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Autore: emmax5    06/11/2015    2 recensioni
Ancora una volta ho scelto di farmi male scegliendo di raccontare cosa prova(secondo me) Arizona lasciando la casa che lei e Calliope avevano scelto insieme.
E' ambientata subito dopo la loro separazione...
Che ci posso fare,sono in vena di tristezze strazianti in questo periodo, scusate.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Arizona Robbins
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nona stagione
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                                                                                                                                         L’amore è una forza selvaggia.
 

 
Trascino controvoglia i piedi verso la porta di casa.
Sono stanca.
Non riesco nemmeno a camminare con la schiena dritta, porto un fardello pesante sulle spalle: il peso della sconfitta.
Infilo la chiave nella toppa, la serratura fa resistenza, giro il polso verso destra e poi verso sinistra tirando la porta verso di me, e finalmente questa si apre.
Ho perso il conto delle volte che abbiamo detto di dover riparare la serratura, avremmo dovuto riparare tante cose, chiarire tante situazioni rimaste in sospeso, avremmo dovuto…
Non ha più importanza.
Chi arriverà dopo di noi, chi comprerà questa casa, la riparerà, non spetta più a noi preoccuparci di questo, rimandare a domani, come se i domani da vivere insieme fossero infiniti.
Accendo le luci e la prima cosa che vedo è una fotografia che ci ritrae abbracciate e felici mentre stringiamo Sofia che ride.
Racconta il giorno del nostro arrivo in quella che sarebbe dovuta essere la nostra nuova vita.
Rimango paralizzata.
Sono improvvisamente consapevole del fatto che per tutta la mia vita, per ogni singolo giorno che mi resta da vivere, non avrò mai più niente di così bello, non sarò mai più così felice come quel giorno.
Sbatto violentemente la porta dietro di me, i vetri delle finestre tremano.
Stringo i pugni, vorrei distruggere tutto.
Distruggere ogni singolo oggetto, i muri, le fondamenta stesse di questa bellissima casa, tutto quello che mi ricorda le promesse che ci siamo fatte e che non siamo riuscite a mantenere.
Hai smesso di combattere.
Hai rinunciato a me.
Come hai potuto farlo?
Come ti sei permessa di fare una scelta così importante, vitale, senza chiedermi nulla?
Senza preoccuparti di preparami alla fine imminente?
Sento il sangue bollire, è come se nelle mie vene scorresse fuoco, mi scaglio contro la foto, non ho la forza per guardarla di nuovo, non voglio più vederla; la stringo e, sorprendendo anche me stessa, la scaglio contro il muro a pochi centimetri dalla porta.
Il rumore del vetro che va in mille pezzi riempie la casa vuota, passa per le mie orecchie e tormenta il mio cuore ricordandogli che è lo stesso rumore che ha fatto solo poche ore prima.
Il mio cuore non si è spezzato, è andato in frantumi,si è sparpagliato in mille pezzi.
In questo momento ti odio, eppure so e devo arrendermi al fatto che in ogni pezzo affilato e appuntito che continua a tormentarmi, in ogni singolo pezzo, anche il più piccolo, c’è il tuo riflesso.
        
 

Quando tentiamo di controllarlo,
ci distrugge.
                                     

 

 
Sto impazzendo.
Non posso continuare a tenermi tutto dentro.
Non posso lasciarmi distruggere da questo amore, non un’altra volta.
Nasciamo per amare e moriamo per amore.
Sono nata il giorno in cui ho capito di amarti, ho cominciato davvero a vivere quando mi hai detto che ricambiavi il mio amore, morirò un po’ ad ogni passo che mi allontanerà dalla strada che dovevamo percorrere insieme.
Morirà la parte più bella di me, quella parte che ho costruito per te.
Salgo le scale, accendo tutte le luci che incontro, la porta della camera da letto è aperta.
Faccio un respiro profondo, cerco di recuperare il controllo.
Entro titubante e mi soffermo a guardare il letto sfatto, come sempre siamo uscite di fretta e non abbiamo avuto il tempo di mettere ordine.
La maglia del tuo pigiama e abbandonata sul cuscino, se chiudo gli occhi posso ricostruire ogni  gesto che l’ha portata  lì.
Sto per prenderla, la voglia che ho di respirare il tuo profumo è indescrivibile, mostruosa, mi possiede e comanda ogni mio gesto ma un secondo prima di afferrarla mi fermo.
Non potrei sopportare una parte di te che entra nuovamente dentro di me, che occupa un altro pezzo di cuore in frantumi.
Non posso, non voglio farmi male più di quanto non sia necessario.
Apro l’armadio cerco per qualche secondo la mia valigia, odio il tuo disordine, sarà una delle cose che mi mancheranno di più.
Una fretta furiosa mi assale, voglio andare via il prima possibile, voglio scappare lontano dal futuro che pensavo di avere e mi hai negato.
Apro la valigia e comincio velocemente a svuotare l’armadio, non mi preoccupo neanche di piegare i vestiti, getto tutto dentro come capita.
Passo ai cassetti, svuoto il primo, il secondo, il terzo.
Corro in bagno, prendo il mio shampoo, l’accappatoio, i profumi, la maschera per ringiovanire la pelle, la spazzola, quando arrivo allo spazzolino da denti mi fermo.
Sento una scheggia di cuore pungere il costato.
Il mio spazzolino da domani sarà da solo in un bicchiere, proprio come il tuo, soli, come me, come te.
Esco dal bagno senza prenderlo.
E’ giusto che anche tu soffra, voglio che domani mattina tu odi il fatto che i nostri spazzolini siano ancora uno accanto all’altro, che la mia assenza ti faccia sentire la mia presenza.
 
