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Autore: Eluviel    06/11/2015    1 recensioni
In The Long Run / A Lungo Termine
Francis ha sempre provato un certo tipo di curiosità per Arthur. Stufo di osservare il loro rapporto regredire, decide di giocare le sue carte con l'intenzione di indurre un mutamento nella visione che Inghilterra ha di lui. Nulla di più complesso, ma Francis sa essere paziente e a tratti persuasivo e non ha nessuna intenzione di gettare al vento la sua occasione.
{Cambiamento} se Arthur continua a negare.
{For Good} non importa il trascorrere delle stagioni, degli anni, dei secoli
{Cold Feet} mai si tirerà indietro.
[FrUk]
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 Autumn

 

(November)






 

Sembrava che il tempo si fosse fermato. Tutto scorreva a rilento nell'attesa che arrivasse il giorno della sua partenza per Londra. In preda ad un attacco d'ansia o di pura euforia, Francis decise di acquistare il biglietto del volo con un mese d'anticipo e di riporlo in bella vista dentro uno sportello di vetro della credenza che aveva in salotto, cosicché passandoci davanti si potesse ricordare che in quella data aveva un grosso impegno da rispettare. Il problema fu che avere sotto gli occhi quel pezzo di carta comportava un continuo crescendo della sua impazienza. Osservare il calendario per mezza giornata era alquanto controproducente e di certo non aumentava il fluire del tempo ma Francia puntualmente non rinunciava alle sue sedute pomeridiane intime con il suddetto.

Malgrado il pensiero di potersi inglesizzare anche solo di un briciolo lo schifasse, ogni sera accendeva il televisore sul canale della BBC, si arrotolava in una coperta e si stendeva sul divano con penna e taccuino sotto mano per appuntarsi qualche notizia sul mondo britannico, sui modi di dire, o su parole e frasi che riteneva opportuno imparare.

Più ascoltava e più si convinceva che come lingua l'inglese non gli piaceva affatto. Troppo poco melodica e suadente per i soddisfare i suoi gusti, ma ci teneva parecchio ad imparare di più sulle preferenze e abitudini degli inglesi per poter dimostrare ad Arthur quanto davvero gli stesse a cuore.

 

 

 

Non era un tipo particolarmente incline al volo.

La tratta, seppur relativamente breve, era piena di turbolenze e più volte l'aereo sobbalzò su e giù facendo venire al francese una nausea preoccupante e diversi crampi allo stomaco e conati di vomito. Passò praticamente tutta l'ora e mezza di viaggio nella cabina bagno, solo ogni tanto metteva il naso fuori dalla porta per respirare un po' di aria e immediatamente tornava dentro portandosi addosso tutte le maledizioni dei passeggeri che desideravano usufruire dei servizi igienici perennemente occupati. La prossima volta avrebbe senza dubbio preso una nave, ammesso che ci fosse un'altra volta. Tutti quelli scossoni avevano alimentato il suo timore di arrivare a Londra dentro ad una bara ed era scoppiato a piangere più volte all'idea di dover morire senza prima aver passato con Inghilterra una 'nottata come si deve'. Aveva cercato di chiamarlo ma ovviamente non c'era campo ad alta quota e disperato si arrese all'idea di dover combattere contro la paura completamente da solo.

Appena l'aereo toccò terra e i portelloni vennero aperti dagli assistenti di bordo si fiondò fuori dall'abitacolo dove si era costretto, scavalcando quasi i passeggeri pur di uscire in fretta da quella che riteneva una trappola mortale, sentendosi immediatamente sollevato quando realizzò di non essere più sospeso sul vuoto ma ben ancorato sull'asfalto della pista di atterraggio.

Il primo dei suoi pensieri andò subito al telefono, inutile fino a poco tempo prima ma con il massimo della ricezione ora. Compose frenetico il numero di Arthur, impaziente di parlargli e di vederlo, mentre vagava verso il terminal per recuperare i suoi bagagli.

 

"Pronto?"

"CHERIEEEEEEE!" disse con voce acuta e pimpante, rischiando quasi che il povero Inghilterra perdesse l'udito; "Non sai quanto sia felice di sentirti! Ho temuto per la mia vita, pour de vrai!1"

"Hai paura di una cosa banale come i viaggi aerei?"

"Sacrebleu, quelle macchine sono terrificanti!"

"Sei a dir poco ridicolo." Inghilterra si massaggiò la fronte, perplesso per l'infantilità del parigino.

"Resta in aeroporto ad aspettarmi. NON girare da solo e non dar fastidio alle persone."

"Oui Angleterre, però non tardare troppo."

