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Autore: SagaFrirry    02/11/2015    0 recensioni
Asteria è un pianeta diviso in 10 territori identici, ciascuno dei quali è governato da un diverso elemento. Questa storia narra le avventure attorno ad un mondo fantastico popolato da creature legate a Luce, Fuoco, Metallo, Terra, Roccia, Oscurità, Acqua, Ghiaccio, Aria ed Elettricità. Per compiere una missione di fondamentale importanza per la sopravvivenza del pianeta, creature estremamente diverse e solitamente rivali dovranno allearsi. Fra difficoltà, risse, assurdità e personaggi strambi, i dieci regni li attendono. Scritto nell'ormai lontano 2011, vede comparire alcune creature della trilogia "città degli Dei" (capitemi..è la mia prima storia, ci sono affezionata!) e tutti (e dico TUTTI) i personaggi presenti in questa storia sono persone reali. Amici, parenti, ex fidanzati..ovviamente modificati a dovere. Li vorrei ringraziare tutti ma non ho molto spazio. Spero vi divertiate, come io mi sono divertita a scrivere.
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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XII

 

Un fiore nero. Una sorta di giglio scuro, rilucente di scintille d’argento, gli era stato poggiato sul petto. Un ultimo regalo, un ultimo saluto, adagiato su quel corpo ormai senza vita. Il corteo avanzava lentamente lungo le vie di lava del regno del Fuoco. Il vulcano più alto dell’impero di Vehuya li attendeva. Onore riservato solamente a pochi. Al principe bastardo, Elehcim, era stato concesso il privilegio di avere come ultima dimora quel vulcano.

“Non era così che doveva andare, fratello mio” mormorò Kire, in piedi a fianco del gemello morto.

Elehcim pareva quasi sorridere. Sembrava sereno, avvolto da un letto di fiori neri con punte d’argento ed accenni rosso sangue, mentre era trasportato lungo il sentiero dai suoi compagni. Mezzosangue di tutto il pianeta erano giunti fin lì per lui e questo stupì Kire. Aveva sempre creduto di non appartenere a nessuna razza, a nessun popolo, ma ora, inaspettatamente, non sapeva spiegarselo, si rendeva conto che il suo pensiero non era corretto.

Loro, sanguemisto, erano come una grande famiglia. Loro, incroci della natura, meritavano di vivere esattamente come i sanguepuro. Loro, i malvoluti ed i reietti, erano più uniti, più forti.

La Creatrice cosa avrebbe deciso? Li avrebbe fatti uccidere tutti? Poteva impedire la loro nascita, se erano tanto sbagliati! Perso in quei suoi pensieri, Kire sospirò. Non avrebbe potuto far nulla. Gli Dèi erano contro ogni suo possibile intervento o interferenza alla missione d’evocazione.

Si sentiva davvero impotente. Non poteva tentare di fermare i prescelti perché le divinità stesse li proteggevano. Aspettare. L’unica cosa che era in grado di fare era aspettare…e stare a vedere.

Forse quelli erano gli ultimi mesi d’esistenza che restavano, a lui ed ai suoi compagni. Forse aveva ragione suo fratello: Asteria era condannata, sarebbero morti tutti.

Gli Dèi a cosa servivano? A niente! Perché unirsi ai cori che gli altri mezzosangue intonavano, come estremo saluto ad Elehcim? Silenzio. Nessuna recita, nessuna canzone, nessuna voce voleva sentire. Solo l’immenso silenzio. Ed era questo che voleva sentissero le divinità. Niente preghiere, niente suppliche, niente lodi per loro. Silenzio. Voi per me non esistete, mormorava Kire, vi ho viste ma è come se non fosse successo. Voi non ascoltate, non lo avete mai fatto, allora perché sprecare fiato e fatica? Silenzio. Silenzio. SILENZIO!! Gridava dentro di sé, mentre tentava di sciogliere quel nodo che aveva in gola. Deglutì. Non riusciva a piangere.

“Non trattenerti. Lascia un ultimo messaggio a tuo fratello” si sentì dire.

Era Neziar, colui che gli aveva fatto da padre.

“L’ultimo messaggio che ho dato a mio fratello è stato ben diverso. Lui ora non c’è, non può sentirmi e non potrà sentirmi più. Le ultime parole che mi ha rivolto sono state di maledizione, di odio, e le mie di rimprovero e disprezzo. Non ci sarà un’altra conversazione fra di noi” sibilò Kire.

“Non ti fa sentire meglio?”.

“Parlare da solo? No”.

“Figlio mio…”.

“Anche se mi hai cresciuto, e te ne sarò per sempre grato, tu non sei mio padre”.

“Lo so. Vehuya è tuo padre, e non te l’ho mai nascosto”.

“No, neppure lui lo è”.

“Sei figlio degli Dèi?”.

“AHAH…no, certo che no! Sono figlio di una puttana e di un traditore, biologicamente, nulla di più. A nessuno sento di dover rivolgere le parole "padre" o "madre", mi spiace”.

“Non lo hai mai fatto, non mi aspetto che inizi ora, questo è certo”.

Neziar capì che il giovane non avrebbe più parlato e tornò ad unirsi al coro dei sanguemisto. Ormai il corteo era giunto sulla cima del vulcano-madre. Il corpo fu deposto delicatamente, accanto a lui la lava scorreva lungo le pendici ed il magma ribolliva borbottando nel cratere. Kire intravide, quasi con fastidio, che Vehuya era fra la folla.

“Vuoi dire qualche parola?” sussurrò Danjell, rivolto al capo dei mezzosangue.

Non ricevette risposta. Era sceso un silenzio inquietante, d’attesa. Fu l’imperatore a parlare, raggiungendo il figlio con inaspettata agilità, data l’età avanzata.

“Tu non lo conoscevi” gli sibilò Kire “Non osare aprir bocca”.

“Io lo conoscevo perché era parte di me” rispose l’uomo, rimanendo serio e calmo.

“IO lo conoscevo. Era parte di ME, non di te! Era il mio gemello, siamo nati dallo stesso, minuscolo, germe di vita. Stesso codice genetico, stesso sangue, stessa vita e…”.

“…e diverso destino, ragazzo” lo interruppe il padre adottivo Neziar.

“Come?!” si stupì il giovane, non aspettandosi quella frase.

“Parla. Dì qualcosa per la nostra razza e per Elehcim. Fa che le tue parole restino nel cuore dei presenti e che il pensiero del tuo gemello non muoia mai. La vita è solo un soffio ma, se qualcuno lo ricorderà, in realtà nessuno morirà mai”.

“Un ricordo è diverso dalla sua presenza. Il tuo ragionamento non ha senso!”.

“Se non vuoi parlare, allora richiama l’energia del vulcano e guidalo nella sua ultima dimora”.

Kire rimase in silenzio, qualche istante. I mezzosangue lo fissavano, in silenzio.

“Non piangete” iniziò il gemello vivente “Di certo è il gesto più ipocrita e falso che si può fare ad un funerale. Soprattutto al suo funerale. Elehcim è sempre stato un gran testardo ed è stata proprio la sua testardaggine a portarlo alla fine. Era un insieme di contraddizioni, frustrazioni e rabbia, che ha incanalato il più possibile nella direzione giusta. Purtroppo, ad un certo punto, queste emozioni erano così forti e dominanti da riuscire a sopire la voce razionale del suo cervello. Lo sconforto, la gelosia, la follia, hanno sostituito ciò che un tempo era mio fratello. Era arrivato al punto di sperare ed attendere la fine di Asteria ed io non lo avevo mai compreso, fino ad ora. Adesso, invece, mi sono reso conto che, dopotutto, se la vita su questo pianeta deve continuare come ora, è davvero meglio che tutto termini. Noi non siamo la colpa della sofferenza di Asteria. Noi, mezzosangue di varia generazione, ci siamo sempre stati. Non abbiamo scelto di essere al mondo. Non abbiamo deciso di nascere ma siamo stati generati, chi da sanguepuro e chi da sanguemisto, e poi abbandonati. Siamo vissuti nascosti, celati agli occhi di chi ci voleva morti, ed ora veniamo accusati. Se qualcuno merita l’estinzione, ora, quelli sono loro. Coloro che ci hanno creati e poi rinnegati. Purtroppo gli Dèi li proteggono e perciò non possiamo fare altro che aspettare e sperare. Mio fratello, Elehcim, mio gemello speculare, non vedrà la fine di tutta questa storia. Che questo sia un bene o un male lo vedremo, lo vedrà chi verrà dopo di noi, se qualcuno verrà…”.

Guardava Vehuya con odio malcelato, anche se l’imperatore restava in silenzio, a capo chino.

