Film > The Avengers
Segui la storia  |       
Autore: Word_shaker    28/10/2015    3 recensioni
Jane Foster, dopo aver guardato il telegiornale ed aver scoperto che Thor è stato a Midgard (ma non è neanche passato a salutarla), cerca di scoprire qualcosa di più su di lui da chi è rimasto accanto a lui durante quella folle battaglia tenutasi a New York. L'unico che si sforza di raggiungere è Tony Stark, ma Jane non sa che il destino, cercando di accontentarla, le offrirà diverse occasioni di parlare con gli Avengers per sapere di più su Thor. Cercando i Vendicatori, imparerà a difendere e coltivare il suo amore, nonostante tutto.
Genere: Comico, Commedia, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Cincinnati, Ohio. 

Circa un mese dopo l’incontro con l’Agente Romanoff, Jane si recò in Ohio per partecipare ad un congresso sulla meccanica quantistica nel quale avrebbe presentato la teoria Foster, cercando di spiegarla attraverso la teoria dell’universo inflazionario di Starobinski. In pratica, avrebbe dimostrato, attraverso dei grafici, che i Nove Regni si erano formati durante l’ordinaria espansione dell’Universo e che, fino ad ora, erano sempre coesistiti armoniosamente; inoltre, avrebbe dovuto convincere il pubblico del fatto che i pianeti del Sistema Solare, con le loro rispettive orbite, non erano altro che un ramo dell’albero di Yggdrasill, e che, quindi, non sarebbero andati in collisione con i Regni perché troppo lontani per esercitare una forza di attrazione abbastanza potente da permettere qualsiasi possibile scontro. Ciò che era difficile da accettare per gli altri astronomi era il fatto che nessuno prima di Jane avesse pensato ad una parte della Via Lattea come ad un albero, e che la Terra fosse parte integrante di quest’albero di stelle. E’ risaputo che un pensiero rivoluzionario è un pensiero pericoloso, per cui si può dire nella determinazione di Jane vi fosse semplicemente il peso del progresso tipico della storia. 
Essendo arrivata a Cincinnati con tre giorni di anticipo per poter organizzare il proprio lavoro senza eventuali distrazioni - fra cui Erik e la sua pazzia - ed avendo già sistemato tutti i grafici da proiettare durante la sua lezione al congresso, il giorno prima del suo discorso decise che fermarsi in una libreria non sarebbe stata un’idea malvagia. 
Era una bella giornata di sole, ma faceva parecchio freddo. L’inverno era ormai alle porte e l’Ohio era uno Stato ventoso, quindi l’astrofisica aveva pensato bene di indossare una giacca pesante. Il vento e il freddo la facevano piegare su se stessa in modo un po’ buffo, che, aggiunto alla sua aria un po’ trasandata, per molti aspetti era davvero comico; ma lei, ovviamente, non se ne curava. 
Poiché non sapeva nulla sulla città, la donna prese un taxi e chiese al tassista di condurla alla libreria più vicina, che, fortunatamente, distava soltanto poche miglia dall’albergo in cui alloggiava.
Quando entrò in quell’edificio enorme, Jane si sentì meglio: grazie al cielo lì avevano attivato il riscaldamento!
Sciogliendosi da quella sua posizione rigida e un po’ gobbuta, cominciò a guardarsi intorno come una bambina curiosa, certa che non sarebbe uscita da quella libreria a mani vuote. Il suo entusiasmo, però, si squagliò sul pavimento non appena vide un enorme cartonato di Thor che pubblicizzava il fumetto omonimo. 
In quel momento, gli occhi dell’astrofisica diventarono lucidi, e rivederlo lì, in formato “due-dimensioni”, immobile e fiero, forse un po’ idealizzato, la portò a sussurrare con la voce rotta: «Avevi promesso che saresti tornato per me...». Probabilmente agli occhi della gente sarebbe apparsa stupida, ma quel cartonato era la cosa più vicina e simile a Thor che le si era parata davanti, e lei, senza pensare al fatto che fosse sconveniente esprimersi in questo modo davanti ad una figura di cartone, si lasciò andare. Perché Jane aveva aspettato, aspettato, aspettato ed aspettato, ma era stanca di attendere qualcosa - o meglio, qualcuno - che non sarebbe mai arrivato. Voleva delle risposte, e credere che quella trovata pubblicitaria gliele avrebbe date era confortante, in un certo senso.
«C’è sempre qualcosa che viene prima di me, vero? E’ per questo che non puoi tornare» continuò Jane asciugandosi frettolosamente una lacrima che era rimasta intrappolata fra le sue ciglia. Nonostante tutto, non voleva cedere, non voleva credere alle parole di Natasha. Malgrado la realtà fosse avversa alla sua felicità, lei continuava a sperare. Questa speranza, però, adesso faceva male, la sentiva come un grosso pugno sul naso. Era struggente non poter stare con Thor e, al tempo stesso, non poter stare senza di lui. Non faceva altro che pensarlo e rivedere il suo sorriso ovunque, e questa cosa la portava a maledirsi. 
