo quando è arrabbiato usa quel determinato linguaggio.

«Non mi succede nulla, proprio nulla» mi appoggio alla corteccia dell'albero dietro di me.

«Infatti, tutti corrono a quella velocità normalmente» incrocia le braccia al petto e comincia a battere nervosamente il piede sul terreno.

«Ricordi, flashback chiamali come cavolo ti pare, quelli mi hanno spinto a correre a quella velocità» ammetto dopo minuti esasperata visto che il suo sguardo è fisso su di me.

«Ricordi di cosa?» si avvicina titubante a me ma lo allontano con la mano.

«Non ti avvicinare» sibilo «Non ne voglio parlare» con uno scatto comincio a correre lontano da lui diretta alla mia moto.

 

 

6 Giugno 2016, 4.32pm.

 

«Allora Elizabeth, come mai sei qui di nuovo?» la voce del mio psicologo rompe il silenzio calato nel suo studio da oramai quasi dieci minuti.

«Effy non Elizabeth» rispondo immediatamente acida.

«Ti hanno costretto a venire?» finge indifferenza al mio tono di voce e continua.

«Sì» stringo le mani un pugno per contenere la rabbia.

«È tornata la rabbia?» mi indica le mie mani.

«No» lascio subito la presa.

«Lo sai che riesco a capire quando menti, vero?» quelle dannate parole che mi ripeteva ad ogni seduta.

«Allora, mi racconti come mai i tuoi genitori mi hanno chiamato preoccupati?» mi domanda con tono gentile.

«No» il mio tono è perentorio e non ammette repliche.

«Effy» mi riprende immediatamente lui come fa un padre con il proprio figlio.

«Non voglio parlare perché non è successo niente, sono esattamente la stessa persona dell'ultima seduta» scatto in piedi.

«No, non è vero» esclama mentre mi avvicino alla finestra.

«Come volete voi» alzo le spalle esausta.

«Ti devo aumentare le dosi dei medicinali, Effy» esclama dopo parecchi minuti di silenzio dove fisso le vie trafficate di New York.

«Non li voglio più prendere» mi volto verso di lui arrabbiata.

«Effy, invece dovrai continuare a prenderli e aumenteranno anche» si passa una mano sul viso.

Odio. L'odio è l'unico sentimento che riesco a provare in questo momento. Odio puro verso mio padre, verso mia madre, verso Colin ma soprattutto verso Josh che ha raccontato tutto ai miei genitori. Appena hanno saputo hanno fatto irruzione nella sala del cinema dove mi trovavo a vedere un film con il mio migliore amico ed hanno spento puntandomi un dito contro con quello sguardo. Lo sguardo di quando hanno scoperto la verità, di quando hanno saputo della droga, dell'autolesionismo, delle gare clandestine e di tutto quello accaduto dopo la morte di Freddie. Non mi hanno neanche voluto ascoltare, avevano già deciso di farmi tornare a New York per riprendere le sedute con il dottor Bren. Mi hanno prenotato il primo volo per la mia città natale e chiamato subito dopo i miei zii domandandogli se potessi rimanere da loro per un po' di tempo.

Colin non ha fatto nulla, non ha cercato di parlarmi o provare a capire cosa stesse succedendo. Niente, ha preso il volo per tornare a casa lo stesso giorno della mia partenza.

Sto evitando tutte le chiamate e i messaggi provenienti da Josh, sto facendo anche un pensiero di bloccare il suo numero. Ed ora sono in questo studio, in questa stanza dove ho affrontato tutti i miei demoni con l'uomo seduto sulla poltrona di pelle, per la quarta volta in quattro giorni.

«Effy, ne eri uscita... Eri riuscita a risollevarti cosa ti sta facendo sprofondare nell'abisso di nuovo?» il dottor Bren è alle mie spalle.

Non rispondo. Perché non voglio e perché non saprei neanche cosa rispondere.

