Sembra così distante, proprio come lo è l'antica Roma dorata, quella dei cesari – la Roma di Cesare Borgia, il Valentino.
Cesare, che prendeva e dava alla stessa maniera. Con cuore innamorato, o adirato. Come Nostro Signore concede la vita e la morte. Aveva costruito così tante cose, Cesare, e ne aveva distrutte molte altre.
Per lui ogni amore era una guerra ed ogni guerra una schermaglia amorosa – da cui usciva sempre vincitore.
Ricorda le parole del loro caro amico, il servo più fedele dei Borgia. Le aveva ascoltate, con le labbra serrate e gli occhi lucidi; la pelle del viso e del collo tutta arrossata, per lo sforzo di non piangere.
Riesce ad immaginarlo accanto a sé, quel suo fratello, come se fosse sdraiato sul letto, insieme a lei. Lo vede, adagiato su un manto di foglie cadute, bello come Cristo deposto – non importa che Agapito le abbia detto cosa hanno fatto al suo viso, come lo abbiano reso irriconoscibile.
Può sentire il rumore delle pioggia, nelle orecchie. Odora il profumo bagnato della terra.
Lo osserva, così vicino, con gli occhi ancora lucidi – vorrebbe toccare le sue mani piene di sangue, i suoi capelli sporchi di fango.
"Cesare."
Insieme avevano creato.
Ma tanti erano i rimpianti per tutto ciò che non avevano fatto – un mostro mai dato al mondo[3]; una storia solo sfiorata, mai afferrata.
Sospira per la loro passione perduta. Per il loro amore.
Unico e bellissimo e grottesco[4].
Non piange, Lucrezia degna sorella di Cesare, ma si circonda di nero. Perché suo fratello è morto ed è come se fosse scomparso per sempre il sole.
Note:
[2] Citazione, appena adattata, da Il gladiatore.
[3] Il figlio mai concepito da Lucrezia e Cesare, in riferimento alla frase da questi pronunciata durante la quinta puntata della seconda serie, quando, geloso del bambino di Perotto e della sorella, si compiace con lei per non esser andati insieme a letto ed aver così messo al mondo un mostro.
[4] Così Cesare, nel testamento lasciato a Lucrezia, definisce il sentimento che li unisce.