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Autore: Duchannes    03/11/2015    1 recensioni
Si erano lasciati guardandosi dritto negli occhi, decisi a mettere fine a tutto quello in maniera pacifica, ne avevano parlato a lungo, almeno lui l’aveva fatto, aveva snocciolato motivazioni, discorsi, parole su parole che sembravano solo insignificanti di fronte a quegli occhi verdi che lo avevano guardato in quel modo, ferito, come se Louis lo stesse pugnalando e lo amasse così tanto da lasciarglielo fare, da lasciarlo fare a pezzi il suo corpo, in silenzio.
[...] Era bastato un abbraccio, uno sfiorarsi di corpi, uno stringersi e tutte le sue vecchie certezze erano crollate come un muro di carta velina, distrutti dal sentimento che sentiva ancora invaderlo completamente.
Quando aveva sentito le sue mani intorno al suo busto, il calore del suo corpo, quel profumo inconfondibile, si era sentito a casa. Esattamente dove doveva essere, tra quella fortezza fatta dalle sue braccia.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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*Se volete piangere come ho fatto io, leggendola, ascoltate in sottofondo Hello di Adele.

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Is too late now?
 
"Ai larry, perché invece spero che non si siano mai arresi."

 
Louis non riusciva ancora a crederci, erano passati così tanti mesi, così tanti giorni, così tante ore eppure erano bastati pochi minuti per riportare tutto a galla, per fargli provare le stesse identiche emozioni che pensava di aver ormai spento. Si erano lasciati guardandosi dritto negli occhi, decisi a mettere fine a tutto quello in maniera pacifica, ne avevano parlato a lungo, almeno lui l’aveva fatto, aveva snocciolato motivazioni, discorsi, parole su parole che sembravano solo insignificanti di fronte a quegli occhi verdi che lo avevano guardato in quel modo, ferito, come se Louis lo stesse pugnalando e lo amasse così tanto da lasciarglielo fare, da lasciarlo fare a pezzi il suo corpo, in silenzio. Era stato un silenzio che lo aveva distrutto, che lo aveva mangiato vivo tutte le notti, ma quando aveva deciso, quando quella sera era andato da lui solo per dirgli che non potevano più continuare così, sapeva di averlo fatto per il suo bene, perché voleva che fosse felice lontano da tutto quello che li stava asfissiando, distruggendo a piccoli pezzi, fino a renderli polvere. Quella notte aveva pensato a tutto quello che erano stati, a tutto quello che avevano passato insieme, a tutto l’amore che si erano regalati e aveva creduto di doverlo liberare, di dover fare la scelta giusta. Ma in quel preciso momento, lontano mesi da quella sera sentiva per l’ennesima volta di aver sbagliato e di non riuscire a perdonarsi quel maledetto errore.

Era bastato un abbraccio, uno sfiorarsi di corpi, uno stringersi e tutte le sue vecchie certezze erano crollate come un muro di carta velina, distrutti dal sentimento che sentiva ancora invaderlo completamente.

Quando aveva sentito le sue mani intorno al suo busto, il calore del suo corpo, quel profumo inconfondibile, si era sentito a casa. Esattamente dove doveva essere, tra quella fortezza fatta dalle sue braccia.
Per tutti quei mesi si era sentito inadeguato, vuoto, incompreso e aveva pensato fosse solo l’abitudine di averlo sempre intorno, che sarebbe passato col tempo. Ma quella sera, stretto di nuovo contro di lui aveva capito che quella sensazione non sarebbe mai sparita, non finché non fosse tornato a casa, dove avrebbe dovuto restare, sempre.

Aveva sentito Harry trattenere il fiato avvinghiato a lui, come se respirare fosse troppo difficile avendolo lì con sé, nella sua stretta. E Louis si era sentito suo, per un’altra volta. Aveva sentito quell’amore avvolgerlo e guidarlo a casa. Aveva sempre pensato che fossero le luci a mostrargli la via, quelle luci che emanavano gli occhi delle fans, quell’amore che sprigionavano i loro cuori. Aveva sempre pensato che il palco fosse la sua casa. E invece lo erano sempre state un paio di braccia tatuate. E non era la luce a guidarlo, ma il profumo di quella pelle che avrebbe saputo tracciare a memoria, avrebbe saputo disegnare ogni piccolo neo della sua schiena e tracciare alla perfezione la linea sinuosa dei suoi fianchi, quelli a cui si aggrappava tutte le volte per tenerlo contro di sé, in una stretta che significava il mondo intero.