«Per oggi direi che è abbastanza anche se non hai parlato per niente» sospira risedendosi alla sua scrivania dove scrive qualcosa nella mia cartella.

Mi dirigo velocemente alla porta ma la sua voce mi ferma «Domani alle cinque, Effy» esclama prima che io esca definitivamente da quella porta.

Scendo a due a due le scale dell'edificio e poco dopo mi ritrovo a contatto con l'aria di New York, la mia città. Dio quanto mi era mancata. Estraggo una sigaretta dal pacchetto e prendo l'accendino che subito dopo scatta accendendo la paglia. Comincio a camminare per le caotiche vie, mi fermo a prendere un caffè da Starbucks. Due ore dopo mi ritrovo davanti alla villetta di proprietà dei miei zii.

«Effy» mi saluta mio zio appena mi chiudo la porta alle spalle.

«Ciao» dico freddamente prima di salire le scale e chiudermi in camera.

 

 

7 Giugno 2016, 4.05pm.

 

Mancano cinquantacinque minuti alla prossima seduta con il Dottor Bren, e la mia voglia di andare è inesistente. Cammino in una delle vie vicino all'edificio dove si trova il suo studio e decido di togliermi uno sfizio che mi sono tenuta dentro da troppo tempo. Varco la soglia del negozio di tatuaggi e una ragazza bionda ossigenata piena di piercing e tatuaggi mi accoglie con un sorriso.

«Benvenuta» esclama mentre mi avvicino a lei.

«Ciao, vorrei farmi un tatuaggio» i miei occhi grigi-azzurri entrano in contatto con quelli marroni della ragazza.

«Certamente, puoi accomodarti nella seconda stanza a destra e ti mando subito qualcuno» mi dice prima di scomparire dietro ad una porta socchiusa che non avevo notato. Mi volto e imbocco il corridoio per poi entrare nella stanza dettami. 
L'ambiente è esattamente come me lo aspettavo. Un lettino nero al centro della stanza con di fianco la macchina per fare i tatuaggi con i vari disinfettanti e prodotti, le pareti sono di color bordeaux in contrasto con i disegni sui fogli bianchi attaccati e infine vicino alla porta è posizionata una poltrona di pelle nera. Scrollo le spalle e mi siedo sul lettino aspettando il tatuatore. Il cellulare cominciare a suonare, lo estraggo dalla borsa e leggo il nome sul display "Josh". Sbuffo sonoramente e rifiuto la chiamata quando la porta si apre. Alzo lo sguardo dal telefono e i miei occhi entrano subito in contatto con un paio di iridi grigie che conosco anche troppo bene.

«Effy» la sua voce è sorpresa e indietreggia toccando la schiena con la porta.

«Cosa ci fai tu qui?» la mia voce di alza di un decibel.

«Ci lavoro?» chiede ironico.

«Bene» scrollo le spalle. Scendo dal lettino per appoggiare la mia borsa sulla poltrona dove poco dopo ci finisce anche la mia maglietta a maniche corte nera.

«Cosa fai?» si avvicina a me.

«Mi sono tolta la maglietta?» uso il tono utilizzato poco prima da lui.

«Per quale motivo?» sbuffo, odio quando qualcuno risponde ad una domanda con un'altra domanda e lui lo sa bene.

«Scusa» non se lo è scordato.

«Il tatuaggio lo voglio sulla schiena» spiego velocemente stendendomi sul lettino. Lo sento deglutire rumorosamente prima di sedersi sullo sgabello.

«Come stai?» mi chiede indossando dei guanti di lattice.

«Vorrei un Sakura» evito la domanda.

«Effy»

«Dal fianco destro fino a metà schiena, colorato» aggiungo.

Lo sento sbuffare «Perché?»

«Lo sai benissimo» rispondo acida.

