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Autore: Feel Good Inc    23/02/2009    9 recensioni
Non ho idea di cosa mi sia preso.
So solo che lui era lì, a guardarmi.
Con quei dannati occhioni azzurri.
Con quel dannato sorrisetto.
E allora mi è venuto spontaneo.

[Pomeriggi di studio in biblioteca, e strani impulsi improvvisi...]
*Dedicata a Mel, per tutte le risate che ci siamo fatte insieme per via di Katy Perry e della sua prof di biologia (di Mel, non di Katy Perry! XD)*
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Axel, Roxas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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Questa shot è tutta dedicata alla mia simpaticissima Mel, alle nostre strampalate teorie sulle linguacce, e ai nostri scleri mai conclusi sulle yuri, sulle biblioteche galeotte, sulla biologia e soprattutto su Kingdom Hearts

Questa shot è tutta dedicata alla mia simpaticissima Mel, alle nostre strampalate teorie sulle linguacce, e ai nostri scleri mai conclusi sulle yuri, sulle biblioteche galeotte, sulla biologia e soprattutto su Kingdom Hearts!

E se volete capirci qualcosa in quello che ho appena scritto, vi consiglio di leggere! ^^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I kissed a boy

 

 

 

 

This was never the way I planned, not my intention
I got so brave, drink in hand, lost my discretion
It’s not what I’m used to, just wanna try you on
I’m curious for you, caught my attention

 

[Katy Perry, I kissed a girl]

 

 

 

 

«Axel?»

Il giovane dai capelli rossi si riscuote; distoglie lo sguardo dal tavolo vuoto in fondo alla sala e lo punta sull’adolescente seduto davanti a lui.

«Cosa?»

«Continui a distrarti.» Da dietro il lungo ciuffo di capelli che gli copre una buona metà del viso, Zexyon gli lancia uno sguardo indecifrabile. «Riesci a concentrarti per qualche nanosecondo, o sono costretto a lasciar perdere con te?»

«Io opterei per la seconda» interviene Demyx con un sorrisetto, alzando gli occhi dal suo libro e fissando a sua volta Axel. «Non c’è storia, Zex, non riuscirai a fargli venir voglia di studiare da qui a domani. Del resto, come biasimarlo?»

Zexyon guarda di nuovo il libro.

«Non è un problema mio» taglia corto, «se quest’anno decide di farsi bocciare. Di certo non sarà il mio sistema nervoso a risentirne.»

Axel sussulta violentemente a quelle parole, e i due compagni tornano a fissarlo.

«Ma che hai?» gli fa alla fine Demyx. «Sei strano… Sicuro di sentirti bene?»

Per tutta risposta, lui solleva il libro e vi affonda la faccia. Non riesce tuttavia a trattenersi dal lanciare uno sguardo in tralice allo stesso tavolo di poco fa: è ancora vuoto.

Demyx e Zexyon non sanno, non capirebbero.

Ma questa volta Axel ha più motivi del solito per non riuscire a studiare.

 

 

Ma cosa diavolo mi è venuto in mente?

Non ho idea di cosa mi sia preso.

So solo che lui era lì, a guardarmi.

Con quei dannati occhioni azzurri.

Con quel dannato sorrisetto.

E allora mi è venuto spontaneo.

Ho baciato un ragazzo.

Peggio: ho baciato un ragazzino.

Peggio: ho baciato quel ragazzino.

Ma cosa diavolo mi è venuto in mente?

 

 

Il giorno prima.

 

La biblioteca era quasi vuota, ma il biondino era al solito tavolo, intento a studiare.

Gli si avvicinò senza fare rumore, fermandosi appena dietro il ragazzo, che non si accorse della sua presenza. Quindi si appoggiò con un braccio allo schienale della sedia, chinandosi su di lui.

«Ancora qui?»

Roxas sobbalzò, afferrò l’astuccio prima che potesse cadere dal tavolo e si voltò a guardarlo. Quando vide che era lui, gli rivolse uno sguardo rabbioso.

«Cos’è, hai deciso di farmi prendere un accidente?» lo aggredì.

Axel sogghignò.

«Non avevo idea che fossi tanto assorto.»

Roxas sbuffò e gli voltò di nuovo le spalle, tornando ai suoi libri.

«Vorrei ben vedere. Domani c’è un’interrogazione. Persino tu dovresti conoscere il significato di questa parola.»

Con un altro sogghigno, Axel si tirò su dalla sua sedia e girò intorno al tavolo, andando a sedersi di fronte all’amico.

«Ma come siamo sarcastici, oggi.»

Roxas non alzò gli occhi dal libro che aveva davanti.

«Tu non hai nulla da studiare, immagino» ribatté.

«Uh… No.»

