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Autore: Niglia    03/11/2015    0 recensioni
[Sissi/Franz]
"Aveva solo nove anni quando ne vide uno per la prima volta..."
Il loro primo incontro avviene perché entrambi a caccia sulle montagne bavaresi: ma le prede non sono semplice selvaggina.
Scritta per il 'Drabble Weekend Event' indetto dal gruppo FB "We are out for prompt".
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: L'Ottocento
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WE ARE OUT FOR PROMPT – 30 OTTOBRE / 01 NOVEMBRE 2015

Titolo: Augenblick
Personaggi: Sissi/Franz
Prompt ©Gloria Venegoni: Sovrannaturale (ispirazione Orgoglio, Pregiudizio e Zombie): il loro primo incontro avviene perché entrambi a caccia sulle montagne bavaresi. Ma non le prede non sono selvaggina.
Generi: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale
Contesto: L’Ottocento
Avvertimenti: Palese OOCità
Note: Non ho mai letto “Orgoglio, Pregiudizio e Zombie”, ma spero di aver rispettato quelle che suppongo siano le linee di base del libro e la sua atmosfera, insieme alla realtà storica dei personaggi descritti. In ogni caso mi sono ispirata parecchio ai film di Romy Schneider per le atmosfere e la descrizione di certe scene.
Il titolo, “Augenblick” è un termine tedesco che letteralmente significa “in un batter d'occhio”; ossia indica un momento decisivo nel tempo che è fugace, ma emozionante e incredibilmente significativo.




__________________________


Augenblick







Pensa sempre a questo: quando nella vita avrai dolori o preoccupazioni, va' come ora ad occhi bene aperti per il bosco,
e da ogni albero, da ogni cespuglio, da ogni fiore e da ogni animale la potenza di Dio ti verrà incontro dandoti forza e consolazione.
[La principessa Sissi, 1955]