Rimane zitto e comincia a lavorare. La mano libera appoggiata sulla mia pelle nuda mi causa brividi e ricordi per tutto il tempo. Trenta minuti più tardi dopo aver pulito, sterilizzato e aver applicato una pellicola protettiva trasparente sul tatuaggio mi porge la sua mano per farmi scendere dal lettino a causa del dolore.

«Sei talmente magra che avrai sentito tanto di quel dolore» mormora quando mi avvicino alla poltrona per indossare di nuovo la mia maglietta.

«Ho sopportato dolori ben peggiori, e lo sai» lo guardo intensamente.

«Lo so, Effy ma-»

«Devo andare» lo blocco immediatamente, non voglio sentire altre scuse o spiegazioni.

«Okay, non togliere la benda per le prossime due\tre ore. Potrai lavare il tatuaggio dopo tre ore con acqua tiepida e sapone neutro. Devi comprare "Tattoodrome Aftercare" che dovrai applicare leggermente due volte al giorno, avendo l'accortezza di lavarti sempre bene le mani. Prima della doccia applica uno strato più consistente di crema in modo da impermeabilizzare il tatuaggio.
È comunque meglio tenere il tatuaggio il più asciutto possibile. Evita per i prossimi cinque giorni sforzi fisici, palestra, corsa, che ti causerebbero sbalzi di pressione dannosi per la tenuta del colore.
Non grattare o togliere prematuramente le crosticine. Fai attenzione ad eventuali elastici, spalline o etichette degli indumenti che sfregano sulla parte tatuata. Se il tessuto dovesse attaccarsi al tatuaggio non strappare: bagna il tessuto con acqua calda e rimuovilo delicatamente. Evita assolutamente il sole o le lampade abbronzanti fino a guarigione ultimata, in seguito è preferibile applicare una protezione a schermo totale. Dopo due settimane devi tornare a farti controllare il tatuaggio» non l'ho mai sentito parlare con professionale. Deglutisco e annuisco prima di recuperare la borsa. Mi avvicino alla porta ma la sua voce mi blocca.

«Effy» non mi volto, non voglio incontrare di nuovo i suoi occhi.

«Dimmi»

«Sei ancora più bella» il suo tono è sincero.

«Grazie» mormoro aprendo la porta.

«Ciao Effy» dice con voce triste.

«Ciao Adam» mi dirigo verso la cassa e dopo aver pagato esco velocemente dallo studio. Mille emozioni, ricordi e sensazioni fanno a gara dentro di me. Guardo l'ora sul display. 4.57pm. Comincio a camminare verso l'edificio con talmente tanti pensieri che non mi accorgo che sono già davanti alla porta dello studio del dottor Bren.

«Effy» sorride, mi mette una mano dietro la schiena invitandomi ad entrare ma sussulto.

«Cos'hai fatto?» mi domanda immediatamente.

«Nulla, solo un tatuaggio» alzo le spalle dopo aver appoggiato la borsa sulla poltrona.

«Posso vederlo?» mi chiede titubante.

Non rispondo, mi limito a voltarmi di spalle ed alzare la maglietta fino alla fine del tatuaggio.

«Sakura, il ciliegio» esclama appena mi risistemo.

«Già» incrocio le braccia al petto.

«I fiori di ciliegio rappresentano la fugacità della bellezza e la morte delle persone giovani. L'hai fatto per tuo fratello vero?» si siede nella poltrona e poco dopo lo seguo mentre annuisco.

«È un bel gesto» mi sorride debolmente.

«Lo so» mi metto in una posizione comoda senza appoggiare la schiena.

«Ho incontrato Adam allo studio di tatuaggi, è stato lui a farmelo» sospiro dopo minuti di silenzio dove ho riflettuto se dirglielo o meno.

«E come è stato rivederlo?» accavalla le gambe mentre mi osserva in attesa di risposte.

«Un turbine di emozioni. Sono ancora sconvolta» abbasso lo sguardo sulle mie vans nere rovinate.