“…io non odio i prescelti” riprese Kire “Nonostante tutto ciò che mi hanno fatto, io non li odio. E non dovreste odiarli neppure voi. Non odio mio fratello che, diciamocelo, è andato un po’ a cercarsela questa sua fine. Ma era questo ciò che voleva perciò, vi ripeto, è inutile piangere. Non è stato un incidente, non è stata un’ingiustizia. Ha combattuto ed è stato sconfitto. Non credo potesse chiedere di meglio, quel testone. Non piangete. Sorridete per lui. Era ciò che voleva. Il destino, la vita, gli ha concesso questo ultimo regalo ed è inutile esserne tristi. Lui non avrebbe pianto per voi…è un atto inutile”.

“Ad alcuni di noi fa stare meglio. Versare qualche lacrima ci libera da un peso” commentò Arual.

“Credo che lui preferisca un applauso, ed un brindisi in suo onore” sorrise, calmo, Kire, ed iniziò a battere le mani.

Tutti i sanguemisto seguirono quel suo gesto, mentre il fuoco vivo del vulcano attivo iniziava ad avvolgere il corpo di Elehcim e portarlo lentamente nel suo ventre magmatico.

 

†††

 

“Che immagine toccante…” commentò Kaos, con sarcasmo, sgranocchiando uno snack con indifferenza e distacco.

“Non dovresti usare quel tono in mia presenza. Mi dà fastidio” disse Dharam, Dio del Fuoco.

“Sai quanto me ne frega se a te dà fastidio, ragazzino?!” sbottò il Dio oscuro.

“Quanto sei antipatico”.

“Quanto siete infantili!” interruppe entrambi Vereheveil, Dio patrono del regno della Luce.

“Cerchi rogne, nano svolazzante?” ringhiò Kaos.

“Non ho paura di te, pallone di fuliggine ambulante!”.

“E piantatela!” li rimproverò Heronìka, con un tono che non ammetteva repliche.

Le divinità erano riunite nel loro mondo parallelo ed osservavano ogni avvenimento del pianeta.

“Ci siamo tutti! Incredibile!” si stupì Xoduzz, Dio elettrico.

“No. Ti correggo” ci tenne a precisare Vereheveil “Mihael è assieme al gruppo dei prescelti, il nostro collega della Terra è nel suo luogo proibito in attesa e poi…manca lui!”.

“Lui manca sempre! E mancherà sempre!” borbottò Loreatehenzi.

“È già un grande risultato il fatto che tutti, tranne chi voi sapete, siamo uniti per la buona riuscita dell’evocazione” parlò, in tono da discorso ufficiale, Dharam.

“Capirai…” ghignò Kaos.

“Sei sempre il solito!” rise Xoduzz.

“Diciamo che è un buon modo per scacciare la noia. Per me la Creatrice verrà evocata e, una volta ascoltato il problema, dirà "arrangiatevi" e tornerà a farsi i cazzi suoi altrove” commentò l’Oscuro.

“Tu ed il tuo pessimismo!” notò Heronìka, Dea dell’Acqua.

Enrikiran era l’unico che non parlava. Restava per i fatti suoi, suonando il suo strumento di ghiaccio. Loreatehenzi, suo fratello minore, Signore dell’Aria, lo tormentava ma senza risultato.

“Certo che…noi Dèi dovremmo essere più neutrali. Questa volta, invece, siamo spudoratamente dalla parte di qualcuno. Sicuri che sia giusto?” domandò Vereheveil.

“Noi riusciamo a comprendere l’insieme delle cose. Il tutto. Anche i mortali capiranno, poi, che le nostre scelte sono le più giuste per gli universi. Ora alcuni di loro ci disprezzano, è vero, ma vedrete che verrà il giorno in cui torneranno a porgerci la mano” rispose Dharam.

“Ne sei certo? Per me fai le cose a caso…” commentò Kaos, sempre mangiando porcherie di vario genere e riempiendo di briciole il pavimento.

“Sei tu quello che fa le cose a caso!” esclamò, infastidito, il Dio dei fuochi.

“Ovvio!” sorrise, soddisfatto, l’Oscuro.

“Ma cosa perdo tempo a parlare con te?! Tanto non capisci niente! Sei un Dio inutile!”.

“Hei, bello! Con chi credi parlare? Io c’ero prima di te, lo sai? C’ero prima di tutti voi, perfino prima della Creatrice stessa!”.

“E non credi che sia ora di andare in pensione, vecchio rincoglionito?!”.

Heronìka ruotò gli occhi al cielo. Era molto stupita del comportamento del collega di Fuoco. Normalmente era di buon umore, sereno, e poco propenso alla rissa. La tensione però s’avvertiva. La tensione e la consapevolezza che molte cose potevano cambiare da un momento all’altro, una volta evocata la Creatrice. Evidentemente tutti i presenti percepivano questa sensazione e si sfogavano con nervosismo. Era palpabile l’inquietudine fra gli animi dei presenti. Del resto, loro erano Dèi, abituati ad avere tutto sotto controllo con un buon margine di preveggenza, non avvezzi ad avere dinnanzi un muro di incertezze e punti di domanda. E di certo non erano abituati a vedere il destino di qualsiasi cosa in mano a dei semplici mortali.

“L’attesa mi distrugge…” protestò Xoduzz, rigirando la testa all’indietro “…e sì che sono in vita da millenni e l’eternità di certo non è mai stata un problema”.

“Potresti mandare un messaggio al Dio del Tempo. Non so in quale pianeta sia stato messo, ma forse un salto lo può fare da queste parti” ironizzò Loreatehenzi.

Sospirarono, all’unisono. Nella loro mente centinaia di domande e dubbi. Se fossero intervenuti loro prima, sarebbe stato necessario il viaggio e tutto il resto? Inutile pensarci. Guardarono verso il basso. Il funerale stava giungendo al termine. Era uno spettacolo triste, lo sapevano, ma allo stesso tempo erano consapevoli che per ogni morte c’era una vita. E per ricordare la vita spostarono lo sguardo verso l’imponente albero dei reali della Terra.

 

†††

 

“Congratulazioni” disse Zameknenit, inchinandosi davanti alla regina di quel regno.

Midir, sovrana della Terra, stringeva fra le braccia il suo primogenito. Il suo consorte, in piedi accanto a lei, guardava entrambi con orgoglio. Lei era seduta, avvolta da fiori colorati e profumatissimi, dono di amici e parenti per festeggiare il lieto evento. Era un bambino bellissimo, con la pelle verde tipica del suo popolo, avvolto da una copertina che lo faceva assomigliare ad un prezioso frutto racchiuso in un baccello morbido. Ed effettivamente era prezioso quel bimbo. Era il principe ereditario di quel regno, tanto desiderato dai genitori e dal popolo. Aveva i capelli verdi della stessa tonalità del padre e gli occhi viola della madre. Se ne stava tranquillo, sonnecchiando pacifico, facendosi cullare.

“Grazie, Signore dell’Aria” parlò il re della Terra, inclinandosi in avanti leggermente.

Midir era commossa. Davanti a sé aveva quasi tutti i sovrani di Asteria, cosa che non accadeva mai se non alle convocazioni dei Signori di Est ed Ovest. C’era Ozymandias, re dell’Oscurità, con un piccolo sacchetto di pietre preziose come dono al neonato. Rocana, sovrana del Ghiaccio, assieme al marito ed ai figli maschi, parlava allegramente con Nerektan, la regina dell’Acqua. Taranis, re dell’Elettricità, sorrideva e non riusciva a stare fermo. Friedrik, anziano sovrano della Luce, si guardava attorno ammirato. Infine Jovihann, la Signora del Metallo, era presente ma se ne stava in disparte, persa nei suoi pensieri. Sapeva che, in quello stesso momento, Vehuya era al funerale di uno dei suoi figli. Eranoranhan, capo della Roccia, non aveva potuto presiedere a quella presentazione ufficiale del piccolo principe ma aveva mandato una lettera di felicitazioni, spiegando che era costretto a letto in quel periodo.

“Mi sembra incredibile. Vedervi tutti qui è una specie di sogno che si avvera” parlò Midir “Vi ringrazio per i doni e per i sorrisi. Mai prima d’ora era successo un incontro come questo e sono davvero felice che mio figlio possa essere stato d’aiuto per aprire le porte alla diplomazia”.

I reali si fissarono, chi con convinzione e chi con titubanza.

“Mi dispiace che il mio diretto avversario, l’imperatore Vehuya, non sia presente” parlò Zameknenit “Sarei stato ben lieto di discutere con lui”.

