Mi innamorai del suo essere fragile e al contempo pericolosamente determinato, dei suoi cambi repentini d'umore e di quelle che lui definiva “indissolubili certezze”, del suo sorriso così bianco e dei suoi sguardi così profondi, di quel suo “bisogno di libertà" e di quella sua acerba possessività.
Mi innamorai quella sera quando lo vidi li, con quello sguardo squarciato dal dolore, infuriato e inaccettante, con la voglia di sferrarmi un altro pugno mentre mi stringeva con le mani, con il corpo a se, quando urlando tra soffocati singhiozzi  mi disse: " I rebelled for this? I gave everything for you, and this is what you give to me?”
Fu in quel momento che capì di volerlo perché non c'era uomo più umano e non c’era angelo più uomo; perché nei miei casini lui era il mio impossibile equilibrio.
 
E sorrido affascinato da quella sua ingenuità di presentarsi così sicuro per ciò che non è; si vede dai suoi occhi e non dalle sue parole, non lo sento dalla sua voce ma dai battiti del suo cuore.
Domina, ma con sensibilità, non è  così forte come crede e senza saper la meraviglia che è vuole farsi vedere per altro, per qualcosa che non è…
E’ questo che mi piace di lui la fragilità delle sue certezze, i suoi sgomenti e le sue cicatrici. l’ironia dei suoi commenti e i momenti in cui si smarrisce un po’ via.
Che poi la sfida, con lui, non è tanto il capirlo, ma il saperlo accettare in ogni momento: il saper accettar quelle mille sfaccettature di cui inconsapevolmente è terra stupenda.