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Autore: junone    04/11/2015    0 recensioni
Ricordo il suono di due cuori in collisione, l'esplosione silenziosa di due anime che all'improvviso entrano in contatto. Ricordo il sorriso su quelle labbra mute, gli occhi illuminati dalla luce soffusa di una lanterna accesa. Ricordo il grido disperato del mare, fuori dalla finestra, che s'infrangeva contro le alte scogliere poste a guardia della notte. Ricordo ogni istante, ogni frammento rubato al tempo, al mondo. Ricordo che la mia anima, poi, si è smarrita per strada perché non c'era più la tua a tenerla per mano. Ricordo un mondo che non esiste più.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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falling to pieces

« I'm still alive but I'm barely breathing »

Ricordo la neve. Bianca e fredda sotto le dita, sotto il corpo, attraverso la stoffa sottile dei vestiti troppo leggeri. Ricordo l'attesa. Il sapore della paura, il profumo degli abeti scossi dal vento, il respiro del bosco e dei suoi abitanti. Ricordo il battito di un cuore impazzito, il mio. Ricordo la notte che mi si stringe addosso.

Ricordo i suoi occhi. Verdi come il prato che cresceva selvaggio davanti alla baracca quando la primavera esplodeva, profumata, nell'aria. Verdi come ogni splendido momento passato insieme.

Ricordo tutto, ma preferire dimenticare.

~otto anni, baracca.

Mi raggomitolo sul materasso bitorzoluto. Poso le mani sul petto, all'altezza del cuore, se un cuore ancora c'è.

Penso sia andato in pezzi, penso che al suo posto ora ci sia un cumulo di cenere e sangue, ma nel silenzio, tra i respiri sommessi, lo sento battere piano. Tum, tum. Tum, tum.

Una mano piccola e calda mi sfiora i capelli. Non ho bisogno di aprire gli occhi per sapere che l'altro bambino è in piedi accanto al mio letto. Sento l'odore della sua pelle.

Dietro le palpebre chiuse si ricama l'immagine di un paio d'occhi verdissimi e di un volto bianco, acceso dalla curiosità, mentre aspetta davanti alla porta spalancata di una baracca fatiscente.

Mi piacciono i suoi occhi, sembrano due biglie di vetro incastonate su una lastra d'avorio.

Mi piacciono i suoi occhi, ma in questo momento voglio solo sprofondare nel materasso e farmi inghiottire dal vuoto che mi divora la carne.

L'aria si muove, le sue labbra sono vicine al mio orecchio, il suo alito caldo mi pizzica la pelle. Non ho la forza di allontanarlo.

Mi assicura che vorrò bene a Giselle e Caesar, che vorrò bene a lui. Non gli credo.

Faccio per tapparmi le orecchie, ma prima che ogni rumore si tramuti in un muto ronzio il bambino dice che gli dispiace e poi, con un filo di voce:

-Anche i miei genitori sono morti-.

Accanto al mio letto Giselle ha sistemato una foto.

I capelli di mia madre sono di un bel castano dorato, la luce del tramonto che si staglia dietro di lei li arricchisce di sfumature color rame. Ha un sorriso gentile e appagato mentre stringe mio padre tra le braccia. Lui sembra felice lì, con il profumo della donna che ama addosso e i suoi capelli che gli sfiorano le guance.

Vorrei ricordarli così, sereni, vivi, ma l'immagine dei loro corpi senza vita mi assale, mi tormenta, s'insinua nei miei sogni e non se ne vuole andare. Ha messo radici e non riesco a liberarmene.

Vedo la terra macchiata di sangue, l'angolatura innaturale di quei corpi che non riconosco, gli occhi velati di grigio fissano il cielo senza vederlo davvero. Sono morti e non so perché. Sono morti e mi hanno abbandonata. Sono morti e li odio per questo.

Penso di dare fuoco alla foto, ma poi ricordo che è l'unica cosa che mi resta.

La notte piango, ma non sono più sola. Jonah, il bambino, si stende accanto a me e piangiamo insieme. Assaggio le sue lacrime mentre respiriamo lo stesso dolore. Mi chiedo se questa sensazione di malessere sparirà mai.

-Ho paura-, dico.

Siamo stretti l'uno all'altra, le sue mani tra i miei capelli, le mie dita sul suo viso. Ci aggrappiamo a noi stessi, a ciò che rimane delle nostre vite per non finire in frantumi.

-Perché? Ora sei al sicuro-.

-Ma loro ci troveranno-, trattengo il respiro. Il pensiero dei Cacciatori mi fa tremare. -Ci uccideranno come hanno fatto con la mia mamma e il mio papà-.