«Ne avete passate tante insieme, è normale» mi rassicura lui «Quanti anni ha ora?» chiede subito dopo.

«Ventuno, è più grande di me di due anni» sospiro mentre sento gli occhi inumidirsi.

«Lo ami ancora?» domanda diretta.

«Non lo so, non credo. Il nostro amore è sempre stato sbagliato, era un amore malato. Stavamo insieme solo perché entrambi dovevamo riempire il vuoto che avevamo dentro» alzo lo sguardo su di lui prima che un ricordo mi offuschi la mente.
 

[...] Cammino imperterrita tra i corridoi della scuola non curante delle occhiate e dei commenti sul mio conto. Essere la figlia di una modella e di un attore di fama mondiale era da sempre stato complicato: le amicizie che si rivelavano soltanto rapporti convenzionali per la scala sociale, il voler arrivare soltanto ai miei soldi o a visitare la villa di proprietà dei miei genitori a Manhattan, il prendere parte ad eventi esclusivi, conoscere persone famose e potrei andare avanti per ore intere ma il cellulare nella tasca della felpa di Adam vibra, segno di un nuovo messaggio. Lo estraggo dopo aver inserito la combinazione dell'armadietto.

Da: Adam.
Vengo io a prenderti all'uscita, dobbiamo passare un po' di tempo insieme visto che non sarai mia per questo fine settimana.

 

A: Adam.
Grazie per avermelo ricordato.

Sbuffo e premo invio. Prendo il libro di storia e sbatto l'armadietto mentre il suono della campanella irrompe nei corridoi.

Ripongo il cellulare nella felpa e mi avvio all'aula dove mi attendono le ultime due ore del venerdì: storia.

La campanella di fine giornata è un piacere per le mie orecchie. Infilo il quaderno con gli appunti e il libro evidenziato nello zaino, dove li raggiunge poco dopo l'astuccio.

Esco velocemente dall'aula, ignorando chiunque voglia cominciare una conversazione con la sottoscritta. Sorpasso l'ingresso principale e cammino spedita per il parcheggio dove noto immediatamente Adam appoggiato alla sua moto intento a fumare una sigaretta. I jeans chiari strappati sul ginocchio e la felpa nera che si intravede da sotto il giubbotto blu non rendono giustizia al suo meraviglioso corpo. Appena si accorge della mia presenza lancia lontano la sigaretta per poi avvicinarsi a me. Mi cinge con violenza la vita e si appropria delle mie labbra con avidità e passione.

«Se ti comporti così ogni volta che mia madre mi costringe a presenziare ad una delle sue sfilate, accetterò più spesso» mormoro tirandogli i suoi capelli neri.

«Non è per quello. Ma per gli sguardi dei ragazzi su di te» sbuffa allontanandosi da me.

«Sei geloso, Adam?» domando incredula.

«No» esclama immediatamente «Mi da solo fastidio che ti fissino» contrae la mascella.

«Peccato che a me non interessino minimamente» alzo le spalle sfilandogli la sua sigaretta appena accesa.

«Effy, diavolo, lo so. Ma mi infastidisce comunque» ringhia riappropriandosi della sua sigaretta.

«E ritorniamo alla gelosia» incrocio le braccia.

«Non sono geloso» afferma guardandomi duramente.

«Va bene. Allora andiamo da te o dobbiamo rimanere a dare spettacolo nel parcheggio della scuola?» mi avvicino sensualmente a lui.

«Assolutamente da me» mi risponde dopo avermi morso il labbro.

Dieci minuti dopo siamo sotto il condominio di Adam. Mentre saliamo le scale il cellulare comincia a suonare e mi costringe a staccarmi dalle labbra del ragazzo con i capelli neri.

«Che vuoi mamma?» sbuffo mentre mi scosta i capelli per incominciare a lasciarmi baci e morsi lungo il collo.

«Ti ricordi che alle otto abbiamo l'aereo, vero Effy?» mi domanda.

