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Autore: Eleanor S MacNeil    06/11/2015    1 recensioni
Vol. I – La Figlia dello Scorpione
Di sangue grondano le mani. Di vendetta sono le voci che si alzano dalla terra.
Immersa nell'acqua del mare e nel sangue è riposta la corona degli scorpioni.
Posta sul capo del cervo e del lupo brilla la corona di foglie e ferro.
D'oro e sabbia è la corona dei leoni e nella terra è custodita quella dei serpenti.
Ascolta i bisbigli del silenzio, ascolta il clangore della battaglia, poiché la guerra è alle porte e il vento della vendetta soffia più forte.
Loro vogliono Sangue.
Loro vogliono Vendetta.
Loro porteranno Morte.
Quando i re cadranno nuovo sangue regnerà.
Possa il sangue di Tanaros vivere in eterno.
Revisionata.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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I Figli di Tanaros – Trailer

I Figli di Tanaros – This is War

Soraya an Sgairp – Broken Crown




Cap. 3

Onore








La religione di Dòchas non contemplava divinità con un volto. Ogni singolo dio o dea era percepito e visto come spirito abitante negli alberi, negli animali o nelle montagne. Erano la natura stessa e tutti dovevano portarle rispetto.

Nel corso dei secoli, da quando la penisola era stata colonizzata, erano stati costruiti diversi templi in onore di ogni divinità, dove le persone portavano offerte, pregavano, cercavano risposte dai sacerdoti e dalle sacerdotesse, ma erano gli stessi rappresentanti degli dei a invogliare la gente a pregare in mezzo alla natura, a cercare il divino in ogni singolo sasso o insetto. Del resto gli dei venivano rappresentati tramite simboli o animali. Si pensava che quando un pavone si posava sulla soglia di una casa, la coppia che l'abitava avrebbe avuto un matrimonio lungo e felice, in quanto quell'animali rappresentava la dea Bethia, la protettrice dei matrimoni e delle donne.

Se un serpente veniva visto su un campo non ancora seminato, i contadini si prodigavano subito a preparare la terra per la semina, perché la dea Ùir, la signora del raccolto e dei campi, aveva appena benedetto quel fazzoletto di terra con la sua presenza in forma di serpente. Ogni luogo e città era impregnato di fede e credo, si portava rispetto anche verso gli animali da macello, pregando e ringraziando lo spirito dell'esemplare quando veniva ucciso.

Quindi Soraya non si sorprese quando Dyani le raccontò che i cacciatori abbassavano le armi di fronte alla quercia sacra, l'albero che il primo re di Keyll aveva piantato al centro della foresta di Firth e, ai piedi del quale, ogni re veniva incoronato. Un albero vecchio di cinquecento anni, alcuni cacciatori andavano dicendo che il dio Sealgair, il padre di tutti gli dei, l'aveva scelto come sua dimora, altri pensavano fosse solo un albero vecchio al quale bisognava portare rispetto. Non c'era una sola versione, ma tutti gli abitati di Keyll, quando vi passavano accanto, vi porgevano i propri omaggi o lasciavano offerte.

Per Soraya era strano trascorrere del tempo con un'altra fanciulla, era abituata ai maschi, agli allenamenti, l'unica donna con cui parlava era Azar.

E per Dyani? Lei cercava di abituarsi a quelle nuove usanze, alle donne poco inclini alla danza e più favorevoli alla guerra. Soraya le aveva mostrato ogni singolo angolo della Rocca, dalle mura interne che custodivano il palazzo ed i giardini, alle mure esterne dentro le quali sorgevano la caserma dove alloggiavano i soldati con le loro famiglie e l'arena dove le Guardie Corvine e i membri della famiglia reale, eccetto i più giovani, si allenavano.

Quella mattina, invece, l'aveva condotta tra le vie di Rìoghachd, portandola a visitare il mercato, il porto, la spiaggia. La baia di Bearg, dove lei era solerte recarsi con la madre, era diversa, con sabbia rossa scura e scogli neri ricoperti di alghe. Le acque avevano una tonalità di rosso che ricordava il sangue ed i pesci che vi nuotavano si scorgevano a fatica, non era come la baia di Liath o la costa di Crùn. Le spiagge erano formate da sabbia e scogli bianchi come latte, talmente forte da abbagliare. Le acque della baia erano limpide, cristalline, di un verde-azzurro talmente chiaro da poterci scorgere i pesci blu che nuotavano in essa.

