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Autore: ErinJS    02/11/2015    8 recensioni
Dopo l'addio ad Elsa, Anna e Kristoff, a Storybrooke tutto sembra essere tornato alla normalità. La quiete, però, non può durare per sempre e l’improvviso arrivo di una giovane ragazza di circa 17 anni porta con sè un'ondata di misteri e problemi. Nessuno sa da dove venga o chi sia, o perché quegli occhi verdi sembrino tanto familiari; quello che però è chiaro alla Salvatrice è che nasconde qualcosa e prima o poi riuscirà a scoprirlo. Ma se non fosse tanto importante il luogo da cui proviene la giovane, ma il…quando?!
Una nuova minaccia aleggia nella vita dei nostri eroi e questa volta il domani sembra proprio dietro l’angolo.
La ff presenta degli spoiler sulla quinta stagione.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Eva rimase in silenzio per un lasso di tempo imprecisato, in attesa che qualcosa cambiasse, che qualcosa smettesse di essere così maledettamente statico e ordinato.
Il sole pomeridiano era ormai prossimo al termine del suo turno di lavoro, in quella giornata che, anche per lui, doveva sembrare lunga ed interminabile.
Un leggera brezza, proveniente dal mare a pochi chilometri da dove si trovava la Jones, scompigliava le ciocche di quei morbidi capelli scuri, i quali parevano voler rimanere aggrappati ad una sorta di chignon ormai scomposto. La giovane, seduta ai piedi di un vecchio albero segnato dal tempo, faticava a ricordare qualsiasi cosa, qualsiasi momento; persino gli ultimi avvenimenti di quell’insolita giornata.
Era come se la sua mente, del tutto annebbiata, si fosse bloccata al breve momento di pace vissuto qualche ora prima alla radura, in compagnia di quei ragazzi che, da bambina, avevano vissuto insieme a lei alla tanto rimpianta Storybrooke. Aveva ballato quel pomeriggio, aveva riso; si era divertita e lasciata andare come mai aveva fatto in tutta la sua vita. Eppure eccola lì, da sola; i capelli ancora inumiditi dal tuffo quasi suicida a cui l’aveva spinta Jake, per metterla in salvo da un mostro mandato da Morgana con il chiaro e unico intento di ucciderla; il cuore arrestato dalle parole appena pronunciate.
Già…ecco cos’era successo quel giorno; dopotutto, la mente non aveva fatto così poi tanta fatica a riordinare gli eventi traumatici intercorsi.
Perché, dopotutto, non era stata la fuga da Diletta l’evento più traumatico di quelle ore; neppure i modi bruschi di Jake o la visione di Neal in fin di vita davanti ai suoi occhi.
No. Ciò che continuava a mozzarle il respiro e ad infonderle l’agghiacciante sensazione di aver compiuto il più grande e terribile errore della sua vita era ciò che aveva appena fatto. Ciò che, fin da bambina, suo padre la implorava di non fare con nessuno, uomo o stregone che fosse.
Aveva stretto un patto.
E non un patto qualunque. Non un patto con chiunque.
No. Aveva stretto un patto con l’uomo che, per secoli, aveva rappresentato la nemesi della sua famiglia, di suo padre in particolare.
Ed ora eccoli lì, con tra le mani una pozione che avrebbe resettato per sempre la sua esistenza.
 
Abbiamo un accordo?
 
Il solo pensiero di quelle gelide parole sussurrate tra i denti, riusciva ancora a congelarle il sangue all’interno delle vene, donandole un’agghiacciante sensazione di amarezza.
Che cosa aveva fatto? Come le era saltato in mente di stringere un patto con l’Oscuro?
Passato o presente che fosse non aveva alcuna importanza. Aveva tradito la fiducia di suo padre e quel vetro freddo tra le sue dita ne era l’ennesima conferma.
Come aveva potuto accettare? Perché aveva accettato?
Perché sei un’anima disperata…
Già, lo era.
Lo erano tutti, da anni. In seguito all’arrivo di Morgana le cose erano cambiate in maniera inesorabile. Ad ogni alba, ad ogni tramonto, sempre più persone abbandonavano la speranza di essere di nuovo felici, divenendo delle vittime o, ancora peggio, degli schiavi tra le grinfie di una strega.
Dalla morte di sua madre, avvenuta per mano di quel mostro dai capelli simili a serpenti in movimento, nessuno aveva più visto un lieto fine realizzarsi, un amore vincere sull’oscurità, una luce brillare nel buio. Quest’ultimo, al contrario, faceva da padrone su tutto e tutti, cancellando ogni segnale di vita, di gioia.
Nessuno poteva contare sulla propria famiglia. Nessuno poteva desiderare di diventare di più di un fuggiasco o di un sopravvissuto. Come lei, del resto.
Dopotutto, che cosa faceva da dieci anni, se non scappare da Morgana?
Suo padre le aveva spiegato ogni cosa, ogni trucco per non attirare l’attenzione. Suo padre aveva visto morire il suo lieto fine davanti ai suoi occhi, eppure era ancora lì, pronto a lottare fino alla fine pur di proteggerla, pur di tenere in salvo la figlia del suo unico e Vero Amore. Avrebbe fatto qualunque cosa per loro, i suoi figli; e il fatto che ora non fosse lì con lei per trovare Henry insieme a Regina confermava ogni singola parola.
Killian Jones…ti farai uccidere per amore della tua famiglia.
Chi aveva detto quelle parole? Regina? Suo nonno? Trilli?
Non ricordava, e forse non era un male.
Dopotutto non ricordare salvaguardava la sanità mentale. Dopotutto, se fosse riuscita a dimenticare almeno la metà di quella giornata, ora starebbe molto meglio, priva di quello sguardo triste e amareggiato dipinto su quel volto niveo e segnato dalla battaglia.
Solo qualche ora prima, il suo principale pensiero era quello di cercare la collana di sua madre, sbraitando tutte le maledizioni possibili addosso a Jake Mills che l’aveva trattata con un astio ed un odio incomprensibili. Ed ora, invece, era logorata dal senso di colpa e dal rimorso di aver scelto troppo in fretta.
Le cose cambiavano velocemente. Lo sapeva; lo aveva sempre saputo.
Invasa da un’ansia incontrollabile, Eva chiuse gli occhi, cercando di inspirare un po' di quell’aria fresca e pura così simile al profumo da pirata coeso con la personalità di suo padre.
Non poteva crollare, non ora, non quando l’unica possibilità di riuscita si trovava tra le sue mani. Per la prima volta, la speranza di poter vincere e di scrivere la parola fine di quell’incubo interminabile era qualcosa di tangibile, immaginabile.
Appoggiando il capo al tronco ruvido alle sue spalle, Eva cercò di portare chiarezza nella sua mente, rievocando quanto dettole da Tremotino qualche minuto prima.
In fondo, per quanto fosse stata orribile e agghiacciante la sua scelta, ora aveva finalmente uno scopo, qualcosa che la portava a sperare in un cambiamento e non alla mera sopravvivenza come, al contrario, succedeva negli ultimi anni. Ora poteva essere la perfetta erede della Salvatrice. Ora avrebbe potuto cercare di fare quello che avrebbe fatto sua madre: trovare un modo di salvare le persone che amava.
Ma da dove iniziare? L’Oscuro le aveva riferito come aprire una sorta di portale con l’aiuto di Regina.
Ma il problema era proprio quello: dov’era Regina? Di sicuro non in quel preciso punto della Foresta Incantata visto che, l’ultima volta, parlava di imbarcarsi sulla Jolly Roger insieme a suo padre.
Bene.
E, comunque, prima di parlare con Regina e sperare in una sua comprensione, lontana dalla presenza di suo padre, aveva ben altro da fare. Come trovare i principali tre ingredienti per riuscire a viaggiare nel tempo.
Tremotino aveva parlato di tre cose, a dir poco impossibili da trovare, a cominciare dalla prima: una lacrima della persona più simile e più odiata di chi scaglia l’incantesimo; e chi poteva essere? All’inizio, il primo nome comparso nella sua mente era stato quello della Fata Oscura, sicuramente l’essere più odiato negli ultimi dieci anni; ma come poteva anche lontanamente considerare Regina simile a Morgana?
Allora un altro nome si era subito fatto strada tra i mille ricordi della giovane; un nome che, in quanto a reperibilità era decisamente meno alla portata rispetto a Morgana.
Dopotutto, da quanto non si avevano notizie della Perfida Strega dell’Ovest? Tanti, molti…troppi.
Molti ritenevano fosse morta durante uno scontro con la Fata Oscura, quando il figlio era ancora piccolo; altri ritenevano si tenesse volutamente a distanza da quest’ultimo, probabilmente dietro minaccia di Regina. Ma, qualsiasi fosse la realtà, il risultato non cambiava di una virgola: Zelena era introvabile.
Perciò, o la lacrima in questione era di qualcun altro, o già il primo ingrediente era impossibile da recuperare.
- Ottimo….- pensò tra sé e sé la giovane Jones, rimanendo con la testa posata sul ruvido tronco antico, confortata dal sussurro emesso dagli uccelli, nascosti dietro le fronde degli alberi.
Per non parlare, del resto, del secondo ingrediente: una delle sette perle della Regina Bianca.
Bè…tutti sapevano dove si trovasse la regina in questione; nel Paese delle Meraviglie, a circa dieci chilometri dopo la Foresta di Tulgey in un castello infestato dai fantasmi in cui era impossibile entrare, se non dietro invito della regina prigioniera.
E anche il secondo ingrediente era di semplice reperimento.
Per concludere in bellezza, il terzo ingrediente: l’Atto di fede di chi non crede.
L’atto di fede di chi? Chi era a non credere più degli altri e cosa intendeva il Signore Oscuro per Atto di Fede?
Un gioco da ragazzi, non c’era che dire.
E per fortuna Tremotino le aveva detto che non era nulla di complicato; che una volta iniziata la ricerca tutto sarebbe andato in discesa. Pensare che, per un attimo, lei ci aveva pure creduto.
Da dove avrebbe dovuto iniziare? Dalla ricerca di Zelena? Dalla Regina Bianca? Da dove?
Quella domanda, però, non trovò alcuna ipotesi e, tanto meno una risposta. Ma non per la mancanza di idee, o per la paura di sbagliare e non arrivare da nessuna parte.
Ci pensò qualcos’altro, o meglio, qualcun altro a spostare l’attenzione della giovane Jones verso una questione decisamente di più impegnativa.
L’improvviso rumore di un ramoscello spezzato, fece scattare le sue intense iridi verdi verso un punto indefinito della foresta che l’avvolgeva.
Non appena il debole ramoscello venne spezzato in due metà, un piccolo stormo di uccelli fuggì dall’albero su cui aveva trovato riparo, dando ancora più adito alla sensazione di Eva di non essere sola in quella piccola radura dimenticata.
Sentendo la muscolatura divenire improvvisamente rigida e nervosa, Eva assottigliò lo sguardo, staccando lievemente la schiena dal tronco alle sue spalle.
D’istinto, la castana spostò delicatamente la mano sul manto erboso sotto di lei, alla ricerca di un’arma con cui difendersi. Purtroppo, però, l’ultimo oggetto utile alla difesa che aveva impugnato l’ultima volta era stato il tronco con cui aveva stordito Jake qualche ora prima, mettendosi decisamente nei guai.
Jake….possibile che fosse lui? Forse aveva seguito le sue tracce e ora era venuto a fargliela pagare.
Chissà perché, la sola idea che si trattasse dell’ultimogenito di Robin Hood aveva spalancato le porte ad un’orda di farfalle, le quali non persero tempo a depositarsi sul suo stomaco vuoto.
-Jake. Jake. Jake….ti prego, fa che sia Jake…-
Al massimo le avrebbe sbraitato dietro quanto la odiava o l’avrebbe sbattuta addosso ad un albero per mettere in chiaro chi comandava tra loro due.
E qui, ovviamente, le farfalle avevano iniziato una danza propiziatoria dai contorni ridicoli.
Ma quello non era decisamente il giorno migliore per esprimere desideri di alcun tipo.
Quel giorno tutto andava storto, e chi le si parò davanti non fu affatto qualcuno di gradito.
 
