“I want to love you but I better not touch
I want to hold
you, but my senses tell me to stop
I want to kiss you but I want
it too much
I want to taste you but your lips are venomous
poison
You're poison, running through my veins
You're poison
I
don't want to break these chains”
“Poison” - Alice Cooper
Quando
Laura si ritirò in camera sua quella sera, una sottile striscia
rosso cupo venava l'orizzonte a ovest, oltre le cime degli alberi che
fremevano sotto la frusta del vento e circondavano la solitaria
dimora che la giovane condivideva col padre e con pochi altri ma che,
ultimamente, era diventata anche la casa, sebbene temporanea, della
ragazza più misteriosa che avesse mai conosciuto.
Non che,
nei suoi diciannove anni, ella avesse avuto molte occasioni di
confrontarsi con altre donne che non fossero Madame Perrodon o la
signorina De Lafontaine, men che meno con le giovani della sua età;
eppure la sua poca esperienza, unita al suo istinto, le suggeriva che
Carmilla non fosse affatto una persona qualunque.
C'era
qualcosa nei suoi modi languidi, nella sua crepuscolare
bellezza, nella voce amabile e nella sua risata argentina. Qualcosa a
cui Laura non riusciva a dare un nome ma che le ispirava sensazioni
potenti, indistricabili e mai provate prima.
E
naturalmente le davano molto da pensare anche quegli strani accessi
d'ira e passione che, talvolta, imporporavano le sue gote di
porcellana e accendevano i suoi occhi di un tripudio di fiamme, come
se l'Inferno stesso prendesse ad ardere in quelle iridi di ossidiana,
ma che, così come esplodevano all'improvviso, si estinguevano con la
stessa disarmante rapidità, lasciandole un profondo senso di
disorientamento e confusione.
Se Laura
avesse dovuto descrivere l'amica paragonandola agli elementi della
natura, come spesso facevano i poeti di cui leggeva, l'avrebbe
accostata all'immagine del mare, alle volte quieto e pigro nel suo
moto ondoso e nella sua indifferenza verso le barche che scivolavano
placide sulla sua superficie, ma che, all'istante, poteva farsi
scuro, minaccioso e implacabile, tanto da inghiottire tra i flutti
ogni cosa si trovasse malauguratamente tra le sue acque tempestose.
È
incredibile quanto ciò che si teme possa esercitare un'attrazione
fatale alla quale ogni tentativo di opporsi risulta vano, come la
falena che viene inesorabilmente attirata verso la fiamma della
lanterna nelle notti estive.
Era questo
Carmilla: era il tranquillo e dondolante fluire dell'acqua che è
paziente ed erode la roccia poco a poco, ma semina indicibile
distruzione quando, con inattesa violenza, rompe gli argini; era la
leggerezza eterea e inconsistente dell'aria che, in un istante, può
farsi tornado; era uno di quei fiori dall'aspetto delicato e fragile
ma dal profumo tanto intenso da provocare le vertigini; era il fuoco
che riscalda piacevolmente le serate d'inverno e che,
inaspettatamente, morde la carne di chi è tanto incauto da
avvicinarsi troppo.
Laura
arrossì. Sapeva che certe fantasie mal si addicevano alle ragazze
per bene, ma da quando aveva incontrato quella giovane, la sua mente
sembrava spesso giocarle quel tipo di scherzi, inducendola
voluttuosamente ad indugiare sulle idee più proibite e scandalose e,
tuttavia, così dolci.
In più di
un'occasione, era arrivata a desiderare il tocco di Carmilla su di
sé, a volte tenero e carezzevole, altre duro e deciso, quasi brutale
quanto il morso di una fiera che tiene tra le zanne la sua preda che
si dibatte disperatamente.
La
spaventavano quei momenti, quando le dita e le braccia di quella
giovane, in apparenza tanto esile, si tramutavano in una fredda morsa
d'acciaio che la paralizzava e la stringeva fino a farle male; quando
i discorsi dell'amica si facevano contorti e insensati, animati da un
ardore divampante come il delirio della febbre.
E allora un
istinto primordiale si ridestava in lei. Una voce proveniente dagli
antri più reconditi del suo animo le sussurrava all'orecchio un
perentorio avvertimento, un solerte invito ad allontanarsi, a fuggire
da quella creatura dolcissima eppure pericolosa come il più letale
dei veleni che s'instilla in una piccola ferita sul collo e, senza
fretta, uccide la vittima dall'interno in una lenta e sfiancante
agonia alla quale non si può che abbandonarsi dopo aver desistito da
ogni vano intento di resistenza.