Questo è il sesto anno di fila che posto una one-shot su V il 5 novembre e sono felice di continuare la tradizione a tempo indeterminato. Grazie a tutti quelli che leggono e recensiscono. Alla prossima!

Gli attori erano in scena, il palcoscenico era pronto, le luci erano sistemate alla perfezione: lo spettacolo stava per iniziare.

Evey non sapeva cosa stava per accaderle.
La luce accecante che le avevo puntato in viso accentuava il terrore nei suoi occhi. Mi guardava, ma non riusciva a vedermi. Il mio volto era coperto, non da una maschera, come lo era stato fino a poco prima, ma da una coltre di oscurità. La mia voce, che lei conosceva fin troppo bene, era camuffata ad arte.
Sicuramente aveva un'idea di cosa le avrei fatto. Aveva sentito parlare delle torture e delle privazioni a cui erano sottoposti i prigionieri, ma, e di questo ero certo, non sapeva cosa stava per accaderle. Così iniziava il primo atto del nostro piccolo spettacolo.
Con la giusta dose di suspense.

Le scene si susseguirono, una dopo l'altra, separate da un semplice cambio di ambientazione. Il mio ruolo non era facile da interpretare. Ero il cattivo e l'eroe, ero me stesso ed allo stesso tempo qualcun altro. La mia sicurezza vacillò più di una volta, ma mai, neanche per un istante, interruppi l'interpretazione.
Quando giunse l'atto finale ero impaziente di sapere cosa sarebbe accaduto.

Quando le tolsi il cappuccio, la donna che mi trovai di fronte non era la stessa creatura terrorizzata che era entrata nel mio piccolo teatrino. Era calma, risoluta. Il suo sguardo era fisso su di me, incurante della luce, come se riuscisse a vedere oltre l'oscurità che mi avvolgeva. La sua sicurezza non vacillò neanche per un istante mentre le comunicavo freddamente che, se non avesse rivelato l'identità di V, sarebbe stata uccisa.
Sapevo che l'interrogatorio sarebbe stato breve. Mi bastò una domanda sola, semplice e breve, per sapere se il mio piano era riuscito.
<< Sei pronta a cooperare? >>.
La sua risposta fu pronta, decisa. << No >>.
Mi assicurai di giocare la mia ultima carta, di recitare alla perfezione anche l'ultima scena dell'atto finale. Ma Evey non cedette.
Quella era una donna che non aveva più paura.
Quella era una donna che avrei potuto amare, e che non avrebbe mai potuto amare me.

Il mio compito era quasi giunto al termine. Adesso mancava solo il gran finale.
<< Sei completamente libera >>.
Uscii dalla stanza, attraversando le scenografie che io stesso avevo creato. C'era sempre, alla fine di ogni spettacolo, quel momento in cui gli attori si tolgono le maschere e lasciano che il pubblico li veda per ciò che sono. Era arrivato quel momento, ma io non mi sarei tolto la maschera, avrei semplicemente lasciato che Evey vi guardasse attraverso.
Il sipario era calato.
Ero uscito dal mio costume di scena e ne avevo indossato un altro, più consono ai miei scopi.
Quando Evey mi vide, immaginai il fragoroso applauso finale che lentamente si affievoliva.
Poi, calò il silenzio.
Lo spettacolo era terminato, ma quella in cui ci trovavamo non era la realtà.
Era un altro palcoscenico, e noi non eravamo altro che attori nascosti dietro ad una maschera, in attesa in andare in scena per il quinto ed ultimo atto.