«Sì, ti raggiungo direttamente in aeroporto ora sono da amici. La valigia è pronta, è sul mio letto. Ciao» chiudo la chiamata e mi avvento sulle sue labbra con disperazione.

«Effy» urla Christian appena chiudiamo la porta alle nostre spalle. Mi stacco nuovamente dalle labbra di Adam per rivolgere la mia attenzione al ragazzo biondo.

«Chris» gli salto in braccio. Lui ed Adam condividono un appartamento da qualche mese visto che sono diventati entrambi maggiorenni.

«Come stai?» mi scompiglia i capelli mentre io rido.

«Tutto bene» mento spudoratamente «Tu?»

«Bene» mi lascia un bacio sulla guancia e mi rimette a terra.

«Andiamo?» mi domanda Adam abbracciandomi da dietro.

«Andiamo» rispondo ricominciando a baciarlo. Arranchiamo con fatica alla sua camera e dopo averla chiusa mi sbatte contro di essa.

«Piccola, per quanto mi piaccia vederti con la mia felpa ora come ora ti preferirei senza» sussurra contro le mie labbra mentre mi alza lentamente la felpa lasciandomi con il reggiseno nero di pizzo.

«Così non vale, se io sono senza felpa anche tu lo devi essere» gli sfilo di scatto la felpa, e mi perdo per un attimo a ripassare con le dita le linee dei suoi numerosi tatuaggi.

«Ti ho mai detto che sei così sexy quando ripassi con le tue piccole dita i miei tatuaggi?» soffia al mio orecchio.

«Me lo dici ogni volta che finiamo a letto» gli mordo il lobo dell'orecchio e poco dopo mi ritrovo sollevata da terra. La mia schiena nuda si ritrova a contatto con il muro freddo mentre le labbra di Adam sono sul mio collo.

Dopo cinque minuti di baci roventi e passionali mi ritrovo sul suo letto privata del reggiseno e dei jeans stretti. Armeggio con la sua cintura e poco dopo mi ritrovo di fronte alla sua erezione, gli calo i boxer e comincio a dargli piacere. Sorrido soddisfatta per poi alzarmi di scatto spingendolo contro il muro dopo aver incollato le nostre labbra. E' un bacio disperato, passionale, pieno di eccitazione.

«Effy» ansima sulle mie labbra.

«Dimmi» gli mordo il labbro inferiore causandogli un gemito.

«Ti voglio, ora» dice disperato. Sorrido, non mi stancherà mai vedere l'effetto che gli faccio. Mi allontano da lui facendo marcia in dietro per poi lasciarmi cadere sul letto. Adam mi raggiunge in pochissimi secondi e mi sfila gli slip di pizzo coordinati con il reggiseno che è finito sul pavimento minuti prima. Rido divertita ed eccitata mentre lui mi lascia baci in ogni parte del corpo.

Appena incrocio i suoi occhi la risata mi muore in gola. Noi due con gli occhi uguali, rossi a causa della droga e lucidi per l'eccitazione. Mi ruba un bacio veloce prima di entrare dentro me. Le spinte sono sempre più veloce e i gemiti riempono la stanza. Vengo poco prima di lui, e ringrazio la pillola anticoncezionale per permettermi di sentire Adam in tutto e per tutto. Si accascia ansimante di fianco a me sul letto e mi tira a se.

«Adam» lo richiamo con fiato ancora pesante.

«Dimmi mia piccola Effy» mi accarezza i capelli.

«Non mi lasciare anche tu» mormoro con voce spezzata.

«Non lo farei mai, sei la mia piccolina» mi bacia la fronte prima di stringermi a se, e io mi godo uno dei pochi momenti dove Adam è dolce. [...]

«Non piangere» la voce del dottor Bren mi riporta alla realtà. Lacrime salate e amare scorrono sul mio viso. Mi aveva promesso che non mi avrebbe lasciata, ma lo ha fatto.

   
 
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