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Autore: Fersyan    01/11/2015    0 recensioni
Tutte le mattine, alla stessa ora, lui esce sul balcone con la sua amata sigaretta. Ed ogni mattina, io resto lì, alla finestra, ad osservarlo sognante e consapevole che per quanto io sia bella non mi noterà mai sul serio. Da quando ne ho memoria, lui non mi ha mai guardata, nemmeno per sbaglio ha mai posato il suo sguardo su di me, e perchè mai dovrebbe? Sono ben consapevole del fatto che non potrà mai amarmi come lo amo io, eppure tutte le mattine mi faccio bella per lui. È una cosa che mi fa stare bene, forse l’unica sicurezza che ho nella mia vita, l’unica cosa che faccio che abbia uno scopo effettivo, per quanto inutile. E per me è importante.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi sveglio sentendo l’aria fresca della mattina sfiorarmi dolcemente. L’estate è finita, lasciando solo il vago ricordo di un caldo piacevole e avvolgente. L’autunno non è di certo la mia stagione preferita, ma è di gran lunga migliore dell’inverno, a metà tra il sole dell’estate il freddo dell’inverno, una stagione a metà, come la primavera. Il cielo è tinto di tutte le sfumature di rosa ed indaco, e mi perdo a guardarlo mentre, con lentezza esasperante, mi sveglio al ritmo del sole nascente. E quando la stella è abbastanza alta nel cielo, mi stendo per bene in tutta la mia altezza, beandomi degli sporadici raggi che filtrano dal vetro della finestrella. La casa è ancora silenziosa, segno che sono l’unica sveglia nell’abitazione. Sono sempre la prima a svegliarmi la mattina, la mia sveglia naturale è la luce dell’alba, non ho bisogno di aggeggi elettronici per sbocciare.
Dalle finestre dei palazzi vicini cominciano ad accendersi le prime luci, una dopo l’altra, e dai portoni la gente esce con passo svelto e strascicato, con la mano davanti alla bocca per coprire gli sbadigli. Una signora esce in balcone stringendosi nella vestaglietta rosa, per raccogliere i panni stesi sul piccolo stendino bianco attaccato alla ringhiera. Ha i capelli spettinati raccolti malamente con un mollettone, e le occhiaie ben visibili sotto agli occhi. Tira su col naso, leggermente arrossato, mentre piega con cura i panni in una cesta. Afferra quest’ultima e rientra nell’appartamento, giusto in tempo per preparare la colazione al figlioletto di cinque anni.
Intanto, si è svegliata la piccola di casa, che si precipita nella camera da letto a svegliare i genitori,  per poi correre in cucina per la colazione, trascinando per un braccio la madre ancora mezza addormentata. Qualche porta più in là si sveglia la sorella maggiore che, con un po’ di fatica, si trascina in cucina anche lei, borbottando qualcosa contro la sorellina che continua a saltellare euforica per la stanza. Ci vuole poco prima che anche l’uomo di casa li raggiunga per fare colazione tutti insieme.
Resto un po’ ad osservarli; la piccolina gioca con i cereali colorati mentre dondola euforicamente le gambette, la sorella mangia svogliatamente le sue fette biscottante mentre si sitema un ricciolo dietro l’orecchio, la madre sta preparando dei pancake ai fornelli ed il padre legge il giornale bevendo di tanto in tanto il suo thè.
Volto di nuovo lo sguardo fuori, sperando che qualcuno venga ad aprire la finestra. Mi specchio nel vetro, come sempre, sono bellissima. Un mix di eleganza e pericolosità, non è un mistero che io incanti così tante persone. Anche così, appena sveglia, sono bellissima. Ma ho bisgno di aria, di respirare, di sentire concretamente il calore del sole addosso.
Devo aspettare un po’ prima che i miei desideri vengano esauditi, e che qualcuno venga ad aprire la finestra. Finalmente, sono stizzita, ma non ho la possibilità di darlo a vedere perciò mi limito a distendermi per bene e ad assorbire quella luce tanto agognata, che sembra rinvigorirmi subito. Fuori c’è una leggera brezza che mi fa venire i brividi, senza però infastidirmi.
Ora si, che sono al meglio. Mi raddrizzo per bene, mettendomi in mostra, ormai il sole è alto, è quasi ora. Tutte le mattine, alla stessa ora, lui esce sul balcone con la sua amata sigaretta. Ed ogni mattina, io resto lì, alla finestra, ad osserverlo sognante e consapevole che per quanto io sia bella non mi noterà mai sul serio. Da quando ne ho memoria, lui non mi ha mai guardata, nemmeno per sbaglio ha mai posato il suo sguardo su di me, e perchè mai dovrebbe? Sono ben consapevole del fatto che non potrà mai amarmi come lo amo io, eppure tutte le mattine mi faccio bella per lui. È una cosa che mi fa stare bene, forse l’unica sicurezza che ho nella mia vita, l’unica cosa che faccio che abbia uno scopo effettivo, per quanto inutile. E per me è importante.
La casa si è svuotata, così che io possa rimanere da sola, lì posata sul davanzale della finestra, ad aspettarlo con impazienza.