 

Arthur annuì e riattaccò il telefono preoccupato. Per esperienza, ogni volta che Francis obbediva ai suoi ordine era perché aveva in mente qualcosa e quel qualcosa molto probabilmente era ben poco casto. Gli venne un nodo alle viscere nel pensare a quanto inopportuno si sarebbe potuto rendere e si pentì di non essere partito per tempo anziché aspettare una sua chiamata. Si infilò di fretta in macchina e guidò ad una velocità molto al di sopra dei limiti imposti senza mai smettere di pensare a cosa stesse combinando quel mascalzone parigino. Sicuramente, si disse a se stesso, aveva già puntato gli occhi su qualcuno o anche qualcosa -perché aveva imparato che l'appartenenza alla razza umana o meno probabilmente non era un vincolo per Francis- e stava infastidendo le sue vittime con le solite pessime frasi sentite già troppe volte. Magari si era pure dimenticato che a Londra c'era venuto per lui, non per andare a letto con un quartiere intero.

I suoi pensieri furono interrotti da un lontano rimbombo cupo e sordo di un tuono. Accidenti, pensò. Aveva lasciato l'ombrello a casa per la fretta e questa sua dimenticanza significava che si sarebbe bagnato parecchio e l'idea non gli andava particolarmente a genio; in particolar modo perché ogni volta Francia lo prendeva in giro dicendogli che somigliava ad un cane bagnato per via dei ciuffi di capelli fradici che gli penzolavano davanti agli occhi.

Quando arrivò al parcheggio dell'aeroporto alcune gocce erano già cadute sul parabrezza della sua auto e non appena aprì lo sportello per scendere l'intensità della pioggia aumentò sia in quantità che in misura. Maledisse più cose per il pessimo tempismo mentre correva verso l'entrata, sperando che per una volta Francis non gli causasse ulteriori problemi e si facesse trovare seduto a gambe incrociate nella sala d'aspetto.

Ma ovviamente il francese non c'era.

Si fece l'intera sala avanti e indietro per tre volte attirando gli sguardi curiosi delle persone il fila al check-in prima di appurare di essere ridicolo. Già non bastava essere inzuppati come un pezzo di mollica di pane in mezzo al brodo, ora era pure costretto ad aspettare al freddo quel mangia baguette fin troppo irritante per essere tollerato ancora a lungo dalla sua pazienza. Lo chiamò per chiedergli dove si fosse cacciato e tutte quante le volte gli rispose la segreteria alla quale Arthur rivolse tutta la propria ira, intasandola di vocaboli che un gentleman non dovrebbe manco sognarsi di dire e di minacce.

Appena l'avrebbe visto gli avrebbe strappato via tutti i suoi adorati e curati capelli biondi. Uno alla volta. A mano. E poi li avrebbe gettati tra le fiamme scoppiettanti del suo camino per evitare che quel lurido potesse costruircisi una parrucca.

Poi dal nulla udì la voce di Francia, prima lieve quanto un sussurro e via via sempre più squillante. Si voltò in direzione di quest'ultima e vide il parigino farsi strada tra le code smisurate di gente mentre lo chiamava a squarciagola.

Era fortunato a trovarsi in un luogo pubblico. Quella marmaglia di persone gli aveva evitato un brutale pestaggio, poiché lo avrebbero sicuramente sbattuto al fresco se si fosse messo a prendere a cinghiate Francis davanti agli occhi di tutti. Riusciva sempre a tirare fuori il peggio di lui e quando si ritrovò il francese ansimante per la corsa intrapresa davanti a sé, la rabbia contenuta scoppiò come un palloncino gonfio fino al limite.

Onde evitare di fare altre pessime figure, afferrò Francia per un polso e lo trascinò fuori dalla sala d'aspetto. Lasciò la presa solo una volta fuori, dove reputò che la pioggia scrosciante fosse in grado di coprire le sue urla -e insulti-.

 

"YOU FUCKING PIECE OF SHIT! CHE TI AVEVO DETTO DI FARE?!"

"Arthur non ti adirare così tanto, c'è stato un problema..."

"Non me ne frega dei tuoi problemi, ti avevo detto di aspettarmi! E tu che fai, idiota? Te ne vai per i fattacci tuoi?"

"Mon Dieu, mi hanno perso la valigia! La mia valigia, con le MIE cose! Ero andato in giro a firmare le pratiche di smarrimento!"

"Ci saremmo potuti andare assieme, you bloody wanker... Lo sai che figure da cretino mi hai fatto fare?"

Francia lo fissò desolato. Si, non aveva fatto ciò che gli era stato detto, ma solo con le intenzioni migliori. Voleva risparmiare ad Inghilterra tutto lo strazio di dover correre da una parte all'altra dell'aeroporto per siglare moduli ma i suoi sforzi non erano stati riconosciuti come sperava. Appoggiò una mano sulla spalla di Arthur ma quest'ultimo la spostò con un gesto brusco.

 

"Manco hai risposto al telefono!" continuò l'inglese in piena crisi isterica; "Sai che pensavo? Che te la fossi svignata con qualcuno. Non sarebbe la prima volta ne l'ultima."