“Non può nascere la pace fra i regni in un solo giorno” affermò Friedrik “Ma già il fatto che ognuno di noi sia qui in questa occasione, senza dare alcun cenno di voler litigare, direi che è un notevole passo avanti!”.

“Notevolissimo!” sorrise Nerektan.

“Vorrei che ci fosse la mia cara amica Idisi” mormorò Midir “Colei che aveva previsto la nascita di questo bambino e che ora sta percorrendo le vie di Asteria su ordine dei Signori dell’Est e dell’Ovest. Tutti voi avete una persona a voi cara, o comunque vicina, in quella missione…”.

“Per me è un grande sollievo poter condividere la mia preoccupazione con altre persone che sono tormentate dalla stessa angoscia” annuì il sovrano della Luce “La paura di non veder tornare la persona a cui abbiamo affidato la chiave, l’inquietudine dell’incertezza, la debolezza che si percepisce nella magia del pianeta…”.

“L’ultima che ha avuto notizie dirette del gruppo è stata Jovihann, mi sembra…” iniziò Ozymandias, fissando la regina metallica che, però, non rispose a quello sguardo.

“Dopo quanto successo nel suo regno…” mormorò Rocana “…quei mezzosangue ed i loro attacchi…chissà quanti morti fra il suo popolo!”.

“Beh, io avevo proposto di eliminarli tutti, quegli incroci, ma mi avete bloccato!” protestò Taranis.

“Perché, come sempre, agivi d’impulso! Lascia che sia la Creatrice a sbrigarsela, senza macchiarti di inutili colpe!” lo zittì Nerektan.

“Tutti noi abbiamo già delle colpe, qua dentro” sbottò Jovihann “Se non avessimo abbandonato ed ignorato quelle creature dal sangue bastardo, non ci avrebbero odiato al punto da attaccarci”.

“Fermi un attimo!” si stizzì Ozymandias “Hanno attaccato il tuo regno, non il mio o quello di qualcun altro! Ciò significa che hanno dei conti in sospeso solamente con te o la tua gente, oppure hanno colpito a caso, tentando di bloccare i dieci viaggiatori da noi scelti ed amplificando il terreno d’azione. Il loro è solamente un tentativo di autoconservazione. Non vogliono che la Creatrice li uccida e cercano di uccidere loro per primi…”.

“Pur a malincuore, mi trovo in accordo con il Signore dell’Oscurità” disse Zameknenit.

“È per colpa delle decisioni affrettate ed azzardate che siamo giunti al punto in cui siamo ora” insistette la regina del Metallo.

“A proposito di decisioni affrettate…il tuo amante, Vehuya, dove si nasconde?” interruppe Ozymandias, senza capire i vaneggiamenti di colei a cui rivolgeva la domanda.

“Non sono affari tuoi!” rispose, malamente, la sovrana metallica.

Detto questo, si alzò di scatto dall’angolino in cui stava tranquilla e fece per andarsene. Il re dell’Oscurità, ghignando, allungò un piede e la bloccò, calpestandone l’ombra.

“Lasciami!” protestò la bloccata, dimenandosi “Leva il tuo dannato piedone dalla mia ombra all’istante!”.

“Se no cosa mi fai? Sentiamo…”.

“Non siamo qui per litigare!” si intromise il re della Luce, frapponendosi tra i due.

“Quanto sei noioso, Friedrik” sbuffò Ozymandias, alzando il piede e lasciando andare Jovihann.

“Non siamo qui per trovare un colpevole a quanto sta accadendo! Siamo qui per rimanere uniti, come gli Dèi ci chiedono” continuò il rappacificatore.

“Gli Dèi potrebbero risolvere i loro casini da soli, invece che tormentare noi!” sbottò l’Oscuro.

“In effetti…” concordò Taranis, alzando un sopracciglio.

“Oh no, non cominciamo!” bloccò tutti la regina dell’Acqua “Non si litiga oggi, ok?”.

Midir sorrise e si rilassò. Era già pronta ad portare al sicuro la sua creatura, se necessario.

“Sono dalla tua parte, Nerektan. Oggi non si litiga. Dovremmo imparare a fidarci l’un l’altro ed aiutarci. La situazione necessita collaborazione, non odio!” parlò Friedrik.

“Ci sono delle creature di cui è difficile fidarsi” sibilò Zameknenit, guardando solo di sfuggita il sovrano dell’Oscurità.

“Per caso, la butto là, ce l’hai con me?” sibilò Ozymandias, inclinando gli occhi argento.

“E con chi altro? Sei tu quello che trama sempre alle spalle di tutti!”.

“Cerchi rogna? Perché se è così, ti avviso, io ho l’esercito più forte del pianeta e sto un attimo a fare un culo così a tutto il tuo regno di piumati arcobaleno!”.

“Questo è tutto da dimostrare, essere informe!”.

Ozymandias divenne più grosso e minaccioso. Zameknenit non si impressionò e si limitò a fissarlo, incrociando le braccia, sfidandolo con i suoi profondi occhi blu. Alzò la testa, mentre il Signore dell’Oscurità aumentava di dimensioni, superandolo di diversi centimetri.

“Piantala, Ozy!” lo bloccò Friedrik, accentuando la sua luce lentamente, costringendolo a retrocedere, borbottando bestemmie.

“Vaffanculo, Fridy!” fu la risposta, alquanto seccata, dell’Oscuro.

“Che bambini…” scosse la testa Taranis.

“Ma se tu sei il peggiore di tutti!” rise Midir.

“Non è vero!” piagnucolò il re dell’Elettricità, mettendo il broncio.

“Siamo tutti nervosi perché abbiamo persone a noi vicine che sappiamo stanno rischiando la vita” cercò giustificazioni la regina dell’Acqua.

“No, il nuvolone qui a fianco è sempre così!” sbottò Jovihann, riferendosi ad Ozymandias.

“Ma perché mi rompete tutti quanti le palle?! Comunque sì, è vero, sono sempre così ma…mia figlia è là fuori e, se permettete, sono preoccupato esattamente come voi. Specie sapendola in compagnia di certa gente di certe razze…”.

“Sono sicura che se la sta cavando benissimo, se ha preso anche solo una minima parte del tuo carattere!” rise Rocana.

“Non ne dubito ma…mi son giunte strane voci all’orecchio…” parlò il re dell’Oscurità.

“Dove hai le orecchie tu, scusa?” ironizzò Zameknenit, agitando le sue, piccole ed a punta, fra i ciuffi rossi della sua singolare pettinatura.

“Vuoi che strappi le tue?! Ad ogni modo, dicevo…mi son giunte strane voci su un’inopportuna vicinanza fra mia figlia e tuo fratello, caro Zameky”.

“Anch’io pensavo fosse sbagliato, all’inizio…” parlò il sovrano dell’Aria, ricordando la festa al suo palazzo “…ma poi, dopo che si sono baciati, io…”.

“Si sono cosa?! Chi ha baciato chi, o chi ha baciato cosa?! Mi riferivo a ciò che mi avevano detto su un’isola ed un salvataggio…”.

“Ah…quindi non eri a conoscenza del fatto che tua figlia e mio fratello…”

“Tranquillo. Nel mio regno non mi è sembrato avessero più niente a che fare fra loro” intervenne Jovihann, sempre con lo sguardo rivolto lontano.

“E meno male! Ci mancherebbe altro…avere per genero quello sfigato di Aherektess…”.

“Non è uno sfigato! È il mio gemello!” protestò Zameknenit.

“Appunto! La mia povera bambina…chissà cosa le passava per la testa!” sbottò Ozymandias.

“A mio avviso, sarebbe stata un’ottima cosa, invece” parlò Taranis, a sproposito come sempre.

“Ma chiudi il becco!” lo zittì l’Oscuro.

Il re dell’Elettricità si indispettì e tirò su la coda, come fa uno scorpione, caricandola di luce elettrica e preparandosi a colpire chi aveva di fronte.

“Vi prego, non nel mio palazzo!” li ammonì Midir.

“Qui ci vorrebbe Vehuya. Darebbe fuoco ad un po’ di questo inutile verde…” affermò il re Oscuro, irritato perché a quanto pare era divenuto il capro espiatorio e la vittima sacrificale su cui i reali stavano scaricando ogni loro tensione.

“Ed io che credevo di rilassarmi un po’…” mormorò Friedrik.

“Siamo senza speranza…” sospirò Nerektan.

“Mi auguro che i nostri ragazzi si stiano comportando in modo diverso” le rispose Rocana.

 

†††

 

“Non fare la bambina! Muoviti!” tuonò Kassihell.

