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Autore: scarlett_midori    30/10/2015    0 recensioni
Catarina Loss.
Semplicemente il nome per farci pensare alla sua bontà e al suo amore incondizionato donato agli altri.
Ma cosa accadrebbe, se Catarina riscoprisse il vero e doloroso Amore?
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Catarina Loss, Magnus Bane, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo aveva lasciato riposare sul letto tutta la notte e lo aveva controllato quasi ogni ora. Alla fine, verso quattro si era addormentata sullo scomodo divano del salotto; tempo prima, avrebbe dovuto accettare l'offerta di Magnus di cambiare quell'odioso divano, magari ora non avrebbe sentito la schiena andare a pezzi. 
Preferiva, comunque, che fosse la sua schiena ad andare a pezzi, invece che Matthew. Se non lo avesse trovato, chissà cosa gli sarebbe capitato. Chissà in quale luogo si sarebbe trovato svenuto. 
Alle sei e trenta la sveglia era suonata e Catarina si trovò ad avere un gran mal di testa. Ma, nonostante il dolore, preparò la colazione a Matthew e andò a controllare che si sentisse bene. 
Dopo aver spinto la porta con un piccolo calcio, quasi non fece cadere il vassoio a terra alla vista dell'uomo seminudo, a pochi metri da lei. 
«Sc-scusa» sussurrò, dopo aver poggiato le spalle al muro del piccolo corridoio. 
«Scusami tu, invece.»
Si rivestì velocemente e si affacciò alla porta, leggermente rosso in viso, ma sorridente. 
«Ti senti meglio, noto con piacere.» 
La Stregona allungò il vassoio con la colazione tra le mani di Matthew e solo in quel momento si accorse di quanto l'uomo fosse più alto di lei. 
«Mangia con calma, poi ti riaccompagnerò in ospedale...»
«No.» Il tono di voce dell'altro era perentorio.
«Ma perché? Hai bisogno di cure. E poi, perché eri fuori, ieri sera?»
Catarina respirò profondamente, leggermente rossa in volto.
«Io...» cominciò l'uomo, «non mi andava più di restare.»
La Stregona annuì lentamente, perché lo capiva, in quanto cosciente del suo dolore umano, ma non poteva comprenderlo in quanto medico. 
E precisamente perché? 
Non avrebbe potuto fare un'eccezione per quell'uomo dagli incredibili occhi verdi? 
No, non sarebbe stato professionale. 
«I tuoi parenti saranno preoccupati» sussurrò l'infermiera. 
«Catarina» la chiamò l'uomo, per la prima volta pronunciando unicamente il suo nome «hai mai visto qualcuno al mio capezzale?»
La donna non poté far altro che annuire nuovamente, fin troppo imbarazzata. 
Matthew aveva ragione: nessuno era mai stato lì al suo fianco, nessuno aveva mai domandato a medici o infermiere delle condizioni dell'uomo. 
Perché la Stregona non l'aveva notato prima, allora?
Si sentì, ancora una volta, incredibilmente impotente. 
Fu a quel punto che il suo essere professionale e impeccabile cadde a pezzi. 
«Non voglio tornare in ospedale, tornerò a casa mia. Grazie per la colazione e... l'ospitalità.»
«Matthew, per favore. Hai bisogno di cure, non puoi andare via.» 
«No.»
La figura esile e pallida dell'uomo si allontanò dalla camera, diretta verso la porta principale. 
«Matthew, aspetta... Potresti»
Non ci poteva credere, non poteva credere che davvero stava per dirlo! 
«Puoi restare qui, in questo modo posso controllarti. Cioè, posso controllare la tua salute...»
"Almeno per in tempo che ti rimane" pensò, ma fortunatamente non lo disse.
L'altro la guardò negli occhi e per un attimo la Stregona credette di aver lasciato la sua pelle azzurra. 
«Va bene» accettò l'uomo, improvvisamente più pallido di prima. 
Catarina sorrise dolcemente e gli prese la mano, portandolo di nuovo verso la camera. 
Era tutto così sbagliato e giusto allo stesso tempo, era tutto semplicemente confuso, ma tutta quella situazione le procurava una bella sensazione alla bocca dello stomaco. 

*~*~*

«Libera! Libera!»
«Che cosa gli è accaduto?»
«Una sparatoria in pieno centro: due proiettili lo hanno colpito allo stomaco, uno alla gamba.» 
«Veloce! Dobbiamo intervenire prima che l'emorragia interna peggiori.»
«Chiamate il dottor Cooper.»
«Ci aspetta già in sala operatoria.»

Però, forse, gli infermieri non erano stati abbastanza veloci; oppure il paziente era stato soccorso troppo tardi; oppure due pallottole calibro 25 nello stomaco erano troppo. 
Erano troppo anche per Catarina, che, dopo aver dichiarato il decesso dell'uomo alle ore venti e trentadue, era tornata verso lo spogliatoio delle infermiere. 
Eppure era abituata a tutto quello. I mondani morivano tutti i giorni e così facilmente.
Perivano lentamente, o troppo velocemente e, alla fine, nulla poteva salvarli. 
A volte, neanche Catarina poteva. Durante gli interventi e i soccorsi medici era circondata da persone, come poteva mettere in atto le sue doti curative tra tanti testimoni?
"Non è colpa tua" si ripeteva, ma non ci credeva mai fino in fondo. 
«Hai saputo cosa è accaduto oggi in reparto?»
La voce di Jane riscosse la Stregona dai propri pensieri. 
«Di cosa stai parlando?»
«Matthew Simmons è andato via l'altro l'altro giorno e...»
Catarina si aspettò quasi che la collega le dicesse: "ehi, sappiamo che è da te", ma in verità si limitò ad aggiungere: «...e oggi una sua parente è venuta qui. Quando le abbiamo spiegato che Simmons era andato via, poiché era liberissimo di farlo, ha cominciato ad urlare e ad insultare. 
Il dottor Smith è fortunatamente intervenuto.»
«Chi era questa donna?» 
«Ha dichiarato di essere sua moglie.»

