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Autore: Happy_Pumpkin    23/02/2009    3 recensioni
...Lui, che aveva cercato di dominare l'impulsività che tanto lo rendeva diverso dal calcolatore fratello, odiava sentirsi incapace di gestire le proprie emozioni.
Si detestava, a sua volta detestando e desiderando allo stesso tempo Itachi.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Itachi, Sasuke Uchiha
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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lotta

Solitudine



Remember when you were young, you shone like the sun.
Shine on you crazy diamond.
Now there's a look in your eyes, like black holes in the sky.
Shine on you crazy diamond.
You were caught on the cross fire of childhood and stardom,
blown on the steel breeze.
Come on you target for faraway laughter, come on you stranger,
you legend, you martyr, and shine!

“Shine on you, crazy diamond” - Pink Floyd*
(Sì, questa canzone è Itachi XD)






Itachi si portò davanti a casa.
Aveva voluto ritornarvi solo nonostante i suoi compagni di squadra avessero più volte insistito per accompagnarlo, preoccupati a causa del braccio fasciato.
Si guardò quel braccio con una venatura di disgusto.
Avrebbe dovuto compiacersi: d'altronde era riuscito a difendere la sua squadra da un'imboscata.
E invece non provava altro che una sorta di disprezzo per quell'arto che, anche se per pochi giorni, sarebbe stato inutilizzabile.
Quando mosse un passo leggero sulle scale in legno, silenzioso come un'ombra, vide sua madre  comparire da oltre la porta scorrevole, tenendosi le mani davanti alla bocca.
Era davvero in pena.
“Itachi!” esclamò correndogli incontro.
Lui rimase immobile a fissarla e, altrettanto immobile, ricevette l'abbraccio da parte della donna che gli accarezzò poi una guancia.
“Come ti senti? Ci hai fatto stare in pensiero...”
“Sto bene madre.” rispose lui accennando ad un debole sorriso.
Lentamente si scostò entrando in casa.
Fugaku era seduto presso il tavolino del soggiorno, voltandosi quando scorse il figlio: aveva in mano una tazza di thé che posò immediatamente alzandosi in piedi.
Tra i due non ci fu un immediato scambio di parole.
Itachi lo sapeva perfettamente: stava venendo studiato, analizzato, per capire se avesse sbagliato qualcosa.
“Temevo che fossi ridotto peggio – fu la conclusione paterna, non priva di un certo sollievo – la missione è comunque andata bene?”
La missione. E' vitale. Altrimenti sei fuori.
E Itachi Uchiha non poteva permettersi di sbagliare, mai.
“Certo padre. Me ne sono occupato personalmente.”
Anche se il chakra nemico gli aveva bruciato per intero la pelle del braccio sinistro. Irrilevante di fronte alla prospettiva di completare ciò che gli era stato affidato.
“Bravo Itachi. Ben presto prenderai il mio posto e Konoha non potrà che sentirsi sicura con te a proteggerla.”