Reishefy incrociò le braccia, offesa, e si girò dall’altra parte. Da giorni attraversavano il regno della Terra sui suoi alberi, l’unico modo per avanzare senza rimanere bloccati nel suo intrigo di radici e liane. In quel momento, quasi tutto il gruppo era riuscito a passare da un grosso albero ad un altro, ognuno con un suo metodo, ed attendeva la principessa dell’Elettricità. Lei era rimasta sull’altra pianta e si rifiutava di avanzare.

“Sono stanca!” protestò, pestando i piedi.

“Lo siamo tutti, rompicoglioni! Muovi il culo e salta di qua!” ringhiò il Fuoco.

“Così non otterrai mai niente…” sussurrò Idisi.

“Dici? Stai a vedere…o viene di qua oppure la lasciamo lì. In ogni caso avrei vinto io!” rispose Kassihell, prima di rivolgersi di nuovo a Reishefy “Senti, piccola pigna lagnosa, noi ora proseguiamo. Se non vuoi restare indietro, ti consiglio di saltare. Altrimenti resta pure dove sei, addio! Sono stufo di perdere tempo con te!”.

Detto questo si girò e fece segno al gruppo di fare lo stesso.

“Sei proprio uno stronzo…” ridacchiò Mihael, il Dio protettore del Metallo, loro scorta.

“Avevi forse un’idea migliore?”.

“Sinceramente no…”.

Reishefy dapprima non si mosse, convinta che non la lasciassero lì. Dopo un po’, però, notando che il gruppo si allontanava, spalancò gli occhi dalla sorpresa.

“Ma come?!” si stupì “Mi lasciate davvero qui? No! Fermi! Brutti bastardi! KASSIHELL!!! BRUTTO OMINO FLAMBÈ!! NON OSERAI PER DAVVERO FARMI QUESTO??!!!”.

Scoppiò a piangere, sentendosi tradita da coloro che riteneva suoi amici. Urlò a vuoto per alcuni minuti e poi si arrese all’evidenza. Doveva per forza raggiungerli. Piagnucolando ed inveendo, contro ignoti e conoscenti, saltò sull’albero dove già si erano allontanati gli altri. Si mise a correre, sempre urlando e piangendo. Quando li raggiunse, il resto della compagnia la ignorò.

“Siete proprio degli stronzi” sibilò l’Elettricità “Soprattutto tu, Kassy!”.

“Non chiamarmi Kassy!” protestò il Fuoco.

“Per caso "Testa di cazzo" ti va meglio come soprannome?”.

“Decisamente…”.

La ragazzina non disse altro, sconcertata da quella risposta.

I viaggiatori camminavano lungo l'intricato insieme di rami e foglie che componevano le strade della Terra. Sotto di loro il vuoto e le liane. Il vento sibilava fra gli altissimi tronchi decorati a festa, con nastri e campanelli, per festeggiare la nascita del principe. Idisi guidava il gruppo senza parlare, con la chiave verde a forma di albero ben in vista legata al suo collo. Per lei era semplice avanzare in quell’intreccio legnoso. La Roccia, al contrario, guardava fisso in aria per evitare di pensare al fatto di essere sospeso nel vuoto. Più di una volta rischiò di cadere, fino a quando Thuwey, il più alto del gruppo, non decise di andargli davanti. In questo modo, Mattehedike poteva osservare la testa del suo compagno di viaggio e non correre rischi. Efrehem, circondato dai fiori colorati di quel mondo, sospirava girando la testa verso Hanjuly, notevolmente più agile di lui nell’andare avanti. La treccia bionda di lei rimaneva sospesa, fra un salto all’altro, per qualche istante, ed il giovane rappresentante della Luce l’ammirava, rilucente e delicata. Più volte la principessa del Ghiaccio lo aiutò lungo il cammino, porgendogli la mano, ed ogni volta il cuore di lui partiva, battendo all’impazzata. Si chiese spesso come facesse lei a non accorgersene. Rifletté sul fatto che il viaggio ormai stava per concludersi, quell’avventura giungere al termine. Avrebbe mai trovato il coraggio di dirle quello che provava? Si disse che, forse, era meglio fare finta di nulla. Una come lei non lo avrebbe mai voluto. Era così bella… Lei era alta, bionda, con quei due occhi azzurro chiaro come il ghiaccio, quello sguardo così freddo ed allo stesso tempo profondo, che faceva sognare, quella forza e quell’abilità nel combattere, coraggiosa ed ingegnosa. Sapeva farlo ridere, cosa difficile, e lo stupiva sempre con nuove idee e stratagemmi. Era perfetta. Radiosa, magnifica, intraprendente, bellissima… Sentì un tuffo al cuore quando si girò a guardarlo. E strinse i pugni, arrabbiato con la natura, sapendo di essere più basso di quasi una testa rispetto alla principessa del gelo. Girò le antenne rosse all’indietro. Solo Lehelin era più bassa di lui in quella missione e la cosa lo irritava tantissimo! Inoltre, la principessa dell’Oscurità poteva modificare il suo aspetto e divenire ben più alta. Lui era basso e rimaneva tale. Odiava essere così, con quelle strane antenne, quel ciuffo nero di capelli quasi sempre in faccia, le spalle stette, il corpo mingherlino e gli occhi esageratamente grandi. Amava il suo cervello, quello sì, ma dubitava di poter far colpo su di lei con quello. Di certo Mattehedike, con i suoi bicipiti, o Thuwey, con la sua altezza di quasi due metri, lo battevano in tutto. Sospirò e tentò di non pensarci. Non era l’unico ad avere migliaia di pensieri in testa. Thuwey, da quando gli era stato detto di essere in realtà il figlio di Jovihann, era piuttosto confuso. Era da anni, ormai, che non sognava di avere una madre. Mai avrebbe desiderato, poi, essere di sangue reale. Fissò Kassihell. Pure lui non sapeva in quale direzione indirizzare i suoi pensieri. La faccenda dei gemelli, il comportamento di suo padre…ricambiò lo sguardo di Thuwey, senza dire una parola. Al suo fianco, Lehelin ascoltava solamente la voce della sua testa, ignorando del tutto gli altri nove compagni di viaggio. Aherektess la fissava, preoccupato. Avrebbe voluto dirle “Un soldo per i tuoi pensieri” ma preferì non indagare, intimorito da una sua possibile reazione negativa. Enki ed Hanjuly parlavano fra loro, consapevoli che erano le uniche due che ancora non avevano il loro oggetto proibito. Mihael chiudeva il gruppo, con un gran rumore d’armatura e lo sguardo attento.

“Ormai manca poco alla dimora del Dio della Terra” parlò Idisi “Perlomeno…la cartina che ho del mio regno dice così!”.

“Anche voi sentite sempre più freddo o è solo una mia impressione?” domandò Kassihell, rabbrividendo leggermente.

“Ora che me lo fai notare, è vero. Fa sempre più freddo, man mano che avanziamo” concordò Enki.

Le dimore dei nativi e la loro presenza si faceva sempre più rara e gli alberi sempre più spogli.

“Dici che sia un buon segno?” mormorò Efrehem ad Idisi.

“Non ne ho idea” ammise lei “Non sono mai stata da queste parti”.

Stava scendendo la notte. Il gruppo decise di fermarsi, evitando di affrontare il gelo che pareva sempre più pungente. Molti scesero dagli alti tronchi, raggiungendo i fiumi limpidi che vi scorrevano al di sotto. Idisi procurò del cibo, raccogliendo frutti o cacciando con un rudimentale arco che si costruì in pochissimo tempo. Si addormentarono piuttosto soddisfatti, cullati dal movimento delle fronde al vento e dai canti degli uccelli notturni.

 

“Lehelin…sei sveglia?” sussurrò Hanjuly.

“Certo. Io non ho bisogno di dormire, ricordi?” rispose la principessa dell’Oscurità.

“Posso parlarti?”.

“Sì. Ma forse è meglio se ci allontaniamo dal gruppo. Non li svegliamo!”.

Le due compagne scesero lungo il tronco fino ad un ramo basso. Sotto di loro scintillava la luce argento di un fiume illuminato dagli sposi della notte. Lehelin lasciò ciondolare i piedi e ne sfiorò la superficie, ammirandone le onde che si espandevano dal punto da lei toccato.

“Cosa ti preoccupa, Han?”.

“Vorrei chiederti un consiglio”.

“Di che tipo?”.

“Hem…tipo discorso da donna a donna su certe questioni sentimentali”.

“E vieni a chiedere consiglio a me?! Lo hai visto cosa è successo con Aherektess. Ti sembro forse la persona adatta a dare consigli in merito?”.

“Secondo me, sì. E poi…Enki non mi risulta sappia la differenza fra maschio e femmina, a mio avviso, mentre Reishefy è una gran pettegola, mi metterebbe in imbarazzo”.