"Allora, mon cher, sei davvero cocciuto."

"The fuck? Con che razza di coraggio lo dici?! Giuro che appena ti scarico a casa te la farò pagar-

"Io non invado nessuno da quanto siamo usciti assieme a cena! Vous êtes vraiment stupide, ohnohnohnohn!"

"Davvero pensi che sia così scemo da crederti? Tu vai a letto con le persone con la stessa facilità con cui mi bevo una tazza di té."

"Oh mi ferisci, non sono un uomo di così facili costumi. Anche io ho i miei gusti e solo tu li soddisfi, mio adorato Arthur~"

Mettere in imbarazzo Inghilterra era una cosa senza valore, non c'era nulla al mondo che gli rendesse più piacere di vedere la pelle immacolata dell'inglese colorarsi di rosso, come se si fosse dipinto le guance con la tempera. La sua era una reazione così immediata e spontanea che non poteva proprio trattenere e che dimostrava quanto lo toccassero i continui complimenti di Francis.

"...davvero...non...i-insomma, non frequenti nessuno a parte me..?"

Soffiò balbettando Inghilterra mentre la rabbia per la disubbidienza di Francia cominciava a scemare, sopraffatta da un sentimento molto più caldo.

"Certo, mon amour! L'unico con cui voglio condividere...le mie intimità...sei tu, Angleterre!"

Ad Arthur sfuggì una sommessa risata, frutto dell'isterismo di poco tempo prima e della devozione assoluta che il parigino gli stava dimostrando. Era impressionante quanto cambiasse umore velocemente passando dalla collera più nera ad uno stato più neutrale, se non quasi divertito e appagato. Giappone gli aveva detto più di una volta che lui era lo stereotipo dello tsundere ma Inghilterra non voleva mai dargli ragione: troncava stizzito il discorso e poi domandava immensamente scusa a Kiku per il suo scatto di nervi, a prova di quanto quest'ultimo avesse veramente ragione sul suo conto.

 

"TSK, NON OGGI."

Disse dopo aver concluso il piccolo momento di riflessione personale, rispondendo all'ultima affermazione del francese. Sapeva che la risatina di pochi istanti prima era senza dubbio stata recepita come un invito a strappargli i vestiti di dosso e perciò ci tenne a mettere le cose in chiaro.

"Eddai Arthur, sei perfino più crudele di Ivan! Lo sai, ma dico, lo sai da quand'è che aspetto?"

"E ALLORA CONTINUERAI AD ASPETTARE ANCORA!"

"MALVAGIO! SEI DIABOLICO! HAI INTENZIONE DI FARMI CREPARE PER L'ATTESA?"

"POTREBBE ANCHE DARSI, FACCIA DA RANA!"

"FRIGIDO!"

Sputò offeso Francia per i continui rifiuti. Che Arthur non fosse un tipo facile era chiaro, ma tutto quel sorridere e far alludere a cose e poi negarle con cattiveria lo stava portando all'esasperazione mentale e fisica.

"...sarai mica asessuato?!"

Gli domandò a basso tono inarcando un sopracciglio.

"C-Che vai a dire! Non sono asessuato...!"

"Però questo giustificherebbe la tua continua non voglia di fare sesso!"

"Non è che non ne abbia voglia... E' solo che..."

"Che?"

Il francese incrociò le braccia e si mise in posizione di attesa, tamburellando con le dita sugli avambracci per esortare Arthur a continuare la sua frase e a smetterla di restare in silenzio.

"...ho bisogno d-del mio tempo."

 

Nella testa di Francis si accese una scintilla. Inghilterra notò il cambiamento d'espressione del parigino e prese ad osservarlo con sospetto, spostando di continuo lo sguardo perché era veramente troppo terrorizzato dal sorriso famelico che gli stava rivolgendo.

 

"A-Allora, hai intenzione di restare qui a perderti in discorsi inutili o possiamo andare a casa?", disse Arthur mentre estraeva dalla tasca della sua giacca le chiavi della macchina. Francis annuì con un gesto del capo e lo seguì saltellando felice fino al parcheggio, senza dar troppa importanza a quanto si potessero rovinare i vestiti e le scarpe che aveva addosso. Aveva altri pensieri che gli occupavano la mente in quel momento.

Entrambi si strizzarono capelli e cappotti prima di salire sulla berlina nera, per minimizzare i danni che l'acqua avrebbe potuto causare agli interni.

Francia scoprì così che Arthur era un bravo guidatore, manco lontanamente paragonabile a certi italiani di sua conoscenza. L'unica volta che era salito in auto con Feliciano e suo fratello Romano aveva rischiato un paio di incidenti potenzialmente mortali, per di più Italia guidava ad una velocità così elevata da tenere chiunque compresso contro lo schienale del sedile.