Itachi non sorrise né si mostrò compiaciuto.
Solo stanco... distrutto... era come se ogni giorno che passava tutti cercassero di succhiare, simili a  tanti parassiti, la sua linfa vitale.
Ognuno, senza esclusioni, voleva qualcosa da lui, sempre.
Il padre batté le mani entusiasta per poi esclamare:
“Sasuke! Ma dove si è andato a cacciare? - sospirò paziente per poi chiamare a voce più alta – Sasuke! E' tornato Itachi!”
Dicendo questo poggiò una mano sulla spalla del figlio più grande e lui, rigido, aveva accettato quel contatto.
Dopo qualche istante si sentì un rumore di passi frettolosi, un cadere di oggetti, e infine comparve la figura affannata di Sasuke.
Questi si era bloccato, guardando con occhi sgranati il fratello con il braccio fasciato.
“Itachi!” esclamò alla fine dopo aver preso una grande boccata d'aria.
Mosse un passo poi si arrestò.
Avrebbe voluto correre incontro al fratello maggiore, abbracciarlo, ma si era imposto di restare immobile.
D'altronde aveva ormai quindici anni e non poteva comportarsi come un bambino... non più ormai, anche se, sotto la maschera di orgoglio, avrebbe tanto voluto.
Itachi lo fissò, concedendo infine al ragazzino un accenno di sorriso.
“Ti stavi allenando?” chiese notando il sudore sulla fronte del giovane ninja.
Questi annuì non nascondendo un'espressione soddisfatta, asciugandosi poi il volto con una manica.
Quella era l'occasione giusta per attirare le attenzioni del fratello maggiore: avere ancora i suoi occhi puntati contro di sé, con attenzione, come raramente ormai capitava.
Tutti volevano irrimediabilmente rubargli Itachi.
“Sai, ho imparato nuove...”
Ma il padre, sospirando spazientito, lo interruppe piuttosto seccato:
“Avanti Sasuke, non disturbare Itachi con le tue stupidaggini, abbiamo cose più importanti di cui parlare io e lui... torna a giocare.”
Sasuke rimase immobile.
Il suo fratellone lo stava osservando e, nonostante questo, avrebbe voluto gridare, prendere a pugni suo padre, devastare quella casa... giocare... i suoi allenamenti
mirati solo a sperare di poter raggiungere Itachi, anche se lo facevano quasi svenire dalla fatica, erano per lui un gioco?
Abbassò la testa, sentendosi frustrato, colpito in pieno dalla mancanza di considerazione della sua famiglia.
Itachi guardò Sasuke negli occhi per poi spingergli la fronte con il dito indice, lasciando che il fratellino si ritenesse sorpreso e allo stesso tempo indignato per quel gesto.
“Dopo parliamo insieme.”
Gli aveva detto questo. Con la sua voce profonda, il volto privo di emozioni e quegli occhi che non smettevano di scrutarlo.
Il ragazzino, portandosi involontariamente una mano sulla fronte appena sfiorata dal fratello, annuì.
Infine padre e figlio insieme si allontanarono... per parlare, per sentirsi superiori rispetto a lui, Sasuke, che non avrebbe mai avuto il privilegio di far aspettare il fratello maggiore in un anonimo soggiorno.