***
 
Nell’esatto istante in cui il corpo di Capitano Uncino ebbe varcato la soglia della porta posta alla sua destra, ciò che si trovò davanti fu una visione del tutto differente dalla grotta iniziale, in cui si era ritrovato una volta sceso in quella sorta di incubo ad occhi aperti.
Già, perché quella non era la grotta, affatto.
Quel porto, la panchina su cui, molte volte, aveva trovato rifugio insieme ad Emma, le barche messe in rimessa in attesa di essere utilizzate dai pescatori e proprietari del posto; quella era Storybrooke, una Storybrooke a cui non avrebbe mai e poi mai pensato di assistere. Come, del resto, nel momento in cui era sbarcato in quell’insolita cittadina insieme a Cora, non avrebbe mai creduto di potersene affezionare così intensamente da sentire chiaramente il cuore incrinarsi di fronte a quella visione straziante.
Dopotutto, sebbene lo negasse più e più volte, lui era un tipo sentimentale e l’immagine di esseri incorporei seguiti dalle stesse belve glabre incontrate all’arrivo di Morgana, intenti a distruggere qualsiasi cosa incontrassero, era qualcosa che faceva male allo spirito.
Non vi era più alcuna panchina intatta, più alcun marciapiede su cui camminare a braccetto insieme ad Emma.
Niente più luce; solo ombre, urla di dolore, paura.
Il fuoco, come in quell’illusione creata dalla strega al suo arrivo in città, divorava gran parte della città, mostrandosi del tutto invulnerabile di fronte ai secchi d’acqua lanciati dai due nani, Brontolo e Pisolo, intenti a dare alle povere vittime del posto la possibilità di fuggire. E gli altri nani? Che fine avevano fatto?
Corrugando la fronte e stringendo con forza la sua mano anellata, Killian Jones si inoltrò in quell’orribile luogo, guardandosi attentamente attorno, alla ricerca di qualcosa che riuscisse a chiarirgli maggiormente la situazione.
Anche se, lo sapeva bene, vi era gran poco da chiarire. Quella maledetta non aveva rispettato il patto e, sebbene lui avesse scelto di aspettare Emma insieme alla sconosciuta, il cui soprannome “lucertola verde” non gli era decisamente passato inosservato, lo aveva spedito nel futuro, o meglio, in una rappresentazione del futuro, dove avrebbe visto qualcosa.
Dove avrebbe visto la morte di Emma.
Non riuscendo a reagire in maniera insensibile di fronte a quell’evenienza, Killian si fermò sul posto, serrando con forza la mascella, circondato dai lievi sussurri emessi da quegli spiriti incorporei.
Doveva fare qualcosa. Non poteva limitarsi a guardare ila sua Swan morirgli davanti agli occhi. E se qualcuno si fosse presentato a ricordargli che tutto quello era già capitato, avrebbe saputo come rispondergli a tono; lui veniva dal passato, lui era già un cambiamento e, fosse stata l’ultima cosa che avrebbe fatto, avrebbe salvato Emma Swan. Era una promessa.
Un urlo agghiacciante obbligò il pirata a voltarsi dietro di sé, vedendo una bambina di sì e no dieci anni fuggire a perdifiato da un fantasma dalle sagome buie come la notte.
Senza preoccuparsi di venire visto o meno, Killian si lanciò all’inseguimento della piccola dai corti capelli biondi, la quale continuava ad urlare esaurendo inesorabilmente qualsiasi scorta di energia le rimanesse.
La bambina, i cui intensi occhi color del cielo ricordavano quelli di una principessa dai capelli della sua stessa tonalità color del grano, indossava una semplice maglietta bianca in tinta unita e dei pantaloni in felpa grigi, perfetti per la sua carnagione chiara. Era una bambina di Storybrooke. Una bambina innocente che, di lì a poco, avrebbe incontrato la  morte per mano di Morgana.
Come poteva essere una persona tanto crudele?
Superandola con facilità, Killian cercò di interrompere la sua corsa, fermandosi di fronte a lei.
La piccola, però, sembrò non degnare di uno sguardo la sua presenza, riuscendo facilmente ad attraversare il suo corpo senza dare il minimo segnale di averlo avvertito.
Era evidente che in quel momento la sua presenza non giocava nessun ruolo attivo; era mero spettatore di quanto stava avvenendo e ciò, per quanto cercasse di nasconderlo, gli creava un asfissiante senso di impotenza.
Stringendo nuovamente la mano a pugno, Killian si voltò dietro di sé, faticando non poco a guardare la piccola fuggire da quello spettro, la cui identità continuava a rimanere un mistero. Evidentemente le fila dell’esercito di Morgana non conoscevano limiti.
Bestie oscure, fantasmi, servi come Ector. Morgana pareva avere alleai su tutti i fronti.
“Ehi…da questa parte!”
Richiamato da quella voce familiare, Killian volse lo sguardo verso destra, associando fin da subito quella voce familiare, arrivata, con estremo tempismo, a portare in salvo la piccola indifesa.
Con occhi colmi di orgoglio, Killian Jones posò lo sguardo su Henry Mills, un quasi adulto Henry, la cui età doveva aver decisamente toccato i vent’anni.
Un uomo. Un uomo coraggioso con tra le mani una spada dalla rifinitura simile a quella di un pirata. Che fosse stata lui a regalargliela?
“Perché non te la prendi con me?”
Eh già…evidentemente l’adolescenza doveva aver sortito qualche cambiamento. Effettivamente era sempre stato coraggioso e quella ne era l’ennesima conferma. Chissà in quante occasioni si sarebbe ritrovato a salvare la situazione o ad aiutare lui stesso in qualche missione bisognosa di un trucchetto degno del suo ingegno.
Facendo qualche passo in direzione di Henry, Killian colse la figura di Cenerentola prendere tra le braccia la piccola, approfittando della presenza del giovane per mettere in salvo la figlia e portarla lontano da quel luogo decisamente pericoloso.
Ecco a quale principessa assomigliava; quella doveva essere la figlia di Cenerentola e del Principe Thomas, la piccola di cui, al momento, gli sfuggiva decisamente il nome e che, era certo, nel suo presente era ancora una neonata.
Possibile che Morgana fosse riuscita a mostrargli parte del suo futuro?
Offuscato da quei pensieri privi di una vera logica, Killian volse di nuovo lo sguardo, tornando nuovamente a volgere lo guardare Henry.
Ma non fu Henry ciò che vide; affatto.
 Con estrema velocità, Killian Jones si accorse di non essere più in mezzo alla strada, circondato da fantasmi bestie e fiamme.
Era all’interno di un lussuoso salotto, il cui divano nero gli ricordava terribilmente lo stile di una persona in particolare.
 