Alla spiaggia erano state raggiunte da Erik e, per lei, era stata una vera e propria sorpresa. Era rimasta ancora più sbalordita quando lui le aveva rivolto la parola, chiedendole cosa pensasse dell'arco sotto il quale si sarebbero sposati. Dyani stava iniziando a sperare in un matrimonio felice, ma era ben lontana dal realizzarlo, prima doveva conquistare la fiducia e l'affetto del futuro marito, ma non doveva aspettarsi nient'altro che amicizia, ben pochi erano i matrimoni combinati che poi si trasformavano in vere e proprie storie d'amore.


***


«Quando hai capito di amare Soraya?»

Ragnar corrugò la fronte. «Perchè me lo chiedete, principe?» domandò con affanno, piegandosi sulle ginocchia.

Erik aveva l'abitudine di allenarsi anche al tramonto. Fino a qualche settimana prima anche Soraya si univa a loro, ma con la gravidanza aveva ridotto le ore di addestramento, concentrandole nella prima mattinata.

Erik sbuffò, asciugandosi il sudore con la camicia che poco prima si era tolto. «Smettila con queste formalità, sei mio cognato.»

«In questo momento sono una Guardia Corvina che vi sta aiutando negli allenamenti, non vostro cognato.»

«Allora smetti di esserlo e comportati come mio cognato.»

Ragnar annuì bevendo l'acqua dal mestolo di legno. «Come preferisci, Erik.»

«Grazie. Come e quando hai capito di amare mia sorella?»

«Credo di averla amata da subito, dal primo momento in cui la vidi.» Ragnar si fermò, guardando le proprie mani. Erano ruvide, sporche di terra e sabbia, le mani di un guerriero. «Non so spiegare come e perché, lei aveva quello sguardo perso di chi non ha la minima idea di cosa vuole fare, aveva gli occhi lucidi ma senza lacrime e se ne stava seduta ai piedi della statua della regina. Era il mio primo giorno nella guardia, avevo da poco ricevuto la spada da vostro padre, e Riley mi aveva mandato a cercarla, quando la vidi rimasi immobile, fino a quel momento avevo solo sentito parlare di lei e della sua straordinaria tenacia e arroganza, ma quando la vidi quel giorno non era forte, tanto meno arrogante era...era fragile e triste.»

Ragnar non parlava mai dei propri sentimenti o di quello che aveva vissuto con Soraya, non si apriva mai. Era considerato un uomo freddo e distaccato, ligio ai suoi doveri e ferreo nei modi di fare. Il suo volto non mostrava mai nulla se non una maschera di marmo senza espressioni. Le Guardie Corvine erano assassini, eppure si era innamorato di Soraya e con lei aveva sorriso. Si era perfino lasciato andare ad un bacio in pubblico, cosa che non era da lui.

«Vorrei poter provare qualcosa per Dyani, ma non credo accadrà mai.» Erik si mise seduto sulle scalinate dell'arena, sentendo il sudore bagnargli il petto nudo. «Vorrei renderla felice, ma non ne sono capace.»

«Il matrimonio non è facile» disse Ragnar, sedendosi accanto al cognato. «Nemmeno quando a tenerlo in piedi c'è l'amore. Il matrimonio è fatto di compromessi e litigi. Di passione e complicità. Inizia con il cercare di dare a Dyani ciò di cui ha più bisogno, poi verrà il resto.»

«Sembra facile.»

«Ma non lo è» disse Ragnar, passandosi una mano sul volto. «Le donne danno la vita ed è solo da loro che noi veniamo, senza saremmo persi.»

«Siamo tutti nati dal ventre e dal sangue di una donna» sospirò Erik, ricordando una frase di sua madre. «Mia madre me lo ripeteva sempre quando insinuavo che gli uomini erano superiori alle donne.»

Ragnar annuì. «Aveva ragione.»

Era strano per Erik parlare di sua madre, non lo faceva quasi mai, nemmeno con Soraya, ma in quel momento ne sentì la necessità, soprattutto con il matrimonio alle porte e l'incoronazione di Soraya sempre più vicina.

«Allora, qualcuno ha portato della birra?» Erik urlò a squarciagola, cambiando immediatamente discorso, subito sentito da alcune serve. «Voglio quella di Logh, non la finta birra che distillano a Talamh!»