«E nemmeno qualche prova con la band, presumo.»

«Rimandata. Demyx è ancora febbricitante, non sarà in condizione di suonare prima di un paio di giorni.»

«Mmm.» Roxas voltò pagina, sempre senza guardarlo. «E così hai deciso di venire a rompere le scatole al sottoscritto.»

Axel puntò un gomito sul tavolo e posò il mento sul palmo della mano.

«Mi pare di notare un certo astio nel tuo tono, biondino.»

Roxas lo guardò di sottecchi, con aria vagamente ironica, ma non disse nulla, e tornò subito a scorrere con gli occhi tra le righe.

Axel fece un mezzo sorriso. Si conoscevano da anni, ormai, e non mancavano mai di punzecchiarsi in quel modo… Per quanto fossero vicini, però, c’erano sempre dei momenti in cui Roxas gli appariva lontanissimo, chiuso in un mondo tutto suo, dove non aveva bisogno di niente e di nessuno. Anche ora, seduto là da solo, concentrato sul libro, il capo chino e gli occhi azzurri seminascosti dai capelli, sembrava quasi tenerlo a distanza. Forse era questo ad incuriosirlo di lui, questo suo essere fisicamente presente e al contempo inaccessibile.

«Cosa c’è da guardare?»

Axel si scosse. Roxas lo stava fissando con aria interrogativa.

«Niente, pensavo.»

«Pensavi?» Il biondino spalancò gli occhi. «Non ci credo. Allora pensi, qualche volta.»

«Ah, ah» si limitò a replicare Axel, «molto divertente, biondino.»

«Smettila di chiamarmi così» sbuffò Roxas, distogliendo gli occhi.

«Perché? Che c’è di male, biondino?»

«Senti, invece di star qui a sciorinare appellativi vari, perché non ti rendi utile?»

«E cosa vuoi che faccia? Il poggiapiedi?»

«Non mi tentare.» Roxas gli tese il libro. «Potresti interrogarmi.»

Axel si stiracchiò e gli scoccò un’occhiata annoiata. Roxas sostenne il suo sguardo senza cambiare espressione, così alla fine fu lui a dover cedere. Scrollò le spalle.

«E va bene.» Prese il libro dalle sue mani, lo rigirò e lesse il titolo dell’argomento. «Il sistema nervoso?»

Guardò di nuovo Roxas, che gli restituì il breve lampo di ironia di poco prima.

«Guarda caso, proprio quello cui tu stai attentando in me.»

«Ho sempre odiato la biologia, in effetti» annuì Axel, compunto, iniziando a leggere tra sé le prime righe e chiedendosi come diavolo facesse Roxas a studiare quella roba.

«Solo quella?» fece l’amico.

«D’accordo, biondino, cominciamo» lo interruppe, lanciandogli l’ennesimo sogghigno dal bordo del libro. Consultò di nuovo le prime righe. «Come sono fatte le cellule nervose?»

Roxas iniziò a ripetere diligentemente. Axel si distrasse; con gli occhi vagò oltre il paragrafo, oltre le figure, fin sul margine bianco del libro, dove era stato scarabocchiato qualcosa…

Solo quando non sentì più la voce dell’amico, si risolse a sollevare la testa.

Roxas lo osservava con immensa esasperazione.

«Non stavi ascoltando neppure una parola, vero?»

Axel scrollò di nuovo le spalle.

«Bah. Hai parlato parecchio, il che significa che sai cosa dici.»

«Oh, davvero? Chissà, magari mentre tu indugiavi lì perso nei tuoi pensieri ti ho parlato delle previsioni del tempo, oppure mi sono limitato a ripetere ad alta voce l’orario scolastico della settimana, oppure…»

«E dai, biondino!» Gli strizzò l’occhio. «Non farti tanti problemi; tanto lo so che sei un secchione.»

Roxas sospirò e scosse la testa, passandosi una mano tra i capelli, con l’aria di chi si arrende.

«E va bene, ti faccio un’altra domanda…» Axel studiò di nuovo lo scarabocchio in fondo alla pagina. «Da quando in qua ti annoti i numeri di telefono delle tue amichette sui libri di scuola?»

Roxas lo fissò, allibito; poi arrossì lievemente.

«Se proprio vuoi saperlo, mi stavo solo informando per rintracciare Naminé; aveva un libro che mi serviva per quel giorno stesso» borbottò. Poi alzò la voce, irritato. «E comunque, non mi pare che siano affari tuoi quello che faccio sui miei libri di scuola.»

Axel scrutò di nuovo il numero di telefono, truce. Non capiva bene il perché, ma aveva sentito una lievissima fitta, come di fastidio, quando l’aveva notato e si era chiesto di chi fosse.

