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Autore: Rosalie97    29/10/2015    1 recensioni
Dalla OS:
“Di cosa parla?”
“Oh…” la donna prese il libro tra le mani e tirò fuori da sotto la maglia una collana a cui era appesa una chiave. Con grande sorpresa della nipote, la accostò al lucchetto ed aprì il tomo antico, di cui iniziò a girare le pagine. Erano ingiallite, macchie arancioni e marroni segnavano la carta su cui spiccavano bellissimi disegni. “Ho sempre tenuto la chiave con me, nella speranza di ritrovarlo, un giorno.”
“Ma… dove sono le parole?”
“La storia che racconta non è scritta, è disegnata.”
“Oh…”
“Te la racconterò, se vorrai.”
“Certo, non aspetto altro!”
“E va bene, ma preparati, perché questa storia è intensa, parla di una giovane ragazza la cui vita è stata stroncata troppo presto, parla di tristezza, perdita e vendetta. Ma parla anche di amore incondizionato, soprattutto di amore.”
Genere: Malinconico, Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo Personaggio, Sorpresa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Ispirata ad Hanging Tree della band Blackmore's Night



Hanging Tree

 
 
La soffitta puzzava di vecchio, la polvere ricopriva ogni cosa come un manto, così come la neve ricopriva il giardino d’inverno. Dalle finestrelle poste appena sotto il soffitto entrava la lieve luce del giorno, i raggi solari che rendevano meno spaventoso quel luogo pieno di scatoloni. La ragazza non sapeva bene cosa stesse cercando, era salita lì con l’intento di trovare qualcosa che potesse usare per il mercatino dell’usato indetto dal liceo che frequentava e che si sarebbe tenuto quel sabato. Mancavano solamente due giorni, e lei non aveva trovato ancora nulla.
Inutile dire fosse in crisi come non mai.
“Dannazione, possibile che non trovo niente?!” era un’ora che cercava, e tutto ciò che aveva trovato in quegli scatoloni mezzi marci non era altro che bicchieri di vetro e vasi di ceramica – la cui maggior parte era in frantumi – e vecchi quaderni e diari appartenuti probabilmente a sua madre.
In ginocchio, strisciò fino alle scatole che stavano proprio sotto le finestrelle e cominciò a indagare, ripetendo ciò che stava facendo ormai da sessanta minuti passati.
Continuò a cercare per dieci minuti buoni, per poi lanciare via la scatola con rabbia. Era frustrata, non c’era nulla che potesse servirle per il mercatino. Era sul punto di voltarsi ed andarsene, per andare a farsi una doccia e togliersi di dosso tutta quella polvere, quando un oggetto attirò la sua attenzione. Nemmeno lei seppe bene come fece ad accorgersene, era semplicemente un piccolo ammasso nero che spiccava tra le ombre ai piedi della parete.
“Ma che cavolo…” commentò tra sé e sé, allungandosi verso l’oggetto. Lo afferrò e lo tirò verso di sé, sorprendendosi di quanto fosse grande e del suo peso. Il telo di stoffa ruvida che lo copriva cadde ed un grande quaderno dalla copertina nera e morbida si mostrò alla luce del sole. Al centro era intagliato un quadrato, dentro al quale c’era un rombo, che a sua volta conteneva un cerchio. Proprio nel mezzo del cerchio c’era un fiore, una primula disegnata elegantemente.
“Wow…” sussurrò passando una mano sulla copertina. Cos’era quel libro?
Senza attendere altro, si affrettò ad aprirlo, spalancando le labbra quando scoprì che un lucchetto lo chiudeva. “Dannazione.” Si alzò in piedi di scatto e corse verso le scale con affanno, per scendere e raggiungere la nonna che sedeva in salotto a cucire.
“Nonna!” urlò la ragazza entrando nella stanza, facendo alzare di scatto la testa alla povera vecchia.
“Tesoro, ma cosa…”
La giovane le corse incontro, sedendosi su una delle sedie poste al tavolo rotondo che si trovava al centro della sala. “Cos’è questo libro?” Vide l’anziana spalancare gli occhi, cosa che la lasciò senza parole.
“Dove lo hai trovato?”
“Era in soffitta, sotto un telo. Cos’è?”
“Oh, mia cara, questo libro apparteneva a mia madre… Da quanto non lo vedevo! Mi leggeva la storia che questo volume racconta ogni sera prima che andassi a dormire. Non me ne stancavo mai, anche se è molto triste.”
“Di cosa parla?” la ragazza aveva pensato che avrebbe potuto vendere quel libro, al mercatino, ma adesso che la nonna le aveva detto che quel volume era appartenuto alla propria madre, aveva completamente cambiato idea. E ne era estremamente incuriosita.
“Oh…” la donna prese il libro tra le mani e tirò fuori da sotto la maglia una collana a cui era appesa una chiave. Con grande sorpresa della nipote, la accostò al lucchetto ed aprì il tomo antico, di cui iniziò a girare le pagine. Erano ingiallite, macchie arancioni e marroni segnavano la carta su cui spiccavano bellissimi disegni. “Ho sempre tenuto la chiave con me, nella speranza di ritrovarlo, un giorno.”
“Ma… dove sono le parole?”
“La storia che racconta non è scritta, è disegnata.”
“Oh…”
“Te la racconterò, se vorrai.”
“Certo, non aspetto altro!”
“E va bene, ma preparati, perché questa storia è intensa, parla di una giovane ragazza la cui vita è stata stroncata troppo presto, parla di tristezza, perdita e vendetta. Ma parla anche di amore incondizionato, soprattutto di amore.” Dopo una pausa, la vecchia iniziò il racconto, usando lo stesso tono della madre quando, ventenni e ventenni prima, le aveva raccontato per la prima volta quella storia.
 
