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Autore: DarkSide_of_Gemini    30/10/2015    5 recensioni
Dal testo: "L’Uomo Nero si era voltato di nuovo verso il letto e il piccolo ospite della cameretta. Il suo sguardo si posò meditabondo sulla maschera da teschio che giaceva sulle lenzuola stropicciate.
-Dimmi, bambino, cos’ha di tanto speciale questa notte?-
Daniel sgranò gli occhioni –Come, non lo sai? Oggi è Halloween! La festa delle streghe e dei mostri: per questo pensavo che questa fosse la tua notte-".
Come può un comune bambino mettere a dura prova i nervi di Pitch Black?
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Pitch
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*°Nessuno ama i Cattivi°

 

 

Silenzioso come l’ombra che era, Pitch Black strisciò fuori da sotto il letto del ragazzino. Per ore era rimasto in attesa in quello spazio angusto e polveroso, in mezzo a vecchi giocattoli ormai dimenticati e fogli di carta appallottolati, probabilmente compiti che non avevano ricevuto l’approvazione della mamma ed erano stati stracciati per ottenere il solo conforto di quella ben misera consolazione.

L’Uomo Nero aveva atteso impaziente che la luce nella camera del bambino si spegnesse, che lui si decidesse a piantarla con le proteste per rimanere sveglio più a lungo o con lo snervante conteggio di quanti giorni ancora mancassero ancora al Natale. Infine, quando tutto era finalmente piombato nell’oscurità, Pitch aveva atteso. Il suo lavoro poteva risultare noioso, addirittura ripetitivo, per qualcuno non avvezzo al mestiere. In realtà, ogni notte era sempre una nuova scoperta, era una scommessa con sé stesso: la bambina che avrebbe ospitato i suoi Incubi si sarebbe svegliata, e poi? Si sarebbe rintanata sotto le coperte, o sarebbe saltata giù dal letto, in lacrime, a cercare conforto da mamma e papà?

Solo dopo un po’ di tempo, dunque, quella notte si era infine deciso ad uscire dal suo nascondiglio per divertirsi un po’ con quel piccolo, irritante umano.

Lui, cosa stava sognando in quel momento? Forse l’ultima partita di calcio, o la festa di compleanno con gli amici? E come sarebbe stato meglio distruggere quelle fantasie?

Pitch si guardò in giro in cerca d’ispirazione: gli oggetti personali dei bambini erano utili indizi per comprendere cosa meglio li avrebbe terrorizzati. In quella stanza, ad esempio, metà dello spazio disponibile sulle pareti era occupato da poster e disegni di supereroi in sgargianti costumi e armature, armati di spade o vista ai raggi X. Ebbene, non sarebbe stato splendido se uno di quei fusti mascherati avesse interrotto la partita di calcio sul più bello, arrivando a distruggere invece che salvare?

Oh, sì. L’Uomo Nero si sfregò le mani, soddisfatto, già pregustando il grido di terrore del piccolo. Cosa c’era di meglio di una sana notte all’insegna della paura?

Ebbene, stabilito il piano ecco che si avvicinò al letto. Sarebbe bastato un gesto e poi, una volta sveglio, il bambino non avrebbe trovato niente e nessuno nella stanza. Ed eccolo che, con un ghigno di vittoria già stampato sul viso aguzzo, Pitch Black si chinò sul bimbo in silenzio, più vicino, e ancora di più…

-Buh!-

Ed eccolo che, spiazzato, Pitch Black si ritrovò ad arretrare incespicando, a fissare con estremo disappunto il teschio che si era appena parato di fronte a lui.

Una risatina soffocata provenne da sotto quella faccia scheletrica, e subito dopo una manina si sollevò a strappare via quella che, ora era chiaro, altro non era che una maschera.

Un sorriso a trentadue denti – o forse un po’ di meno, dato che un bel paio di dentini da latte erano caduti – accolse lo stupore dell’Uomo Nero.

-Ce l’ho fatta!- esultò il bambino, sollevando i piccoli pugni in segno di vittoria –Ce l’ho fatta, ce l’ho fatta, ho spaventato l’Uomo Nero!-

Era salito in piedi sul letto e ora saltava tra le lenzuola in una bizzarra danza di trionfo.

Dal canto suo, Pitch lo guardava totalmente sconvolto. Dov’erano finiti i bambini di una volta, quelli che se la facevano sotto solo a sentirlo nominare? Come poteva un moccioso prendersi gioco di lui?