Le dita di Jonah si spostano sul mio collo, delicate cercano il punto in cui si sente battere il mio cuore.

-Non devi avere paura, ti proteggerò io-, sorride mentre lo dice, ma c'è qualcosa di triste nel modo in cui le sue labbra si incurvano. -Proteggerò il tuo cuore, te lo prometto-.

-Grazie-, mi addormento con le labbra che sanno di sale e malinconia.

Caesar ci racconta storie di uomini che si trasformano in lupi e cantano alla luna. Lui e Giselle qualche volta spariscono per ore e quando tornano hanno gli occhi lucidi, i capelli arruffati e l'odore del bosco che carezza il prato vicino alla baracca, aggrappato ad ogni lembo di pelle.

È in momenti come questo che mi ricordano terribilmente mamma e papà.

Li immagino correre insieme, sfrecciare tra gli alberi e sparire. Lontani da me, dalle mie mani che si allungano per afferrarli ma che si riempiono d'aria e rimangono vuote.

~dieci anni, bosco innevato

Sta succedendo. Lo sento.

Il respiro dei lupi mi scivola addosso. La neve è un lenzuolo candido che luccica appena, come cosparso di minuscoli diamanti. I miei, di respiri, scandiscono un tempo lento e stanco, che sembra destinato a incastrarsi tra gli spilli congelati degli abeti e lì morire.

I lupi lo sanno. Aspettano che mi liberi di questo corpo bianco e fragile. Aspettano che mi unisca a loro. Jonah inclina il muso d'un lato e spalanca la bocca, il suo alito caldo disegna forme astratte che svaniscono in un batter di ciglia. Vuole che allunghi le zampe e corra verso di lui, lasciandomi vestiti e impronte alle spalle come i ricordi di una vita che non esiste più. I suoi occhi mi chiamano.

Quando è successo a lui mi è sembrata una cosa naturale, semplice, veloce. Come respirare.

Guardo il lupo grigio -Caesar- che sfiora il muso del lupo nero -Giselle- con il naso umido.

I loro corpi, scuri contro lo sfondo bianco del bosco innevato, si muovono piano, hanno paura di fare rumore, di disturbarmi mentre il destino fa il suo corso, mentre mi lascio dietro questa vita di dolore.

Ho paura. Sta succedendo troppo in fretta, senza preavviso. Mi sento persa in questa distesa fredda e bianca che m'inghiottisce. Sprofondo nella neve e per un attimo spero di non riemergervi mai più.

Ci sono striature rosso sangue a macchiare la distesa d'inchiostro che si muove sopra i miei occhi spalancati, lingue di fuoco che lambiscono le nuvole grige. Sento il vento cambiare, l'aria farsi densa, irrespirabile.

Sbatto le palpebre, scaccio il velo sottile che mi offusca la vista e capisco che le lingue di fuoco sono nella mia testa. Non c'è sangue in cielo.

La verità è che ho paura.

Le ossa iniziano a scomporsi e ricomporsi. Si muovono sinuose nella carne, lavorano per ridisegnare uno scheletro più flessuoso e robusto. Mi regalano un corpo nuovo, forte, selvaggio.

La pelle umana non mi appartiene più, la sento scivolare via e sciogliersi nella neve.

Ho dieci anni e mi sono appena trasformata.

Il bosco ha un aspetto diverso ora. La luna non è più una sfera pallida persa nel cielo troppo grande. La vedo ovunque. Nei riflessi bianchi che abbelliscono la gorgiera scura di Jonah, sulle piccole onde dei ruscelli in cui ci imbattiamo, la vedo persino negli occhi vivaci di Giselle e Caesar che corrono al nostro fianco.

Sono libera, sono feroce. Heaven è da qualche parte nei meandri di questo nuovo corpo. La sento respirare in un angolo della mente, ma non m'importa di lei, non più.

Corro senza prendere fiato, affondo le zampe nella neve e respiro la notte. Ascolto lo scricchiolio dei rami, assaporo la melodia dei nostri respiri che si mescolano nel vento imperioso di questa notte magica.

Non c'è dolore in questa esistenza fatta d'istinto e meraviglia. Vorrei restare qui per sempre.

~diciotto anni, baracca

La vita è uno scorrere quieto di eventi che scandiscono le nostre esistenze. Quando è il momento lasciamo cadere le nostre pelli umane e abbracciamo la natura selvaggia che alberga nei meandri del nostro animo. In quei momenti dimentico di esistere, lascio che il lupo mi sovrasti, mi cancelli.

In quegli istanti Heaven è come morta. Il lupo è tutto.