Aveva solo nove anni quando ne vide uno per la prima volta – accadde nei fitti boschi di Possenhofen, verso le montagne, in un punto talmente celato della foresta da nascondere persino la visuale sul lago.
Come suo solito, aveva disubbidito agli ordini di suo padre; e invece di rimanere come le era stato detto con sua madre e i suoi sei fratelli [1], aveva preso con sé il suo cucciolo di terrier e una lanterna, e si era poi precipitata fuori dal castello, incurante del sole che scivolava rapidamente oltre le montagne privando la terra di luce. Non temeva di aggirarsi da sola per i vasti territori che componevano la tenuta: conosceva alla perfezione ogni angolo di giardino, ogni svolta del terreno, ogni albero e ogni arbusto, e sapeva quale sentiero avevano preso suo padre e i suoi amici per andare a caccia.
L’eccitazione di quella sua bravata, tuttavia, si spense ben presto non appena la bambina si accorse che il sentiero andava via via restringendosi fino a sparire quasi nel nulla, che tra le fronde degli alberi le civette non tubavano placidamente, che ogni singolo rumore pareva essere stato inghiottito dall’oscurità e che non si udivano, come ella credeva, le voci della compagnia di suo padre né l’abbaiare dei loro cani da caccia. Il suo cucciolo si irrigidì all’improvviso, rizzando le orecchie, lanciò due bassi latrati e si gettò nella vegetazione senza guardarsi indietro, lasciandola sola – e fu allora che la piccola Sissi iniziò ad avere paura.
Si strinse addosso il proprio cappottino e sollevò la lanterna all’altezza dei suoi occhi, cercando di gettar luce su un debole percorso sterrato che si snodava tra cespugli pungenti; non osava alzare la voce per richiamare indietro il suo cane o cercare di attirare l’attenzione di suo padre, perché più volte il duca le aveva intimato di rimanere in silenzio quand’era fuori a caccia, in modo da non spaventare le prede e rendere vani gli appostamenti – e in ogni caso c’era qualcosa, in quella notte, che le bloccava il fiato in gola e le ghiacciava il sangue nelle vene, a lei che non aveva mai avuto paura di niente e di nessuno.
D’un tratto, nel silenzio, udì il frusciare di un arbusto; data l’assenza di vento e i nervi che la bambina già aveva a fior di pelle, essa si fece immobile come una statua, e osò muovere appena soltanto gli occhi per cercare di capire che cosa avesse prodotto quel rumore.
«Papi?» Sussurrò delicata, il suo piccolo cuore che le martellava ferocemente in petto.
Tuttavia non fu suo padre a emergere dal sottobosco: fu una creatura mai vista prima, neppure nei suoi incubi peggiori, che non pareva appartenere a nessuna realtà conosciuta. Era pallida, emaciata e alta, seppur rimanesse curva su sé stessa, come se non tollerasse il suo stesso peso – capelli grigi e sottili ricadevano su occhi giallognoli e vitrei, ricoperti da un velo biancastro, pelle raggrinzita e viscida pendeva da un volto scheletrico e senza vita, e in alcuni punti – buon Dio! – pareva staccarsi come i pezzi di montone che suo padre lasciava ai cani ed essi maciullavano affamati. Una bocca spalancata in un verso sordo mostrava una chiostra di denti marci, e vestiti vecchi e infangati ricoprivano a stento membra che parevano troppo pesanti per muoversi normalmente. La creatura si mosse lentamente verso di lei e lei si limitò a fissarla con occhi spalancati – più sbigottiti che terrorizzati, forse – fino a quando non osò sollevare le braccia verso di lei e allungare mani da dita arcuate come a volerla ghermire.
A quel punto Sissi lanciò uno strillo lancinante nell’aria della notte, volse i tacchi e fuggì via, correndo a perdifiato in mezzo al bosco senza badare a dove andava né dove metteva i piedi, desiderando soltanto andarsene quanto prima da lì, mettere il più distanza possibile tra lei e il mostro, e possibilmente rientrare a casa sana e salva.
Ma non aveva fatto i conti con l’asperità del terreno: un sasso o un affossamento le fece perdere l’equilibrio, e la bambina precipitò per terra raschiando mani e ginocchia, lasciando rotolare via la lanterna che fortunatamente non si spense. Cercò di rialzarsi, ma dovette essersi slogata una caviglia, perché anche solo muovere un passo le procurava fitte terribili che la portarono a zoppicare; e dietro di lei sentiva gli ansiti del mostro, i suoi gemiti gutturali, lo strisciare dei suoi passi grevi sul terreno umido.
Poi, qualcosa le si strinse intorno al collo del piede, afferrandoglielo in una morsa terribile e usandolo come leva per tirarla indietro; erano le dita della creatura – Sissi sentì il viscidume della sua carne, lo scricchiolio delle sue ossa, il gelo della sua pelle – e d’istinto urlò di nuovo, urlò più forte, urlò fin quando le sue urla non vennero inghiottite dal rumore roboante di uno sparo e la stretta del mostro su di lei si allentò. Esso crollò su sé stesso in un groviglio di membra disordinate, scivolando a terra come una marionetta alla quale erano stati bruscamente recisi i fili, e Sissi gattonò via, piangendo e singhiozzando, senza osare guardarsi indietro.
E subito dopo si ritrovò cullata tra braccia calde e confortanti, con il naso premuto contro il bavero del cappotto di suo padre, le lacrime inghiottite dalla stoffa ruvida, il capo gentilmente tenuto dal palmo della sua mano e i suoi morbidi capelli castani gentilmente accarezzati. La voce pacata di suo padre consolò la bambina, e mentre i suoi compari si occupavano di far sparire i resti del mostro, e i cani riprendevano a guaire e abbaiare, e tutt’intorno a loro la foresta riprendeva a emettere il suo brusio notturno, Sissi si addormentò tremante stringendo il collo del duca – il suo sonno invaso da incubi che non avrebbe mai smesso di avere.