“Impara da tuo fratello, Sasuke.”

Ogni giorno aveva in testa quella frase, il suo epitaffio personale... peccato non lo aiutasse realmente a migliorare, solo a farlo sentire peggiore.
Logorandolo, come se lui fosse stato una maglietta vecchia, usata più e più volte, il tessuto scucito che si andava disfacendo.
Eppure gli altri non avrebbero smesso di usarla, ricordandogli che già Itachi era passato per quel cammino e non si era mai lamentato.
Peccato che Itachi fosse una maglia perfetta, mentre lui era solo un pezzo di stoffa macchiato... sì, era così che si sentiva.



Erano passate le ore e Itachi non si era minimamente degnato di interessarsi del fratello.

Sasuke aveva aspettato, invano, che il maggiore avesse un minimo di tempo da poter sprecare con lui, anche solo per chiacchierare di stupidaggini come quando era bambino.
Si era sentito preso in giro.
E, allenandosi con rabbia, aveva perso il conto dei minuti, delle ore, del tempo...
Era rientrato solo di sera, correndo veloce per le strade di Konoha con l'ansia di aver fatto preoccupare la sua famiglia per l'assenza prolungata.
Ma, sulla soglia, si arrestò.
Sentì le voci allegre dei suoi famigliari presso il soggiorno.
Lui non c'era.
Lui non serviva a nulla in quel nucleo che, se ne rendeva conto da tempo, ruotava attorno ad Itachi.
Il sole che continuamente lo metteva in ombra.
E allora perché avrebbe tanto voluto poter essere messo sotto la sua luce? Forse anche lui alla fin fine era come tutti gli altri.. adoratori ciechi di Itachi...
No... sentiva di amarlo perché era Itachi e basta, superiore ai comuni mortali ma allo stesso tempo chiuso in una fragilità che difficilmente qualcuno che non gli fosse vicino avrebbe potuto capire.
Amarlo?
Gli faceva paura quel termine. Davvero paura.
Aprì la porta scorrevole e, quando apparve, come un fantasma sputato dall'oscurità, le chiacchiere cessarono.
Itachi, immobile, era seduto ad un lato del tavolino basso e rettangolare, mentre suo padre era capotavola.
Proprio quest'ultimo esclamò notevolmente allegro:
“Ma dov'eri stato? - poi guardò Itachi che a sua volta fissava il fratello – Itachi ha ricevuto una promozione nella squadra! Allenati Sasuke e un giorno magari potrai sperare di seguire le sue orme!”
Sorrise allegro mentre la moglie iniziava a portare le varie porzioni, invitando Sasuke a lavarsi le mani e a mettersi a tavola.
Questi disse semplicemente:
“Congratulazioni.”
Era felice per Itachi, davvero. Ma in quel momento avrebbe solo voluto scappare, inseguito dalla perenne sconfitta che sembrava perseguitarlo.
“Grazie.” rispose lui calmo, le mani appoggiate sulle ginocchia.
La cena si svolse secondo la norma.
Fugaku parlava di missioni, di allenamenti, di tecniche.
Solo e soltanto lui, seguito a volte da qualche breve risposta di Itachi. Il quale evitava lo sguardo del padre, come se non gli interessasse, limitandosi di tanto in tanto a fissare proprio Sasuke.
Quest'ultimo
era investito dalla potenza di quegli occhi così scuri, carichi di un sentimento talmente forte da rischiare di soffocarlo.
Un sentimento che non riusciva a decifrare.
Eppure nel frattempo
Sasuke di sottecchi  contemplava suo fratello mangiare.
Il modo leggero in cui impugnava le bacchette, con quelle splendide dita affusolate... il modo in cui portava alla bocca il cibo...
Quella bocca così sensuale, appena carnosa, dischiusa di poco a mostrare uno scorcio dei perfetti denti bianchi.
Infine Itachi la richiudeva, masticando con lentezza studiata e attraente un boccone per poi mandarlo giù con la lingua. Inghiottendo, il pomo d'Adamo sporgeva oltre il collo asciutto, pallido e fatalmente scoperto, in contrasto con la maglia dello stesso colore dei capelli lunghi.
Sasuke si sentiva in subbuglio nel vederlo così umano, così vicino a lui, maledicendo e benedicendo al tempo stesso la fortuna di avercelo di fronte.
Qualcuno si sarebbe accorto del modo in cui lo guardava?
Avrebbe voluto essere uno di quei pezzi di cibo, sballottato appena nella sua bocca e poi inghiottito con passione.
Abbassò la testa, dandosi dello stupido.
Poi, nel corso della serata, gli sembrò quasi di leggere un disperato grido di aiuto negli occhi del fratello maggiore.. perché, a differenza di lui, Itachi stava davvero soffocando... per la sua stessa bravura.
No... non poteva che essersi sbagliato.
Itachi era solitario, riservato, schivo, e mai avrebbe chiesto aiuto a qualcun altro che non fosse lui stesso.
Verso la fine della cena calò il silenzio.
Un silenzio soddisfatto, mentre Fugaku sorseggiava tranquillamente del saké appoggiandosi una mano sulla coscia.
Itachi non parlava. Fissava il piatto vuoto davanti a lui.
Si sentiva vacillare, era come se il peso dell'arto immobile lo facesse ondeggiare per il verso sbagliato. Doveva stare attento o sarebbe crollato.
Poi guardò Sasuke. Ancora.
Sasuke che non riusciva a comprendere.
A tratti sembrava che lo adorasse e altre volte che lo odiasse... no, non sentiva invidia da parte sua... era più un odio malcelato, l'augurio che non fosse mai nato.
Quando suo padre lo elogiava gli sembrava di sentirlo sussurrare malevolo:
“Vorrei che tu non fossi mai nato, Itachi. Così nostro padre mi guarderebbe.”
Avrebbe voluto rispondergli:
“Anch'io.”
Avrebbe voluto chiudersi in una sfera trasparente, isolato dagli altri, oppure addirittura eclissarsi definitivamente.

Fatemi respirare. O sparirò, risucchiato da voi.

