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Autore: Antonio Militari    03/11/2015    1 recensioni
La lettera di un assasino suicida: che cosa lo ha spinto a compiere un gesto tanto efferrato? Fin dove può spingersi la mente di un uomo?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Riconosco la mia colpa, non sto cercando di giustificarmi: voglio solo il tempo e la possibilità per spiegare che cosa è successo e perché ho compiuto questo atto terribile, che mai nella mia vita, Dio mi è testimone, avrei voluto compiere.
L'ho conosciuta quindici anni fa, in un parco. Lei era seduta su una panchina a leggere un libro, e io mi sono innamorato a prima vista, come un colpo di fulmine; mi sono avvicinato in preda all'ansia e mi sono seduto accanto a lei, sbirciando le pagine, cercando di capire che cosa leggesse. -Stephen King- Mi disse allora, leggermente infastidita, capendo le mie intenzioni, -“The Dome”, per l'esattezza. Un ottimo libro.-
-“The Dome”, quindi “La Cupola”-
-Esattamente, è la storia di una città isolata dal resto del mondo, da una grande cupola invisibile.-
-La storia dell'essere umano.- Sospirai.
-Come, scusi?- -Ma certo: ogni uomo è diviso dal resto del mondo, e nessuno può conoscere le profondità dell'animo altrui.-
Lei sembrava essersi intristita -È una visione un poco pessimista, non crede?-
Sorrisi -Mi dimostri il contrario.-
E ci siamo sposati. Beh, non subito, ovviamente, ma ci siamo sposati entro l'anno. Eravamo una coppia felice: abbiamo comprato una bella villa, con un bel giardino, ed un cane, anche se poi abbiamo dovuto farlo abbattere. Avevamo entrambi un lavoro, la propria cerchia di amici, i propri impegni. Poi la sera arrivavamo a casa e tornavamo ad essere interamente marito e moglie, pieni di amore l'uno per l'altra.
I problemi sono nati cinque anni fa, quando lei fu spostata in un altro reparto, con relativo cambio di orari: quando io ero a casa lei era a lavoro, e quando io ero a lavoro, lei era a casa. Ci incontravamo solo dopo cena, quando ormai eravamo ormai troppo stanchi per fare altro che dormire. Lui arrivò, di conseguenza, dopo poco tempo. Era alto bello e con un carattere ottimo; un Don Giovanni perfetto, che avrebbe fatto svenire qualsiasi persona semplicemente sorridendogli.
Era tutto ciò che io non ero, come al solito, e ovviamente il tempo trascorso insieme era molto di più rispetto a quello che mia moglie passava con me. Così nacque il tradimento.
Non sono sciocco, e già sapevo come sarebbero andate le cose, ma amavo mia moglie, quindi feci finta di niente, sopportando tutto con pazienza. Accettando tutte le umiliazioni per il bene della famiglia, ma questo, mia moglie, non l'avrebbe capito e, probabilmente, non le sarebbe importato. Ma io continuavo nel silenzio. Quando l'abbracciavo cercavo di non pensare ai suoi abbracci, quando la baciavo scacciavo l'idea delle sue labbra. Le poche volte che andavamo a letto, cercavo di eliminare dalla mia mente quel terzo incomodo che, virtualmente, si insinuava tra le nostre lenzuola come un serpente.
Sopportavo tutto con pazienza. Ma non sapevo fino a quando avrei resistito.
Intanto la sua presenza nella nostra vita si fece sempre più invadente: quando avevamo un momento libero dove sia io che mia moglie eravamo a casa, lui si auto-invitava a cena, mia moglie ci scherzava per tutta la sera, lanciandogli anche battute a doppio senso in mia presenza.
Ma io sopportavo, perché, come ho già ripetuto più volte, l'amavo.
Era diventato, ormai, un amico di famiglia, e iniziai a trovarlo spesso, quando tornavo a casa, a chiacchierare con mia moglie, prendendosi un tè, come due amici di lunga data. In quelle situazioni mi ribolliva il sangue, pensando a lui nudo nel mio letto, nel letto dove io mi univo a mia moglie sempre più raramente. Ma sopportavo lo stesso, per mantenere qualcosa tra di noi, sperando che le cose si potessero rimettere a posto con il tempo.
Poi avvenne il fatto classico. Si esce prima dal lavoro, si torna prima a casa per fare una sorpresa, e si scopre l'amante. Di fronte all'evidenza del fatto che tra noi non poteva più funzionare, davanti a quel momento che sapevo sarebbe dovuto accadere, ho dovuto agire: avevo la pistola con me e, purtroppo, l'ho usata.
Ho sparato anche a lui, per evitare che potesse testimoniare contro di me, ma poi ho pensato che in ogni caso, oggi sarei morto anche io, quindi...
Ho lasciato questa breve lettera per un motivo ben preciso: voglio che la gente capisca il mio atto, che capisca che la colpa è solo mia, e mia moglie è stata solo la vittima della mia rabbia cieca.
Rabbia dico, perché di rabbia si è trattato. Non di paura, non di panico, ma di rabbia: perché quando lei ha aperto la porta della nostra camera, trovandoci sdraiati nel letto, non ha reagito. Io ho sopportato questa situazione per lei, io ho vissuto una doppia vita per amore a lei, io non ho voluto spezzarle il cuore, e lei, non ha nemmeno lanciato un urlo, o fatto una faccia scandalizzata.
È stata una reazione di rabbia, ingiustificata. È ora, pagherò con la mia vita.
   
 
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