 
***
 
 
Con il cuore arrivato quasi all’esofago, Eva si ritrovò ben presto a posare lo sguardo su qualcuno di decisamente poco somigliante a Jake Mills.
Dopo aver spezzato un ramoscello e aver fatto allontanare gran parte degli uccelli della zona, dal fitto fogliame emersero due figure, le quali rivelando dei volti sporchi e decisamente poco rassicuranti, del tutto lontani dallo sguardo fiero e familiare del figlio di Regina.
Un uomo, magro, fu il primo ad uscire allo scoperto, probabilmente il responsabile del rumore emesso qualche istante prima; aveva i capelli lunghi e biondi, unti come pochi capelli al mondo potevano essere. Gli occhi, scuri come il tronco a cui Eva si era caldamente appoggiata fino a poco prima, apparivano simili a quelli di un furetto, come la dentatura storta e poco curata. Non sembrava un vero e proprio guerriero, ma il modo in cui impugnava l’arco fatto a mano non lasciava decisamente intendere che si trattasse di uno sprovveduto, al contrario.
Anche la donna, a pochi metri da lui, appariva decisamente poco curata dal punto di vista igienico; come l’uomo al suo fianco, indossava vestiti fatti a mano, cuciti e ricuciti in più punti, dai toni naturali e poco appariscenti; i capelli, neri come la pece, sembravano non entrare in contatto con l’acqua da decisamente troppo tempo. Al contrario dell’uomo biondo, la donna aveva una corporatura robusta, resa a dir poco minacciosa da una spada tenuta saldamente con la mano destra.
Le intenzioni non parevano essere delle migliori e, ciò, non lasciava presagire nulla di buono.
Di scatto, Eva si alzò dal suo posto, serrando con forza la mascella di fronte a quella visita decisamente inaspettata.
“Guarda un po' Tani…sembra ci sia un intruso a casa nostra!” esclamò l’Uomo Furetto, biascicando le parole, come se i denti davanti non gli permettessero di articolare correttamente la frase.
“Già…il capo non ne sarà contento!” si accodò la donna, la cui voce appariva decisamente meno mascolina rispetto alla sua corporatura.
Tenendo una mano avanti, Eva assottigliò lo sguardo, cercando di studiare con freddezza la situazione in cui si trovava.
Lentamente, con l’altra mano, infilò la boccetta nella tasca dei pantaloni prestateli Alex, sperando che i nuovi arrivati non facessero troppa attenzione a ciò che teneva tra le dita. L’ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento era di venire derubata dell’unica cosa che avrebbe assicurato la sua nascita una volta messo piede nel passato.
Decisa a non rispondere ad una sola di quelle frasi provocatorie, Eva fece un passo verso destra, cercando di apparire il meno insicura di quanto in realtà non si sentisse.
Loro erano in sue, armati e decisamente poco inclini alle buone maniere.
Lei era sola, disarmata e l’unica cosa che sapeva fare era scappare.
Come i topi…
Per un secondo, la voce agghiacciante di Diletta, la riportò faccia a faccia con il lato più oscuro del suo essere, facendole desiderare con tutta se stessa di tirare fuori quel potere assopito dentro di lei. Quel potere che qualche ora prima, nella radura dell’Alleanza, l’aveva fatta sentire forte e potente come mai si era sentita in tutta la sua vita.
Forte.
Potente.
Oscura.
No.
Non lo avrebbe fatto. Se c’era una cosa che si era ripromessa e che aveva finito per condividere, silenziosamente, con Jake era che usare il suo potere avrebbe portato Morgana dritta dritta a dove si trovava lei, mettendo la parola fine a quella sorta di tentativo disperato in cui si era imbarcata con Tremotino.
Per di più, da quando aveva usato quella parte del suo potere, aveva iniziato a sentire qualcosa dentro di sé, qualcosa che non aveva niente a che fare con la parte bianca e pura del suo animo; quella che suo padre tanto apprezzava.
Dall’uso di quel potere latente, aveva iniziato a sentirsi diversa; come se una parte di lei avesse deciso di venire a galla, infischiandosene altamente dei danni che avrebbe creato alle persone che aveva accanto.
La magia l’avrebbe portata in salvo da quella situazione; ma, al contempo, l’avrebbe distrutta dall’interno, trascinandola in un punto a cui, lo sapeva bene, non avrebbe più fatto ritorno.
La cosa, perciò, era piuttosto chiara, non avrebbe usato la magia. Costi quel che costi.
Senza perdere un solo istante a riflettere su quale fosse la cosa più giusta da fare o da dire, Eva si voltò di scatto, inoltrandosi nel cuore della foresta.
Come minimo quei due non si sarebbero aspettati una fuga tanto celere; o almeno così sperava.
Doveva correre, correre, correre.
Non aveva bisogno di assicurarsi di venire seguita; dopotutto, il rumore dei passi emessi dai due nuovi arrivati sembrava echeggiare in tutta la Foresta.
Con il cuore in gola, Eva corse a perdifiato, ignorando i graffi riportati dai lunghi arbusti e stando attenta a non inciampare in qualche radice. Dopotutto, lei era veloce e anche se i suoi inseguitori erano in netto vantaggio numerico rispetto a lei, la velocità avrebbe, come sempre, rappresentato la sua arma di salvezza.
Altri tre chilometri all’interno di quella foresta e avrebbe seminato la donna e l’Uomo Furetto senza troppa difficoltà.
Quasi richiamata da quel pensiero fin troppo positivo, improvvisamente una freccia schizzò alla sua sinistra, sfiorandole la guancia candida. Un solo millimetro più a destra e quell’ora avrebbe avuto un bel buco nello zigomo, con tanto di foro d’uscita.
Evidentemente non era veloce come pensava.
Cercando di correre in maniera meno ordinata, Eva tentò di depistare i suoi inseguitori facendosi scudo con i numerosi alberi davanti a lei, sperando con tutto il cuore che il numero di arcieri alla stregua di Robin Hood o la regina Merida fosse pari a zero.
Il fiato, sempre più corto, cominciava a graffiarle la gola, la quale non era ancora riuscita a riprendersi del tutto dal quasi annegamento di poco prima.
Correre. Correre. Correre.
Non sapeva per quanto tempo ancora avrebbe resistito, ma quello non era decisamente il momento migliore per porsi simili domande.
Continuando a scappare ed ignorando il dolore alla milza e alle gambe, Eva si accorse di non udire alcun movimento alle sue spalle. Nessun urlo di derisione; nessun passo pesante.
Voltando leggermente il capo alla sua destra, Eva confermò la sua sensazione, rallentando via via il passo.
Non la stavano più inseguendo.
Cercando di emettere delle profonde inspirazioni, Eva spostò i capelli dal volto, ignorando il momento esatto in cui lo chignon aveva perso la sua lotta contro quelle folte ciocche castane.
Furetto e Miss Non-Mi-Lavo-I-Capelli-Dalla-Nascita parevano essere svaniti nel nulla. Evidentemente la corsa non era il loro forte o forse avevano preferito una preda meno agguerrita di lei.
Non riuscendo a trattenere un debole sorriso di soddisfazione, leggermente spezzato dall’affanno dovuto alla corsa, Eva si voltò nuovamente, decisa a rimettersi in cammino, distante dal luogo in cui i due banditi l’avevano trovata.
Ciò che non si aspettò, però, fu l’improvviso pugno in faccia, arrivato in maniera così precisa e potente da riuscire a mandarla a terra, in una sola frazione di secondo.
Il dolore non arrivò subito; no, al contrario, ciò che provò inizialmente fu l’amara sensazione di essersi gongolata troppo velocemente, senza prendere in considerazione l’evenienza che due persone come quei due dovevano, per forza di cosa, essere degli esperti delle zone, in grado di conoscere come le loro tasche ogni centimetro quadrato di quel posto, altrimenti perché vestirsi come dei boscaioli senza fissa dimora?
Il dolore, però, non tardò poi molto ad arrivare, acuito maggiormente da un improvviso calcio allo stomaco, il quale riuscì a mozzarle quella debole riserva di respiro rimastale in seguito alla fuga.
“Ahahahah visto Tani? Te l’avevo detto che l’avrei presa!” gracchiò la voce sgradevole dell’Uomo Furetto, il quale capeggiava fiero sopra al corpo piegato di Eva “…mi devi una birra!”
“Vedi di rubarle qualcosa e smettila di parlare a vanvera!” lo rimproverò la donna, la quale non doveva aver apprezzato particolarmente il fatto di aver perso la scommessa.
Chissà cosa le avrebbe comportato l’essere stata stanata da lei; forse le sarebbe stato risparmiato qualche calcio allo stomaco. O forse no.
Non lo avrebbe mai saputo; ma non vi era dubbio che, in quel momento, l’uomo accanto ad Eva amava particolarmente calciare un moribondo ai suoi piedi e, al terzo calcio, non serviva alcuna conferma a riguardo.
Voleva farla soffrire; forse per aver tentato la fuga o forse perché, semplicemente amava far soffrire le sue prede.
L’ultimo calcio sbagliò mira, o forse la mira era stata volutamente modificata; stette di fatto che lo stivale colpì la giovane Jones in pieno volto e l’improvviso sapore ferroso del sangue le inondò le papille gustative.
Quel maledetto; se solo fosse riuscita a rialzarsi gli avrebbe dato tutti quei calci con gli interessi.
Già…se solo…