Nessuno però sembrava volerlo ascoltare, nessuno.
Infine lentamente si alzò dicendo con voce incolore:
“Gradirei alzarmi. Vado a fare un bagno e poi mi corico. Sono stanco.”
Fugaku annuì premunendosi di aggiungere:
“Ben detto. Domani mattina ci aspettano per il rapporto della missione.”
“Certo.” aveva confermato il figlio per poi girarsi.
Come sempre.
Sasuke lo guardò allontanarsi.
Sentì il cuore battere più velocemente.
Itachi, nella sua sfera privata, si concedeva il lusso di un bagno. Solo. Senza obblighi o etichette formali.
Poco dopo, nel silenzio della tavola rotto soltanto dalla madre che toglieva le stoviglie, Sasuke si alzò a sua volta dicendo:
“Vado a dormire. A domani.”
Anche lui doveva compiere una missione con la sua squadra ma nessuno sembrava ricordarsene. Cosa pretendeva? Non poteva essere importante in confronto alla promozione di Itachi.
I genitori lo salutarono e lui scomparve dal soggiorno.
Davanti a sé aveva il lungo corridoio in legno, camera sua era dalla parte opposta.
Con le calze bianche che attutivano i suoi passi si accinse a camminare, avvolto dall'oscurità, notando che solo una luce fioca proveniva dalla fessura della stanza dove si trovava il bagno.
Si arrestò.
Poteva sentire chiaramente lo scrosciare dell'acqua calda che Itachi versava nella grande vasca in legno. Un rumore dolce, attutito dalle pareti che li separavano.
Sasuke deglutì, agitato.
E poi, prima che la ragione potesse ordinargli diversamente, mosse qualche altro passo e si ritrovò con l'orecchio appoggiato alla porta del bagno.
A cercare di percepire i passi, le mosse persino, del fratello.
Si sentiva male, disgustato da sé stesso, mentre la voce dell'orgoglio tendeva a svilirlo.
Ma era allo stesso tempo attratto, calamitato, da ciò che vi era oltre quella porta.
Se Itachi lo avesse visto? Cosa avrebbe detto?
Eppure lui era lì, nell'ombra che amorevole lo proteggeva dal suo peccato e dalla sua sete insaziabile di Itachi.
Rimase qualche secondo immobile percependo, oltre al suo respiro che gli sembrava dannatamente troppo rumoroso, anche quello di Itachi. Profondo, misurato, come in tutto quello che faceva.
Sasuke si umettò le labbra, sentendo la salivazione mancare, il cuore che rimbombava in petto arrivando quasi ad assordarlo.
E poi appoggiò una mano sulla porta facendola scorrere di qualche millimetro, mano che divenne pallida a contrasto con la luce intensa proveniente dal bagno.
Qualche millimetro per scorgere l'immagine di Itachi.
A quel punto si sedette lentamente, cercando di respirare piano, e contemplò il fratello maggiore intento a svestirsi.
Lo vide togliersi la maglia con lentezza per via del braccio fasciato, mentre il pezzo di tessuto che lo sorreggeva era stato posato e piegato con cura in un angolo.
Quel braccio che, inerte, ondeggiava al movimento del torace dalla muscolatura delineata, le curve della spina dorsale e delle scapole che si evidenziarono quando Itachi piegò leggermente il busto per sfilarsi l'abito.
Sasuke vedeva la schiena sinuosa di quel corpo meraviglioso, ceruleo, asciutto... un corpo perfetto ma al tempo stesso ingannevolmente leggero.
Improvvisamente però l'oggetto dei suoi sguardi si fermò.
Il colpevole non si mosse, portandosi una mano davanti alla bocca per attutire il respiro, infine si allontanò di qualche centimetro dalla fessura in modo che la luce non potesse illuminarlo.
Si accorse infine che Itachi aveva slacciato gli ampi pantaloni neri facendoli scivolare giù dalle gambe, chiare come il resto del corpo di un color madreperla che lo rendeva quasi inumano, troppo perfetto perché fosse vero.
Era rimasto con indosso solo un paio di boxer scuri, essenziali, privi di decorazioni superflue.
Sasuke si sentì la testa girare, vorticare, avvertì qualcosa bloccargli il respiro.
Eccitazione.
Arrossì, un sudore freddo gli provocò un tremito.
Abbassò la testa, puntandola verso la sua parte più intima, sentendola ingrossarsi, sentendo il sangue affluire...
Istintivamente si portò una mano davanti, confuso, turbato, con addosso la voglia di vomitare... perché era qualcosa che non capiva e non poteva controllare.
E lui, che aveva cercato di dominare l'impulsività che tanto lo rendeva diverso dal calcolatore fratello, odiava sentirsi incapace di gestire le proprie emozioni.
Si detestava, a sua volta detestando e desiderando allo stesso tempo Itachi.
E poi, improvvisa, come se un kunai lanciato a tutta velocità lo avesse colpito in pieno petto, sentì la voce di Itachi che continuava a dargli le spalle:
“Sasuke, smettila di stare sulla soglia.”