L’aveva lasciato andare per fare la cosa giusta, ma come poteva esserlo se non lo faceva sentire bene? Se lo faceva solo stare male, perso in una coltre di nebbia accecante, che non gli permetteva di riconoscere la strada, le sue impronte completamente svanite e coperte dal bianco asfissiante.

Aveva sempre avuto paura del bianco, di quel colore ambiguo ed ingannevole, come il più sporco degli esseri umani, con il volto pulito e l'anima marcia. Ed ora ne era circondato, pieno, la sua vita era stata fatta di verde, verde dappertutto, sui vestiti, sulle pareti di casa, sulla sua anima. Perfino i suoi occhi erano diventati di una certa sfumatura di verde a furia di fissare quegli occhi strazianti.

Era stato interrotto dai suoi pensieri dalla porta che dava sulle scale di emergenza su cui era uscito a fumare, che era stata aperta con uno strattone e da cui era sbucato Liam, con in mano il suo borsone da viaggio, avvolto nel suo cappotto -Dio si gela, mi lasci due tiri? Le ho finite- aveva esordito, mentre Louis annuiva aspirando un'ultima volta dalla sua sigaretta per poi porgerla al castano. Aveva sempre avuto un rapporto speciale con Liam e sapeva perfettamente che la sua presenza lì non era per il fumo, sapeva che Liam avesse capito tutto, motivo per cui fuori dal palco l'aveva stretto di nuovo, come a rassicurarlo.

Erano stati un po' in silenzio con Louis che teneva il suo sguardo fisso su Liam, aspettando la sua prima mossa; lo conosceva così bene.
-Pensi di ignorare quello che hai provato o di affrontarlo?- aveva chiesto allora, dritto al punto, un po' meno cauto delle altre volte, forse anche lui stanco di vederlo soffrire, di vederlo così piccolo e smarrito.
Louis aveva sospirato a quelle parole ancora troppo scosso per poter prendere una decisione, ancora troppo vigliacco per poter afferrare la mano di Harry e riportarlo tra le sue braccia, lì dove era il suo posto e dove lo sarebbe sempre stato.
Liam aveva ascoltato il suo silenzio, aveva elaborato l'espressione di Louis e aveva capito senza che il castano riuscisse a spiccicare una sola parola.
-Loubear, io l'ho visto lo sguardo di Harry dopo che vi siete abbracciati, l'ho visto tremare come non faceva da un po'- aveva detto, apostrofandolo con il nomignolo che utilizzava quando voleva coccolarlo con le sole parole.

Louis aveva annuito coprendosi il volto con le mani disperato, per poi immergerle nei suoi capelli, già troppo disordinati.

In quell'esatto momento la porta si era aperta di nuovo e fuori era sgusciato proprio Harry, in tutta la sua magnificenza. Portava con sé il borsone da viaggio che molteplici volte avevano condiviso, in cui riuscivano ad infilare solo qualche paio di mutande e qualche completo necessario; Louis tutte le volte si lamentava della limitata capacità e Harry ogni volta lo fissava con quel sorriso e -A che mi serve il resto, se poi ho te?- sussurrava, prima di baciarlo piano, sotto lo sguardo incantato di Louis che ogni volta aveva pensato di essere fottutamente innamorato.

Entrambi si erano guardati per quel momento in trance, come se avessero rivissuto la stessa scena nella propria mente, poi Harry aveva sorriso a Liam e -Torno in albergo, domani ho il volo per Holmes Chapel molto presto- aveva spiegato, senza che i due chiedessero niente.

E Louis aveva sorriso a quell'affermazione, perché sapeva benissimo che Harry fosse troppo pigro e che probabilmente l'aereo sarebbe partito per le 13, praticamente l'alba per lui.
Il riccio l'aveva guardato sorridere e aveva ricambiato a sua volta, con i pensieri sincronizzati, come era sempre stato.