Strinse i pugni, guardando il ragazzino con disappunto –Perdonami, ma avrei dovuto essere io a spaventare te. E poi, un momento, non mi hai affatto spaventato!-

-Ma sì che ti ho spaventato!- replicò il bambino con il fiatone, ancora saltando sul materasso seppur con minor vivacità. Si lasciò cadere sul letto e agitò le gambe –Ti ho visto bene, hai fatto una faccia orribilmente spaventata!-

Per lo meno si era fermato: quel saltare stava facendo venire all’Uomo Nero una gran voglia di strozzare quella piccola peste che pretendeva di essere superiore a lui.

-No che non mi hai spaventato!-

Sbraitò stringendo i pugni, rendendosi subito conto che quel comportamento non gli faceva onore, né lo rendeva migliore del ragazzino con il quale si stava confrontando.

-Ti dico di sì!-

Pitch emise un ruggito di esasperazione –Senti, moccioso, forse tu non hai idea di chi sia io-

-Certo che lo so- il bambino si mise a sedere –sei l’Uomo Nero-

-Esatto-

Il suo ghigno venne illuminato dalla luce della luna nell’inquietante gioco di luci e ombre che era il suo volto. Si eresse fiero sopra quella creatura che ben presto avrebbe imparato cosa fosse il terrore, i suoi occhi d’oro scintillarono malevoli nell’oscurità della stanza. Stagliata contro la parete, la sua ombra pareva voler soffocare ogni traccia di luce che poteva donare conforto.

-Io mi chiamo Daniel-

-Ma che…?!-

Quell’unica frase aveva spezzato l’atmosfera di terrore che si stava così magicamente creando. Pitch abbassò lo sguardo sul bambino: stava seduto a gambe incrociate, il mento sollevato per poterlo guardare; due grandi occhi scuri brillavano di eccitazione, e una massa incolta di folti capelli castani incorniciavano quel visetto vispo. Era un bambino come tanti, perché allora spaventarlo non funzionava?

-Mi chiamo Daniel-

Ripeté lui, scandendo bene le sillabe con il tono cantilenante proprio dei bambini.

Per la prima volta Pitch Black non seppe cosa fare e, anzi, non avrebbe disdegnato un antro buio nel quale nascondersi.

Daniel lo guardava come se si aspettasse qualcosa. Quegli occhi vivaci, incuranti della sua fama, gli davano ai nervi: stava forse perdendo colpi?

-Non m’interessa come ti chiami-

-Ci sei rimasto male? Perché non mi sono spaventato, voglio dire. Mi dispiace, non pensavo che ti saresti offeso-

Adesso si metteva anche a fare il diplomatico!

-Ah, lascia perdere!-

A giudicare dal tono aspro della sua voce, Pitch doveva avere stampata sul viso la sua peggiore aria da cattivo, quella che faceva tremare di paura persino i ragazzi più coraggiosi. Chiunque, a vedere quella sua espressione, sarebbe fuggito via implorando pietà. Invece, Daniel rise, ma fu solo per un breve attimo.

-Hei, non è che adesso vai via?-

E quello cosa significava?

-Certo che vado via! Non penserai certo che resti qui a fare il palo. La notte è ancora lunga e piena di sogni: spero solo di non incontrare qualcuno della tua razza-

Per la prima volta Daniel chinò lo sguardo, deluso –Oh. Mi dispiace. Mi sarebbe piaciuto parlare un po’ con te, sei simpatico-

Simpatico, lui?! Quello era decisamente troppo!

L’Uomo Nero si voltò stizzito e fece per scivolare fuori dalla finestra, quando la voce del bambino alle sue spalle lo richiamò.

-Questa è la tua festa?-

Pitch si voltò appena con fastidio –Come prego?-

Daniel gattonò fino al bordo del letto e si sporse verso di lui –Cavolo, sei proprio tonto! Ti ho chiesto se oggi è la tua festa!-

-Perché continui ancora a parlarmi?-

Fu la domanda rivolta a mezza voce dall’Uomo Nero, quasi stesse riflettendo su quel dilemma al quale non riusciva a venire a capo. Già il fatto che quel marmocchio potesse vederlo era di per sé straordinario; ma più incredibile era il fatto che adesso Daniel si fosse messo a parlare tranquillamente con lui quasi fossero vecchi amici.

-Te l’ho detto, mi stai simpatico-

-Sciocchezze! Dovrei terrorizzarti, piuttosto-

-Prima non mi hai risposto. Perché non mi hai risposto?-

Pitch alzò gli occhi al cielo: che cosa ci faceva ancora lì? Ebbe la tentazione di sparire in quel preciso istante, eppure qualcosa lo tratteneva.