Cazzo.

Fu il suo primo, tormentato pensiero.
Sasuke, colto in flagrante, cadde all'indietro rimanendo immobile con gli occhi sbarrati.
Si sentiva ancora vorticare per l'eccitazione mentre un rivolo di sudore colava lungo la schiena.
La porta si spalancò, investendolo di luce.
C'era solo la figura di Itachi che, avvolta da quella luminosità intensa, sovrastava il corpo quasi rannicchiato di Sasuke.
Itachi, praticamente svestito, aveva i capelli sciolti da un unico rapido movimento della mano e portati dietro la schiena, mentre gli occhi neri come la notte erano fissi sul fratello.
Privo di qualsiasi espressione, non mostrava rabbia né tantomeno stupore.
Finché le sue parole fredde non colpirono in pieno Sasuke, privo della forza di parlare:
“Perché stavi lì?”
Il minore degli Uchiha aprì la bocca, rannicchiando le gambe davanti al petto non tanto per proteggersi quanto per paura che Itachi vedesse – Dio,vedesse la reazione che aveva provocato in lui scorgerlo nudo – per poi deviare lo sguardo in un punto indefinito del pavimento, corrugando la fronte.
“Sto aspettando una risposta, Sasuke.” ribadì Itachi, non muovendosi, rimanendo semplicemente con le mani lungo i fianchi.
Questi disse, quasi in tono brusco:
“Volevo vedere se avevi bisogno di qualcosa...”
Non ci avrebbe mai creduto.
Lo avrebbe disprezzato.
Perché? Perché era stato così stupido?
Inaspettatamente Itachi però si scostò dicendogli, dandogli le spalle e rientrando nel bagno:
“Allora spazzolami i capelli.”
Sasuke balbettò stupito, piegando in avanti il busto:
“Co-cosa?”
Itachi si voltò, indicando con un'occhiata la spazzola:
“Senza l'uso di un braccio non riesco a pettinarmi. Potresti farlo tu... se non ti va' puoi semplicemente richiudere la porta.”
Sasuke si alzò in piedi, tremante, appoggiando una mano allo stipite della porta per evitare di cadere.
Infine si tolse le calze così da entrare nel bagno, avanzando a passo incerto per riscoprire quanto era bello ritrovare la luce dopo essere rimasto nascosto nell'oscurità.
Immergendosi nella luce assieme ad Itachi che gli dava le spalle, seduto davanti a lui su uno sgabello in legno.
Sasuke prese la spazzola, sentendo un leggero tremito alle mani, ma prima che la avvicinasse ai lunghi capelli ribadì cercando di dare un tono convinto alla voce che, ne era sicuro, suonava malferma:
“Lo faccio solo perché sei mio fratello.”
Itachi dopo un attimo rispose, le mani intrecciate in grembo e la schiena rigidamente eretta:
“Lo so.”
E, lentamente, Sasuke prese a pettinargli i capelli con una cura che non aveva mai riservato ai suoi.
Era la prima volta che toccava quelle ciocche così fini, che sembravano voler sfuggire alla presa di chiunque cercando di liberarsi, di non avere legami o costrizioni.
Il più grande degli Uchiha era così. Sfuggente e distante da tutti, evitava di affezionarsi troppo a qualcuno per paura che poi lo legasse troppo a sé, chiudendolo in una morsa opprimente.
Sasuke se ne rendeva perfettamente conto... era per questo che non riusciva proprio ad invidiarlo.
E ora ce lo aveva così vicino, solo loro due nel piccolo bagno con il vapore dell'acqua calda che andava a rendere i loro respiri più rarefatti.
Itachi, silenzioso ed immobile, piegava di tanto in tanto la testa quando il fratellino tirava troppo e quest'ultimo, un po' burbero e impacciato, si affrettava a chiedere scusa convinto di avergli fatto male.
Ma la vittima in questione si limitava a rispondere quasi con dolcezza:
“Vai avanti.”
Qualsiasi cosa fatta dal minore non avrebbe mai potuto fargli male, ne era certo.
Sasuke però ben presto si accorse che non c'erano nodi tra quei capelli e sicuramente lo aveva notato anche Itachi.
Sorrise.
Quello era il loro personale pretesto per stare insieme nel silenzio schivo di entrambi, lontani dalla famiglia, dagli obblighi e dalle rispettive umiliazioni.
Avrebbe voluto continuare così per sempre, conscio dell'occasione irripetibile di avere non solo Itachi tutto per sé ma anche di vederlo per la prima volta scoperto ai suoi occhi di quindicenne illuso... sì, illuso dalla perfezione di colui che era diventato il suo mito personale.
Però venne il momento di posare, seppur con riluttanza, quella spazzola.
Sasuke rimase immobile dietro Itachi.
Dopo un istante questi si alzò in piedi, portandosi di fronte al fratello.
Un fratello che era cresciuto smettendo di essere un bambino capriccioso e con la voglia di essere coccolato – mah... forse solo in parte  – per dover vivere all'ombra di un mito irraggiungibile.
Itachi lo sapeva. Ma non poteva farci nulla: erano tutti e due destinati in un modo o nell'altro a soffrire.
Sasuke lo scrutava, a volte evitando il suo sguardo, simulando l'aria imbronciata e scocciata che tanto gli riusciva bene.
“Non so cosa tu ti aspetti da me, Sasuke.” aveva detto infine il fratello più grande.
L'altro scosse la testa a disagio:
“Nulla.”
Itachi lo fissò un istante.
Poi rispose:
“Meglio così. Perché io non potrò darti nulla, non potrò dare nulla a nessuno per quanto tutti ne siano fermamente convinti.”
Il minore degli Uchiha aggrottò un sopracciglio spaventato non solo da quelle parole ma anche dal fatto che Itachi si rivolgesse a lui in maniera tanto diretta.
“Perché mi dici tutto questo?”
“Perché io invece mi aspetto molto da te. Un giorno – spiegò prendendo allo stesso tempo i vestiti, tenendoli in una mano con la presa stretta – si accorgeranno che io non varrò nulla. E allora tu, soltanto tu, dovrai sostituirmi.”