Io e Jonah siamo seduti in cucina quando il mondo mi crolla addosso.

La tapezzeria dai motivi floreali pende sulle pareti, la muffa si è raccolta in diversi punti della stanza e non sembra intenzionata a sparire. Il ronzio del vecchio frigorifero accompagna il tintinnare del mio cucchiaino che mescola il tè nella tazza di ceramica e il tamburellare nervoso delle dita di Jonah sul tavolo instabile. L'aria frizzante della primavera s'insinua nella stanza attraverso la finestra socchiusa, smuove le tendine di lino trasparenti e mi scompiglia i capelli.

La porta d'ingresso si apre e si chiude scricchiolando. Giselle entra in cucina trascinando i piedi. Ha l'odore del bosco impigliato addosso.

Si passa una mano tra i capelli neri, arruffati intorno al viso sottile. Abbassa lo sguardo, ma è troppo lenta nel compiere il gesto. Non riesce a nascondere il rossore degli occhi e le occhiaie che li circondano. Jonah aggrotta la fronte, io mi fermo, il cucchiaino immobile nel té fumante.

-Dovete andarvene-, la sua voce è un soffio basso. Ha il volto di una madre addolorata, nonostante i suoi trent'anni si porta addosso il peso di troppe vite sulle spalle. La mia, quella di Jonah, quella di Caesar.

Solchi profondi le segnano gli angoli delle labbra. Sta per dire qualcos'altro ma poi ci ripensa e si raggomitola su se stessa. Del meraviglioso lupo dalla pelliccia nera non c'è più traccia. Ora mi appare come un esserino fragile che cerca di sparire dentro il suo stesso corpo.

-Perché?- a parlare è Jonah, ma quella domanda ronza anche nella mia testa.

-È successo qualcosa?- chiedo.

Giselle non risponde. Leggo nei suoi occhi la preoccupazione mentre fissa la finestra che da sul bosco. Lo sguardo perso oltre le punte scure degli alberi.

Allora capisco.

Caesar è sempre più inquieto, sempre più instabile. A volte lo sento urlare e imprecare.

Alle mie spalle giacciono i pezzi di una sedia rotta e i rimasugli di un vetro frantumato. In quei momenti la sua espressione è contorta dalla rabbia, le sue labbra atteggiate in un ringhio lo fanno assomigliare al lupo grigio che è nei boschi. Sembra disperato. Sembra un altro uomo. Ha paura dei Cacciatori. Il terrore gli si infrange adosso a ondate e questo lo corrode. Caesar non è abbastanza forte. Crollerà come un castello di carta sospinto dal vento.

Giselle vuole proteggerci.

~vent'anni, in giro per il mondo

Per un po' la nostalgia ci stringe in una morsa stretta e soffocante, ma con lo scorrere del tempo il lupo prende il sopravvento e i ricordi sbiadiscono.

Viviamo d'istinti. Viviamo secondo regole tutte nostre. Jonah mi trascina per il mondo, impaziente di farmi vedere cose che non conoscono, luoghi dai profumi pungenti, persone dalla pelle scura e vestiti colorati, ciliegi in fiore e cieli stellati.

I suoi occhi verdissimi sono sempre più limpidi, sempre più colmi di una gioia che, devo ammetterlo, invade anche il mio corpo. Qualche volta le sue dita s'intrecciano alle mie, la sua pelle è calda e morbida, ha l'odore della terra e del muschio tra i capelli, lo assaporo mentre gli bacio la nuca.

Il sole sta calando, il cielo è d'un tenue rosa e la città ne è immersa. Parigi sembra un dipinto prezioso, avvolta dal tramonto di questo autunno. C'è silenzio.

Il parco è vuoto, a farci compagnia ci sono solo il cinguettio di qualche uccello e il suono del vento tra le fronde sempre più spoglie degli alberi. Il respiro di Jonah scandisce il tempo. Se mi concentro riesco a sentire il suo cuore battere veloce.

Sorrido. -Sei nervoso?-.

Le sue dita trovano le mie, adagiate sulla superficie ruvida della panchina. -No, perché?-.

Scrollo le spalle, mi crogiolo nel calore della sua mano. Il dolore è solo una piccola macchia sulla felicità che abbiamo ricamato intorno alle nostre esistenze distrutte. Rischiamo ancora di andare in frantumi, ma se ci teniamo stretti, come adesso, forse riusciremo a tenere insieme i pezzi.

Jonah sospira. -Avevo promesso di proteggere il tuo cuore, ricordi?-.

-Sì, certo-.