Si erano fissati ancora per un momento, sotto lo sguardo scocciato di Liam che stava giusto pensando di spingerli con la forza l'uno verso l'altro.

Poi Harry aveva scosso i suoi capelli cercando di ridestarsi e -Allora ci vediamo presto, mi raccomando non fateci cattiva pubblicità ragazzacci- aveva esordito scherzosamente, mentre Liam ridacchiava facendogli l'occhiolino e Louis sorrideva ancora, non riuscendo a fare nient’altro.
Sorriso che si era congelato sulle sue labbra, quando Harry a metà del secondo gradino si era voltato verso di lui, investendolo con quegli occhi infernali e -Ah Lou, non bere troppo- aveva detto con tono serio, ammonendolo per i suoi mancati limiti verso l'alcool. Gli venne da piangere al solo pensiero che Harry si prendesse ancora cura di lui, dopo tutto quel tempo, riusciva ancora a farlo sentire protetto, amato.

Louis aveva annuito e avrebbe voluto dirgli di non bere troppo tea e di indossare maglioni pesanti, perché non riusciva mai a vestirsi secondo temperatura e finiva per ammalarsi tutto il tempo, ma il magone che aveva in gola era troppo per poter buttare fuori una sola sillaba. Così lo aveva visto allontanarsi, con il suo cuore tra le mani e l'opportunità svanita in quella nebbia fitta.

-Siete ridicoli- aveva esordito Liam, furioso per il comportamento di due dei suoi migliori amici -Sei ridicolo se non vai da lui, Louis. Abbi il coraggio, sii il Louis Tomlinson con le palle che conosco- aveva poi aggiunto, agitato al solo pensiero di vederli soffrire ancora, quando la soluzione era proprio sotto i loro occhi.

Louis rimasto da solo al freddo, si era seduto su quelle scale d'acciaio, aveva acceso l'ennesima sigaretta e aveva pensato che il cielo quella sera fosse meno luminoso del solito un po' come i suoi occhi quando non c'erano un paio di iridi verdi a studiarli.
 
*
Louis quella sera aveva fumato tutto il pacchetto di sigarette seduto sul pavimento di quella stanza d'albergo, lo stesso albergo in cui alloggiava Harry. Un paio di stanze era tutto quello che li divideva e in quel momento sembravano essere migliaia di chilometri, e forse lo erano.

Si erano arresi, era tutto quello a cui riusciva a pensare, ricordava la prima volta in cui i tempi avevano cominciato ad essere duri, in cui erano cominciate le soppressioni, i litigi, le imposizioni; quelle volte in cui chiusi in camere d'albergo al riparo da tutto erano stati loro stessi, avevano riso, fatto l'amore in ogni angolo della stanza, guardato uno stupido film in lingua originale in ogni paese in cui capitavano, finendo per supporre la storia che legava i personaggi e a litigare come una vecchia coppia sposata sui possibili risvolti. Ricordava come Harry avesse sempre bisogno di coccole dopo aver fatto l'amore, come se l'orgasmo per lui fosse incompleto senza i baci languidi e caldi, dopo, e le carezze sulla pelle d'oca che ancora ornava la loro pelle. Ricordava i giorni spesi a scrivere canzoni, a raccontare loro stessi, a parlare al mondo intero senza che nessuno lo sapesse. Come avevano passato il tempo ballando a piedi nudi sul pavimento ricoperto di fogli, intonando quella strofa o l'altra appena scritta, in motivetti strani, che non sarebbero mai piaciuti a nessuno. Ricordava anche i litigi furiosi nei corridoi, con gli inservienti preoccupati per le loro grida e loro troppo impegnati a trafiggersi con lo sguardo e le parole per potersene rendere conto. Louis gli aveva sempre detto che in quei momenti sentiva tutto l'amore che provavano l'uno per l'altro, lo vedeva nei suoi occhi che lo fulminavano, come a gridargli -Ti amo così fottutamente tanto, perché non lo vedi?- e Louis si era sempre sentito un po' devastato da quella consapevolezza. Ricordava il sesso furioso dopo e i tre miliardi di ti amo sussurrati, scritti sulle pareti della stanza e anche sui loro corpi, attraverso tutti quei tatuaggi.