La guida di Inghilterra era meno frenetica e più rilassata, nonostante il traffico delle strade della capitale. Con lui al volante si sentiva al sicuro ed in buone mani.

La casa di Arthur restava nella campagna attorno Londra. L'inglese non amava particolarmente i ritmi frenetici e il caos urbano delle grandi città, perciò aveva comprato una proprietà in periferia dove potesse starsene tranquillo ed al silenzio senza rimanere troppo isolato dalla civiltà. Francia non era stato a casa sua nemmeno una volta perciò era davvero curioso di vedere che aspetto avesse, e scoprì che s'addiceva perfettamente ad Arthur. Circondata da un giardino ben tenuto, in fondo ad un vialetto di ghiaia bianca, si erigeva un edificio dallo stile antico che gli ricordava quelli presenti nel villaggio di Stradford-upon-Avon di cui aveva visto le immagini nei libri di letteratura inglese. La trovò carina e dotata del suo personalissimo stile e ne dedusse che non avrebbe affatto rimpianto il suo appartamento a Parigi.

Stanco di dover restare bagnato, Inghilterra invitò gentilmente Francia ad entrare in casa, rammendandogli di togliersi le scarpe e lasciarle sull'uscio per evitare che gli rovinasse tutto il parquet. Francis ubbidì alla raccomandazione del compagno e lasciò le sue calzature fuori dalla porta, fiondandosi poi all'interno con nonchalance, desideroso di esplorare tutta l'abitazione. Aveva grandi aspettative per quanto concerneva l'arredamento e perciò era impaziente di vedere ogni singola stanza, specialmente per scoprire quale fosse la camera da letto di Arthur. Sperava che il gentleman non fosse provvisto di una stanza per gli ospiti perché la mancanza della suddetta comportava che avrebbero dormito assieme ed ovviamente fremeva all'idea di poter condividere lo stesso letto per tutta la durata della sua permanenza.

Ciò che però lo colpì non appena mise piede in casa non fu il mobilio ma il pungente odore di bruciato che proveniva dalla cucina. Ciò poteva solo significare una cosa. Inghilterra aveva cotto gli scones.

Lunghi brividi gli scesero lungo la colonna vertebrale quando realizzò che, se gli fossero stati offerti, sarebbe stato costretto a mangiare quei biscotti letali. Non poteva correre via piangendo e urlando come di solito perché ciò avrebbe deluso profondamente Arthur, e una sua delusione era sinonimo di gettare all'aria ogni possibilità di acquistare maggiore fiducia. Ma se li avrebbe mangiati sarebbe morto all'istante.

Francis si pietrificò davanti al dilemma che si era formato e cominciò a sudare freddo, mentre guardava l'inglese con aria terrorizzata.

 

"N-n-non.... dirmi c-che.... hai preparato.... g-gli s-scones......."

Balbettò a tratti scandendo ogni parola con lunghi spazi.

"Eh? No, io non ho cotto nulla oggi".

 

Francia resuscitò. Riacquistò un colorito molto più sano e riprese a respirare, perché era in apnea da quando aveva fiutato l'orribile odore. Però se non aveva preparato i biscotti, ciò significava che c'era qualcuno oltre a loro in casa. Inghilterra afferrò la prima cosa che gli capitò sotto mano -un vaso su un mobiletto poco distante da lui- e camminò quatto verso la cucina con la sua nuova arma occasionale. Si accostò al muro e sporse la testa al di là degli infissi della porta, stringendo involontariamente la mano di Francis, che lo aveva seguito mantenendo un passo felpato degno del migliore scassinatore della storia. Aveva bisogno di coraggio e di supporto in quanto non sapeva se l'intruso fosse armato o no. I due si scambiarono uno sguardo d'incoraggiamento e non appena scorsero un'ombra muoversi accanto al piano cottura scattarono in avanti e Arthur lanciò il vaso dritto contro la nuca dell'ospite non desiderato. Il recipiente si ruppe in mille pezzi non appena colpì il misterioso uomo e quest'ultimo si accasciò a terra stringendosi il capo tra gli avambracci, frignando per il dolore provocato dall'urto.

Inghilterra però riconobbe qualcosa di familiare in quei piagnistei.

 

"IT HURTSSSS! IT HURTS!!!!"

 

Al centro del pavimento c'era un sofferente America che si rotolava dolorante tra i cocci del vaso. Arthur subito si fiondò accanto a lui e spostò tutti i ciotoli acuminati lontano da Alfred per evitare che si potesse ferire.

 

"CHE DIAVOLO CI FAI A CASA MIA?!"

"P-Passavo da qui e ho pensato d-di.. AHIA! DUDE, NON E' STATO DIVERTENTE, INGHILTERRA!!"

"COLPA TUA CHE ENTRI IN CASA ALTRUI SENZA AVVISARE!!!"