«Possiamo andare avanti?» riprese Roxas, sempre in tono brusco.

Axel si scosse di nuovo, e puntò gli occhi su due parole evidenziate.

«Cos’è il midollo spinale?»

«Una porzione del sistema nervoso centrale, dalla forma cilindrica e il diametro disomogeneo, e…»

«Ehi, chi ti ha detto che ha forma cilindrica?» lo interruppe Axel, stavolta più attento alle sue parole.

Roxas esitò.

«L’ho letto poco fa…» mormorò.

«Io non lo vedo da nessuna parte.» Axel si mise a spulciare il paragrafo, posando il libro sul piano del tavolo e chinandosi in avanti. «Dai, che te lo sei inventato.»

«Ma non dire scemenze.» Roxas si sporse sul tavolo, guardando il libro dall’altro verso. «Da’ qua, te lo trovo io.»

Axel alzò gli occhi. Il viso dell’amico era molto vicino al suo; ancora una volta, i suoi occhi erano fissi sulle parole stampate, e la sua aria così seria lo fece sorridere.

«Ecco.» Roxas puntò il dito su un’immagine del libro, dove una didascalia dai caratteri molto piccoli recitava Schema del midollo spinale: di forma cilindrica e leggermente schiacciata, eccetera eccetera… «Non ti hanno mai detto che quando si studia si guardano anche le figure, Axel? Non stanno lì solo ad occupare spazio, sai?»

In quel momento Roxas incrociò il suo sguardo: sorrideva, in modo ancora sarcastico, ma più sereno.

«No, non me l’hanno detto…'»

Axel ebbe un impulso improvviso. E la sua natura dichiaratamente istintiva non poteva che indurlo a seguire gli impulsi, sempre e comunque, anche quando erano folli e insensati come quello.

Si protese a sua volta sul tavolo, avvicinandosi ulteriormente al viso di Roxas, e lo baciò.

Un bacio appena accennato, a fior di labbra, breve, ma pur sempre un bacio.

Quando si ritrasse, vide che Roxas lo fissava con aria assolutamente attonita. Arrossì, stavolta furiosamente. Per qualche istante si limitò a restare lì immobile e in silenzio; poi si lasciò ricadere pian piano sulla propria sedia.

Axel non disse né fece nulla. Lui stesso era sconvolto dal proprio gesto, così assurdamente inaspettato, come tutti gli impulsi, del resto.

Poi, di colpo, qualcosa si spezzò; senza più guardarlo, Roxas gli sfilò il libro dalle dita e lo chiuse con un colpo secco, raccolse tra le braccia anche l’astuccio e i fogli di appunti, si alzò, infilò il tutto nello zaino, se lo mise in spalla e con un «Ci vediamo» poco convinto attraversò a testa bassa la biblioteca della scuola.

Axel rimase lì ancora per qualche istante, a domandarsi cosa cavolo fosse successo.

Non trovando risposta alcuna, si alzò e si avviò a sua volta fuori della biblioteca.

 

 

Ma cosa diavolo gli è venuto in mente?

Ancora non riesco a credere a ciò che ha fatto.

Ma l’ha fatto, quel maledetto l’ha fatto davvero.

E mi ha lasciato così, attonito e incerto.

Incerto se evitarlo a vita o spaccargli la faccia.

Però, dannazione, lui resta sempre il mio migliore amico.

Quello che non si lascia scoraggiare dai miei silenzi.

Quello che non mi ha mai deluso.

Così diverso da me, così sicuro di sé, così totalmente pazzo.

Ma cosa diavolo gli è venuto in mente?

 

 

Cammina guardingo tra gli scaffali della biblioteca, lo zaino in spalla e gli occhi fissi al biglietto che tiene in mano: il titolo dell’ennesimo libro che quel seccatore del professor Vexen ha ordinato di leggere.

Quando passa accanto alla fila di tavoli riservati agli studenti, reprime i ricordi di quel dannatissimo episodio e si ostina a non alzare lo sguardo.

Arriva infine allo scaffale che cerca. Il libro di cui ha bisogno è lassù, in bella vista sul ripiano più alto, lucidissimo nella sua copertina rosso fuoco.

Rosso fuoco.

Rosso come Axel.

Roxas impreca a mezza voce, e si maledice per la fitta d’imbarazzo appena provata nei dintorni dello stomaco. Accartoccia il foglietto e lo affonda nella tasca dei jeans, poi si sporge per prendere il libro. Niente da fare, non ci arriva. Si alza sulle punte dei piedi, ma è ancora inutile.

All’improvviso nel suo campo visivo irrompe una mano che afferra sicura il libro per il dorso.

Roxas sussulta. Soprattutto perché sa di chi è quella mano.

Si volta con rabbia.

