Per chi
intraprende cose belle é bello soffrire,qualsiasi cosa gli
tocchi. (Fedro)
Lisia
procedeva lentamente, meditabondo, risistemando ogni tanto
il chitone sulla spalla destra: la calura di quel giorno era
insopportabile.
Il miglior
oratore dell’Agorà si stava dirigendo verso la
scogliera per trovare sollievo con la brezza marina e la solitudine
necessaria
alle sue meditazioni.
Un
pensiero aveva totalmente assorbito la sua attenzione quella
mattina.
“Perché
l’essere umano desidera?”
Lui, che
aveva sempre l’ultima parola in ogni discussione, fu
bloccato da una domanda tanto semplice. Ad ogni passo, quesiti
irrisolti si
affollavano nella sua mente.
Cos’è
il desiderio?
Qual è la forma del desiderio? E’ possibile non
provare desiderio?
Col dorso
della mano tentò di detergersi il sudore sulla fronte e
con sollievo notò che la scogliera era vicina. Amava quel
posto, non solo
perché riusciva a rimanere in raccoglimento, ma soprattutto
per la presenza del
tempietto sul promontorio: il tempio di Athena, la dea della saggezza.
Uno
sguardo al luogo sacro gli infondeva una sorta di sicurezza,
ma quel giorno notò una figura mai vista. Quel giorno gli fu
fatale.
Cinta di
un semplice peplo azzurro, ornato di orli dorati, uno
sfavillante diadema brillava tra i capelli ramati che ricadevano come
riccioli
di fuoco sulle morbide spalle.
Un essere
umano o
una dea?
La giovane
teneva in mano rami di ulivo, pianta sacra alla dea e
si muoveva aggraziata tra le colonne del pronao, mentre la brezza
marina le
scuoteva i capelli.
Lisia si
sentì inaspettatamente stordito, il calore del sole era
nulla a confronto alla lava che gli scorreva dentro e senza
accorgersene
procedette verso il tempio, come se dei fili invisibili lo stessero
tirando e
lui non volesse opporre resistenza.
“Fermo!”
una voce soave lo arrestò.
“Blasfemo,
come osi accedere al tempio? La dea non accetta simili
oltraggi!”
Solo in
quel momento si rese conto di stare calpestando il suolo
sacro e con un movimento goffo tornò con i piedi sul terreno
arido antistante
al tempio.
Dalla
penombra, la sacerdotessa si mostrò a lui in tutto il suo
splendore. La pelle era bianca come il latte e il suo viso delicato
incorniciava occhi cerulei, che lo fissavano con sdegno.
Athena…
Pensò
scioccamente Lisia.
“L’accesso
al tempio è proibito ai comuni cittadini, anche al
miglior oratore dell’Agorà”.
L’uomo
rimase a bocca aperta.
“Sì,
so chi sei. La tua fama ti precede.”
Tanta
loquacità lo lasciò senza parole, ma ripresosi
dallo stupore
ebbe l’ardire di domandare: “Qual è il
tuo nome, sacerdotessa di Athena?” si
stupì lui stesso di quanto la sua voce suonò
falsata.
La donna
distese i tratti e abbandonò ogni intento di minaccia.
“Alie”
sussurrò con un sorriso.
Fu come
avere una folgorazione. Un moto interiore gli comandava di
stendere le mani e toccare quella pelle serica, unire le sue labbra,
abituate a
crear concetti, a quei carnosi petali di rosa chiusi in un sorriso,
avvolgente
come un nastro di stoffa invisibile che lo stava attirando verso di
lei.
Era quello
il desiderio?
No, che
assurdità, non poteva desiderare di possedere una
sacerdotessa: era assolutamente irrazionale, ma niente che coinvolga un
desiderio può essere compreso nel mondo della ragione.
Lisia si
tormentò giorno e notte per quel desiderio proibito.
Disdegnava spesso l’Agorà per andarsi a rifugiare
presso il tempio, solo per
vedere la seducente sacerdotessa. Come un condannato che si presta
spontaneamente alla tortura, un tormento dolce e amaro al tempo stesso.
Ora
sapeva: l’uomo non può impedirsi di desiderare e
nel momento
in cui ciò avviene insegue gioia, mentre il dolore rimane in
agguato, pronto a
colpire.
Il suo
desiderio pressante era quasi spaventoso. Se avesse dato
retta alla ragione, si sarebbe tenuto alla larga da quel delicato fiore
di lilium: ma i sensi prevalgono
sulla
ragione.
Alie non
era al tempio quel giorno. Lisia, totalmente affranto,
andò a sedersi con la testa fra le mani. Quel desiderio lo
stava facendo
impazzire.
“Lisia”
la sua voce lo accarezzò con la brezza che spirava dal
mare.
La donna
si inginocchiò di fronte a lui e il sangue pulsò
velocemente nelle tempie.
“Non
stai bene?”
I capelli
bagnati dall’acqua marina ricadevano sul peplo che
inumidito, lasciava poco spazio all’immaginazione.
Era
troppo. Filosofia, razionalità e pazienza, con un gesto
repentino Lisia diede un calcio a tutto questo. Strinse a sé
Alie e la baciò.
La donna,
passato lo stupore iniziale, ricambiò il gesto
inconsciamente.
Sapevano entrambi che era sbagliato, ma nessuno dei due cedeva alla
ragione.
Si
fissarono negli occhi confusi e ardenti di passione.
“Io
ti voglio, Alie. Sei la mia ossessione.” Confessò
prostrato
dalla propria debolezza.
La donna
gli prese le mani e lo guidò con passo sicuro fino al naos del tempio, dove troneggiava una
statua lignea di Athena. Avrebbero pagato cara la profanazione, ma solo
il
desiderio che li guidava era importante. Il fuoco sacro si estinse e il
peplo
cadde a terra avvolgendosi su se stesso.