Altro calcio. Altra risata soddisfatta.
“Milo…vuoi smetterla!” lo riprese nuovamente Tani, guardandosi alle spalle come se qualcun altro mancasse all’appello.
No ti prego, non un altro bandito.
“Dobbiamo andare!”
Ascoltando finalmente le parole della compagna, l’Uomo Furetto posò l’arco ai suoi piedi, inginocchiandosi accanto alla figura percossa fino a qualche istante prima.
“Vediamo cosa c’è qui…” sussurrò il biondo, sorridendo e mettendo in mostra la sua dentatura annerita dal tempo e dall’incuria.
Con fare decisamente troppo attento, l’uomo cominciò a toccare ogni centimetro del corpo di Eva, alla ricerca di qualcosa di abbastanza interessante da venire rubato.
Ciò che fece sbarrare lo sguardo alla giovane, però, non furono tanto le maniere poco galanti del bandito, o il modo in cui inseriva le sue mani sudaticce nelle tasche dei pantaloni; no, piuttosto fu il suo sbuffare scocciato di fronte a due tasche completamente vuote.
Vuote.
Un momento, come potevano essere vuote? Era sicura di aver messo la boccetta nella tasca destra dei pantaloni; lo aveva fatto solo qualche minuto fa, poco prima di mettersi in fuga da quei due maledetti ladri.
Ma allora perché non aveva trovato niente? Perché non aveva estratto il veleno datole da Tremotino?
-Maledizione…l’ho perso…- si maledisse mentalmente, mordendosi il labbro inferiore, insanguinato dal calcio appena ricevuto.
“Come mi aspettavo…niente di niente!” borbottò Milo, rimanendo inginocchiato, alzando gli occhi vacui verso la sua compagna e sputando un grumo di saliva addosso ad Eva.
Ciò che, però, l’arciere non si aspettò fu di mettere in conto chi realmente se ne stava sdraiata ai suoi piedi.
Non una semplice ragazza di sedici anni dal volto candido, in attesa di venire salvata dal suo principe con l’armatura scintillante. Non una povera orfanella, priva di qualcosa di abbastanza interessante da essere rubato.
Quella che aveva ai suoi piedi era la figlia della Salvatrice; la figlia del più grande pirata di tutti i tempi.
Quella che aveva ai suoi piedi era un’anima disperata.
Con tutta la forza che le rimaneva in corpo, Eva approfittò del momento di distrazione, indirizzando il pugno addosso al setto nasale dell’Uomo Furetto, il cui osso cedette con facilità, frantumarsi sotto al colpo ricevuto. D’istino, l’uomo dai capelli biondi portò entrambe le mani al volto, urlando per l’improvviso e accecante dolore.
Furiosa, Eva si buttò addosso all’arciere, continuando la sfilza di pugni che desiderava scaricare addosso a quel farabutto dal primo calcio che le aveva dato.
Rimanendo per breve tempo inerme, il Furetto bloccò uno dei pugni, sbattendo nuovamente il corpo sottile di Eva a terra.
In quel groviglio di corpi, la compagna del bandito si limitava a sbeffeggiare l’uomo dai capelli biondi, deridendolo per essersi lasciato atterrare da una ragazzina gracile e disarmata.
Evidentemente aiutare un amico non era nel codice dell’eccellente bandito, o almeno così pareva.
Ricevendo l’ennesima sberla in pieno viso, Eva osservò con occhi arrosati l’uomo sopra di lei, odiandolo per il modo in cui si sistemava i capelli unti con la mano libera, insanguinandosi le ciocche e rendendole ancora più disgustose.
Stava sorridendo. Quel maledetto stava ridendo di lei, sicuro di poterla eliminare con così tanta velocità.
Certo della vittoria, Milo fece lo stesso errore di poco prima, sottovalutando la ragazza dagli occhi verdi, il cui volto cominciava a riportare i segni delle ultime percosse.
“La gattina sa graffiare” esclamò mellifluo Milo, estraendo dalla tasca un coltellino artigianale, la cui lama irregolare pareva decisamente affilata.
Serrando con forza la mascella, Eva usò l’ultimo briciolo di forza rimastole, togliendosi di dosso il corpo sottile dell’Uomo Furetto; se ci fosse stata la donna al suo posto non sarebbe riuscita a fare la stessa mossa, rimanendo incastrata sotto al suo peso consistente.
Nuovamente colto alla sprovvista da quella dimostrazione di forza del tutto inattesa, Milo sentì il coltellino cedere dalla sua presa poco salda.
Tutto accadde con estrema velocità. La lama toccò il manto erboso sotto di loro; Eva afferrò di scatto il manico intagliato a mano e, in un decimo di secondo, la lama arrugginita e seghettata andò ad impiantarsi sul palmo destro dell’arciere, creando un unico legame col terreno.
Un urlo lancinante squarciò il silenzio della foresta, obbligando gran parte degli uccelli a spostarsi dal loro nascondiglio, come avevano fatto poco prima, quando il principale pensiero di Eva era quello di trovare gli ingredienti necessari per aprire il portale.
Continuando a respirare in maniera affannata, Eva si alzò da terra, lasciando il coltello inchiodato al terreno e alla mano dell’arciere. Con fare ansioso, la giovane si guardò alle spalle, alla ricerca della compagna del malcapitato, la quale non poteva di certo essersela data a gambe con così tanta velocità.
Eppure la donna pareva essere svarita nel nulla, abbandonando il suo amico al suo destino. Non c’era che dire, negli ultimi dieci anni il sacrificio e l’altruismo non rappresentavano i principali valori su cui si basa l’umanità della Foresta Incantata.
Quella lunga giornata interminabile, però, non era iniziata nei migliori dei modi e, di certo, non si sarebbe conclusa in maniera diversa.
Spuntando da una qualche zona della foresta, la donna robusta comparve alle spalle della giovane Jones, puntandole una lama alla gola, di dimensioni decisamente maggiori rispetto al coltellino ancora infilzato sul palmo del Furetto.
“Non muoverti…ragazzina!” le ruggì la donna all’orecchio, sbattendole l’elsa dell’arma sulla nuca, obbligandola così a mettersi in ginocchio, con ancora la lama puntata alla base del collo.
Soffocata dal dolore, Eva seguì l’imposizione della donna, inginocchiandosi a terra, non riuscendo realmente ad avvertire il bruciore alle ginocchia.
Era ovvio che non fosse fuggita; sperarlo era stato fin troppo stupido da parte sua.
“Bene. Bene. Bene….chi abbiamo qui?!”
Sorpresa nell’udire una voce maschile del tutto sconosciuta, Eva alzò il capo dolorante, faticando non poco a tenere gli occhi aperti.
Sbucato da chissà dove, vi era un uomo sulla cinquantina; fisico decisamente poco atletico e rotondo, naso aquilino, occhi di un insolito azzurro spento e barba scura, incolta, della stessa tonalità dei capelli. Come per Tani e Milo, anche il nuovo arrivato non spiccava di certo per la pulizia, ma viste le condizioni in cui si trovava la stessa Eva non poteva di certo essere nella pozione di poter giudicare.
Ecco chi cercava Tani quando il Furetto si stava occupando di lei.
“Non lo so Capo…l’abbiamo trovata a qualche miglio da qui…”
“Ah sì?...e come mai è in queste…condizioni?!”
“Ha aggredito il nostro arciere!”
Cercando di difendersi di fronte a quella falsa accusa, Eva tentò di aprire bocca, ritrovandosi ben presto zittita dalla lama improvvisamente premuta sulla sua giugulare.
Evidentemente la donna non era particolarmente propensa ad entrare nel dettaglio della questione.
Ottimo.
“Che ne facciamo di lei?!” chiese Tani, con fare decisamente troppo accondiscendente rispetto a poco prima.
Come lasciava chiaramente intuire il nome, quello doveva essere l’uomo che comandava baracca e burattini e la sua approvazione pareva importare particolarmente alla sua aguzzina.
“Aveva qualcosa di interessante con sé?!” continuò a chiedere l’uomo, camminando su e giù per il bosco, fermandosi a qualche metro da loro.
“No…niente!”
“C’è qualcun altro con lei?!”
“Direi di no…” rispose la donna.
Dal tono di voce sembrava quasi stesse sorridendo; ma forse era solo un’impressione di Eva, del tutto annebbiata dalla spiacevole piega presa dagli eventi.
Non riusciva a parlare; anche il semplice respirare le creava degli insopportabili dolori allo sterno e alla gola, la quale pareva essersi completamente inzuppata del sangue sputato poco prima, in seguito alle percosse del Furetto.
Se solo avesse potuto chiudere gli occhi ed addormentarsi; riposare quel tanto che bastava a riacquistare le forze, allora sì che avrebbe potuto dare del filo da torcere a quella donnona dietro di lei.
“Bè…chi sei?!”
Assottigliando lo sguardo fiero, Eva puntò i suoi coraggiosi occhi versi sulla figura tozza dinanzi a lei, indurendo le carnose labbra ferite. Non avrebbe detto il suo nome a quell’uomo nemmeno se avesse rappresentato il suo biglietto da visita per la salvezza. Come minimo avrebbe usato quell’informazione per andare dritto dritto da Morgana e guadagnare un bel gruzzoletto per il suo trofeo.
Dopotutto, il suo nome vantava una certa popolarità da quelle parti, e non dal punto di vista positivo. Mentire non sarebbe servito a molto; gli occhi di quell’uomo parlavano chiaramente: i sei utile a qualcosa o muori in silenzio.
“Oh…bene. Quindi, niente nome…niente di interessante da poter rubare…nessuno che sappia dove sia….Uccidila!”
Ecco. Come volevasi dimostrare.
 