All’improvviso, sentì un grosso dito che picchiettava dolcemente sulla sua spalla e, lentamente, si voltò.
«Signorina, si sente bene?» domandò un uomo dal viso grande e gentile.
«Sì, ho avuto solo un attimo di... E’ un periodo difficile» borbottò l’astrofisica sentendo un enorme groppo alla gola. 
«Sa, vedendola parlare con un cartonato la gente potrebbe prenderla per pazza... Ed io di pazzia ne so qualcosa» ammise lui quasi commiserandosi. 
«Lei è...?» chiese lei con un piccolo sorriso, confortata dalla sua inaspettata empatia. Purtroppo, non fece in tempo a terminare la sua domanda che lui rispose: «Hulk? Sì, sono proprio io». Lui sorrideva, ma il suo sorriso aveva la piega triste di chi si disprezza.  
«Stavo per dire Bruce Banner, l’esperto di biochimica e genetica, ma posso chiamarla come preferisce» confessò Jane con la fronte aggrottata, leggermente perplessa. 
«Quindi per lei io non sono il mostro che ha improvvisi attacchi d’ira e distrugge palazzi?» fece il dottor Banner, ricolmo di scetticismo.  
«Per me lei è il brillante dottor Banner. I suoi progressi in ogni campo della scienza sono notevoli a prescindere dal suo incidente con i raggi gamma. Da scienziata, non mi focalizzo tanto sulla sfera privata, quanto sull’operato. E’ l’operato ciò che conta davvero» disse con tranquillità, cercando di scacciare la tristezza con la conversazione intavolata con Bruce.
«In poche parole, non le interesserebbe se io scatenassi l’altro adesso?». La sua curiosità aveva una nota morbosa ed affrettata che metteva i brividi; sembrava quasi avere l’intenzione di trasformarsi davanti a tutti e di reprimere quella calma e gentilezza apparenti per dimostrare che anche Jane, contrariamente a quanto aveva affermato, lo vedeva come un mostro da ripudiare. Ma a che scopo? Perché la stava riempendo di domande? Che cercasse solo qualcuno con cui parlare? Purtroppo, lei non era “la prima della classe” quando si trattava di capire l’animo umano, quindi si stupì della sua reazione.
«Certo che sì, ma non mi affascinerebbe quanto i passi da gigante che ha fatto nel campo della chimica. E’ grazie ai suoi esperimenti che la teoria Foster sta procedendo così speditamente!».
«Un momento: lei è...?» la interrogò Banner, stavolta con un’espressione stupita.
«Jane Foster, astrofisica, nonché fidanzata di Thor» concluse lei indicando il cartonato del Dio del Tuono con un pollice.
«Io la ammiro moltissimo! Tutto torna: ecco perché stava sussurrando qualcosa al cartonato...» dedusse lui con le sopracciglia corrugate ed il mento stretto fra pollice ed indice, gli occhi fissi su quella pubblicità piena di colori. «Non gli somiglia molto» sentenziò dopo un po’.
«Già,» fece Jane con un piccolo sospiro «nel frattempo, è la cosa più simile a lui che abbia potuto vedere da un anno e mezzo a questa parte».
«Se può consolarla, l’ho pestato un paio di volte...» confessò Bruce con un sorriso divertito e, vedendola assumere un’espressione a metà fra la rabbia e la preoccupazione, aggiunse: «...Non si preoccupi: Thor sta bene! Ha la pelle dura. La teoria Foster serve a cercarlo, vero?».
«Sostanzialmente» rispose l’astrofisica annuendo. 
«Se vuole un consiglio, stia lontana dal Tesseract e dalle armi asgardiane, se non vuole essere la protagonista di una teoria che porterà i vari Regni alla guerra. La Terra non si è ancora ripresa dalla strage di New York». Stavolta Banner si era fatto serio, e sulla sua fronte era comparsa una ruga che suggeriva un omesso: «So che cosa vuol dire avere a che fare con quelle armi».                 
 «Non ho intenzione di scatenare nulla di tutto ciò, tanto meno voglio utilizzare le armi asgardiane!» esclamò Jane in tutta sincerità, promettendo a se stessa di seguire il suo consiglio; dopo un attimo di silenzio, gli domandò: «Che cosa pensa di Thor?».
Involontariamente, lui sollevò lo sguardo verso la rampa di scale che portava al piano superiore e scrollò le spalle prima di guardarla negli occhi. «Thor? E’ determinato, combattivo e fedele. Certo, è testardo, ma dopo tutto è un buon compagno». Mentre pronunciava  «buon compagno» il suo sguardo assunse una sfumatura più eloquente, alla quale Jane reagì abbassando lo sguardo e sorridendo. 