 

Arthur si sentiva davvero in colpa per quello che gli aveva fatto e non riusciva davvero ad attribuire la colpa ad America per l'accaduto. Gli passò un braccio attorno alla vita per aiutarlo ad alzarsi, poi, zoppicando per via del peso di Alfred che gli gravava addosso, lo appoggiò lentamente a sedere sul divano. Esaminò rapidamente la ferita che aveva sulla testa e per fortuna non era nulla di preoccupante. Sospirò sollevato.

Corse a prendere il kit di pronto soccorso che teneva sempre a disposizione per le emergenze e medicò con cura il taglio sanguinante, lanciando maledizioni sotto voce perché America non stava mai fermo e gli rendeva il lavoro più complicato.

Francis intanto se ne stava in disparte ad osservare la scena, dispiaciuto per la piccola disavventura dell'americano ma altrettanto irritato per la sua presenza totalmente inaspettata.

 

In pochi minuti la ferita fu completamente disinfettata e Alfred ritornò nel pieno del suo brio.

 

"Dunque, posso sapere che ci fai qui? Non ti aspettav-

"AHAHAHAH, SURPRISE!! All'inzio ero passato per andare a vedere Deadpool, poi visto che non eri in casa mi sono messo a cucinarti dei biscotti decenti, perché i tuoi sono proprio lame."

"YOU JERK! LI HAI BRUCIATI!"

"Ah, si, mentre cuocevano ho acceso la tv e mi sono dimenticato di toglierli!"

 

Inghilterra si passò una mano sulla faccia in segno di disperazione.

 

"Allora? Ci vieni a vedere Deadpool? E' davvero figo!"

"No."

"EH? M-ma ci sono le armi! I supereroi! E le dudette!"

"Chiedi a qualcun'altro, stavolta non vengo".

"You gotta be kidding me! DAI ARTHUR DAAAI! DOPO ANDIAMO ANCHE A MANGIARE DIECI HAMBURGER DAL MC!!"

"FUCKING HELL I TUOI HAMBURGER TE LI MANGI DA SOLO!! E poi, non so se il tuo ego l'ha notato, ma ho un ospite! Quindi, niente film oggi".

Indicò Francis con il dito e incrociò le braccia spazientito per l'insistenza di America. Quel ragazzo non sapeva accettare un no e si pentì di averlo viziato così tanto. Alfred continuò a perseverare nella speranza che Arthur cambiasse idea, ma dovette arrendersi difronte all'incaponimento dell'inglese e a malincuore se ne andò, fissando Inghilterra con le lacrime agli occhi fino a quando non fu fuori dalla porta. Francia, per tutta la durata degli scongiuri di America, se n'era restato buono buono appoggiato accanto al cornicione della finestra che dava sul giardino. Era rimasto piacevolmente stupito dal comportamento di Inghilterra, a dir la verità si era già psicologicamente preparato a dover trascorrere un pomeriggio solo a scorrazzare in giro per la campagna umida o ad aspettare sugli scalini fuori dalla porta d'ingresso, visto che dubitava altamente che gli fosse concesso di gironzolare in libertà per la casa e di ficcanasare tra le cose dell'introverso inglese. Fu sollevato nel sapere che non sarebbe stato abbandonato e che, per la prima volta in assoluto nella storia, Arthur avesse preferito restare con lui che andare a fare da baby sitter ad Alfred.

Sorrise come un beota al pensiero e fu sul punto di arrossire, cosa che raramente faceva.

 

"Mercì, ma petit bonbon2".

 

Inghilterra ignorò momentaneamente la seconda parte dei ringraziamenti riconosciutigli, appuntandosi nel suo block notes mentale di porre una qualche forma di

restrizione per quanto riguardava i nomignoli assurdi che gli venivano puntualmente affibbiati. Casa sua, regole sue: se Francis sarebbe restato sotto il suo stesso tetto allora sarebbe stato carino da parte sua adeguarsi alle sue richieste. Sperò nella sua comprensione ma si convinse che il francese non gli avrebbe affatto dato ascolto, perciò cominciò a pensare ad una serie di minacce che avrebbe potuto utilizzare in caso di necessità.

 

"Pensavo mi avresti lasciato ad aspettarti fuori".

"Non sono così scortese da piantare in asso i miei ospiti! E anche se per caso fossi andato assieme ad America, non ti avrei lasciato di certo fuori in mezzo alla pioggia. Sai essere parecchio seccante quando sei malato e non voglio dovermi prendere cura di te, tsk..."

 

Francia trotterellò allegro per la risposta ottenuta al suo fianco e gli scompigliò i capelli umettati rendendoli ancora più impresentabili di quello che già erano e ricordando ad entrambi che dovevano darsi una bella asciugata e riscaldarsi un po', se non avevano intenzione di subire un inlettamento pesante per colpa dei malanni vari che potevano prendere o aver già preso.