***
 
“Sono settimane che quella strega infesta la città…dobbiamo fare qualcosa!”
La voce autorevole di Regina, in piedi in quell’enorme sala, confermò i pensieri del pirata, il quale non riuscì più a sconvolgersi come in passato di fronte a quei repentini cambi di ambientazione. Dopotutto, quello era il regno di Morgana e, con lei al comando, avrebbe visto solo ciò che più si accodava ai suoi piani.
Il salotto lussuoso. Il camino. La donna dai modi autorevoli.
Quello non poteva essere altro se non il terreno della Regina Cattiva, o meglio, l’ex Regina Cattiva.
“Lei vuole Eva…” esclamò la voce di Emma, seduta sul comodo divano e con un’espressione a dir poco sconvolta dipinta sul volto perfetto “…continuerà ad ucciderci tutti, finché non la consegneremo!”
Stupefatto nel trovarsi di fronte ad Emma, Killian lasciò andare la presa sulle mani, riuscendo, dopo tanto, a respirare nuovamente.
“E noi continueremo a non darle ciò che vuole Swan!” tuonò perentoria Regina, avvicinandosi di qualche passo all’amica, senza mai sciogliere le sue braccia, avvolte in un elegante maglioncino in cachemire rosso come il rossetto che portava “…dobbiamo trovare un suo punto debole e contrattaccare!”
“Ma abbiamo già provato di tutto Regina…” esclamò esasperata Emma, alandosi a sua volta dal divano e camminando verso il camino acceso “…la tua magia, la mia magia…perfino il potere di Tremotino si è dimostrato del tutto inutile. Non ci è rimasto nulla da fare se non…”
“Scappare?!” la interruppe acida la bella Mills, inchiodando con lo sguardo scuro l’amica di fronte a lei.
Era sconvolgente il modo in cui due donne dalla fisicità così sottile riuscissero a riempire una stanza dalle dimensioni così estese.
Due caratteri dirompenti; due personalità talmente forti ed energiche da riuscire a mettere in ginocchio il più nobile e valoroso dei guerrieri.
“Ho paura sia l’ultima cosa rimasta da fare!” confermò Emma, tenendo testa a quello sguardo con i suoi occhi verde smeraldo.
Avvicinandosi alle due donne, Killian si lasciò, come sempre, ipnotizzare dal volto angelico della sua Swan. Per lei gli anni sembravano non passare mai; era come se per il suo volto e la sua corporatura tutto rimanesse immutato.
Bellissima. Perfetta.
Eternamente padrona del suo cuore.
“E cosa faremmo una volta arrivati nella Foresta Incantata?...da dove pensi sia arrivata quella pazza con la sua estesa corte di amici?” sbottò Regina, allargando le mani con fare ovvio “…ci darà la caccia, cercherà tua figlia fino in capo al mondo…Lei pensa che sia la sua nemesi; ha decisamente rivelato che non le importa che sia senza magia!”
“Perché teme che, in futuro, riesca ad ucciderla!”
“Appunto Emma! Lei cercherà comunque di uccidere tua figlia…e ucciderà anche noi, uno dopo l’altro lasciando i nostri figli senza nessuno che riesca a proteggerli!”
“Ed è per questo motivo che ho preso una decisione Regina!” esclamò con voce sommessa la Salvatrice, dando le spalle all’amica e sfiorando con la spalla il corpo inconsistente di Killian, il cui animo da spettatore continuava a non essere avvertito.
“Di cosa stai parlando?!”
-Già…di cosa stai parlando Swan!- pensò tra sé e sé il pirata, ritrovandosi a corrugare la fronte.
“Come ho detto…non c’è più niente che possiamo fare contro Morgana, non qui a Storybrooke per lo meno!” esclamò Emma, estraendo qualcosa dalla tasca destra dei suoi jeans scuri, i quali risaltavano particolarmente con il maglione bianco che indossava.
“E pensi che nella Foresta Incantata sarà diverso?!”
“Sì…se c’è qualcosa in grado di uccidere quella donna sono sicura che si può trovare solo lì, dal luogo in cui è stata originata!...e nel luogo in cui Killian po' tenere in  salvo la sua famiglia!”
“Pensi che il pirata possa proteggervi meglio nella Foresta Incantata?...mi pare che si sia abituato piuttosto bene a Storybrook!”
“Sì ma…ma lui conosce quel posto come le sue tasche e-e saprà insegnare ad Eva ed Henry come scappare e nascondersi, almeno fino a quando non troverete un modo per uccidere Morgana!”
“Ho…ho sentito bene? Hai detto…troverete?!” esclamò perplessa Regina, ritrovandosi a fare assumere alle sue labbra carnose una O di pieno stupore.
Voltandosi nuovamente verso Regina, Emma allungò il suo braccio verso l’amica, non staccando per un solo istante le sue iridi da quelle dell’ex Cattiva della Foresta Incantata.
Facendo un passo in direzione della bionda, Regina prese con le dita smaltate il bigliettino dalla mano della giovane Swan, scartandolo con fare sospettoso.
Nel momento in cui i suoi occhi si posarono sulle parole scritte con una calligrafia frettolosa e poco curata, Regina spalancò del tutto la bocca, non preoccupandosi minimamente di nascondere il suo sconvolgimento.
Divorato dalla curiosità, Killian allungò il collo per vedere cosa vi fosse scritto ma, nel momento in cui i suoi occhi blu cobalto si posarono sull’inchiostro scuro, Regina serrò la mano, accartocciando lievemente il foglietto.
“Dimmi, ti ha dato completamente di volta il cervello?” sbraitò adirata Regina, facendo un passo in avanti “…dimmi che mi sto sbagliando e che non stai davvero facendo quello che temo!”
“Non ho altra scelta Regina” le rispose Emma, deglutendo a fatica “…sono la Salvatrice. Sono…sono nata per salvare le persone…per salvare la mia famiglia!” continuò la bionda, sentendo chiaramente gli occhi inumidirsi senza controllo “Io…io non posso rimanere ferma…qui, a guardare una strega mentre uccide una dopo l’altra le persone di questa città. Non posso rimanere ferma mentre minaccia le persone che amo, mentre mi assicura che guarderò la mia famiglia morire senza fare nulla per impedirlo. Come potrei vivere se uccidesse Henry, se uccidesse i miei genitori, o te…o tuo figlio. Io…io non riesco nemmeno ad immaginare a cosa potrei fare se…se vedessi Morgana uccidere Killian…o Eva….” aggiunse, posando entrambe le mani sul capo e sentendo la lacrima rigarle il volto pallido, Emma serrò le labbra tremanti, voltando lo sguardo verso destra, inconsapevole di puntarlo sul volto terreo dell’uomo che amava “…Devo fare in modo che la profezia si realizzi Regina…devo fare in modo che si realizzi la parte riguardante Eva!”
“Swan…” sussurrò a fior di labbra Killian, sbarrando lo sguardo, consapevole di cosa stava per succedere.
Perché non aveva pensato ad una simile eventualità? Come aveva fatto a non capire cosa intendesse Morgana quando gli aveva detto che la morte di Emma nascondeva qualcosa? Che tutta la loro infelicità non era dipesa unicamente dalle sue azioni?
“Emma…non puoi farlo, non puoi abbandonare la tua famiglia per paura che Morgana vinca!”
“La mia non è paura!” si difese con coraggio la figlia di Biancaneve, volgendo nuovamente lo sguardo in direzione di Regina e facendo oscillare la sua coda di cavallo leggermente ondulata “…io sto cercando di mettervi in salvo….Vi sto dando la possibilità di uccidere Morgana!”
“Questo non è mettere in salvo la tua famiglia!” ribatté la bella Mills, sollevando il foglietto che teneva tra le mani “…questo è prendere la decisione più brutta e sbagliata di tutta la tua vita. Da qui non si torna indietro…”
“Lo so…” sussurrò Emma, con sguardo spento e rattristato.
Inchiodato sul posto, Killian saltò sul posto nel sentire la porta alle sue spalle emettere un sinistro cigolio ed, evidentemente, non fu l’unico a lasciarsi prendere dallo spavento.
Di scatto, Emma e Regina si voltarono nella stessa direzione del pirata, scoprendo di non essere sole in quella stanza.
“Jake…” esclamò Regina, posando lo sguardo sul volto confuso del figlio “…non dovresti essere a letto?!”
Nascosto dietro la porta che dava alle scale, se ne stava un bambino di otto anni. Capelli e occhi scuri come quelli della madre, ferma a pochi passi da dove si trovava.
Nonostante il volto imbronciato, il bambino esprimeva una dolcezza impossibile da non amare; così simile a quella del fratello maggiore, Roland.
“Sì, ma non lo sono!” esclamò il piccolo di otto anni, corrugando la fronte.
“Bene…vediamo di risolvere la cosa!”
Avvicinandosi al figlio e cercando di apparire, inutilmente, serena, Regina posò una mano sulla spalla di Jake, invitandolo a voltarsi, per raggiungere la sua stanza al piano superiore.
Mantenendo uno sguardo corrucciato, il bambino dagli occhi tanto scuri quanto espressivi, continuò a tenere lo sguardo incollato sul volto rattristato di Emma.
“Eva…sta bene?” chiese, con voce preoccupata.
“Certo…” gli rispose Emma, cercando di esternare un sorriso sincero.
“Eva sarà sicuramente a letto signorino…al contrario di te!” lo rimproverò bonariamente la madre.
Abbassando per un secondo lo sguardo sui suoi piccoli piedi scalzi, Jake serrò le mani, per poi voltarsi del tutto in direzione della Salvatrice.
“Non lasciarla da sola…”
Sconvolta da quelle parole, Emma serrò le labbra, sentendo nuovamente gli occhi farsi più lucidi.
Avvolta da un silenzio che nessuno, nemmeno lo spirito di Killian Jones, aveva il coraggio di spezzare, la Salvatrice si avvicinò a sua volta, inginocchiandosi e stringendo il piccolo Jake in un abbraccio affettuoso.
Accarezzando quei corti capelli folti, Emma sussurrò delle parole a fior di labbra in modo da non essere udita da nessuno al di fuori del bambino; delle parole lievi che, però, risuonarono chiare e limpide nella mente di Killian.
“Nemmeno tu, piccolo…non lasciarla sola!”
Scompigliando bonariamente i capelli scuri del bambino, Emma si rialzò in piedi, per poi avvicinarsi a Regina e posare una mano sul suo braccio sottile.
“Devo andare Regina…”
Rimanendo in silenzio, Regina osservò l’amica indossare il suo pesante cappotto nero, per poi avvicinarsi alla porta che conduceva ogni ospite e padrone verso l’uscita.
Nel momento in cui Emma fu ad un passo dal varcare la soglia, la voce del sindaco di Storybrooke la fermò sul posto.
“Non farlo Emma…ti prego!”
“Conto su di te…” esclamò la bionda, senza mai voltarsi “…l’ho sempre fatto!”.
Detto ciò, la Salvatrice abbandonò la sala, per poi chiudere dietro di sé tutto e tutti.
 