-Ho fatto un buon lavoro?-, agrotta la fronte, tanto che le sopracciglia scure potrebbero toccarsi. Con la mano libera le sfioro.

-Ottimo-.

Le sue labbra hanno il sapore della felicità.

~ventuno anni, da qualche parte in America.

Non ce la faremo. I colpi di fucile risuonano spaventosi nell'aria immobile della foresta. Le foglie scricchiolano sotto le mie zampe, la terra si smuove quando i miei artigli vi affondano con ferocia. Sono più veloce di Jonah, ma gli resto accanto.

I tronchi spessi degli alberi sono figure ostili che ci rallentano in questa folle corsa.

C'è l'oro dell'autunno a circondarci, e il freddo lieve d'inizio Ottobre a smuovere le gorgiere. In un altro momento rimarrei estasiata dalla bellezza che ci circonda. Adesso ho un unico pensiero in testa.

Non voglio morire. Non voglio che Jonah muoia.

Se in questo momento fossi umana non potrei fare a meno di pensare alla foto dei miei genitori. Il tramonto alle loro spalle è lo stesso che ora arricchisce il cielo delle sfumature pallide del rosa e dell'arancio, lo stesso che c'era a Parigi.

Non sono umana, non ora, e tutto quello a cui riesco a pensare è vivi.

Un altro sparo di fucile. Un uggiolio disperato. Un corpo che si abbatte al suolo.

Mi giro. Gli occhi di Jonah sono spalancati per la sorpresa.

Il proiettile l'ha colpito al fianco, il sangue sgorga dal foro come un fiume in piena, gli macchia il pelo. Sembra così indifeso su quel tappeto di foglie, con le zampe abbandonate al suolo e il muso schiacciato sulla terra.

È finita. Moriremo qui. Moriremo insieme.

Faccio per accovacciarmi al suo fianco, e quando Jonah comprende le mie intenzioni si lamenta, un verso gorgogliante che arriva dritto dalla gola. Significa una sola cosa e capisco che i miei pensieri coincidono con i suoi.

Vivi, mi dice. Vivi.

Lo ignoro e lui ringhia, mostra i denti, si dimena. È un'immagine penosa, che mi ferisce come un proiettile, dritto al petto in quel cuore che Jonah avrebbe dovuto proteggere.

Vuole che me ne vada, che mi salvi, che viva senza di lui.

Passi. Si avvicinano.

I Cacciatori ci hanno trovati. Sentono il sangue di Jonah, l'odore della sua carne ferita deve farli impazzire di gioia. Hanno ucciso la loro preda. Mi hanno spezzato il cuore.

Jonah stende le zampe per spingermi via. Il sangue cola sul terreno.

Occhi verdi. Dolore. Mi manca il respiro.

Jonah si arrende. Abbassa le palpebre e mi risparmia lo spettacolo delle sue pupille che si fanno assenti. Ululo il mio dolore al cielo, perché questo corpo immobile non può appartenere all'uomo, al ragazzo, che mi sussurrava parole d'amore all'orecchio.

Questo corpo immobile non può appartenere alla persona che mi ha tenuta intera fino a questo istante, perché se lo fosse per me non c'è più alcuna speranza. Viva o morta, sarei persa.

Le figure dei Cacciatori si muovono dietro gli alberi, non si preoccupano più di essere silenziosi. Una risata roca invade l'aria, seguita subito dopo da un coro di voci che s'intromettono nel mio pianto disperato.

Sono una codarda. Corro via.

Jonah muore e io vado a pezzi. Mi sgretolo, lascio che i brandelli della mia anima cadano sul terreno. Non tornerò indietro a raccoglierli.

Quando torno umana, lontana dal pericolo, nuda e miserabile, mi copro il viso con le mani e piango ciò che resta del mio dolore.

Sono sola. Di nuovo

Ricordo il suono di due cuori in collisione, l'esplosione silenziosa di due anime che all'improvviso entrano in contatto. Ricordo il sorriso su quelle labbra mute, gli occhi illuminati dalla luce soffusa di una lanterna accesa. Ricordo il grido disperato del mare, fuori dalla finestra, che s'infrangeva contro le alte scogliere poste a guardia della notte. Ricordo ogni istante, ogni frammento rubato al tempo, al mondo. Ricordo che la mia anima, poi, si è smarrita per strada perché non c'era più la tua a tenerla per mano. Ricordo un mondo che non esiste più.




Note dell'autrice: se siete arrivati fin qui, grazie per aver letto questa piccola one-shot scritta in un momento di malinconia. Se volete farmi sapere cosa ne pensate sarei felice di ricevere una recensione, altrimenti grazie comunque <3

   
 
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