 
“È un tempo lontano, quello in cui si svolge questa storia, un tempo meraviglioso ed orribile, un tempo che ancora oggi fa parte della realtà, che viene descritto nei libri fantasy, in quelli storici, che viene illustrato dagli insegnanti nelle scuole. Il nostro racconto non ha un anno preciso, si sa solo che precede l’anno Mille d.C., e che la protagonista è una ragazza dai lunghi capelli biondi e dalla pelle bianca come la neve. Si dice che i suoi occhi, azzurri come il cielo d’estate ed intensi come il mare in tempesta, potessero leggerti l’anima ed ogni tuo più oscuro segreto, che solo guardarli piangere potesse farti cadere nella trappola dell’amore. Questa giovane donna si chiamava Dawn, perché era splendente e unica, attesa come l’alba dopo una lunga e fredda notte. Al tempo di questo racconto aveva appena compiuto diciannove anni, orfana di entrambi i genitori, viveva in una casetta sul limitare del bosco, ancora entro i confini del più vicino villaggio. Abitava in quella dimora con un ragazzo, l’amore della sua vita, che aveva conosciuto un anno prima.
Si vociferava, nel villaggio, che questa ragazza fosse dotata di straordinari poteri, che potesse vedere l’aura delle persone, capire da essa se chi aveva davanti era mosso da istinti buoni o cattivi, e si diceva che avesse delle capacità incredibili. Poteva parlare con gli animali, quando invocava i venti loro rispondevano, e quando piangeva gli elementi aria ed acqua intervenivano per cancellare quei segni di tristezza dal suo bellissimo volto. Poteva vedere il futuro e percepire cose che altri ignoravano. È per questo che molti, gente malvagia e spregevole, la ricattavano. In tanti volevano controllare le sue capacità, usarle per rubare, uccidere, venire in possesso del potere e della ricchezza. Ma Dawn non voleva, lei aveva un animo buono, il suo cuore si spezzava ogni volta che la costringevano a commettere qualche atto spregevole. Nemmeno Scott, il suo ragazzo, poteva mai farci nulla.
Ma arrivò il giorno che lei, stanca di questo andazzo, si impuntò contro quella gente. Iniziò a rifiutarsi di fare ciò che loro le ordinavano, cacciandoli via. Purtroppo, come già detto, quelle persone erano tutto tranne che buone, e si infuriarono per via della sua resistenza.
E così, un tiepido giorno d’aprile, una folla vendicativa raggiunse la casa di Dawn e la rapì. La portarono al centro del bosco, dove cresceva un alto albero dalla larga e ruvida corteccia, e lì, mentre Scott si dibatteva tra la salda stretta di quegli aguzzini, la impiccarono. Non le diedero nemmeno la chance di parlare, la uccisero subito. Tante lacrime scesero dai bellissimi occhi di lei, così come da quelli del giovane uomo che lei amava più della propria stessa vita, perché lui non poté fare nulla per impedire all’anima di lei di volare verso il cielo.
Passò qualche tempo, da allora, tempo in cui Scott fece di tutto per vendicare la morte della sua amata, con scarsi risultati, fino a che giunse il giorno in cui, disperato e senza ragione di vivere, si impiccò a sua volta, per raggiungere Dawn e tornare in pace.
La storia dei due passò di bocca in bocca, di villaggio in villaggio, di corte in corte. Fu cantata, scritta, dipinta, divenne immortale.