Louis si rendeva conto tutte le volte che pensava alla loro storia, di non riuscire a trovare un solo singolo momento in cui il loro amore non era stato abbastanza. Di non riuscire a capire come avesse fatto ad essere così cieco quella notte, quando aveva pensato di poter mettere fine a tutto quello. Una fine che non era mai arrivata, non con i loro sentimenti.

Si era ritrovato fuori dalla porta della sua camera senza quasi rendersene conto, era stato spinto da quei sentimenti che premevano dentro di lui, premevano per uscire fuori, per essere rivelati.

Era tarda notte, Harry probabilmente dormiva già da un pezzo, ma non poteva trattenere ancora tutti quei pensieri che avrebbero finito per ammazzarlo, così aveva bussato alla sua porta, a piedi nudi e con la testa in subbuglio.
Louis aveva sentito il silenzio dall'altra parte, prima di un rumore seguito da un'imprecazione, che l'aveva fatto sorridere. Poi la porta si era spalancata di colpo.

Aveva sussultato preso in contropiede, Harry indossava un paio di pantaloncini della tuta e un maglione nero, perché i pigiami erano sempre stati troppo convenzionali per lui. I suoi capelli ricci e lunghi erano legati in una crocchia ordinata, in modo perfetto, con l'abilità delle sue lunghe dita che erano sempre riuscite nel compito, come se fosse una capacità innata, come se Harry fosse nato per quello.
Lo fissò per qualche secondo, studiandolo in silenzio, per poi -Posso entrare?- chiedere, un po' timoroso, ma anche abbastanza coraggioso da riuscire a sputare fuori tutto quello che stava tenendo dentro.

Harry si era fatto da parte in un invito silenzioso e Louis si era stretto nel suo maglione largo, rabbrividendo per l'impatto freddo con la stanza, su cui c'era una finestra aperta per lasciar penetrare il rumore della pioggia, tipico di Harry.

Quando Harry aveva chiuso la porta alle sue spalle poi l’aveva investito con i suoi occhi luminosi, ancora umidi per il sonno appena interrotto, vulnerabili come Louis ricordava, gli occhi più belli di sempre. Si erano fissati per un po’ prima che Louis potesse parlare.
-Mi sento così stupido ad essere qui, come se avessi aspettato troppo- aveva snocciolato, mentre Harry lo fissava ammutolito, come se non avesse il coraggio di interromperlo, o di ascoltare quelle parole. E Louis aveva continuato perché era l’unica cosa da fare in quel preciso momento, essere sincero.

Aveva guardato la parete di fronte a lui pur di non incrociare i suoi occhi, pur di non sentire la paura invaderlo e –Quando mesi fa sono venuto da te a dirti che dovevamo smetterla, che saremmo stati meglio da soli io…non so a cosa stavo pensando, non so cosa in quel momento mi ha portato a credere che fosse la scelta giusta. Io non lo ricordo più- la voce gli si era rotta sull’ultima frase, come se potesse scoppiare a piangere da un momento all’altro, aveva infilato le mani nelle tasche posteriori dei suoi jeans per farle smettere di tremare e si era morso l’angolo della bocca insicuro, prima di continuare. –Pensavo che ti avrei dimenticato, che sarei riuscito a non vederti più nel modo in cui ti vedevo, che non mi avresti più accecato, o fatto sentire in quel modo quando posi lo sguardo su di me. Ma niente è mai svanito. Continuo a sentire le farfalle nel mio stomaco bruciare ogni volta che mi guardi e…continuo a tremare anche quando solo mi sfiori. Io ci ho provato Harry, davvero, volevo fare la cosa giusta per te, io…volevo solo renderti felice- aveva detto, mentre le lacrime scivolavano giù a quelle parole insieme ai singhiozzi, perché Louis si sentiva terribilmente piccolo e insignificante in quel momento. Harry era scivolato contro la parete alle sue spalle fino a sedersi sul pavimento freddo, stringendo le ginocchia al petto come faceva tutte le volte che voleva raccogliere i pezzi, con gli occhi strabordanti, di lacrime dolorose.