Perché io crollerò, un giorno.
Avete preteso troppo da me. Mi siete stati tutti addosso, respirano la mia aria, rubano il mio tempo.
E tu, Sasuke, nonostante mi guardassi nell'ombra sei stato l'unico che non ha anche cercato di prendersi la mia luce.

Sasuke per qualche istante non trovò le parole.
Infine schioccò la lingua commentando con disappunto:
“Sei stanco Itachi. E quando sei stanco tendi sempre a trattarmi come un bambino. Non credere che non lo sappia... tu sei destinato ad essere il più grande ninja di tutti i tempi.”
Andava bene anche così. Non poteva permettere che Itachi si mostrasse troppo vulnerabile, specie davanti a lui, perché altrimenti sarebbero caduti insieme... se non poteva più seguirlo come avrebbe fatto ad andare avanti?
Il fratello maggiore inaspettatamente accennò ad un sorriso stanco commentando:
“Può essere.”
Senza traccia di compiacimento o dispiacere.
Poi diede i suoi abiti in mano a Sasuke limitandosi a dire con un accenno di ironia:
“Visto che comunque sembri così desideroso di aiutare porta i vestiti a nostra madre.”
Sasuke li prese sbuffando per poi dire:
“E va bene... - fece una pausa guardando Itachi quasi con aria di sfida – ma domani...”
Itachi però si sedette sul bordo della vasca, appoggiando sensualmente il gomito sul mobile accanto, anticipandolo con la sua voce profonda:
“Domani ci alleneremo insieme: in prima mattinata passo a svegliarti.”
Sasuke annuì stringendo più forte i tessuti, sentendo quella carica e quell'entusiasmo che aveva da ragazzino, per poi bloccarsi un istante chiedendo perplesso:
“Ma non dovevi andare con papà a...”
Gli occhi di Itachi si posarono in direzione dell'acqua per seguire le leggere onde che si infrangevano in emanazioni luminose... aveva uno sguardo distante che rendeva il volto imperturbabile ancora più bello.
La sua risposta, malinconica ma incontestabile, giunse quasi remota alle orecchie di Sasuke:
“Non ci andrò. E' da un po' che non ti seguo negli allenamenti e ho l'impressione di essermi perso molto dei tuoi progressi.”