Quindi Matthew una famiglia l'aveva, probabilmente aveva anche dei figli, sorelle, fratelli, genitori. Ed una moglie. 
Catarina provò una strana fitta al cuore, ma non ci fece caso. Sapeva solo che il suo umore era davvero tetro, quella sera. 
«Ciao!»
Una voce la sorprese alle spalle e Catarina si girò velocemente, trovandosi la faccia schiacciata contro il petto di Magnus.
«Profumi di sandalo» sussurrò all'amico, che le poggiò una mano sulla testa e la tenne stretta a sé, ma solo per poco.
«Allora» esordì lo Stregone, decisamente troppo allegro, ma Catarina gli sorrise dolcemente, come sempre.
«Allora?»
«Come è andata a lavoro, oggi?» Magnus la prese a braccetto: il suo lungo cappotto viola stonava accanto al semplice giubbotto giallo dell'amica. 
«Solito» sussurrò semplicemente. 
«E tu come stai?» 
«Indaffarato. Ti dico solo che ho ancora un Cacciatore tra le mie lenzuola» le sussurrò Magnus. 
"Che coincidenza, anche io ho un paziente tra le mie lenzuola" pensò Catarina e ridacchiò, nonostante la situazione generale. 
Le faceva sempre bene stare in compagnia di Magnus. 
«Mi accompagni fino a casa oppure torni... tra le tue lenzuola?»
«È un quartiere pericoloso questo, ti accompagno fin casa. Poi salgo e sorseggiamo un bel bicchiere di vi-»
«No!» esclamò improvvisamente l'amica e si ritrovò addosso lo sguardo incuriosito e sospettoso dell'altro. 
«E perché no? Dai, per questa sera non mi lamenterò del tuo divano orrendo.»
Catarina si bloccò davanti a Magnus e gli poggiò le mani sul volto (più tardi si sarebbe accorta di avere le dita sporche di brillantini) e lo guardò negli occhi felini ed intelligenti. Gli diede un bacio sulla guancia e si allontanò in direzione di casa sua, l'amico non la seguì. 
«Sono stanca morta, torna da Alec, per stasera. A presto.»
Si sentì cattiva a lasciarlo lì, da solo e senza una vera spiegazione, ma doveva tornare a casa per occuparsi di Matt e per parlargli. 

*~*~*

La sorpresa più grande fu trovare la cena in tavola, la casa ordinata ed una luce soffusa che rendeva l'atmosfera davvero rilassante. 
Catarina, per un lunghissimo e spaventoso minuto, si domandò se tutto quello fosse opera di Magnus e lei, invece, lo aveva lasciato solo e confuso.
Tutto fu più chiaro quando Matthew apparve dalla porta della camera con in mano una bottiglia di vino ed un sorriso sul volto. 
Era pallido e faticava a camminare, ma riusciva ancora a mantenere una posizione stabile. 
«Per ringraziarti di tutto.»
Purtroppo, il suo spirito caritatevole la tradì ancora una volta e non poté fare altro che avvicinarsi all'uomo e controllare la pressione, la temperatura.
«Sto bene, sono riuscito a fare la spesa, a cucinare... A proposito, grazie per la chiave della porta.»
«Quante volte hai perso la coscienza, oggi?»
«Non sai dire semplicemente "grazie"?»
«Tua moglie è venuta in ospedale, ti cercava.»
Catarina non seppe se quello che vide negli occhi dell'altro fu più dolore, sorpresa o delusione.
«Il che significa che hai una moglie, una famiglia, magari dei figli. Ora saranno a casa a preoccuparsi per te.»
«Quindi è di questo che si tratta? Vuoi che me ne vada? Bastava dirlo.»
L'uomo lasciò la bottiglia sul tavolo ed andò verso la camera, intenzionato a recuperare le sue cose ed andare via.
«Matthew, per favore, non sto dicendo questo.»
Lo raggiunse nella propria camera e gli poggiò una mano sulla spalla e, per pochi secondi, fu come se lei riuscisse a percepire il dolore fisico dell'altro. 
Fu atroce. 
«Matthew, stenditi, tu non stai bene» gli consigliò la Stregona, ormai stanca.
«No, io...» 
E non fece in tempo a concludere la frase che Matthew cadde a terra. Aveva quasi perso conoscenza.

«Non... Non siamo più... sposati, ormai» egli aggiunse poco dopo, mentre Catarina lo aiutava a sistemarsi sul letto e gli poggiava una mano sulla fronte coperta dal solito cappello blu. 
«Shh. Va tutto bene, Matt. Grazie per la cene, ma ora riposa» sussurrò la Stregona, mentre l'uomo socchiudeva lentamente gli occhi e si addormentava. 
Tutta quella situazione, presto o tardi, non avrebbe portato a nulla di buono.

*~*~*

«Come ti è sembrata?»
«Stanca. Come alla fine di ogni giornata lavorativa.»
«Nient'altro?»
«Non ha voluto farmi entrare in casa.»
«Tu credi già che...»
«Probabilmente.»

   
 
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