***
 
 
“…Uccidila!”
Dinanzi a quell’ordine così’ tanto atteso, Tani allargò il suo sorriso, stringendo ancora di più la stretta su quel corpo fragile e ferito.
“Sarà un vero piacere!”
No, no…non era possibile.
Con il fiato ancora più corto, Eva si ritrovò a stringere entrambi i palmi sul braccio nerboruto con cui la donna dietro di lei la teneva ferma sul posto.
Non poteva morire in quel modo; non per mano di quei banditi.
Senza sapere dove fosse Henry. Senza aver salutato suo padre.
No, non poteva permetterlo.
Doveva usare la magia, doveva…
“Io non lo farei se fossi in te!”
Non riuscendo a comprendere se quel divieto fosse rivolto a lei o alla bandita con la spada puntata alla sua giugulare, Eva si ritrovò a spalancare gli occhi.
Era qui.
Era arrivato.
Con quella sua maledetta e splendida voce.
“Jake…”
Sussurrando quel nome a fior di labbra, Eva alzò lentamente il volto, riuscendo ben presto a posare lo sguardo sulla figura atletica e sicura del figlio di Regina.
Indossava ancora i vestiti umidi, gli stessi che gli aveva visto addosso alla festa di Alex; una festa che continuava ad allontanarsi alla velocità della luce dalla sua mente.
Gli occhi, incredibilmente scuri ed espressivi, si posarono per una frazione di secondo su di lei divenendo improvvisamente colmi di dolore. Era ridotta davvero così male?
Velocemente, Jake riprese il controllo di sé, posando nuovamente lo sguardo su quello che era il suo bersaglio.
Perché il figlio di Regina non si era presentato disarmato alla festa; no, affatto. Al contrario, impugnava, con una fierezza impossibile da contendere, l’arco dell’Uomo Furetto, con una freccia dall’impennaggio bianco, il quale avrebbe sicuramente reso il volo più lesto e preciso.
“Oh ma fammi il piacere…”
Ridendo di fronte a quella minaccia, la donna nerboruta fece alzare Eva, usandola come scudo di fronte a quell’arciere decisamente troppo stanco per avere una buona mira.
“…pensi di essere nella posizione per potermi minacciare?!”
“Te l’ho già detto…non lo farei se fossi in te!”
“Ti credi tanto bravo?!” gracchiò la donna, premendo ancor di più la lama alla gola della giovane Jones.
“Non lo credo…” continuò Jake, sicuro come non si era mai mostrato “…lo so e basta!”
Certo, il giovane Mills non brillava per umiltà e, visti i geni materni, non doveva essere una cosa poi così scioccante; ma in quel momento c’era qualcosa di strano in lui, qualcosa che lo faceva assomigliare più ad un giustiziere che ad un principe venuto a salvare la sua amica.
Già…amica….
“Allora forza…” lo incitò Tani, premendo su di sé il corpo sanguinante di Eva “…scocca la freccia!”
Jake assottigliò lo sguardo, tenendo ancor di più quella freccia dal piumaggio bianco come le nuvole alte del cielo.
Si stava preparando a scoccare. Le labbra serrate; i muscoli del collo tesi come corde di violino.
Un solo attimo e la freccia avrebbe spiccato il volo, sicura di conficcarsi nella carne di una delle donne davanti a sé.
“Oh andiamo…non dirmi che tu sei il piccolo Jaky?!”
Rimasto zitto fino a quel momento, il Capo di quel duo improponibile, mostrò con estrema naturalezza tutta la sua sorpresa di fronte alla figura slanciata e decisamente familiare di Jake.
Jacky? Piccolo?
Ma faceva sul serio?
“Ah…” continuò l’uomo, lasciandosi andare ad una risata sprezzante e divertita, alzando le braccia al cielo e lasciandosi illuminare da una sincera sorpresa nel vedere Jake di fronte a lui “…che ci fai da queste parti ragazzo?...credevo fossi più a nord, insieme alla tua numerosa famiglia!”
“Ho avuto un contrattempo…” si limitò a rispondere il giovane Hood, non spostando di un solo millimetro lo sguardo dal corpo di Tani ed Eva.
Allora era vero, si conoscevano.
“Per la miseria…quanti anni sono passati?!....cinque?…sei?”
“Non mi sembra il momento di rivangare i vecchi tempi Phil…!” continuò freddo Jake, ignorando volutamente il rivolo di sangue che, caldo, iniziò a discendere dalla fronte, andando ad intaccare la vista del suo occhio sinistro “…sto cercando di centrare il bersaglio!”
“Forza allora…che cosa stai aspettando…un invito?!” continuò a sollecitarlo la donna, certa di non vedere davanti a sé una reale minaccia.
Dopotutto, un arciere con un occhio solo non avrebbe spaventato nessuno. No?
“Dacci un taglio Tani…vuoi uscire in orizzontale da questo bosco?!”
“C…co…” non riuscendo a rispondere a quell’improvviso rimprovero da parte del suo capo, la bandita abbassò lievemente lo sguardo, sempre senza mai alleggerire la sua presa dal corpo della giovane Jones.
“Suvvia Jaky…stai davvero minacciando la mia donna?!”
“Oh bè…tu stai minacciando la mia!” continuò Jake, imperturbabile, lanciando un mezzo ghigno in direzione dell’uomo robusto, i cui modi barbari lasciavano chiaramente intendere quale genere di vita conducesse, o avesse condotto fin dall’infanzia.
Dal canto suo, Eva non riuscì a fare a meno di sbarrare lo sguardo.
Non sapeva se sentirsi stupita dalle parole usate da Jake o estremamente stupida per pensare ad una cosa del genere con una lama affilata a contatto con la giugulare.
Probabilmente la prima.
“Giusto…giusto…!” borbottò l’uomo, facendo qualche passo in direzione di Jake, andando a tormentarsi il labbro inferiore con l’indice e il pollice, ornamentati da due spessi anelli in oro.
Alla faccia del bandito privo di acqua e sapone.
“Non ho tutto il giorno Phil!”
“Oh…e va bene. Lasciala andare Tani!” sbittò il Capo, liquidando la sua decisione con uno scocciato gesto della mano.
“Ma…ma Capo…questa ragazzina ha colpito Milo e…”
“Dimmi Tani, da quando sono interessato a qualche parere diverso dal mio?!” continuò freddo l’uomo dagli occhi azzurri, incenerendo la donna nerboruta con la sola forza di uno sguardo.
Senza emettere un solo fiato, Tani lasciò la presa dal corpo di Eva, la quale si ritrovò a faticare non poco nel mantenere l’equilibrio.
Lentamente, la giovane figlia della Salvatrice, puntò nuovamente gli occhi su Jake, il quale non sembrava decisamente intenzionato ad abbassare di un solo centimetro l’arco preso in prestito dal ladro, ancora steso a terra e con il coltellino infilzato nella mano.
Con un gesto del capo, Jake suggerì ad Eva di avvicinarsi. Dopo essersi guardata per un momento alle spalle, la giovane non si lasciò intimare due volte lo stesso consiglio e, con masso malfermo, raggiunse il punto occupato dal ragazzo.
Questi, lasciandola del tutto di stucco, abbassò velocemente l’arco, sfiorandole delicatamente il volto tumefatto con le dita, le stesse con cui, un secondo prima, aveva trattenuto la freccia dal suo volo omicida.
Strano, solo poco fa, con quelle stesse mani l’aveva fatta ballare; solo poco fa quelle stesse mani l’avevano trattata con tanta durezza e autorità da farle ribollire il sangue nelle vene.
Le cose cambiavano, lo aveva capito fin troppo presto.
Ma c’erano cose, cose che, per quanto cambiassero e per quanto cercassero di nascondersi da occhi indiscreti, finivano sempre per rimanere le stesse.
Come il contatto delle sue dita con la sua pelle; qualcosa di così indescrivibile e piacevole che, per un secondo, Eva si ritrovò a chiudere gli occhi, grata di poter nuovamente assaporare quel profondo profumo di foresta.
“tutto ok?!” le chiese il giovane Hood, con voce roca e sguardo fermo.
Non avrebbe saputo dire se era furioso con lei o terribilmente preoccupato
“S…sì!” esclamò Eva, incrociando nuovamente quelle iridi scure su cui riusciva sempre a perdersi.
Persino lui, solitamente così sicuro, così bravo a controllare le sue più profonde emozioni, ora sembrava trovarsi all’interno di una terribile faida interna, dove non si capiva se a vincere fosse la parte gentile del suo cuore, o quella dura e fredda che, da quando lo aveva incontrato settimane prima, pareva aver avuto sempre la meglio in quella lotta.
“Bè…è stato un piacere rivederti Phil!” esclamò Jake, alzando lo sguardo sull’uomo panciuto, il quale non aveva mosso un solo passo nella loro direzione, limitandosi a guardarli come un bottino d’oro in piena regola.
Quell’uomo riusciva a metterle i brividi, non c’era che dire.
Senza attendere una reale risposta da parte del conoscente, Jake posò la mano sulla spalla sottile della giovane, apprestandosi ad abbandonare i due banditi.
Ma quella giornata continuava a mantenere un profilo decisamente basso sul fronte della fortuna e la voce insolita ma ugualmente autorevole del capo dei banditi, riecheggiò nella foresta, obbligando i due giovani a fermare la loro andata.
“Oh…non così in fretta…!” lo richiamò Phil, avvicinandosi di qualche passo alla suo vecchio “…non hai nemmeno il tempo di fare due chiacchiere?!”
“Abbiamo da fare!” lo liquidò velocemente il giovane Hood, non rendendo molto chiaro se il rapporto tra i due fosse amichevole o meno.
“Oh…affari importanti immagino...”
“Esatto!”
“Già…capisco….” continuò Phil, tornando nuovamente a tormentarsi il labbro inferiore, in un vistoso tic nervoso impossibile da non notare “…dopotutto sai che sono un uomo d’affari!”
“Già…lo so!”
“E immagino che il vostro…affare…non possa aspettare giusto? Immagino che ci teniate particolarmente!”
Eva si limitò ad emettere un lieve cenno col capo, non riuscendo a capire se quella che aveva appena fatto fosse stata la firma volontaria alla sua condanna a morte.
Dal canto suo, Jake continuava a non muovere un solo muscolo, limitandosi a stringere la presa sull’arco e sulla spalla sporca di terra dell’ultimogenita di Killian ed Emma.
“Bene…vi capisco. E sapete perché vi capisco?...perché anch’io ho un affare importante che…ahimè…voi avete appena fatto saltare!”
“E cosa centriamo noi con il tuo maledetto affare?!” sbottò Eva, ancora livida di rabbia nonostante le ammaccature e la difficoltà a tenersi in piedi.
“Oh…ahahah che caratterino. Hai trovato la tua anima gemella ragazzo?!”
“Che vuoi Phil?!”
“Ma che fai…gli dai retta?!” gli chiese sbalordita Eva, guardandolo con due occhi sbalorditi “…non crederai mica che abbiamo davvero intralciato con il suo piano?”
“Sì che lo abbiamo fatto...”
“E come?!”
“Gli abbiamo…o meglio, gli hai messo fuori uso l’arciere!!”
“E con questo?...”
“Ad un Cacciatore di orchi serve sempre un arciere….” Esclamò serio Jake, posando per un attimo lo sguardo sul volto stupito di Eva.
“E tu lo sai…perché…”
“Oh…perché un tempo era il nostro arciere dolcezza!” la interruppe Phil, incrociando le braccia al petto con un sorriso soddisfatto dipinto in faccia “…il miglior arciere che abbia mai visto!”
 