Non mi importa più nulla dei miei obblighi. Smettete di chiamarmi Itachi Uchiha, cacciatemi, denigratemi. Non mi interessa.
Sarebbe stato bello potersene andare e mollare tutto.

Sasuke, senza riuscire a contestare quella decisione, incredulo e piacevolmente sorpreso annuì limitandosi a commentare:
“Non immagini nemmeno quanto io sia migliorato.”
Lo ringraziò in modo scarno per poi andarsene, richiudendo la porta del bagno alle sue spalle.
Sapeva che fra poco suo fratello sarebbe stato nudo... e sapeva di sentirsi turbato da quella consapevolezza.
Corse via, tenendo ancora i vestiti stretti che gli erano stati dati, dimenticandosi completamente di tutto.
In testa aveva una sola certezza: suo fratello, anche se chiuso e solitario, per lui ci sarebbe stato.
Coi suoi tempi, i suoi metodi e la sua mancanza di affetto espansivo.
Ma c'era. E non sarebbe stato così solo come aveva sempre creduto.
Itachi, sempre con il gomito appoggiato, si portò una mano davanti alle labbra scrutando fuori dalla piccola finestra che dava sul giardino.
Sasuke lo aveva spiato, nascosto nell'ombra come un qualsiasi colpevole.
Lo sapeva.
Lo sapeva e gli faceva piacere che il fratello lo guardasse con desiderio.
Era anche per questo che sentiva di crollare... probabilmente però, travolto dalle sue stesse sensazioni, Sasuke non si era reso conto dell'eccitazione  che a sua volta Itachi aveva provato per lui... un altro segreto da tenere rinchiuso nei suoi silenzi sofferti.
Attrazione e solitudine, due cose che entrambi avevano in comune... oltre al fatto che si consideravano entrambi vittime di un sentimento sbagliato... sbagliato ma bellissimo.




Sproloqui di una zucca (sì, ormai l'ho adottata come frase must! XD)
        

Itachi, c'é poco da fare, è l'erotismo personificato. E' sensuale e ultraterreno ma allo stesso tempo anche fragile.

A modo suo Sasuke è un po' dipendente dal fratello maggiore e secondo me, se non fosse successo nulla al clan, avrebbe continuato ad esserlo anche in futuro.
Soffrendo perché lo vede irraggiungibile, lui che cerca sempre orgogliosamente di primeggiare.
Su queste considerazioni ho basato la one-shot, giocando anche un po' sui doppi sensi perché fa sempre bene.. eh-eh *faccia maniaca*
Grazie per aver letto e per tutti coloro che, spinti da spirito caritatevole, recensiranno o metteranno questa fiction tra i preferiti.




*PS: mi sono presa la libertà di tradurre il testo, a modo mio, per quanti non abbiano troppa dimestichezza con l'inglese.

Splendi su di te, diamante folle.

Ricordi quando eri giovane, splendevi come il sole.
Splendi su di te, diamante folle.
Ora c'é un'espressione nei tuoi occhi, simile a buchi neri nel cielo.
Splendi su di te, diamante folle.
Sei stato preso nel fuoco incrociato di infanzia e celebrità,
Soffiato via dalla brezza d'acciaio.
Vieni oggetto di risate lontane,
vieni sconosciuto, leggenda, martire, e brilla!

   
 
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