Il disprezzo per Talamh non era per nulla velato. Erik non sopportava re Egor, un uomo ambizioso e privo di etica. Il sentimento era condiviso, anche suo padre cercava di stare il più lontano possibile da Egor, ma il re di Crùn ne aveva sposato la figlia, consapevole di portare nel suo regno una vera e propria spina nel fianco. Antee era la secondogenita, il primogenito era morto in un incidente di caccia, lasciando il diritto di successione al terzo figlio, Ecbert.

La famiglia reale di Talamh, gli an Leòghann, avrebbero partecipato al matrimonio, compresa Agar, l'ultima figlia di Egor, da poco diventata vedova. Si prospettava un giorno al quanto movimentato per loro.


***


Ancora tre giorni e il matrimonio più atteso di Crùn si sarebbe svolto sulla spiaggia come da tradizione, accompagnati dal rumore delle onde che s'infrangeva sugli scogli, dall'odore salmastro e dal venticello lieve che faceva ondeggiare le campanelle dell'arco nuziale, sotto il quale gli sposi si giuravano amore eterno.

I sonagli servivano a richiamare gli dei, perché benedissero l'unione e lei ci credeva, pensava veramente che quel suono potesse invocare le loro divinità.

Si chiedeva cosa stesse passando Dyani, doveva essere tesa, piena di dubbi e, ormai, rassegnata, ma aveva visto in lei qualcosa quella mattina, un tentativo di avvicinamento ed Erik. Le donne erano più inclini ai sentimenti, rispetto agli uomini, forse lei cercava di rendere quel matrimonio forzato meno teso.

Immersa fino al collo nell'acqua calda, Soraya si portò una mano al ventre piatto. Il giorno in cui aveva sposato Ragnar era stato il più bello della sua vita. Vederlo sotto quell'arco, con la casacca bianca ed il volto sereno l'aveva fatta sentire ancora più al sicuro. Con l'abito di sua madre e sotto il braccio di suo padre, l'aveva raggiunto e, intrecciando le mani, avevano giurato di amarsi per sempre, di proteggersi a vicenda e di essere l'uno l'ancora dell'altra.

«Hai intenzione di diventare un pesce?»

Era rimasta talmente immersa nei suoi pensieri da non aver sentito Erik entrare di straforo senza nemmeno ascoltare le repliche di Azar. Il fratello la stava fissando impaziente, come se volesse dirle qualcosa di urgente.

«Magari sì!»

Erik alzò un sopracciglio, per poi sollevare entrambe le mani, aveva con sé una brocca di terracotta e due coppe. «Ho portato la birra.»

«Allora esco!» esclamò lei, uscendo dalla vasca. Non aveva vergogna di mostrare al fratello il suo corpo nudo, avevano condiviso l'utero della madre, erano cresciuti insieme facendo il bagno nudi nel mare quando erano piccoli. Non c'era nulla di cui vergognarsi, era il suo gemello.

«Ragnar?»

«Turno di notte» sospirò Soraya, avvolgendosi nella vestaglia e seguendo il fratello fuori dalla camera da bagno che confinava con la sua stanza di letto. «Dyani?»

«Pudica.»

Soraya sorrise, sedendosi sul letto con le gambe incrociate. «Non era questo che intendevo.»

«Lo so.» Erik le porse un boccale di birra, facendole l'occhiolino. «Nonostante abbia caldo continua ad indossare abiti pesanti e che mostrano ben poco del corpo.»

«Le donne di Keyll sono pudiche, ho sentito dire che il solo mostrare una caviglia le faccia sentire nude agli occhi degli uomini.»

«Tu non hai difficoltà a farti vedere da me senza abiti.»

«Sei mio fratello ed io ti ho visto nudo chissà quante volte!»

«Per noi è normale, per loro no.»

«Tante cose per noi sono normali e per loro non lo sono. Pensa ai combattimenti, alle donne che prendono in mano la spada invece di un arcolaio.»

Erik annuì, sedendosi sul pavimento, con la schiena poggiata al letto della sorella mentre lei si sdraiava tenendo la testa contro la sua, sentiva i suoi capelli toccargli la spalla. «É comunque poco consono per una donna mostrarsi senza abiti ad un uomo che non sia suo marito, anche se quest'uomo è il fratello gemello con il quale ha nuotato nuda fino a pochi giorni prima.»

Soraya rise fragorosamente, portandosi una mano al volto. «E da quando c'importa del pensiero degli altri?»

«Da quando le voci corrono più veloci delle tempeste.»

«Intendi i pettegolezzi riguardanti una nostra relazione carnale?» domandò Soraya in tono sarcastico, sfiorandosi il ventre piatto. «Sono solo voci, nulla di più.»