***
 
Per un momento Killian Jones rimase immobile al centro della sala, consapevole di quanto poco rimanesse da ascoltare in quella stanza; di quanto poco rimanesse da vedere, da scrutare.
Avrebbe dovuto correre dietro alla sua Swan, capire dove fosse diretta e per quale motivo Regina fosse impallidita a quel modo di fronte a quel bigliettino consegnatole da Emma.
Ma in cuor suo, nel suo cuore un tempo annerito dalle cattive azioni compiute, Killian sapeva bene cosa stava per accadere.
In fin dei conti, se c’era una cosa di cui si era spesso vantato era la sua perspicacia e il modo in cui sapeva leggere nell’animo di Emma; un libro aperto, il suo libro aperto preferito.
Spesso e volentieri, anche quando l’occasione non lo richiedeva, lui riusciva sempre a leggere dentro di lei, a capire cosa si muovesse dentro quella sua mente sempre piena di pensieri e paure.
Sapeva capire quando nascondeva qualcosa, quando ometteva qualcosa.
Dopotutto, era questo che sapeva fare un buon pirata: cercare le cose nascoste; e lui, per quanto non guidasse più il suo vascello come un tempo, sarebbe sempre rimasto un pirata.
Improvvisamente, quasi privato della forza della sua volontà, il giovane Jones si ritrovò a varcare a sua volta la soglia dell’immenso salotto, ritrovandosi a fissare la maniglia della porta d’ingresso.
Non voleva aprire quella porta. No voleva avere la conferma delle sue paure; non quando tutto ciò riguardava l’unica persona in grado di tenerlo in vita, lontano dall’oscurità.
Ma, come aveva capito fin troppo bene, in quel luogo non esisteva il libero arbitrio e, di getto la mano destra afferrò la maniglia della porta, al di fuori della sua volontà, com’era successo qualche settimana prima, quando si trovava ancora sotto il controllo del coccodrillo.
Come il Signore Oscuro, anche Morgana stava giocando con la sua vita e lì, in quel luogo colmo di magia nera e in grado di mostrargli il futuro, Morgana non lo avrebbe reso partecipe del momento e del motivo per cui avrebbe acquistato la sua mano; non gli avrebbe mostrato l’attimo più felice della sua vita insieme ad Emma.
No, al contrario gli avrebbe mostrato il più terribile. Il più oscuro.
L’attimo apparso in quel momento davanti ai suoi occhi, in un’anomia stradina secondaria di Storybrooke.
Ignorando volutamente la leggera pioggia proveniente dal cielo scuro della notte, Uncino si guardò per un attimo dietro le spalle, consapevole di essere avvolto unicamente dalla notte. Con passo nervoso,  si avvicinò al corpo immobile di Emma, ferma in mezzo alla strada, del tutto disarmata, ma con lo sguardo più sicuro e fiero che possedeva.
Aveva i capelli sciolti. Lo stesso cappotto nero che le aveva visto pochi istanti prima.
Chissà cosa aveva fatto dopo essere uscita dalla casa di Regina. Era andata a salutarlo? Lo aveva reso partecipe di quella scelta disperata?
Mettendosi al suo fianco, Killian seguì lo sguardo della sua futura moglie, la cui fede al dito pareva brillare di luce propria, in quella notte priva di alcuna stella.
Con lo sguardo verde puntato davanti a sé, Emma fissava la figura sprezzante di Morgana, la quale pareva essere circondata da esseri inquietanti, in grado di sussurrare frase impossibili da comprendere, ma in grado di far rabbrividire il più coraggioso degli uomini.
Con la bacchetta nera tra le mani ed un sorriso sghembo e storto come la postura del suo collo, inclinato verso destra, Morgana pareva in attesa di qualcosa, del tutto a suo agio in quell’inquietante e fredda oscurità.
“Allora Emma Swan…ti sei finalmente decisa a darmi ciò che voglio?!”
“Se è la morte ciò che vuoi Morgana…direi di sì!” rispose la Salvatrice, i cui lunghi capelli biondi volavano selvaggi a causa delle improvvise raffiche di vento, provenienti da ovest.
Lasciandosi andare ad una risata insana, Morgana si avvicinò di qualche passo, seguita dai suoi spiriti dalla consistenza spezzata e dai suoi sussurri impossibili da far tacere.
“Ahahah…come siete divertenti topolini. Alle volte mi dispiace uccidervi…mi fate divertire così tanto!”
Rimanendo in silenzio, Emma serrò entrambe le mani, pronta a mettere in atto il suo piano.
“Ma, per quanto mi piaccia ridere di voi, se non sei venuta a portarmi tua figlia, Salvatrice…penso non ci sia alcun motivo per cui io debba rimanere qui”
Voltandosi con fare altezzoso, Morgana diede le spalle ad Emma Swan, chiarendo con estrema precisione il suo disinteresse di fronte a quella presenza carica di fierezza e coraggio.
“Non così in fretta Morgana!”
Bloccandosi con la mano impugnante la bacchetta ferma a mezz’aria, la Fata Oscura voltò lievemente lo sguardo alle sue spalle, quasi incuriosita di fronte alla sfacciataggine dimostrata dalla Salvatrice.
Porgendo al mostro di fronte alle lei il sorriso più sfrontato, Emma avvicinò la sua mano destra al suo petto.
Il vento, quasi potenziato dalla forza d’animo dimostrata dalla donna dal cappotto scuro e dai capelli color del grano, sembrò sferzare con maggior impeto, facendo oscillare con ancor più prepotenza le ciocche di capelli sciolti.
Anche la pioggia, non più leggera e debole, aumentò la sua sferzata, bagnando completamente il volto di Emma e Killian, il quale pareva essersi pietrificato alla vista di quella mano così vicina al cuore.
Il procinto di una tempesta sembrò discendere lungo quella strada mal illuminata, facendo ricadere sulla fronte i capelli scuri del pirata.
In un gesto improvviso ed estremamente calcolato, Emma immerse la sua mano sul petto, rimanendo improvvisamente senza fiato a causa del suo gesto.
“No…”
Sconvolto alla vista di Emma con in mano il suo stesso cuore, Killian fu investito da una sorta di dejà vu di cui, al momento, non riusciva a comprenderne il significato*.
Lentamente, quasi impossibilitato a muoversi con la sua solita disinvoltura, il giovane Jones si avvicinò di un passo, pronto a fermare quel gesto così insensato.
Improvvisamente, però, la mano libera di Emma gli afferrò la mano.
Lo afferrò. Lo toccò. Come se fosse realmente lì, come se la sua passata inconsistenza fosse svanita come neve al sole.