“Idisi? È di certo più esperta. È sposata!”.

“Sì, ma…lei risponde sempre ad una domanda con un’altra domanda. Mi darebbe quelle risposte vaghe che dà quando legge le carte…”.

“Ho capito. E va bene…vedrò se ti posso aiutare. Sinceramente, non credo”.

“Riguarda Efrehem”.

“Il principe con le antenne? Dimmi pure…”.

“Tu…cosa ne pensi di lui?”.

“In che senso?”.

L’Oscurità non guardava negli occhi la sua interlocutrice e continuava a seguire con lo sguardo i pesci che nuotavano nel fiume ed i loro colori smorzati dalla notte.

“Credi che uno come lui…disprezzi una come me?”.

“Disprezzi? Perché mai dovrebbe disprezzarti?”.

“Perché lui è così intelligente, preparato e logico. Sono certa che più di una volta ha pensato che io sia una stupida…”.

“Credo lo abbia pensato in generale, rivolto a tutto il gruppo. Tu ti senti stupida?”.

“No. Ma, rispetto a lui, lo sono”.

“Rispetto a lui quasi tutti lo sono. È del regno della Luce, dove la conoscenza è il tratto fondamentale. Il suo scopo, in questa missione, è usare le sue rotelle”.

“Lui è talmente logico e calcolatore…che credo che se gli parlassi d’amore lui mi risponderebbe che è un’invenzione, una semplice reazione biologica finalizzata alla continuazione della specie!”.

“Probabile…”.

“Lui è così affascinante. Non sta tutto il tempo ad osservarmi le tette, non fa commenti inopportuni sul mio corpo e su cosa ci farebbe, non sbava quando passo! Mi tratta come una persona in grado di ragionare, non come una bambola di porcellana da pettinare! Questo mi piace…ma ho paura che un comportamento del genere riveli solamente che non gli interessano le donne come me”.

“A chi non interessa una donna come te? Intendo dire…sei molto bella e sei intelligente, lo hai dimostrato quando hai escogitato alcune strategie che ci hanno permesso di avanzare in questa missione. Sei simpatica, solare e, soprattutto, nonostante la natura ti abbia donato tutto questo, non guardi noi altre ragazze dall’alto in basso”.

“In realtà lo faccio” ridacchiò Hanjuly “Perché siete tutte più basse di me!”.

“Temi che Efrehem possa respingerti?”.

“Lui è sempre così curioso, ricorda ogni cosa, impara le lingue con una tale facilità…”.

“Tu controlli il tuo elemento magnificamente, sai combattere meglio della maggior parte di noi e sai sempre trovare qualche bella parola per chi è triste o arrabbiato”.

“Sì ma questo a cosa può servirmi?”.

“A sopravvivere, cazzo! Efrehem lo abbiamo salvato ed aiutato quante volte?! Sarà anche un genio ma non sa stare al mondo!”.

“Dici che abbia qualche possibilità con lui?”.

Lehelin scoppiò a ridere: “Ma se ti viene dietro da mesi, lui e le sue antennine rosse!”.

“Davvero?!” si stupì la principessa del Ghiaccio.

“Ma sì, certo!”.

Hanjuly fissò la sua consigliera in modo strano. Non credeva alle sue parole.

“Han…se tu fossi una di quelle donne con in mente solo il trucco, le scarpe ed i vestiti all’ultima moda, allora non avresti speranze con lui. Ma non sei così, perciò ti consiglio di tentare”.

“Dici che questo farà ingelosire gli altri maschietti del gruppo?” ridacchiò la bionda.

“Questo è sicuro!”.

“E come credi che possa fare? Io sono abituata con i ragazzi del mio regno. Il loro modo di fare con me è inequivocabile e, alla fine, diventano così fastidiosi che li mando via! Anche perché di me apprezzano solo il corpo e non fanno altro che criticare il mio carattere ed il mio modo di fare. Devo ammettere che non mi è mai capitato di corteggiare qualcuno”.

“Beh…in questo non posso esserti di grande aiuto. Prova a lanciargli piccoli segnali. Una gentilezza, un lieve contatto con la mano per vedere come reagisce, complimenti…ma sempre con sincerità perché credo sia in grado di percepire quando qualcosa è detta col cuore o tanto per occupare il vuoto di una conversazione. Non mentirgli, fingendo interesse per ciò che ti racconta quando in realtà non te ne frega niente, e cerca di non trattarlo come un bambino. Magari tu vuoi fare la tenera usando dei nomignoli, chiamandolo "piccino" o cose del genere, ma credo che questo vada a toccare quelle corde interne che lui ritiene stonate”.

Hanjuly annuì.

“E cerca di percepire i segnali d’assenso di Efrehem” aggiunse Lehelin.

“Lo farò. Grazie…”.

“I miei sono suggerimenti puramente teorici. Come ben sai, non è che io abbia ottenuto un granché dal punto di vista sentimentale nella mia vita”.

“Sarai la prima a saperlo, se dovessi riuscire nel mio intento. Ora torniamo su dagli altri. Fra poco sarà giorno…”.

 

“Hei! Thuwey! Dov’è Hanjuly?” sussurrò Efrehem, svegliandosi e non vedendola.

Il Metallo aprì pigramente un occhio e gemette, infastidito: “Sarà andata in bagno, rilassati” rispose, sbadigliando.

“Da sola?! Ma è pericoloso! È pieno di bestie feroci qua in giro!”.

“Quella se le mangia le bestie feroci, sta tranquillo. E poi…non è da sola. Anche Lehelin se n’è andata a spasso”.

“Lo fa sempre. Hanjuly, invece, non si allontana mai…”.

“Dormi! Vedrai che tornerà subito” brontolò Thuwey, e si rigirò dando la schiena alla Luce.

Efrehem si mise in ginocchio, alzandosi dal suo giaciglio. Era davvero infastidito dall’atteggiamento irresponsabile dei suoi compagni di viaggio. Si guardò attorno e vide che Aherektess, appollaiato sull’ultimo ramo più alto dell’albero, lo fissava con aria interrogativa.

“Dovresti rilassarti, piccoletto” gli suggerì, a bassa voce.

Dopodiché, allungò un braccio alato verso la Luce e gli porse la mano. Efrehem si alzò in piedi e l’Aria lo fece sedere al suo fianco, su quel ramo sospeso nel vuoto, sfruttando la magia del suo elemento. Con i piedi penzolanti nel nulla, i due si fissarono, per qualche istante. L’alba era vicina, già il cielo iniziava a tingersi di sfumature colorate. I capelli blu di Aherektess splendevano, mossi dalla brezza, ed i suoi occhi rossi erano puntati su Efrehem, che tentava di restare calmo nonostante l’altezza e la sensazione di disagio nel sentirsi osservato.

“Qual è il problema, lumino? Cosa ti preoccupa?”.

“Mi preoccupa il fatto che Hanjuly non è con il resto del gruppo”.

“E allora? È grande abbastanza per andare in giro senza la supervisione di un adulto, sai?” ironizzò Aherektess, ghignando.

“Sì…ma…”.

“Senti…so che ti piace quella femmina e non posso darti torto. È bellissima, anche se decisamente mi spaventa quando si arrabbia. È una guerriera, sa come farti del male fisico”.

“Anche psicologico, se è per questo…”.

“In quello è più brava Lehelin”.

“Non posso darti torto”.

“Se vuoi fare colpo su di lei, devi lasciar perdere la tua razionalità per un attimo e lasciarti andare. Non pensare troppo alle conseguenze”.

“Ma, se le conseguenze dovessero risultare negative per me, mi sentirei un idiota!”.

“Questo è un rischio che devi correre”.

“Tu lo hai corso?”.

“Sì…”.

“E come ti sei sentito quando non hai ottenuto niente?”.

“Un cretino. Ma ne è valsa la pena!”.

Efrehem fissò chi aveva a fianco con aria scettica.

“Lanciale dei segnali, principe della Luce. Sorridile, falle dei complimenti, valle vicino e stai attento ad ogni suo messaggio. Non puoi restartene fermo ed aspettare che le cose cadano dal cielo! Datti una mossa, se vuoi cambiare qualcosa!”.

“E se non volessi cambiare? Intendo dire…adesso io e lei andiamo d’accordo, ci divertiamo e sono felice quando mi rivolge le sue attenzioni. Se le dicessi quello che sento, temo possa cambiare tutto…in peggio! Potrei farla allontanare, e la cosa mi dispiacerebbe”.

“Fa come meglio credi. Usa il cervello e pesa i pro ed i contro. Scegli la strada che riterrai migliore, più produttiva. Mettila in questi termini, se ti è più semplice”.