 

Quando tentiamo di imprigionarlo,
ci rende schiavi.
 
                                                                                                   

 

 
 
 
Esco velocemente dalla stanza, corro in corridoi verso le scale, verso l’uscita.
Anche la porta della stanza di Sofia è aperta, esito un solo istante prima di lasciarla alle mie spalle.
Non posso entrare, non sono così coraggiosa da dire addio alla presenza costante di mia figlia , all’abitudine di averla a pochi passi da me, alla possibilità di consolarla quando la notte si sveglia e mi chiama piangendo.
Solo quando sono sulle scale mi accorgo di stringere tra le mani la tua maglia.
Ordino alla mia mano di lasciarla cadere ma resta immobile.
Le mie dita stringono convulsamente la stoffa, ho il respiro accelerato, mi manca l’aria.
Riconosco nel tuo profumo tracce del mio, sono una cosa sola.
Due persone che sono riuscite a creare un loro profumo non dovrebbero mai separarsi.
Come faremo a crearne un altro con altre persone senza pensare a questo?
Come faremo a vivere senza averne nostalgia, ad andare avanti senza indossarlo come una corazza contro il mondo?
 
 
 
 
 

Quando tentiamo di capirlo,
ci lascia smarriti e confusi.

 

 
 
 
Mi ritrovo nel salone, i giocattoli di Sofia sono sparsi un po’ dappertutto.
Recupero il computer, alcune cartelle di pazienti, dei libri che potrebbero servirmi.
Passo la mano sulla stoffa rossa del divano, odora ancora di nuovo, è perfetto per la nostra casa, sembrava perfetto per tutte le sere che avevamo sognato di passare davanti al caminetto tra il calore del fuoco e quello dei nostri corpi vicini.
Sospiro, piango.
Respiro, piango.
Ti odio, piango.
Ti amo, piango.
Mi asciugo velocemente il viso.
Come abbiamo fatto ad arrivare a questo punto?
Non riesco ad individuare il momento in cui ti ho persa.
Potrei non riuscirci mai, potrei, e probabilmente lo farò, continuare a chiedermelo per tutta la vita.
Potrei non essere mai libera da noi come tu vuoi che io sia.
Non voglio essere libera, voglio essere tua.
Guardo gli spazi che abbiamo occupato con le nostre vite e non riesco a rassegnarmi il fatto che tra poco saranno vuoti.
Sofia non farà più sorridere i vicini con le grida che lancia andando sull’altalena, non addobberemo più l’albero del giardino per Natale, non mi aiuterai più a pattinare sul vialetto, non litigheremo più con la porta di casa.
Più penso e più rischio di cadere nella disperazione, di distruggere quel poco che rimane di me.
Sento le schegge graffiare il costato, galleggiare nel mio corpo in cerca di un obiettivo sensibile.
Afferro la maniglia, mentre apro la porta sento qualcosa raschiare il pavimento.
E’ un pezzo di vetro, ci sono pezzi un po’ ovunque, li seguo con lo sguardo fino ad arrivare alla fonte del disastro.
La cornice riposa contro il muro, i nostri visi sorridono ancora, almeno su quella carta patinata lo faranno per sempre.
Raccolgo la foto, la guardo, constato che nonostante il forte urto non ha subito danni irreparabili, la stringo al cuore, la porto via con me.
Esco e prima di chiudere la porta lascio ancora vagare il mio sguardo tra i mobili, lascio viaggiare la mente tra i ricordi e le aspettative mancate.
Apro la bocca per sussurrare un “addio Calliope”, il dolore si comincia ad affrontare ammettendo la separazione, dicendolo ad alta voce per renderlo reale.
Prendo fiato e mi schiarisco la voce:
-Arrivederci amore.-

  
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