Louis aveva tirato un sospiro per riuscire a controllarsi e continuare a dire tutto quello che vorticava nella sua testa –Quando mi hai abbracciato stasera…Dio, Harry, è come se tutto il mondo si fosse fermato e noi fossimo rimasti lì, stretti l’uno all’altro. Ho continuato a sentire le tue braccia intorno a me per tutto il tempo, anche quando eri dall’altro lato del palco. E posso ancora sentire quella stretta addosso, stampata sulla mia pelle perché sei rimasto lì, stretto a me. I-io…- aveva sussurrato, interrotto da un singhiozzo –Io ho sentito che è proprio dove dovrei stare, dove avrei sempre dovuto stare. Ed è troppo tardi, lo so. Ma ti amo così tanto- aveva sussurrato prima che una nuova ondata di lacrime lo investisse di nuovo, seguito a ruota da Harry che non riusciva a frenare le lacrime che scorrevano giù a quelle parole così forti, che sembravano investirlo come un’onda travolgente, sembravano metterlo sotto sopra. Louis aveva confessato tutto quello che aveva sempre saputo, eppure sentirglielo dire, in quello stato vulnerabile, tra le lacrime era assolutamente straziante.

Perché Louis se ne era andato, l’aveva lasciato andare e si era arreso quando aveva più bisogno di lui. L’aveva ferito, aveva pensato di agire per il suo bene, ma non aveva fatto altro che fargli del male. L’aveva consumato fino alle ossa, quell’amore che non sarebbero mai riusciti a cancellare l’uno dall’altro, come una condanna, ma allo stesso tempo il miracolo più bello di tutti.

-Ti ho aspettato così tanto- aveva singhiozzato Harry, straziato da tutte quelle emozioni che sentiva riversarsi addosso da quegli occhi azzurri che lo stavano inondando con le sue stesse lacrime.

Louis si era inginocchiato di fronte a lui, cercando di asciugare le sue lacrime, aveva annuito e –Ti amo così tanto Harry, che farei di tutto per te. Anche lasciarti andare. Non sono stato egoista neanche per un singolo minuto, tutto quello che volevo era che fossi felice- aveva sussurrato, cercando di spiegarsi.

-Come potevo essere felice senza di te?- aveva allora irrotto Harry, pugnalato da quelle parole che erano sgusciate via senza neanche dargli il tempo di realizzarlo e ora scottavano sulla punta della lingua.

Louis aveva singhiozzato a quelle parole, portandosi una mano al cuore e poi l’aveva fatto, si era sporto verso di lui e l’aveva baciato. Aveva catturato quelle labbra umide per le troppe lacrime piano, come se aspettasse che Harry lo spingesse via. Ma non era mai stato respinto.
Così Louis aveva inclinato la testa per poter baciare quelle labbra su cui ancora poteva respirare tutto l’amore, le risate e le emozioni che aveva vissuto. Le aveva tracciate piano con la punta della sua lingua, prima che Harry le schiudesse per permettergli di baciarlo per bene, con le mani di Louis aggrappate al suo volto e le lacrime che non avevano smesso neanche un secondo. Si erano baciati piano, scandendo ogni tocco come se fosse l’ultima volta, perché neanche ricordavano l’ultima volta che si erano baciati, quando l’avevano fatto inconsapevoli che fosse l’ultimo. E Louis l’aveva baciato più forte, per sentirlo addosso, dentro di sé. Poi si erano staccati, con i singhiozzi a scuoterli e Louis non si era allontanato, aveva continuato a piangere lì a pochi passi da lui, con i respiri vicini e il pollice ancora posato sull’angolo della sua bocca morbida, ancora calda per il loro bacio, come se non riuscisse a staccarsi, come se potesse restare lì per sempre e diventare una scultura.

Harry aveva spostato piano i capelli dalla sua fronte con calma, immergendoci piano le dita, come se stesse toccando un’opera d’arte, come se stesse osando toccare il suo quadro preferito. E in quel preciso momento, così vicini, a respirare l’uno dall’altro, con gli occhi ad accarezzarsi Harry aveva dimenticato perfino il suo nome. Aveva dimenticato per un secondo tutti quei mesi passati a guardarlo da così vicino senza neanche poterlo sfiorare, aveva dimenticato Xander e tutti i loro appuntamenti che sembravano così piccoli e lontani di fronte a tutti quei sentimenti. Aveva dimenticato il sesso fatto in quei mesi, quello che era sempre sembrato insignificante, incompleto. E aveva ricordato che Louis era la risposta a tutte le sue domande, come se fosse stato creato per quello: riempire la sua vita.