“Non so quanto fidarmi dei tuoi suggerimenti. Mi pare che, per quanto ti riguarda, non siano stati molto efficaci”.

Aherektess storse la bocca, in un ghigno divertito. Girò gli occhi verso il basso, senza rispondere.

“L’amore, a mio parere, piccoletto, è come uno strumento a corde, un’arpa, dentro di noi. Suona la sua musica. Il nostro cuore fa vibrare quelle corde. Se la persona che abbiamo di fronte sa come far sì che quello strumento sia melodioso e che ogni corda vibri, allora saprai che è una persona speciale, per il tuo cuore e per la tua musica”.

“E se non vibrano tutte le corde di questa fantomatica arpa interiore?”.

“Non emetterà lo stesso suono, non sarete in perfetta armonia. Le note stonate si faranno sentire, presto o tardi, com’è successo con me e Lehelin. Ascolta la musica dentro di te…”.

Efrehem ricordava il discorso che gli aveva rivolto il Dio Enrikiran. Era molto simile. Sospirò.

“Soppeserò i pro ed i contro. Per ora è meglio che ci limitiamo a ripartire” mormorò, sorridendo.

Sirona era sorta all’orizzonte ed illuminava la compagnia. Stavano iniziando a svegliarsi. I capelli biondi di Hanjuly rispuntarono in mezzo ai prescelti. Sorridendo, sciolse la treccia ed iniziò a pettinarli con cura. Efrehem le sorrise, guardandola dall’alto ramo in cui ancora stava. Lehelin sgattaiolò silenziosamente. Aherektess le lanciò una sola occhiata, prima di volare guidando il principe della Luce con la mano. 

 

Idisi fece riprendere il cammino, con calma e sorridendo. I viaggiatori si erano avvolti in mantelli e stoffe percependo il freddo sempre più pungente. Solamente Hanjuly si sentiva totalmente a suo agio. Proseguiva a fianco di Kassihell, alla sua destra. Sulla sinistra del Fuoco si era messo Efrehem. Luce e Ghiaccio continuavano e fissarsi ed a conversare, senza esporsi troppo l’un l’altro sfruttando la presenza centrale di Kassihell. Questi ruotò gli occhi al cielo, tentando di allontanarsi dal loro cianciare insensato. Thuwey sorrise vedendo quella scenetta. Reishefy non si accorse di nulla come sempre e si mise a canticchiare, senza motivo. Enki guardava il cielo sereno, di buon umore. Mattehedike sbadigliava, ancora assonnato. Aherektess volava, stanco di usare i piedi e Lehelin lo osservava sorridendo. Il Dio del Metallo si sgranchiva le braccia giocherellando con l’enorme spada a distanza di sicurezza dalla compagnia. Ormai i rami su cui camminavano erano del tutto spogli e non si vedeva anima viva. Solo qualche uccellino variopinto che canticchiava svogliato. Ad un tratto, l’intreccio legnoso terminò. Idisi si fermò ed invitò i viaggiatori a guardare davanti a loro. Un meraviglioso albero solitario si ergeva poco distante. Per raggiungerlo dovevano scendere dalla notevole altezza su cui si erano fatti strada. La pianta era verde chiaro, rilucente, maestosa. Attorno a lei scorrevano due fiumi che, per il freddo, si erano ghiacciati.

“Quello è il luogo proibito?” domandò Hanjuly.

“Da ciò che mi indica la cartina che ho fra le mani, sì” le rispose Idisi.

“Allora, in questo caso, direi che tocca a me” sorrise la principessa del Ghiaccio.

“Stai attenta” le raccomandò Efrehem.

“Non ti preoccupare…” lo rassicurò lei, sorridendo.

Estrasse la sua arma dalla sacca che aveva sulla schiena. Grazie a lei, scese agilmente lungo il legno nodoso, afferrandosi alle liane ed ai rami secchi. Arrivò a terra e sentì sotto di sé il suo elemento. Avanzò agilmente, mentre gli altri nove viaggiatori la osservavano dall’alto, vedendola piccolissima e distante. Hanjuly li salutò con la mano e tutti risposero, augurandole la buona fortuna. Quell’albero era il luogo proibito e la principessa gelata vi entrò senza paura, pronta ad affrontare qualsiasi prova.

 

†††

 

Aherektess si girò di scatto, sentendo un rumore. Mihael aveva fatto lo stesso da tempo, ma aveva preferito non allarmare la compagnia. Sfoderò la spada e ringhiò.

“Non fatemi del male. Non voglio farvi niente. Sono disarmato” era Kire, che alzò le mani in segno di resa e mostrando la sua volontà di pace.

L’Aria abbassò le sue armi e lanciò un’occhiata a Kassihell e Thuwey.

“Cosa ci fai qui?” domandò il Fuoco.

Kire abbassò il cappuccio e guardò la compagnia: “Voglio solo parlare” rispose, tranquillo.

“Non è che vuoi fregarci?” sbottò Mattehedike “Non è che è un’imboscata?”.

“Sono solo. Nessuna imboscata. I miei compagni sono lontani da qui”.

“Come possiamo fidarci di te?” insistette la Roccia.

“Non potete. Non so che farci e non so come darvi torto”.

Kassihell e Thuwey si fissarono. Enki si era messa alle spalle di Idisi, non volendo esporsi a quella creatura di difficile interpretazione. Aherektess spiccò il volo e fece un giro di ricognizione, per verificare se dicesse la verità, se fosse effettivamente da solo.

“Io non credo stia mentendo” disse Efrehem.

“Grazie. Voglio solo parlare. Concedetemelo, per favore” parlò Kire.

“A che scopo?” volle sapere Mattehedike.

“Possiamo fidarci?” domandò Thuwey, rivolto al Dio della sua gente.

Mihael annuì, anche se non sembrava molto interessato alla cosa. Osservava la sua ombra cornuta e la doppia proiezione del mezzosangue, ghignando.

“Di cosa vuoi parlare?” domandò Idisi.

“Voglio parlare con lei” rispose Kire, guardando Lehelin “Se il grande Mihael me lo concede”.

“Cosa c’entro io?!” ridacchiò il Dio “Fai quello che vuoi. Ricordati che, se le fai del male, io son qua per ucciderti…”.

Aherektess si girò di scatto verso la principessa dell’Oscurità, preoccupato.

“Sta tranquillo” sorrise lei “Cosa vuoi sapere, Kire?”.

Il sanguemisto chinò la testa, chiedendo se fosse possibile poterle parlare da sola. Lehelin annuì, piuttosto confusa da quella richiesta. Non aveva timore di quell’uomo, lo fissò come se lo conoscesse da tempo, e fece un cenno con il capo. Kire le porse, signorilmente, la mano e lei si fece condurre lontano dal gruppo.

“Ma siete sicuri che sia il caso? Non è pericoloso?” si preoccupò Aherektess.

“Sta tranquillo. Corre meno rischi di te!” ridacchiò Thuwey.

“Ti fidi così tanto di quel tuo fratellino acquisito?”.

“Neanche un po’. Ma so che Lehelin non la puoi distruggere tanto facilmente, e tu dovresti saperlo. Lei ha imparato a difendersi da sola da questo mondo”.

“Tu non la conosci”.

Thuwey non disse altro. Mihael fece segno al gruppo di rilassarsi. Avrebbe voluto andare a trovare il suo collega, nel luogo proibito della Terra, ma preferì restare accanto ai viaggiatori, attento ad ogni movimento sospetto che potesse compromettere quella missione.

 

†††

 

Dopo aver superato un’ampia cavità del tronco, Hanjuly entrò nel luogo proibito. Profumava di bosco e natura. L’ambiente era interamente di colore verde, in varie tonalità. Guardò ai suoi piedi e vide dei piccoli binari che si intrecciavano sul pavimento d’erba. Si incuriosì e sorrise quando vide che, da dietro una colonna in legno attorcigliato, un piccolo trenino laccato si faceva strada verso di lei, sbuffando. Si chinò per osservarlo e lo guardò allontanarsi. Dopo pochi secondi, notò molti altri trenini in quel luogo, che si incrociavano senza toccarsi. I percorsi delle rotaie erano intricati e contro ogni legge di gravità, alcuni attraversavano il soffitto. Quando un piccolo convoglio le passò accanto alla caviglia, non resistette alla tentazione di raccoglierlo. Lo prese fra le mani e lo rigirò, osservandone i dettagliati particolari. Non aveva mai visto una cosa del genere, esattamente come non aveva mai visto un treno nella realtà. Ci si narravano leggende, su mitici collegamenti fra le capitali, ma ciò accadeva talmente tante Ere addietro da renderne difficile la credibilità. Quando fu soddisfatta, ripose la locomotiva sui binari e la vide allontanarsi, felice. Non passò molto tempo prima che si accorgesse del danno che aveva provocato. Scombinandone la tempistica, il trenino da lei osservato andò ad incrociarsi con un altro suo simile e si scontrarono. Questo provocò una reazione  a catena e, nel giro di pochi minuti, si creò un ingorgo pazzesco. Sbuffando, le piccole locomotive alzarono un denso fumo nero, fra i fischi ed i rumorini metallici. Hanjuly mormorò un “Ops!” imbarazzato. Andò verso l’ingorgo, tentando di rimediare, senza risultato perché sempre più convogli giungevano in quel punto, intasando le rotaie. Il Ghiaccio imprecò e ne congelò qualcuno. Poi si chinò sul punto centrale del danno ed iniziò a dividere quei giocattoli.