Ed eccolo, finalmente, mentre apre la finestra ed esce sul balconcino spoglio se non per una sediolina pieghevole di legno. Ha un corpo esile, i capelli biondi e disordinati, le guance scavate e gli occhi ancora gonfi. Indossa solo una maglia a maniche corte e dei pantaloni della tuta, ma nonostante ciò non sembra avere freddo. Si accende la sua solita sigaretta e si appoggia con i gomiti alla ringhiera. Sembra quasi un rituale sacro, guardandolo mentre chiude gli occhi gustandosi la prima tirata. Butta fuori il fumo lentamente, osservandone il movimento nell’aria, per poi ripetere il gesto ancora una volta, e ancora, e ancora, fino a far rimanere solo un piccolo mozzicone. Di tanto in tanto scrolla la sigaretta per farne cadere la cenere, mentre si guarda intorno con sguardo annoiato ma concentrato allo stesso tempo. Sembra voler immagazzinare ogni dettaglio di ciò che ha attorno, come io sto facendo con ogni suo movimento.
Ormai, so già che il suo sguardo si soffermerà sulla pasticceria all’angolo della strada, dove il proprietario sarà intento a servire cornetti caldi ai primi clienti; poi lo sposterà sulla giovane studentessa che esce di casa con aria trafelata e lo zaino su una spalla, in ritardo per la scuola; poi, girerà la testa dalla parte opposta, posando gli occhi sulla signora di mezza età che cerca le chiavi nella borsa mentre il figlioletto le trotterella accanto tutto allegro, con lo zainetto azzurro ben sistemato sulle spalle ed il grembiulino fresco di bucato; e poi getterà la sigaretta nel posacenere, si volterà e rientrerà in casa, chiudendosi la finestra alle spalle e sparendo dalla mia vista.
Eppure, stamattina fa qualcosa di insolito. Infatti, non appena la signora col figlio sapriscono dietro l’angolo, lui gira ancora una volta la testa. E mi guarda. Non so cosa fare, rimango paralizzata, non che io possa muovermi troppo. Improvvisamente il calore picevole del sole sembra aumentare a dismisura. Se potessi, di certo arrossirei.
Rimane a guardarmi per qualche secondo, con l’aria pensierosa, mentre io cerco di mettere in mostra i miei lati migliori. Poi si gira e se ne va, lasciandomi confusa e felice.
Rimango ferma a guardare il punto in cui era poco prima, rivivendo la scena ancora e ancora.
Per tutto il giorno, non faccio altro che pensare a quello che è successo. Guardando il mio riflesso, mi sembra di essere ancora più bella, più luminosa, più viva. Sarà questo l’effetto dell’amore? Non riesco nemmeno a pensare cose negative, ormai c’è solo quell’attimo nei miei pensieri.
E penso così tanto a quel momento, ai suoi bellissimi occhi puntati su di me, alla sua espressione pensierosa, col mozzicone di sigaretta in bocca e le sopracciglia appena corrugate, che non mi accorgo nemmeno che si sta facendo sera.
La finestra è stata richiusa, e la casa è di nuovo rumorosa. Il cielo comincia a prendere delle sfumature rossastre, tingendo insieme a lui anche i palazzi circostanti. In lontananza, delle campane scandiscono il tempo. Nonostante il sole stia calando, questa sera ho difficolta ad addormentarmi, forse per l’evento di stamattina, o forse per un dolore fastidioso che ho cominciato ad avvertire da qualche minuto. All’inizio è solo un piccolo bruciore, ma man mano che passa il tempo, diventa sempre più forte, fino a diventare insopportabile.
Tac. Urlerei se potessi.
Abbasso lo sguardo per vedere cosa mi e successo, e ciò che trovo mi raggela.
È lì, inerme, una parte di me, staccata, senza vita. Un petalo.
Questo vuol dire solo una cosa, sto morendo. Non so quanto ci metterò, ne se sarà ogni volta così doloroso, non voglio pensarci. Mi ammiro ancora nel mio riflesso, per quanto ancora sarò bellissima? Questo è solo l’inizio, a poco a poco la mia bellezza sfiorirà, fino a rinsecchirmi e a piegarmi su me stessa.
Il sole si abbassa ancora ed io comincio a richiudermi, al suo ritmo. Penso al petalo, penso a quanti altri ne cadranno. Penso che non mi importa di morire, o di provare dolore. L’unica cosa di cui ho paura, è di perdere la mia bellezza, la mia unicità. Chi mi guarderà più? Mi getteranno via senza pensarci. E lui? Lui, che oggi mi ha guardato, volterà lo sguardo altrove, disgustato. No, non voglio che succeda, non voglio che lui mi veda spoglia della mia bellezza. Ma non so come impedirlo, non so come impedire che mi prosciughi. Presto, tutto ciò che mi rimarrà saranno le mie spine, o cadranno anche quelle, lasciandomi scoperta e vulnerabile?
E sempre più buio, i miei petali sono quasi del tutto chiusi.
Non voglio perdere la mia bellezza, è tutto ciò che ho, tutto ciò che ho per farmi notare da lui. Non potete portarmela via...
Non voglio...
 
 
 
 
 
   
 
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