Si erano accarezzati avvolti da quel silenzio buio, con le lacrime ormai asciutte sulle loro guance e i respiri sereni, e per un attimo entrambi avevano pensato a quella volta in cui si erano trovati nella stessa posizione, quando Louis aveva ferito Harry  pazzo di gelosia e aveva pianto di fronte ai suoi occhi, quando si era chiuso in quella posizione di difesa e “Perdere te sarebbe come se il sole, la luna, le stelle e tutto quello che apprezzo di questo mondo, fossero inutili. Tutto quello che mi fa sorridere, che mi fa emozionare non ha senso se non ci sono i tuoi occhi azzurri a raccoglierli” aveva detto, sotto lo sguardo commosso di Louis che poi l’aveva stretto a sé e si era scusato un miliardo di volte prima di baciarlo piano, intensamente, come se non potesse farne a meno. Louis ricordava ancora quelle parole, come se fossero ancora lì a circolare tra di loro.

-Com’era il cielo ieri sera?- aveva chiesto allora, sotto lo sguardo attento di Harry che –Per un attimo la luna era tornata a risplendere- aveva sussurrato, confermando a Louis di non aver dimenticato le sue parole, di averle ancora lì, al centro del suo petto, marchiate a fuoco.

-Ti amo così tanto mon amour- aveva sussurrato Louis nel nomignolo francese con cui lo apostrofava quando erano da soli, in completa intimità e Harry aveva ripreso a piangere, ancora, con i ricordi e l’amore che lo sommergevano, sembravano volerlo portare a fondo e lui adesso sembrava troppo debole per riuscire a tornare a galla. Louis aveva ricominciato a piangere al solo pensiero di aver lasciato andare tutto quello e poi –E’ troppo tardi, ora?- aveva sussurrato distrutto da quella consapevolezza.

Harry aveva chiuso gli occhi per un secondo e poi l’aveva illuminato con i suoi occhi straziati –Mi abbracci?- aveva chiesto, mentre Louis asciugava le sue lacrime con la manica del maglione, indifeso e piccolo.
Harry aveva afferrato la sua mano per permettergli di allargare le braccia e poi l’aveva spinto verso di lui, con le gambe a circondare i suoi fianchi e le braccia ancorate al suo collo.

Entrambi avevano chiuso gli occhi una volta stretti in quell’abbraccio e avevano sentito quella serenità scivolargli addosso, quell’amore legarli stretti, come delle corde, quelle che Louis aveva tatuato per sorreggere l’ancora di Harry, quelle corde che ora li stringevano.
 
Sarebbe mai stato troppo tardi per loro?
E’ mai troppo tardi per l’amore?
 

“For your eyes only, I showed you my heart.”



 
Per il meraviglioso banner che io venero, ringraziate la fantastica Mil, e anche per ispirazione, citofonare a casa sua! 

Angolo autrice: Salve cc 
Lo so, vi starete chiedendo perché scrivo, passo il tempo a rompere buttando fuori queste cose. 
Quell'abbraccio mi ha trasmesso così tanto e questo è quello che mi è venuto fuori pensando a  quello che potevano provare, perché non lo ammetterò mai, ma forse le cose non sono più come prima (non è vero stanno insieme, zitti tutti) 
Però se così fosse, loro si amano, sono LE persone, e si ritroveranno sempre, always!
L'ultima frase è presa da If I could fly che non ho ascoltato  che mi ha ricordato proprio quello di cui parlavo qui! E quella canzone è la morte, aspettate che esca in HQ perché non merita di essere sentita con le urla e i pianti in sottofondo. 
Buh, per il resto, sono contenta se mi insultate per recensione o su twitter (@lunatjque) tutto ben accetto, anzi, mi farebbe tantissimo piacere! 
Anche se credo che nessuno di voi si interesserà a questa cosuccia cc
A presto girls and boys!
   
 
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