Di scatto, il pirata alzò il volto, accorgendosi di come quei profondi e dolci occhi verdi lo stesero fissando con estrema intensità.
Lei lo vedeva.
Nulla fermerà la Fata Oscura. Se non la Magia del Vero Amore, nata dal sacrificio di chi più l’ha amata!”
Esclamò a gran voce la Salvatrice, tentando di sovrastare il vento e la pioggia, sempre più dirompenti.
Stava recitando una parte della profezia, la stessa che aveva udito prima che Morgana lo facesse arrivare lì.
“Trova l’anima Indistinta Killian…” sussurrò Emma, quasi impossibile da cogliere.
Sbarrando lo sguardo di fronte alle parole e allo sguardo disperato di Emma, Killian si ritrovò a stringere la presa su quella mano pallida.
“Perché lo stai facendo Emma?”
“L’ho già fatto…l’ho fatto per noi…” gli rispose con voce rotta.
“Per…noi?!” chiese Killian, sconvolto da quel gesto, da quelle parole.
“”Direi che il momento degli adii è finito!...”
Improvvisamente il volto terrificante e, al contempo, seducente di Morgana apparve davanti al corpo della giovane Swan, la quale indurì nuovamente lo sguardo, senza però mai staccarlo da quello di Killian.
Strano, Morgana pareva sorpresa di fronte alle parole di Emma; possibile che tutto ciò stesse sfuggendo dal suo controllo?
“Guarda cosa farà i tuo Amore Capitano…guarda come preferisce la morte a te e tua figlia!””
Quasi in sintonia con quel suo sguardo coraggioso, Emma serrò la presa sul suo cuore, ritrovandosi ad inginocchiarsi piegata dal dolore.
“Nooooo….”
Inginocchiandosi a sua volta, il bel Jones posò la mano sulla spalla sottile di Emma.
“Visto Capitano?...è stata lei ad abbandonarvi! Io non centro assolutamente nulla…l’ennesima vittima del buonismo malriposto degli eroi!” aggiunse civettuola Morgana, fingendosi ferita nel raccontare un simile atteggiamento nei suoi confronti.
Quasi insensibile di fronte alle parole della Fata Oscura, Emma alzò lo sguardo su Morgana, ritrovandosi a sorridere.
“C’è una cosa che lei continua a non capire Killian…”
Sentendo il suo nome pronunciato con coì tanta chiarezza, il pirata si ritrovò a corrugare la fronte. Perché gli stava parlando? Perché Morgana permetteva che succedesse una cosa del genere?
Anche se, dal suo sguardo, non vi si leggeva assolutamente la solita soddisfazione.
“Che…che cosa?!”
“L’amore trova sempre il modo…”
Sorridendo colma di speranza, Emma afferrò il volto del pirata, obbligandolo a guardarla negli occhi mentre, per l’ultima volta, aumentava la presa sul suo cuore, lasciandolo sbriciolare sulle sue stesse dita.
“...per farti trovare la strada di casa…”
Ed improvvisamente, l’urlo carico di frustrazione di Morgana fece scendere la notte, prima ancora che il corpo di Emma si lasciasse cadere a terra, privo di vita.
 
 
 
 
 
 
 
*Qui mi riferisco al fatto che, in un futuro decisamente poco lontano (e che noi CS sappiamo bene!!!) il Killian del passato assisterà ad un sacrificio analogo da parte del suo amore e la sua reazione sarà molto molto simile (sicuramente avrete già capito a quale scena mi riferisco, ma ho preferito scriverlo). Dopotutto, sapete quanto amo i parallelismi :P (4x23).
 
 
 
 
Non ci crederete, ma questa volta l’enorme ritardo ha una buona giustificazione:……………mi hanno rubato il cellulare (qui un BLOODY HELL non me l’ha tolto nessuno!!!!)...e qui direte “Che centra con il ritardo???”…bè dentro al cellulare avevo salvato tutte le note riguardanti la ff; tutte le idee che avevo, gli appunti, il finale…praticamente il filo conduttore di tutta la ff era lì dentro.
Perciò, ho dovuto riscostruire tutto da capo e, credetemi, non è stato affatto facile. Ho dovuto rileggere tutta la ff dall’inizio, cercando via via di ricordare tutte le cose che avevo in mente e che dovevo ancora scrivere; spero di non aver fatto grandi danni con questo capitolo; nel caso ditemelo pure così sistemo.
Cmq….almeno stavolta il ritardo non è dipeso del tutto da me….merito di essere perdonata più facilemente no?! :P
Cmq…eccoci arrivati al 19simo capitolo. Spero vi sia piaciuto e vi abbia appassionato come gli altri.
Come accade da un paio di aggiornamenti, il capitolo oscilla tra due universi, quello in cui è finito Killian e il passato di Eva. Riguardo il primo, qui Killian assiste alla morte di Emma (molte di voi avevano capito che lei si sarebbe sacrificata….mi piace che certe cose vengano intuite :P)¸spero di aver descritto bene la scena…è stata una di quelle a cui ho pensato di più.
Dal canto suo, Eva ha perso la sua collana e non solo; ma sappiamo bene che riavrà tutto con sé….sta solo a voi scoprire come. Qui, infatti, vediamo un Jake leggermente diverso…non è impazzito, il carattere difficile lo mantiene tutto….ma sono sicura che nel prossimo capitolo capirete un po' di più sul suo comportamento.
Cmq….non vi annoio più con le mille parole che mi escono dalla mente. Spero il capitolo, non vedo l’ora di sapere cosa ne pensate.
Grazie di cuore a tutte le persone che continuano a seguirmi, nonostante i ritardi, nonostante la lunghezza della storia….nonostante tutto. Grazie di cuore a chi legge, a chi inserisce la storia nelle varie categorie e, in particolar modo a chi recensisce, dandomi una voglia di scrivere che spero non si esaurisca mai. Lo dico sempre, ma non mi stancherò mai…questa storia continua ad esserci grazie a voi…non so davvero come ringraziarvi, se non a parole. Grazie a chi ha recensito: yurohookemma, Sere2897, k_Gio_, Kerri, Ornylumi, Julia_Greenshade e pandina….siete le mie muse, questo è un dato di fatto!!!!! E un grazie di cuore anche a chi ha recensito in passato, rendendo questa ff possibile!
Ok, la smetto.
Ah…ovviamente BUON OUAT DAY….chissà cosa succederà in questo episodio??? Questa quinta stagione sta decisamente facendo aumentare i miei livelli di ansia….per non parlare poi delle foto spoiler che girano ultimamente.
Ditemi che non sono l’unica a sentirmi male.
Un grosso abbraccio a tutti.
La vostra affezionatissima
Erin ♥
 
 
 
PS: come sempre, scusatemi per gli errori di battitura…non appena avrò tempo rivedrò tutti i capitoli, sperando di limitare i danni:P
   
 
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