“Signorina…che state facendo?” si sentì chiedere.

Alzò lo sguardo e sorrise, imbarazzata. Un Dio altissimo, interamente vestito di verde, la fissava con aria di rimprovero. Aveva i lunghi capelli marrone chiaro piuttosto spettinati, come uno che era appena stato buttato giù dal letto.

“Stavo dormendo…” infatti disse “…e, al mio risveglio, trovo questo casino ed una strana donna che tocca le mie cose”.

“Domando scusa. Io…volevo solo guardarne uno da vicino. Non volevo creare tutta questa confusione…” balbettò Hanjuly, imbarazzata.

La divinità sospirò. Allungò una mano e la situazione parve sistemarsi, temporaneamente.

“Hai idea di quanto tempo mi ci è voluto per creare questo percorso e per fare in modo che non si scontrino?” sbottò il Dio.

“Scusi…” mormorò il Ghiaccio, chiedendosi dentro di sé se una divinità non potesse impiegare in modo più costruttivo ed utile il suo tempo.

“Cosa ci fai qui?” riprese a parlare il signore di quel luogo, con calma.

“Io sono la principessa del Ghiaccio…”.

“Lo so”.

“…e sono qui per avere il mio oggetto proibito”.

“Ah…dunque i dieci viaggiatori prescelti sono già giunti fino a qui…”.

Hanjuly annuì.

“Io sono Gibrihel, Dio della Terra, dei viaggi e delle comunicazioni. Tu…”.

“Io sono Hanjuly, piacere di conoscerla”.

“Bene, July…dopo avermi scombinato il setting, cosa pensi di fare?”.

Lei non capì cosa intendesse dire. Si era messo seduto, evocando un trono di legno e foglie verdi. Al suo fianco scintillava una spada molto simile a quella di Mihael.

“Tu vieni dal regno del ghiaccio…” parlò, congiungendo le mani davanti al viso “…governato da Enrikiran, giusto?”.

“Esatto”.

“Il fratello maggiore del mio caro amico Loreatehenzi…”.

“Sono tutti amici suoi, a quanto pare…pure Mihael parla bene del Dio dell’Aria!”.

“Mihael! Viaggia con voi, se non sbaglio. Siamo vecchi e cari amici, fin da bambini, io e lui. Lo eravamo ancor prima di conoscere la Creatrice e venir assegnati alla squadra di controllo di Asteria, tanto e tanto tempo fa”.

La principessa fissò quel Dio con aria interrogativa. Non sembrava più vecchio di lei…ma doveva esserlo per forza!

“Io pensavo fosse stata la Creatrice ad idearvi!” si stupì.

“In realtà, da quel che ne so, siamo stati bambini assieme. In posti diversi, ma quando sono nato di certo non aveva il potere di generare un bel niente. Nessuno di noi Dèi di Asteria è stato creato dalla Creatrice, anzi! Alcuni sono perfino più vecchi di lei, e di parecchio!”.

“Questo non lo sapevo…”.

“Lo so, ma sono quelle cose che voi mortali non dovreste sapere ed invece…vabbè…torniamo a noi! Immagino tu voglia l’oggetto proibito…”.

“Mi piacerebbe, in effetti…”.

“Ed in cambio, cosa prevedi di darmi?”.

La mortale rimase di nuovo in silenzio, senza sapere cosa dire.

“Voi che cosa desiderereste?” domandò, dopo un po’.

“Quello che vuoi. Qualcosa di tuo o anche di altri, non mi interessa. Sono un Dio, direi che almeno un’offerta mi sia dovuta, giusto?”.

La principessa rifletté per qualche istante. Poi impugnò la sua arma. Premendo un tasto, ne fece apparire la lama. In un attimo, senza pensarci troppo, si afferrò la lunga treccia bionda e la tagliò di netto, serrando gli occhi.

“Nella mia cultura, fra la mia gente…” parlò, dopo un paio di profondi respiri “…i capelli sono un potente simbolo magico, soprattutto per le donne. Tagliarli significa rinunciare a qualcosa di estremamente prezioso ed io ve li dono, Dio Gibrihel”.

Tese fra le mani ciò a cui aveva rinunciato, restando con uno strano taglio a caschetto. La divinità sorrise. Si alzò e prese quel dono con delicatezza. Poi si voltò e lo depose in terra, ai piedi del trono che si era creato. In un istante, la treccia iniziò a brillare, divenne tutt’uno con il terreno ed al suo posto crebbe un nuovo fiore, dello stesso colore di quei capelli con punte azzurrine, il nastro che li teneva legati. Hanjuly guardò quella pianta, ammirata. Anche Gibrihel sembrava soddisfatto.

“Potevi donarmi ciò che volevi…” parlò, tornando a sedersi “…la tua arma, la collana che indossi, il mantello che hai nella sacca, la tua verginità…”.

“Ma quale verginità?!” ridacchiò la mortale.

“Facevo per dire…” ghignò il Dio “Potevi donarmi un oggetto non tuo, andando a cercarlo in giro per il pianeta, ma hai scelto di separarti da un simbolo, da parte della tua bellezza, da qualcosa che faceva parte di te ed a cui tenevi molto. Questo ha fatto sì che crescesse una pianta magnifica dal tuo regalo e questo mi rende molto soddisfatto”.

Hanjuly sembrava stupita da quella reazione: “Mi darete, dunque, l’oggetto proibito?” domandò, titubante.

“Ma certo”.

Gibrihel guardò un ultimo istante il neonato ed enorme fiore. Poi rivolse la sua attenzione al suolo. Stendendo la mano, il terreno si sollevò. In mezzo a tutto quel verde, emerse una specie di  disco, un piatto, con un buco centrale. Il Dio lo tenne stretto, infilando l’indice in quella cavità e bloccandolo con il pollice appoggiato sul bordo esterno.

“Questo è tuo, July” disse, facendole segno di avvicinarsi.

Hanjuly prese il disco nello stesso modo in cui glielo aveva affidato la divinità.

“Che cos’è?” domandò, rigirandoselo fra le mani.

“Al momento opportuno lo saprai” rispose Gibrihel.

“Non posso avere un indizio?”.

“No. Ora và, fuori dai piedi. Devo riordinare i miei trenini, fare un giretto da Xoduzz per rilassarmi un po’ con il suo casco e poi tornare a dormire”.

La principessa del Ghiacciò annuì. Mise il disco al sicuro nella sua borsa ed uscì, dalla cavità da cui era entrata, senza guardarsi indietro.

 

†††

 

“Come mai desiderate tanto parlarmi in privato, signor Kire? E perché proprio con me?” domandò Lehelin, seduta su un ramo accanto al sanguemisto.

“Voi, principessa oscura, siete stata colei che ha posseduto mio fratello…”.

“Si, esatto. Cosa posso fare per Voi, signor Kire?”.

“Datemi del tu, vi prego!”.

“Allora la cosa dev’essere reciproca”.

Lei ridacchiava ma lui capì al volo che lo faceva per l’imbarazzo, non perché fosse di buon umore.

“Ti spavento, Lehelin?”.

“No. Ma sono stata nella testa di tuo fratello per un lasso di tempo sufficiente da provare un certo disagio a conversare con te…”.

“È proprio di questo avvenimento di cui voglio parlare. Quelli della mia razza, che possiedono parte di sangue d’Oscurità, so che sono in grado di fare cose straordinarie con la mente e le ombre. Non oso nemmeno immaginare cosa sia in grado di fare tu, che sei la più forte del tuo popolo. Seconda solo a tuo padre Ozymandias”.

“Mi sarebbe difficile descrivertelo, in effetti…”.

“Ci tengo a farti sapere che stimo tuo padre. È il più grande guerriero di cui abbia mai sentito narrare, fin da bambino…”.