“E va bene, va bene!” si disse, arrendendosi “Vediamo cosa vuole, così potrò staccarmelo di dosso!”.

-Qual è il tuo problema?-

-La tua festa- il bambino non sembrò fare caso al suo tono impaziente –tutti hanno una festa. Tutti, intendo Babbo Natale, e il Coniglietto di Pasqua… tu perché non hai la tua festa?-

Babbo Natale, il Coniglietto di Pasqua! Anche mentre tentava di adempiere al suo compito doveva sentirsi nominare le care vecchie Leggende, i miti dei bambinetti. In più, quella domanda l’aveva fatto arrabbiare non poco, aveva toccato un nervo scoperto da lungo tempo.

Un sorriso che parve più una smorfia di disgusto distorse i tratti dell’Uomo Nero.

-Perché… vedi, perché non c’è giustizia equa in questo mondo. I premi, le feste, sono destinate a vecchi squilibrati e dolci fatine volanti. E non sono certo da sprecare per la cattiveria di Pitch Black-

-Cioè, non hai una tua festa perché sei cattivo?-

La domanda lo colse impreparato –In realtà il discorso è più complesso-

-Ma non è giusto- Daniel parve non averlo sentito –che tu non abbia una festa perché sei cattivo, dico. Nessuno ama i cattivi, è per questo che voi non avete mai feste. Non ti sembra sleale? Senza di voi, gli eroi non avrebbero motivo di esistere. È merito vostro se c’è sempre il male da vincere, e se i buoni possono dare prova del loro valore. Voi cattivi siete importanti come i buoni, anzi, secondo me in alcuni casi siete la ragione per la quale i buoni diventano gli eroi. Se non esistessero cattivi da sconfiggere, i buoni non avrebbero senso di esistere-

Quel discorso era troppo elaborato per essere stato messo su da un marmocchio. Era un bambino sveglio, Daniel. Mentre parlava, l’attenzione di Pitch venne catturata da quel ragionamento che, doveva ammettere, messo in quella luce gli piaceva parecchio.

“Però… in fondo ha ragione lui”.

L’Uomo Nero si era voltato di nuovo verso il letto e il piccolo ospite della cameretta. Il suo sguardo si posò meditabondo sulla maschera da teschio che giaceva sulle lenzuola stropicciate.

-Dimmi, bambino, cos’ha di tanto speciale questa notte?-

Daniel sgranò gli occhioni –Come, non lo sai? Oggi è Halloween! La festa delle streghe e dei mostri: per questo pensavo che questa fosse la tua notte-

Già, la festa dei mostri – in verità le origini di quella festa erano del tutto innocue, ma perché perdere tempo a spiegare al bambino la vera storia celata dietro la festività del Samhain?

Un curioso moto di determinazione alimentò un’idea nata in quel momento nella mente di Pitch Black.

-Sì, hai ragione! Questa è proprio la mia festa- disse, raccogliendo la maschera da mostro e restituendo il sorriso di quel ghigno immobile –dunque perdonami, ma questa notte ho davvero molto da fare. Presto l’Uomo Nero sbucherà da sotto il letto di ciascun bambino!-

In un attimo era svanito in una nuvola di fumo nero, ma a Daniel era sembrato di scorgere un sorriso rivolto a lui, e una strizzata d’occhio in mezzo alla nebbia scura.

Una macabra risata risuonò poi nella stanza, e la finestra si spalancò con un gran rumore ad un’improvvisa sferzata di vento gelido.

Il bambino scese con un salto dal letto e si affacciò a guardare nell’oscurità della strada. Guardando nel buio, ne ebbe la certezza: Pitch Black era tornato in città.

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Salve a tutti, eccomi arrivata ad infestare anche questa sezione!

Bene, comincio col dire che il povero Pitch (o Pitch-ino, come lo chiamo io) mi fa tanta pena. In fondo voleva solo un po’ di considerazione, il suo lavoro era quello di far frignare i bambini, che ci poteva fare?

Punto secondo: ho sempre pensato che Halloween fosse la festa perfetta per lui, o al limite potevano concedergli il giorno dei Morti… ma vabbè, poveretto non ha neanche avuto quello. E quindi, bè, è nata questa piccola storia.

Spero possa essere di gradimento, grazie sin da ora a chi vorrà leggere o condividere la propria impressione ;)

In attesa di domani, buona giornata e buon dolcetto o scherzetto J

A presto,

Rory_Chan

 

 

 

  
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