«E secondo te chi le ha messe in circolazione?»

«Antee?» Soraya ormai aveva una vera e propria avversione verso la matrigna. Non perché aveva preso il posto di sua madre sul trono di Crùn, ma per il modo in cui trattava sia lei che i suoi fratelli.

«Domani pomeriggio arriverà la famiglia reale di Talamh al completo.» Erik si alzò, guardando la sorella dall'alto. «Ci conviene prepararci.»

Soraya annuì, mettendosi seduta e volgendo lo sguardo alla sinistra del letto. Proprio accanto al lato su cui dormiva, c'era la sua lancia, la sua arma per eccellenza. Si alzò, prendendola tra le mani. L'asta in legno intagliato, di colore nero, la punta di acciaio era stata lavorata fino a farle ottenere una colorazione bluastra cangiante con uno scorpione nero in rilievo. Proprio sotto la lama, la giuntura, che saldava l'acciaio all'asta, aveva la forma di due serpenti che s'intrecciavano tra loro. Due nastri, uno blu ed uno viola, pendevano da essa, a ricordare i colori delle casate a cui apparteneva.

Suo padre l'aveva fatta forgiare per i suoi quindici anni, subito dopo aver ricevuto il battesimo di sangue.

Certo, non era come Lasair, la spada di Markos, arma tramandata di generazione in generazione, la spada degli scorpioni, come la chiamava Slane. Un'arma di pregiata fattura, forgiata nei tempi antichi, quando il loro popolo ancora abitava nell'antico impero. Lasair era destinata al re di Crùn, al legittimo successore, di conseguenza, un giorno sarebbe stato Erik ad impugnarla.

«Per questo Ragnar sta facendo il turno di notte. Lui e Riley stanno controllando i passaggi segreti della Rocca.»

«Anche quelli sconosciuti ad Antee?»

«Tutti.»


***


La mattina giunse presto e, con lei, gli allenamenti. Quella mattina avevano combattuto tra loro, sotto gli sguardi curiosi degli ospiti di Keyll, compresi i principi e la principessa Dyani. Nessuno di loro aveva mai assistito agli addestramenti del loro popolo. O meglio, non avevano mai visto una donna combattere.

Lo stesso re Derek si era fermato con Markos ad osservare i due principi all'opera, sorridendo quando vide Erik chiedere una pausa solo per bere un boccale di birra. Quel ragazzo era una forza della natura, molto simile al padre in gioventù.

Soraya ed Erik prendevano parte agli allenamenti della Guardia Corvina, ben più cruenti e duri rispetto a quelli dei soldati comuni, ma necessari se si voleva temprare una generazione di sovrani forti e consci dei loro limiti.

Nonostante la gravidanza Soraya non aveva rinunciato ai combattimenti, li aveva solo ridotti sotto consiglio di Ragnar. Era freddo e distaccato, ma quando si trattava della moglie mutava diventando protettivo.

Dopo due ore di corse, sollevamento di secchi d'acqua, combattimenti con le proprie armi e lotta, la colazione era d'obbligo. Nessuno dei due principi andò a cambiarsi, si presentarono nella sala dei banchetti sporchi di fango e sudati, sedendosi al tavolo con entrambe le famiglie reali.

Acantha aveva squadrato Soraya, storcendo il naso alla vista degli abiti sporchi e del suo aspetto rozzo. Per non parlare dei modi da troglodita di Erik che tracannava birra come fosse acqua.

Atteggiamenti ben lontani da quelli del fratello minore di Markos, Slane, e del piccolo Sahen. Lo stesso Marek aveva assorbito i modi diretti dei fratelli maggiori, a volte allungava la mano e rubava la birra dalla caraffa di Erik. Perfino il re beveva alcolici a colazione e non latte di capra o acqua come il resto degli uomini, giustificandosi con frasi del tipo «L'acqua è per le femminucce, la birra per gli uomini!»

La regina di Keyll sembrava quasi schifata, i suoi occhi verdi saettavano da Markos a Derek come se volesse far notare al marito quanto diverso fosse dall'amico. I due re erano in ottimi rapporti da quando erano giovani, ormai si conoscevano a tal punto da non vedere più le loro diversità caratteriali e comportamentali. Re Derek era un uomo taciturno, sempre con lo sguardo severo, gli occhi grigi che facevano rabbrividire, mentre Markos era un tipo rumoroso e imprevedibile, bastava poco per farlo infuriare e altrettanto per farlo calmare.

