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Autore: Sashy    22/02/2009    3 recensioni
Una bambina nera di dieci anni, Caitlin, scrive una lettera ad un razzista, Wilhelm Russell, ad uno scopo preciso.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vi consiglio di leggere questa fic ascoltando "Mi fido di Te", di Jovanotti. Se non riuscite a concentrarvi, non fa niente, d'altronde decidete voi come leggerla XD
Spero vi piaccia ^^

Letter to a racist.

For Wilhelm Russell,
London, December 10th, 1994.


Caro Signor Wilhelm,
mi chiamo Caitlin e ho dieci anni. Vivo in una piccola periferia di Londra, insieme a mia madre. Sono molto felice di avere una casa. Ho sempre sognato di dormirci, proprio come mamma: lei però dice che quelle come me non dovrebbero neanche avere il diritto di dormire in una casa, perché sono come una pazza: un pericolo pubblico, che fa tanta paura. Mi permette di entrare nella casa solo per prendere gli oggetti che mi servono per studiare, per il resto della giornata però resto sotto casa, ad aspettare con ansia le sei del pomeriggio, quando lei mi porta il mio unico pasto della giornata: un bel piatto di riso in bianco e una mela. Sono molto felice di ricevere il cibo da lei, perché è l'unico momento della giornata in cui mi da il cibo e se ne va! Senza dirmi niente!
Caro Singnor Wilhelm, mio padre non l'ho mai conosciuto. So che mamma non lo voleva come papà, infatti dice tante volte che sono nata dopo uno stupro. Io non so cosa è uno stupro, ma ho capito che per colpa di questo io non sono la vera figlia di mia mamma, e che lei ha avuto tanta paura di questo stupro. Mamma dice che papà aveva la pelle come la mia, nera: Signor Wilhelm, non lo dica a mia mamma, ma io la mia pelle la vedo marrone, non nera!
Caro Signor Wilhelm, mamma dice che la mia pelle è macchiata dal peccato. Ho provato tante volte a lavare la mia pelle, sa? Però non diventa rosa come quella di mia mamma, anche dopo essermi messa nella lavatrice insieme a tutti i vestiti rosa che mamma lava.
Caro Signor Wilhelm, i miei compagni sono troppo buoni con me: non mi picchiano, non mi urlano in faccia, non mi fanno i dispetti, non mi insultano: non fanno come mamma. Probabilmente sono così sporca che a loro faccio pietà. Oppure hanno paura di me. Anche la mia maestra è troppo buona: dice che sono normale, bella e intelligente. Forse lei ha paura che io la stupri come papà con mamma?
Caro Signor Wilhelm, a volte anche delle altre persone si comportano come mamma. Mi chiamano "sporca negra" e mi guardano. Mi guardano perché sono sporca, perché le macchie non si lavano col sapone!
Una volta provai a chiedere a mamma se esisteva un modo per essere perdonati da Dio e riuscire a lavarsi. Lei mi ha detto che per una come me non è possibile. Il giorno dopo ho insultato la maestra di religione perché mi aveva detto una bugia. Mi pentii molto di quel giorno: per punizione mamma non mi portò il cibo, al contrario di tutti gli altri giorni.

Caro Signor Wilhelm. Mamma mi dice tante, ma tante volte che io devo morire e finire all'inferno, dove ci sta anche papà e ogni donna della mia pelle, perché io non merito di andare nel cielo blu.
Ero preoccupata, ma ora è tutto a posto: ora so che regalo fare alla mamma per il suo compleanno!
Ho saputo che lei è un razzista, e che può accontentare le mie richieste. Le volevo semplicemente chiedergli di farmi morire e, possibilmente, di mandarmi all'inferno. Lì troverò papà, e potrò finalmente raccontare a qualcuno di come sono stata grata di aver vissuto in un mondo di cui io ero tanto indegna. Potrò raccontare di quanto mi vergognavo di aver voluto dormire con la mamma in casa, di andare in giro per i negozi a comprare vestiti come le mie compagne fanno con le loro mamme, di avere magari anche un po' di riso in più per aver fatto qualche azione buona, di diventare di pelle rosa. All'inferno posso dire tante cose che io qui non mi sogno neanche di dire. Ma siamo pazzi?!

Vicino a questa lettera c'è un foglietto con il mio indirizzo. La prego, dopo avermi fatto morire, mi porti dalla mamma e le dica che spero di averle fatto una bella sopresa. Non le dica però che io le voglio bene. Lei si arrabbia e mi caccia via quando glielo dico. La prego tanto di tenere segrete tutte queste parole, perché io non voglio che mamma si vergogni di me. Perché io voglio molto bene alla mamma.

Saluti,
Caitlin.
  
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