Ovviamente il francese propose di fare un bagno caldo e rilassante assieme e, altrettanto ovviamente, Arthur declinò immediatamente l'offerta, per nulla intenzionato a mostrarsi nudo e a condividere la stessa vasca. L'altro non sembrò deluso o amareggiato dal suo rigetto perché sapeva di aver avanzato una richiesta assurda, alzò le spalle e si fece mostrare la strada per il bagno. Almeno ci aveva provato.

Fu proprio Francis ad infilarsi per primo nell'acqua tiepida e piena di bolle colorate raccolta nella vasca. Vi ci si immerse fino alla punta del naso e non appena tutto il suo corpo fu avvolto dal piacevole tepore trasmesso dal liquido trasparente, si abbandonò ai suoi sensi e al totale relax, scaricando la tensione accumulata con un lungo e rauco 'aaah' di piacere. Inghilterra era rimasto fuori dalla stanza e desiderò catapultarsi immediatamente dentro quella piccola oasi di calore non appena sentì i mormorii delicati e rilassati del francese, ma si ricordò che ciò implicava certe cose che avrebbe preferito evitare.

 

"Ohi Arthur, sei ancora lì?"

 

Francia lo chiamò con una voce piuttosto soffusa per via della porta che li separava.

 

"Sì. Che vuoi?"

"Sai, mentre eravamo ancora in aeroporto mi è venuta in mente una cosa che mi farebbe piacere chiederti".

"Se questa cosa implica atti osceni, sappi che la mia risposta è no".

"Ne te inquiétez pas3, è solo una domanda di pura curiosità!"

"...va bene, chiedi pure."

"Dunque, stavo pensando... Vorrei chiedertelo nel modo più delicato possibile ma non penso ci siano altre maniere per saperlo, désolé..."

"For God's sake, smettila di girarci attorno e vai al punto."

 

"...tu, Arthur...sei per caso ancora vergine?"

 

La domanda trafisse Inghilterra come una freccia conficcata nella gola. Si aspettava che Francia gli chiedesse di tutto, ma non che gli domandasse a proposito della sua verginità. Sentì la bocca farsi improvvisamente asciutta e un uragano carico di imbarazzo prese ad impazzargli dentro, aumentandogli notevolmente i battiti cardiaci e rallentandogli le facoltà intellettive e la capacità di formare frasi di senso compiuto. Se gli fosse stata data la possibilità, si sarebbe sepolto vivo pur di non rispondere. Pregò perché Ivan sbucasse fuori dal nulla e gli prestasse la sua pala per poter scavarsi la fossa, ma il russo non capitava mai a tiro nei momenti opportuni. Sbucava fuori solo quando si trattavano di argomenti che personalmente lui non doveva sentire.

Sapeva che non poteva sfuggire dal fornire l'informazione che gli era stata richiesta. Poteva non rispondere ma sicuramente Francis gliel'avrebbe richiesto un'altra volta fino a quando non avrebbe ottenuto il responso, tanto valeva togliersi il dente da subito, per quando frustrante potesse essere.

Raccolse tutte le briciole di fegato che gli erano ancora rimaste e timidamente aprì la porta, facendo capolino dalla fessura creata dall'apertura di quest'ultima.

Francia lo stava aspettando. Raccolse tutta la schiuma presente dentro la vasca e l'agglomerò attorno a sé, coprendo con quest'ultima certe parti che intuiva che Inghilterra avrebbe preferito non vedere. Quest'ultimo lo ringraziò per l'accortezza con un lieve gesto, afferrò uno sgabello appoggiato accanto alla finestra e lo trascinò accanto a dove si trovava Francis. Si sedette sul piccolo panchetto senza mai guardare il suo interlocutore in faccia, tutto il suo corpo era in tensione, aveva i muscoli contratti e la gola chiusa.

 

"Preferiresti non dirmelo?" disse Francis con un tono di voce dolce e mieloso, mentre le sue dita accarezzavano gentilmente i ciuffi ribelli di Arthur.

"...No, no. Preferisco parlarne subito, prima o poi il discorso sarebbe comunque venuto a tiro."

Sospirò e si prese una lunga pausa prima di ricominciare a parlare, mentre il francese continuava a coccolarlo. Non c'era dubbio che lo facesse per cercare di calmarlo per mettergli di affrontare il discorso con più spensieratezza, ma le continue carezze subite sortivano l'effetto contrario e contribuivano a rendere il tutto ancora più difficile. Gli faceva davvero strano, ad Arthur, pensare che si stava confidando proprio con l'ultima persona con cui avrebbe immaginato di farlo.

"Vedi, io...sì...non ho mai voluto bene a qualcuno fino a quel punto, e quindi...e-ecco...ho preferito aspettare la persona giusta, p-piuttosto che perdere la m-mia verginità con il primo essere vivente che mi capitava a tiro...! Insomma, i-il contrario di quello che hai fatto t-tu."