Ora, si dice che quell’albero, di cui la posizione è sconosciuta, esista ancora, che si trovi da qualche parte nell’Europa del nord-ovest. Per secoli il nome di Dawn fu ricordato, vincolato a quello di quell’arbusto, denominato, con macabra ironia, Hanging Tree. Probabilmente, al giorno d’oggi, i bambini giocano ai piedi di quell’albero, ignari della storia che ad esso è legata, e tra i suoi rami, creature creano il proprio nido. Pensandoci, è come se quella giovane fosse divenuta immortale, ancora adesso la sua leggenda rimane, tramandata da madre in figlia. Ed è triste pensare che forse, l’anima di quella povera ragazza è ancora avvinghiata a quell’albero, e che Scott si è tolto la vita inutilmente, sperando di raggiungerla, ignaro che forse non l’avrebbe mai più rivista.”
Non appena la vecchia ebbe finito di raccontare, il silenzio calò. Zoey osservava la nonna con sguardo accigliato, era la storia più triste che avesse mai sentito. “Oh mio Dio… ma è tristissima!”
“Ti ho avvertito. È molto triste.”
“Come ha ottenuto questo libro, la bisnonna?”
La donna sospirò, “Quando glielo ho chiesto ha risposto in un modo talmente tranquillo che sono rimasta sconvolta per una settimana. Me lo ricordo ancora oggi.”
“Cioè?”
“Ha detto che questo libro è sempre appartenuto alla nostra famiglia, che è stato creato tantissimo tempo fa.” Fece una pausa, “E ha detto che questo è il volume originale della storia, creato per la sorella di Dawn.”
“Dawn aveva una sorella?”
“Sì, ma non erano mai state in buoni rapporti.”
“E la bisnonna come faceva a saperlo?”
“Gliel’ha detto sua madre” scosse le spalle la donna. “Così come la madre di sua madre lo ha detto a lei.”
“Quindi…”
“Sosteneva che noi fossimo le discendenti della sorella di Dawn.”
“Ma è…”
“Incredibile?”
“Sì!”
“Beh, Zoey, la nostra famiglia è originaria dell’Inghilterra, non dimenticarlo, e questo libro, a quanto mi hanno sempre detto, è sempre appartenuto alla sorella di Dawn e alla sua famiglia.”
“Ma è impossibile! Cioè… questo  vorrebbe dire che la storia è vera!”
“E tu non credi possa esserlo?”
Lo sguardo che la donna rivolse alla giovane la lasciò spiazzata. “Io… boh, non lo so…”
“Oh su, mia cara, nella vita ci vuole sempre un po’ di fantasia.”
“Tu credi sia vera?”
“Io sì, ne sono convinta” la donna sorrise, poggiò il volume sul tavolo e dopo aver carezzato un ginocchio della nipote si alzò con l’aiuto del bastone da passeggio. “Non so te ma io ho una gran voglia di un po’ di tè caldo.”
Zoey osservò la nonna dirigersi alla cucina. Lanciò uno sguardo al volume aperto che se ne stava poggiato solitario sopra il tavolo, quello che raccontava una storia così triste ma intensa. Non sapeva se crederci o meno, ma l’anziana aveva ragione, un po’ di fantasia ci va sempre, nella vita.
Con un lieve sorriso scattò in piedi e raggiunse la donna, “Aspetta, ti aiuto io, nonna Solene.” Non si era accorta che, all’ultima pagina del libro, in basso, sull’angolo destro, c’era scritta una frase, con una calligrafia corsiva e delicata: “A te, Solene, che l’anima di tua sorella riposi per sempre in pace.”
  
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