*


Adesso, sette anni dopo [2] e con un severo addestramento alle spalle, la giovane Sissi si aggirava per conto suo per i boschi di Bad Ischl, con il confortevole peso del fucile che le pendeva sulla schiena e un abbigliamento maschile che avrebbe fatto storcere il naso a sua madre molto più di quanto non facesse la sua missione – di cui la donna era misericordiosamente all’oscuro. Ancora ripensava a quanto era stato difficile convincere la duchessa Ludovica a portarla con sé in Austria – in verità le importava poco partecipare al genetliaco dell’imperatore, e a quella che sarebbe dovuta essere l’occasione che ne annunciava il fidanzamento con sua sorella Nenè. Ciò che invece l’aveva portata a supplicare sua madre era stato un telegramma che era arrivato poche settimane prima a suo padre, e che lo avvisava della presenza di alcune creature nel territorio di Gmunden [3].
Suo padre, il duca Massimiliano, aveva altri affari a cui badare tra Monaco e Possenhofen, e non gli era possibile allontanarsene né per accorrere alla richiesta di aiuto del telegramma né per rispondere al severo invito dell’arciduchessa Sofia sua cognata. Così, padre e figlia avevano fatto in modo che la duchessa Ludovica e la figlia maggiore Elena portassero Sissi con loro a Ischl, senza oltre specificare quale fosse il motivo che aveva portato la giovane ribelle a voler partecipare di sua spontanea volontà a un qualsiasi evento organizzato dalla madre dell’imperatore.
Sorridendo appena sotto il cappellino che le proteggeva gli occhi dal caldo sole pomeridiano, Sissi lanciò un’occhiata alle proprie spalle per accertarsi nuovamente di non essere stata seguita, e quando il sentiero la condusse sul punto più alto del pendio svoltò bruscamente a sinistra e si immerse nell’ombra del sottobosco.
Le sue orecchie erano tese e pronte a udire il minimo cambiamento insolito del vento o della natura che la circondava; il borsello che portava a tracolla era stato riempito con proiettili d’argento, due pugnali corti avevano trovato spazio all’interno dei suoi stivali e dei bracciali di cuoio le circondavano gli avambracci in caso qualche creatura avesse tentato di aggredirla o morderla mentre lei era occupata a difendersi. Non era la prima volta che andava a caccia, ma era la prima volta che si trovava da sola in un territorio non familiare – e doveva davvero sforzarsi di tenere a freno la sua eccitazione per evitare di fare qualche sciocco errore.
In ogni caso, si trovava nel posto giusto. Le indicazioni che le aveva dato suo padre erano abbastanza precise – evidentemente il duca aveva già avuto modo di visitare la zona in passato – e vista la conveniente lontananza dal centro abitato Sissi avrebbe potuto fare quel che voleva in caso avesse incontrato la creatura. Ormai sapeva per esperienza che esse non si limitavano ad uscire dalle loro tane soltanto con il calar delle tenebre – quelle erano sciocche superstizioni inventate da qualche contadino che confidava di poter essere al sicuro fintantoché il sole fosse stato alto nel cielo – ma soltanto quando erano affamate; e vista la scarsità di attacchi negli ultimi giorni, qualsiasi cosa si nascondesse nei boschi di Ischl stava soltanto aspettando che qualche preda le si presentasse davanti.
Vista la calura del pomeriggio e l’apparente tranquillità del luogo, Sissi decise che non ci sarebbe stato nulla di male nel riposarsi per un poco prima di proseguire con la sua avanscoperta. Trovata una pietra sufficientemente larga da fungere da sedile, la giovane vi prese posto con un sospiro, allungando le gambe davanti a sé e alleggerendosi dal peso del fucile e della borsa; posati i bagagli per terra accanto a lei, si levò il cappello e lo usò per sventolarsi. Da quell’altura riusciva a vedere l’intera vallata – il paese abbarbicato lungo il fiume, i campi, le montagne che scivolavano e parevano sfiorare la superficie del lago e il cielo tanto azzurro e terso nella giornata estiva da far somigliare l’intero paesaggio a un maestoso dipinto.
La sua pace, tuttavia, venne bruscamente interrotta da un improvviso e delicato fruscio subito seguito dallo scricchiolio di quelle che sembravano suole di scarpe sui rametti e l’erba secca del sottobosco. Senza perdere tempo, Sissi saltò in piedi e si armò rapidamente: imbracciò il fucile, si accucciò dietro il grosso sasso sul quale era seduta e puntò l’arma in direzione dei rumori, il dito guantato sospeso sopra il grilletto, pronto a premerlo al minimo accenno di pericolo.