Ancora non si capacitava di quello che aveva appena ammesso e lentamente aveva serrato i pugni contro il tessuto zuppo dei suoi pantaloni, nel tentativo di scaricare tutta la tensione e il crescente impaccio che aveva accumulato senza dare troppo nell'occhio. Si riteneva già abbastanza patetico da solo senza il bisogno che Francis glielo facesse notare.

"Mhmh, ora ne ho la conferma, ma petit" disse Francia intonando una riflessione a sé stesso, "però, mon cher, non hai niente di cui vergognarti".

Si sporse con l'addome fuori dalla vasca e appoggiò entrambe le mani sulle guance di Arthur, girandogli il viso verso di sé per costringerlo a guardarlo - per una buona volta- in faccia, e a piantarla di nascondersi evitando il contatto visivo ogni qualvolta i due toccavano argomenti delicati. Odiava questo sfuggire continuo di Inghilterra da ogni sorta di situazione per lui scomoda e per stavolta voleva che lasciasse in disparte la sua solita vigliaccheria. Il suo gesto fu accolto con stupore dal britannico, che rimase come paralizzato quando gli fu negata la possibilità di rifugiarsi nei suoi pensieri. Non c'era nessuna via di fuga.

"Abbiamo fatto scelte diverse, io e te, e non ti giudicherò per ciò. Hai deciso ciò che ritenevi migliore pour toi, non? Ceci est ce qui importe, ça va bien4. Se fossi in te mi riterrei davvero orgoglioso, honhohnhon! Sono poche le persone che aspettano di incontrare il vero amore. Ecco cosa ti rende speciale, Angleterre. Tu es vraiment un ange5."

 

Arthur non sapeva cosa dire. Il francese gli aveva totalmente tolto le parole di bocca e ora se ne stava a fissarlo a bocca spalancata ed occhi sgranati, come un pesce lesso. Si aspettava di essere preso in giro, deriso. Si aspettava effettivamente di tutto ma non di certo di ricevere comprensione ed elogi alla sua decisione di restare casto ed immacolato fino a data da destinarsi. Francis non cessava di stupirlo.

"Io pensavo che- che mi avresti umiliato..." fu l'unica cosa che fu capace di dire, ancora meravigliato per le belle parole spese per lui. Forse Francia non era poi così perverso come pensava e dopotutto poteva essere un compagno piuttosto gradevole.

"E perché mai? Se devo essere onesto, quasi ti invidio. Potrei anche vendere la mia adorata Tour Eiffel, se ciò servisse a farmi riacquistare la mia verginità! Mi piacerebbe...anzi, mi sarebbe piaciuto poterla perdere con te, mon amour..."

"S-Sarebbe stato comunque fuori discussione!!"

"Tu pensez? In ogni caso, ti auguro di donarla a chi veramente la merita", soffiò Francis con un leggero gemito e gli fece l'occhiolino. Lasciò in contemporanea anche il volto del britannico e fu piacevolmente deliziato nel rilevare che Arthur non era ritornato nella sua fase difensiva e che lo stava fissando perplesso, come se volesse che continuasse a parlare.

"Bien-aimé, sono stato a mollo a sufficienza, immagino che tu voglia girarti mentre esco, ma sappi che non disdegno affatto il contrario".

L'altro obbedì senza storie all'avviso ricevuto, ruotando sullo sgabello dove era seduto fino a dare completamente le spalle all'uomo dietro di lui. Poi si ricordò che stava dando le spalle ad un francese pervertito completamente nudo. Anche se Francis si stava comportando meglio del solito gli restava comunque incisa nel cervello la paura di essere assaltato dal nulla e trascinato con violenza in qualche scantinato buio per poi divenire fonte di abusi e soprusi infiniti. Un po' come una sorta di istinto animalesco di sopravvivenza che nelle situazioni critiche cominciava a prendere possesso di ogni muscolo per rendere più lesta e tempestiva la fuga. La consapevolezza che Francia potesse trattarlo male scemava però di giorno in giorno e Arthur tendeva a fidarsi sempre un pochino più di prima; se questa sua fiducia fosse allo stesso livello di quella che aveva nei suoi confronti mesi prima, di sicuro non gli avrebbe mai permesso di condividere i suoi spazi e tanto meno gli avrebbe dato le spalle, scoprendo il suo lato vulnerabile e rendendosi appetibile e facilmente ottenibile.

 

Francis scivolò leggiadro fuori dalla vasca facendo attenzione a non bagnare troppo il pavimento e si avvolse in un morbido accappatoio appeso poco distante da lui.