“Stai tentando di adularmi, signor Kire? Perché non funzionano certe tecniche con me…”.

“Parlami di mio fratello. Cosa passava per la mente a quel testone rabbioso nelle sue ultime ore? Io sono, ero, il suo gemello e avrei dovuto comprenderlo, ma mi sono perso qualche passaggio, temo. Se tu fossi così gentile da raccontarmi cosa hai visto dentro di lui…”.

“Lui ti voleva bene, se è questo che vuoi sapere”.

“Davvero?”.

“Sì. Ci teneva a te”.

“Ma non dovevo contare poi molto, se aveva un così assoluto desiderio di morire…”.

“Non è così. Ammetto di non poterti dare molte spiegazioni…la sua testa era talmente complicata e piena di pensieri, contraddizioni e confusione da rendere molto complessa una sua interpretazione”.

“Non mi serve un’interpretazione. Solo sapere perché ci tenesse così poco alla vita…”.

“Vuoi chiederglielo di persona?”.

“In che modo?”.

“Dentro di me, da qualche parte, so di poter recuperare qualche particella della sua essenza. Sforzandomi, con l’aiuto dell’oggetto proibito, sono certa di poter fare in modo che sia lui stesso a parlare con te. Non durerà a lungo, sfrutta il tempo a tua disposizione al massimo perché poi non potrò più richiamarlo davanti a te, la sua essenza verrà consumata”.

Kire la fissò con ammirazione, con grandi occhi tondi e confusi. Non sapeva cosa esattamente volesse fare quella creatura dell’Oscurità.

“Parlagli come se fosse quel giorno, come se non sapessi cosa lo attende, perché ciò che io posso evocare non sa nulla oltre al momento in cui i nostri corpi si sono separati” parlò Lehelin, mentre il sanguemisto la fissava sempre più confuso.

“Chiudi gli occhi” ordinò lei.

Lui obbedì, poco convinto. Sentì l’Oscurità sfiorargli la mano e la sua presenza farsi sempre più vicina. Trattenne il respiro.

“Bum!” si sentì dire, in un soffio, all’orecchio.

Riaprì gli occhi rossi e trasalì. Davanti a lui c’era suo fratello Elehcim. Lo stava fissando con curiosità, muovendo solo leggermente le orecchie a punta.

“Che cazzo ci facciamo qui, Kire?” ridacchiò, dondolando sospeso nel vuoto.

Il gemello era rimasto senza parole.

“Sei tu? Sei davvero tu?” domandò.

“Hai bevuto, Kire? Ancora non ti arrendi all’evidenza che l’alcol non lo reggi?”.

“Come stai?”.

Elehcim lo fissò sconcertato.

“Vuoi metterti a parlare del tempo, anche? Non abbiamo delle conversazioni più intelligenti da fare? Tipo pensare a come fermare la missione dei prescelti che…”.

Kire lo zittì abbracciandolo.

“Ma cosa ti sei fumato?! Brutto coglione, lasciami andare! Hai battuto la testa?!” protestò Elehcim.

“Tu ci tieni a me, fratello mio?” domandò Kire.

“Che domanda è?!”.

“Rispondimi sinceramente”.

“Mi spiazzi con questa domanda…”.

“RISPONDI!”.

“Ovvio che ci tengo a te, brutto idiota! Sei il mio fratello gemello!”.

“Allora perché…”.

“Perché non mi interessa del mio destino? Perché non temo l’idea della morte?”.

“Sai darmi una risposta?”.

“Sinceramente…no. Il fatto è che sono stanco”.

“Stanco di vivere?”.

“No, stanco di combattere. Combattere per ottenere ogni cosa per poi restare con nulla in mano, come accade a noi sanguemisto. Ci odiano tutti, ci spaccano le balle continuamente…ed io posso anche fare a meno di sorbirmi tutto questo. Non mi dispiacerebbe avere un po’ di silenzio”.

Kire sorrise. Il silenzio era la stessa cosa che desiderava pure lui.

“Sono stanco, Kire. Mi sento molto strano. Come se qualcosa si stesse spegnendo, pian piano, dentro di me”.

“Passerà tutto con una buona dormita” mormorò il fratello, capendo che la magia dell’Incantatrice stava svanendo.

“Ricordi quando eravamo piccoli?” ridacchiò Elehcim, appoggiandosi all’albero con la schiena e socchiudendo gli occhi “Quanti casini combinavamo, ricordi? Povero Neziar…badare a noi, piccole pesti, dev’essere stato un bel problema! Poveretto!”.

“Già! Ti ricordi quella volta che lo abbiamo svegliato dandogli fuoco alla coperta?!”.

“Come dimenticarlo?! Ci siamo divertiti un sacco….”.

“Sì, e le abbiamo anche sentite un sacco! Ci ha messo in punizione per mesi!”.

“Poi quando gli abbiamo detto che la maestra era morta per non andare a scuola? Avevamo un’aria talmente triste che ci ha creduto!”.

“Si è sentito molto meglio dopo averci sculacciato per ore!”.

“Eravamo tremendi…”.

“Siamo tremendi!”.

I due gemelli scoppiarono a ridere, ma Kire notò la stanchezza profonda di Elehcim.

“Ho bisogno di dormire…” sussurrò il rievocato, socchiudendo gli occhi.

Il fratello non voleva lasciarlo andare, ma sapeva che non aveva scelta.

“Non ti preoccupare, gemellino…” sussurrò Elehcim, con la testa ciondolante e gli occhi chiusi “…tu ed io saremo sempre uniti e, qualunque cosa accada, saremo una cosa sola, come eravamo nei primi secondi d’esistenza”.

Kire sorrise, con gli occhi rossi lucidi e tremanti. Non riuscì a trattenersi e tornò ad abbracciarlo, mentre il fratello gli poggiò la testa sulla spalla e smise di respirare.

“Ora puoi lasciarmi” mormorò Lehelin, riprendendo il suo solito aspetto.

“Grazie…” sussurrò Kire, lasciandola andare solo dopo qualche minuto.

Sul volto di lui, scese una lacrima di colore argento come il metallo e rovente come il fuoco.

“Ora devo andare…” continuò l’Oscurità “…i miei compagni mi aspettano”.

“Sì. Hai ragione…vai pure…”.

Lei, sorrise, alzandosi. Lui non disse nulla.

“Spero ti sia stato utile quel piccolo attimo…” disse Lehelin.

“Più di quanto immagini…”.

“Bene. Ne sono lieta. Ora devo andare”.

Kire la salutò con un cenno della testa e l’Oscurità si allontanò, guardandosi indietro per un paio di volte, notando che pure il mezzosangue faceva lo stesso.

 

†††

 

“Cosa hai fatto ai capelli?” domandò Thuwey, notando la pettinatura a caschetto di Hanjuly.

“Storia lunga…” sorrise lei.

“Stai benissimo così” le disse Efrehem.

Il Ghiaccio arrossì.

“Hai l’oggetto proibito?” volle sapere Enki.

“Sì. Nella borsa”.

“Fantastico…possiamo proseguire! Ormai ci resta un solo regno” affermò Kassihell, soddisfatto.

“Lasciamola riposare un po’, no? Ne avrà bisogno!” propose la Luce.

“Non ne ho bisogno…ma grazie per la premura” si affrettò a dire Hanjuly.

“Figurati…”.

Lehelin ricomparve ed il gruppo capì che erano pronti per riprendere il cammino.

“Dove sei stata?” le domandò il Ghiaccio.

“Storia lunga”.

Sorridendo, i viaggiatori scesero lungo il tronco ed oltrepassarono il luogo proibito. Sapevano che il confine con il regno della Roccia era poco distante.

“Cosa voleva quel mezzosangue?” domandò Thuwey a Lehelin,

“Com’è andata con il Dio della Terra?” fu la domanda di Enki ad Hanjuly.

Entrambe diedero risposte piuttosto vaghe. Non avevano voglia di perdersi in inutili discussioni. La principessa del Ghiaccio guardò Efrehem. Lui ricambiò quello sguardo. Presero un profondo respiro e si avvicinarono fra loro.

“Devo parlarti” si dissero, all’unisono.

Il resto del gruppo capì e si allontanò, sorridendo. Luce e Ghiaccio scoppiarono a ridere.

“Cosa devi dirmi?” parlò lei.

“Prima tu!” rispose lui.

Si fissarono, senza parlare. Lei si girò a guardare l’orizzonte.

“Questo posto è davvero bello. Le luci in questo mondo sono così magiche e…”.

Lui le andò accanto, ascoltandola, ma non poté resistere. La prese per un fianco e la baciò, sentendo con gioia che la principessa ricambiava.

   
 
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