«Non si preoccupi: prima o poi tornerà. E se proprio vuole parlare con lui, non lo faccia tramite i cartonati pubblicitari!» le consigliò, stavolta divertito.
Chissà perché nessuno capiva quale fosse il problema? Il problema era proprio quello: ogni Vendicatore che aveva incrociato aveva parlato molto bene di Thor, l’aveva considerato una persona che manteneva le promesse, un compagno fedele, qualcuno su cui contare, ma dov’era? Dov’era per la persona che avrebbe dovuto essere per lui la più importante di tutti?
«Lo farò. Anche lei domani parteciperà al congresso sulla meccanica quantistica che si terrà sulla strada principale?». Anche se fra i due, durante il dialogo, era rimasto un distacco cordiale, Jane sorrise, sperando che rispondesse sì. Le avrebbe fatto piacere vederlo, in fondo.
«Sì, ma come ospite» tagliò corto lui con modestia.
«Allora potremmo incontrarci lì. E’ stato un piacere conoscerla, dottor Banner» fece lei tendendogli la mano.
Stringendole la mano, Bruce ripose: «Il piacere è stato mio, signorina Foster. Spero di rivederla domani». 
Entrambi andarono per la loro strada: lui uscì dalla libreria e lei rimase a guardare quelle galassie di tomi colorati che piovevano sulla sua testa.
Dopo un’ora passata lì dentro, si presentò alla cassa con tre articoli: Il grande disegno di Stephen Hawking per sé, Night Visions  (il disco degli Imagine Dragons) per Darcy, che era rimasta a casa con Erik, e un carillon ricco di aneddoti simpatici per Erik (che in quel periodo aveva una fissa inspiegabile per quegli oggettini); dopo aver pagato, uscì e prese il taxi di corsa, temendo di potersi raggrinzire al freddo.

Seduta nel taxi, osservando la copertina del trattato di Hawking e pensando al congresso dell’indomani, pensò: “Ma che diavolo sto facendo?”.  
Come le era venuto in mente di parlare con quel cartonato, di intraprendere quella conversazione con quell’uomo, di andare a cercare Tony Stark per avere dei chiarimenti? Perché aveva sperato grazie alle parole degli altri, perché aveva lasciato che il suo cuore fosse alimentato dai loro consigli? Era in questo modo che i rapporti andavano in cancrena, era per colpa dell’intromissione di terzi che la gente si lasciava.
La teoria Foster era il suo modo per cercare Thor, e Jane avrebbe dato importanza, d’ora in poi, soltanto alle proprie scoperte, a quello che lei poteva vedere con i suoi occhi; perlomeno, così facendo, avrebbe ridotto le illusioni. E quello che vedeva con i suoi occhi era questo: dopo tanti calcoli, tante notti insonni passate davanti ai laptop e ai telescopi, Thor era ancora lontano. 
Ma i Vendicatori non li ho cercati io”, disse fra sé e sé, e qui aveva ragione; però aveva messo le loro parole su un piedistallo e le aveva prese per oro colato, e in questo aveva peccato.    
Con gli occhi chiusi, ripensò a quel bacio che si erano scambiati prima che lui andasse via.
«Tornerò. Per te».
 Quelle parole rimbombarono nella sua testa ancora una volta, più forte di prima.
Quelle parole le aveva sentite con le sue orecchie, le aveva gustate nel sonno e le aveva sempre percepite come una felice sentenza.
Da quel momento in poi, per Jane, il significato di quella frase sarebbe cambiato: se prima quella era una frase ricoperta di sentimenti, adesso era scienza, e sarebbe stata la sua arringa contro chiunque, anche contro i suoi dubbi e le sue eccessive cure.
Magari i fatti non contribuivano a mantenere viva la speranza, ma Jane non poteva arrendersi del tutto. Non adesso.




Nota dell'autrice
Ho pubblicato il capitolo con due giorni d'anticipo perché - grazie al cielo! - ero ispirata.
Volevo chiarire un paio di cose: 
1. A tutti i supporters della mia Jay: non temete, incontrerà Penrose e (piccola anticipazione) anche Hawking. Tutti mi hanno fatto delle domande riguardo a Penrose, quindi voglio rendere giustizia a questo pilastro della fisica e alla passione di questa favolosa scienziata.
2. Mi hanno fatto notare che Jane spesso ha un po' troppa "confidenza" con il prossimo. Il ragionamento, per quanto riguarda questo punto, è molto semplice: le danno del lei? Jane dà del lei. Le danno del tu? Jane dà del tu. In questo capitolo ho evidenziato proprio questo.
3. Spero di aver caratterizzato Banner come si deve perché avevo un mare di dubbi!
Ci leggiamo presto! Grazie per la pazienza e per la sopportazione.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: Word_shaker