Un profumo lievemente speziato e legnoso gli invase le narici e realizzò che quello che si era appena messo addosso era l'accappatoio di Inghilterra. Il suo odore era praticamente inconfondibile, a forza di girargli attorno Francia l'aveva potuto saggiare a lungo e memorizzare. Chiuse per un istante gli occhi, stringendosi dentro l'indumento caldo che lo ricopriva, inseguendo il viaggio che il profumo gli ispirava. Era come ritrovarsi dentro una vecchia foresta del Nord, con la corteccia del pini bagnata dalla pioggia e l'odore della resina che colava mielosa lungo di essa. Una fragranza piuttosto comune nell'universo maschile ma al contempo resa unica dalla sferzata di legno marino che si poteva percepire come nota di fondo, come tappa finale di un lungo viaggio cominciato tra i boschi silenziosi e scricchiolanti che trovava il termine sul bordo della scogliera, dove si infrangevano selvagge e tumultuose le onde del mare. Inspirò a lungo, cauto, per timore che Arthur lo vedesse e di conseguenza lo additasse come ridicolo. Finì di assimilare fino in fondo l'effluvio che impregnava la vestaglia di spugna presa in prestito e prese un'altra tovaglia appoggiata sul davanzale della finestra, passando davanti ad Inghilterra che notò immediatamente il che suo accappatoio aveva trovato un nuovo occupante.

"Oh, ah, oui...non volevo prendere il tuo, ma è il primo che mi è capitato sotto mano. Se ti irrita lo tolgo e ne metto un altro..."

"No, puoi tenerlo tu, non mi da fastidio...tanto ne ho uno nuovo ancora più figo per me."

"Ah! Merci beaucoup!"

 

Contento per la piccola conquista appena intrapresa, Francis uscì dal bagno a passo spumeggiante e felice e richiuse la porta dietro di sé, non prima di aver mandato un bacio a distanza ad Arthur.

Quest'ultimo, dopo essersi assicurato che il francese se ne fosse realmente andato, chiuse a chiave la serratura e si spogliò, immergendosi poi a sua volta nell'acqua calda. Se restava totalmente in silenzio riusciva a sentire Francia mentre cantava e fischiettava al piano di sotto, ogni tanto udiva lo stridere di un coltello e il gorgogliare di una pentola. Pregò perché non gli stesse cucinando delle escargot, in quel caso se ne sarebbe andato a letto a stomaco vuoto, ma si ricordò di non avere tali schifezze pronte da riscaldare dentro al frigorifero e si sentì immediatamente meglio. Era consapevole delle abilità culinarie del parigino e non vedeva l'ora di scoprire quale prelibatezza gli stava preparando, quasi gli veniva l'acquolina alla bocca.

Stava cucinando per lui...

Riteneva il modo di Francia di prendersi cura di lui quasi paragonabile e quello di una coppia di coniugi, il che era davvero bizzarro. Bizzarro che stesse cominciando a riassumere entrambi sotto la parola 'coppia', e che non stesse facendo assolutamente nulla per evitare che i loro comportamenti diventassero più intimi. Non gli dispiaceva stare in sua compagnia, non gli dispiaceva lasciare che usasse le sue cose e nemmeno le confessioni e le piccole preoccupazioni che ogni tanto si lasciava sfuggire di bocca.

Avrebbe voluto che Francis lasciasse stare padelle e posate varie e che corresse lì da lui immediatamente, voleva abbracciarlo, era davvero strano.

Ma ciò non gliel'avrebbe mai detto, almeno non ancora.


 
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1 pour de vrai: seriamente, per davvero.
2 merci, ma petit bonbon: merci significa grazie, ma petit = mio/a piccolo/a; bonbon letteralmente significa caramella, in questo caso è usato come vezzeggiativo. Un po' come se in italiano dite ad una persona "sei il mio trottolino amoroso", ecco.
3 ne te inquiétez pas: non ti preoccupare. 
4 Ceci est ce qui importe, ça va bien: questo è ciò che conta, va bene così.
5 Tu es vraiment un ange: sei veramente un angelo.


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Note dell'autrice

Eccomi ritornata dalle tenebre dell'inferno più gloriosa che mai, con un nuovo capitolo, in cui Inghilterra e i suoi attacchi di sclerosi la fanno da padrone (come al solito).
La comparsa di America è veramente molto casuale, ma avevo bisogno per un istante della sua stupidità e ho deciso di prenderlo in prestito per un pochino.
Ho deciso di introdurre alcune (inutilissime e abbastanza sucate) note riguardanti la traduzione dei discorsetti più lunghi in francese di Francis, (non l'ho fatta di ogni singola parola francese perché sono pigra) per facilitare la comprensione delle sue battute più significative *coff coff*
Detto ciò, è con piacere che ho notato che i primi capitoli hanno superato le 200 views! Woo, grazie mille! Quando ho pubblicato il primo capitolo pensavo che solo quattro gatti (per stare abbondanti) l'avrebbero letto, e invece mi devo piacevolmente ricredere. Un grazie di cuore a tutti quanti, siete voi il vero motore di questa storia, se non fosse per merito del vostro supporto probabilmente non avrei mai continuato questa tumultuosa, pazzoide serie.
  
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