Il rumore si fece più vicino, e Sissi trattenne il respiro: vide un’ombra scura aggirarsi tra gli arbusti e la tenne sotto tiro, e quando raggiunse il limitare del bosco socchiuse gli occhi, sfiorò il grilletto–
«Per l’amor di Dio, mettete via quell’arma!»
Con un ansito sorpreso, la ragazza spostò immediatamente il dito dal grilletto. Abbassò il fucile senza distogliere lo sguardo dal giovane appena sbucato da dietro gli alberi, considerando rapidamente la sua aitante figura e il suo abbigliamento prima di decidere che era innocuo – umano, soprattutto – e che non rappresentava alcuna minaccia; un cacciatore, probabilmente, a giudicare dal fucile che a sua volta egli portava in spalla.
Un aristocratico a caccia, si corresse con un lieve roteare di occhi. Se c’era un’altra persona nei boschi, Sissi non avrebbe di certo potuto continuare con la sua, di caccia; per cui mise via la propria arma, si rizzò in piedi, si spolverò i calzoni e afferrò la borsa per rimettersela a tracolla – il tutto senza degnare lo sconosciuto di una sola parola o di una seconda occhiata, dato che non aveva alcuna intenzione di essere riconosciuta e di sorbirsi chissà quale terzo grado da parte di sua madre, o peggio, di Nenè.
«Un momento!» La richiamò lui con un aggrottare della fronte e un tono vagamente indignato. «Ve ne state andando senza neanche scusarvi, o spiegare che cosa ci fate qui, e armato?»
«Potrei domandare la stessa cosa a voi», borbottò Sissi ostinandosi a dargli le spalle. Oh, non aveva proprio intenzione di perdere tempo a giustificarsi con il primo nobiluomo arrogante che passava…
Il giovane si lasciò scappare uno sbuffo assai poco aristocratico. «Avete idea di dove siete? Questo è terreno di caccia dell’imperatore», sottolineò con tono autoritario, raggiungendola con due rapide falcate.
«Credete che non lo sappia?» Sbottò lei, facendo l’errore di voltarsi per meglio affrontarlo.
Nel vederla bene in viso, l’uomo irrigidì: sul suo volto passò una rapida processione di emozioni – confusione, perplessità, sconcerto e persino irritazione, finché non decise di adottare quella che sarebbe potuta sembrare una sorta di divertita ammirazione. «Ma voi siete una donna», mormorò, constatando l’ovvio.
Sissi mugugnò un assenso. «Una donna che va di fretta», specificò, cercando di oltrepassarlo. «Ora, con permesso–»
«No, aspettate un attimo», insisté lui, afferrandola istintivamente per un braccio.
Sissi prese un profondo respiro, contò fino a dieci, si voltò verso di lui e si sforzò di ignorare la sua poco galante presa sul proprio avambraccio. «Sì, desiderate qualcosa?» Domandò con finta dolcezza.
Egli inarcò un sopracciglio, e un angolo delle sue labbra si allungò verso l’alto. «Se non volete essere trascinata dai gendarmi, mi direte qui e ora che cosa ci fate, armata e vestita da uomo, in mezzo a questi boschi. Dubito che siate uscita per una passeggiata, visto che vi siete allontanata così tanto dal sentiero.»
«Molto acuto», si complimentò Sissi, cercando di divincolarsi dalla sua presa. Ma lui accentuò la stretta, inarcando anche l’altro sopracciglio come a voler sottolineare la sua serietà, e lei dovette capitolare. «Sono a caccia?» Tentò, con un tono più interrogativo che affermativo.
«A caccia», ripeté sarcastico lo sconosciuto. «E di che cosa?»
Per qualche strano motivo, la sua domanda – o lo strano tono insinuante con cui era stata posta – la mise sulla difensiva. «Voi che cosa state cacciando in questo periodo dell’anno?» Ribatté seccamente.
Il giovane la fissò a lungo, come se sperasse di trovare la risposta alle sue curiosità negli occhi di lei; e forse qualcosa dovette trovarla, perché all’improvviso rilasciò con gentilezza la presa sul suo braccio, accennando un mezzo sorriso di scusa e indietreggiando di un passo. «Forse le nostre prede sono le stesse», mormorò, così piano che Sissi fece quasi fatica a distinguere le parole.
Sbattendo le palpebre, lei decise di ricambiare quel lieve spiraglio di sincerità. «Forse», acconsentì. «Suppongo dipenda dal tipo di proiettili che usate.»
Lui la fissò come se non credesse ai propri occhi. «Argento?» Offrì a mezza voce.
Lei rilasciò un respiro che non si era accorta di aver trattenuto. «Argento», confermò debolmente.
Stavolta, quando lo sconosciuto le prese la mano, lo fece con un gesto estremamente gentile. «Sarei molto curioso di conoscere la vostra storia, signorina», propose con un cenno del capo e un sorriso complice. «Il vostro nome, se mi è permesso chiedere?»
Ricambiando con fare indeciso il suo sorriso, la ragazza sospirò e concesse «Potete chiamarmi Sissi.»