«La tua capacità di non far scoprire la tua presenza è semplicemente terrorizzante!»

Axel non si scompone, e resta tranquillo a guardarlo, rigirandosi il libro tra le mani con un sogghigno che lui conosce anche troppo bene.

«Ma tu studi sempre, biondino?» lo canzona.

Roxas si sente di colpo avvampare. In questo momento capisce di odiare quell’aria strafottente che vede dipinta in quegli occhi verdissimi e maledetti, quella piccola traccia di malizia che poi forse sta solo immaginando.

Senza rispondere, tende la mano verso il libro, ma Axel lo tiene sollevato, al di fuori della sua portata.

«Mi spiace, ma serve anche a me.»

Roxas solleva le sopracciglia, scettico.

«Ti serve un libro? A te? Non prendermi in giro.»

«Si dà il caso che io conosca il significato della parola ‘interrogazione’.»

Roxas sbuffa eloquentemente.

«E va bene. Se la metti così.»

Si raddrizza lo zaino in spalla, supera Axel urtandogli un braccio e si rincammina lungo il corridoio.

 

 

Axel resta per un istante attonito. Si aspettava imbarazzo, o sarcasmo, o anche la freddezza più assoluta; ma ora gli sembra che Roxas si comporti come se non fosse accaduto nulla. Si chiede persino se non si sia semplicemente sognato tutto.

Ma il ricordo delle labbra di Roxas è vivo, nitido, tangibile.

Axel si volta.

«Ma dove vai?»

«A chiedere in prestito quel libro a qualcuno» fa lui di rimando, continuando a camminare.

«Non fare l’idiota e fermati. Ho un’idea migliore.»

Con palese riluttanza, Roxas si ferma e si volta a guardarlo.

Axel prende tempo, gli si avvicina e si appoggia con un braccio allo scaffale al suo fianco.

«Tu ti prendi questo affare» esordisce mostrando il libro, «ma appena hai finito passi da me e me lo porti. Così non mi tocca tornare in biblioteca.»

Per un istante ha l’impressione di vederlo arrossire, ma Roxas sostiene il suo sguardo con fermezza, quasi con sfida.

«Sempre il solito sfaticato.»

«Se preferisci, io prendo il libro e ti chiamo quando ho finito.» Sogghigna. «Ma poi ti tocca venire da me comunque.»

L’ha incastrato, e lo sa benissimo.

Quello che non si spiega è il perché.

Roxas incrocia le braccia, e alla fine sorride con aria astuta.

«Come vuoi. Dammi il libro.»

«Non così in fretta.» Axel sogghigna di nuovo, sventolando il libro. «Prima chiedi scusa per lo ‘sfaticato’.»

«Non ci penso nemmeno.»

«Niente scuse, niente libro. Niente libro, niente studio. Niente studio, niente figura da secchione.»

Roxas sbuffa e gli fa una linguaccia.

Axel si sposta dallo scaffale.

«Attento a te, biondino. Non provocarmi.»

Roxas gli mostra di nuovo la lingua, e stavolta nei suoi occhi azzurri passa un’ombra di divertimento.

«Riprovaci, se hai il coraggio» mormora Axel avvicinandosi.

Il ragazzo obbedisce, e lui si china subito, cercando di mordergli la lingua.

Roxas si ritrae, sorpreso, anche un po’ allarmato. Arrossisce, stavolta in modo ben definito.

«Ma che fai…?»

Axel non gli lascia finire la frase: si china di nuovo e lo bacia.

E stavolta non è come ieri.

Stavolta non è perché è l’impulso di un momento; è perché vuole farlo e basta.

Roxas si ritrae ancora, ma solo dopo aver indugiato per un attimo. Abbassa lo sguardo. Le sue guance sono di un colore rosso acceso.

Un po’ confuso da se stesso, Axel gli tende il libro che tiene ancora in mano; Roxas lo afferra al volo, si volta e riprende ad allontanarsi.

Lui ha solo il tempo di chiedersi quando accidenti sia stato il momento esatto in cui gli sia venuta questa fissazione, che Roxas si volta di nuovo.

«Axel?»

Per un istante è il silenzio. Poi Roxas sorride: il primo sorriso sincero e spensierato. Gli fa un’altra linguaccia. Infine volta le spalle e se ne va.

Axel sorride tra sé. È solo dopo un po’ che si decide ad incamminarsi a sua volta per tornare da Demyx e Zexyon, che certo si staranno chiedendo dove cavolo sia finito. Progetta di dir loro che il libro che stanno cercando non è più disponibile.

Anche ora non sa bene cosa sia successo, ma non gli importa.

 

 

It felt so wrong, it felt so right.

I kissed a boy.

And I liked it.

 

   
 
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