*


Al suo rientro a Ischl, dopo aver fatto una deviazione all’ufficio del telegrafo per mandare un rapido telegramma a suo padre e avvisarlo del fatto che per il momento non aveva trovato nulla di interessante e che pertanto la sua missione era ancora in corso, Sissi dovette subire l’ennesima strigliata da parte di sua madre che si era accorta dell’uscita segreta della figlia – «Per l’amor di Dio, Sissi, sei andata a pesca? Come devo fare con te? Corri a rinfrescarti, sembri una contadina! Cosa direbbe la zia…» – e, come se ciò non fosse di per sé sufficiente, fu persino costretta a mettersi in ghingheri per partecipare alla festa di compleanno dell’imperatore, dato che una delle dame invitate aveva dovuto disdire all’ultimo momento e bisognava riempire un posto vacante tra cena e balli.
Era rimasta pensierosa per tutto il tragitto – sua madre e sua sorella troppo eccitate in vista dell’incontro con l’imperatore nonché futuro sposo di Elena per prestare attenzione allo strano umore di Sissi – ritornando con la mente a ciò che era accaduto quello stesso pomeriggio tra i boschi austriaci. Il giovane cacciatore – Franz, offrì la sua mente confusa in un qualche tentativo di aiutarla – era stato l’emblema stesso della gentilezza e della cavalleria; avevano chiacchierato a lungo e di ogni cosa, a partire da ciò che entrambi facevano per proteggere la loro casa da quei mostri che la minacciavano per finire in discorsi più vari ed estesi, coprendo in poche ore quanti più argomenti possibili – come se temessero che quella sarebbe stata l’unica volta in cui sarebbe stato loro possibile incontrarsi, e volessero utilizzare al meglio il tempo che era stato loro concesso.
Sollevando lo sguardo sulla villa imperiale di Ischl, Sissi non dubitava che non avrebbe più rivisto il giovane e affascinante Franz, poco importava che il proprio cuore le facesse capriole in petto ogniqualvolta i suoi pensieri tornavano a lui.


*


Quando il ciambellano scandì ad alta voce il suo nome – «La duchessa di Baviera, Elisabetta Amalia Eugenia di Wittelsbach» – Sissi prese fiato, raddrizzò la schiena e raggiunse la porta cercando di mostrarsi il più elegante possibile; non voleva mancare di rispetto a sua zia o disonorare sua madre o sua sorella con comportamento men che regale.
Sfortunatamente, i suoi eccellenti propositi rischiarono di svanire nel nulla, tremando violentemente come una fiamma spinta dal vento, quando i suoi occhi si posarono su quello che doveva essere l’imperatore e che restava dritto al centro della sala con la madre al suo fianco, in attesa di accogliere le sue ospiti, e che altri non era che il giovane cacciatore di creature non-morte che aveva conosciuto giusto quel pomeriggio nel bosco.
Impallidendo fino a perdere ogni traccia di sangue in viso, Sissi si sforzò di mantenere un’espressione impassibile – malgrado avesse notato uno sguardo similmente sorpreso sul volto dell’imperatore – e, seguendo l’esempio della sorella, raggiunse il suo fianco tenendo gli occhi chini e si esibì in un profondo inchino, pregando ogni santo che conosceva di evitarle figure eccessivamente imbarazzanti davanti all’intera corte. Che cosa le avrebbero fatto se avessero scoperto che aveva quasi sparato all’imperatore?
«Mia cara cugina», salutò la voce gentile di Franz – oh Dio, come aveva fatto a non capirlo solo dal nome, e dal suo atteggiamento? Era davvero così stupida? – non appena le fu di fronte. Lei vide dapprima la punta delle sue scarpe, poi l’orlo dei suoi candidi pantaloni bianchi, e infine una mano guantata apparve davanti al suo campo visivo, e a lei non rimase che prenderla seppur a malincuore.
«Avreste dovuto dirmi che eravate l’imperatore», gli sussurrò all’orecchio con voce spezzata, mentre egli l’aiutava a rialzarsi dal profondo inchino come richiedeva l’etichetta.
Franz le dedicò un sorriso talmente delicato da apparire invisibile a chiunque non si fosse trovato a una distanza più ravvicinata. «E voi avreste dovuto dirmi che siete mia cugina, Sissi», replicò sul medesimo tono.
«Vi prego, non ditelo a mia madre», lo supplicò frettolosamente, notando le occhiate perplesse e forse appena infastidite che stava ricevendo contemporaneamente da sua madre, sua sorella e dall’arciduchessa Sofia – evidentemente quel breve scambio di convenevoli tra lei e l’imperatore non rientrava nel cerimoniale di corte.
Franz Joseph accennò un lieve inchino col capo, sollevando la mano inguantata di Sissi verso di sé finché la sua bocca non aleggiò allusivamente a pochi centimetri dal palmo. «Le mie labbra sono sigillate», fu la sua mormorata e solenne promessa. Ma il luccichio che apparve nei suoi occhi smascherò una certa divertita scaltrezza, che la giovane non fu del tutto certa di apprezzare. «Tuttavia, ora siete in debito con me.»
Stava ancora sbattendo le palpebre, sconcertata e con le gote più rosee del solito, quando l’imperatore venne condotto via dall’arciduchessa verso sua sorella Elena affinché la scortasse a cena, privandola così del privilegio di rispondergli a tono. E Sissi suppose che le sorprese per la serata non dovevano ancora essersi concluse, se si doveva considerare la breve occhiata sorniona che il giovane monarca le riservò da sopra la spalla prima di allontanarsi con sua sorella.
Ignorando lo sguardo pensieroso che le rivolse sua madre, Sissi la seguì pacatamente verso la sala da pranzo – uno strano brivido lungo la schiena come unico presentimento.






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One-shot: 3287 parole.


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[1] Nel 1846 Elisabeth ha nove anni; ha tre fratelli maggiori e tre minori, l’ottavo genito morto neonato e gli ultimi due fratelli non ancora nati.
[2] Nel 1853 Elisabeth e Franz Joseph si incontrano per la prima volta a Ischl per la festa di compleanno di quest’ultimo; all’epoca lei ha appena 16 anni, mentre lui è un giovane imperatore di 23.
[3] Distretto di Gmunden, Alta Austria. Nella cittadina di Bad Ischl si trova la Kaiservilla, residenza estiva di Franz Joseph, regalatagli nel 1850 dalla madre.
   
 
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