Uno riflessivo, l'altro impulsivo.

«Ho saputo che sapete combattere con la lancia.» fu la prima frase che Acantha rivolse a Soraya dal suo arrivo. Sembrava cordiale, sebbene si sentisse quanto quel tentativo di conversazione fosse tirato.

Soraya annuì, sorridendo alla sovrana, cercò di essere il più femminile possibile. «La lancia è solo una delle armi con cui ho appreso il combattimento, ma la sola con cui mi sento un'unica persona.»

«Un'unica persona?» stavolta fu Dyani a rivolgere la domanda, sbattendo le folte ciglia.

«Per combattere un guerriero deve essere un tutt'uno con la propria arma. Saper maneggiare una spada non fa di un uomo un guerriero, ciò che lo renderebbe tale è la consapevolezza che quell'arma è parte di lui come un braccio o una gamba.»

«E non sapete fare altro? Intendo, oltre combattere.» Acantha ora sembrava volerla mettere alla prova.

Soraya non abbandonò il sorriso, con la coda dell'occhio le parve di vedere suo padre sogghignare da dietro il boccale di birra, mentre Erik aveva perfino smesso di masticare. «In verità, sono stata istruita sulle proprietà curative delle erbe, potrei recitarle a memoria l'intero statuto di Crùn ed anche quello di Logh. So pescare e comandare una nave, nuoto e cavalco da quando avevo un anno.»

Acantha strinse gli occhi, sentendosi presa in giro dalla principessa. Troppo volgare, maschile e rozza per poter essere una regina aggraziata e ben educata.

«Inoltre, vostra altezza, riconosco quando sono poco voluta ed è quello che voi state cercando di farmi capire.»

Ivar scoppiò a ridere, battendo una mano sul tavolo e guardando prima la madre e poi Soraya. «Finalmente qualcuno capace di zittire mia madre!»

Ma Acantha non era dello stesso parere. Guardò Soraya come un leone pronto a sbranare la sua preda, ma la principessa non vi fece caso, troppo impegnata a battere la mano sulla schiena di Erik che, cercando di non ridere, si stava strozzando con il cibo.

«E voi, principe Erik?» domandò Acantha, rivolgendosi al principe, sorvolando sulla conversazione appena avvenuta.

«Io cosa?»

«Voi sapete fare altro oltre che combattere?»

«Pescare, mia regina, cavalcare, cacciare...»

«Ubriacarsi, andare per bordelli» intervenne Marek, causando la risata fragorosa del padre.

Ma quella battuta non fu ben vista da Acantha, la quale lanciò uno sguardo raggelante prima a Marek e poi ad Erik.

«Girano voci, riguardo al legame che unisce voi due.» Acantha indicò Erik e Soraya. «Si vocifera che sia troppo morboso.»

«Morboso?» domandò Soraya. «Ah, intendete quelle calunnie riguardanti un rapporto incestuoso.»

Erik quasi si strozzò nuovamente con un pezzo di pane.

Soraya non vi fece caso. «E di sicuro vi starete chiedendo se il figlio che porto in grembo è di mio marito o di mio fratello.»

Stavolta fu Markos a rischiare l'asfissia da strangolamento.

Ma Soraya non si fermò. «La risposta a tutti questi quesiti è no. Io e mio fratello abbiamo un legame speciale che si ferma al semplice attaccamento, l'unico uomo che conosce il mio corpo e mi soddisfa in camera da letto è mio marito e, mi creda mia regina, mi soddisfa ogni notte. A volte anche a metà giornata, e non solo in camera da letto.»

Era ufficiale, Soraya non piaceva ad Acantha, ma nemmeno la sovrana rientrava nelle simpatie della principessa.

Per fortuna suo padre cambiò immediatamente discorso, rivolgendosi al piccolo Sahen, seduto accanto ad Antee. «Sahen, oggi ti addestrerai con Marek, Riley ha già pronta un'imbottitura per te.»

«Addestrare?» la sua vocetta era più bassa di quella degli altri bambini, sembrava quasi un sussurro. Guardò impaurito la madre, come a chiederle di intervenire al suo posto.

«Credevo ne avessimo discusso, Sahen è troppo piccolo.» difatti Antee non tardò a nascondere il figlio sotto le sue sottane, metaforicamente parlando. Non faceva altro da quando era nato. «Non può addestrarsi!»

«Erik, quanti anni avevi quando iniziasti ad allenarti con Riley?» domandò Markos.

«Cinque.»

«E tu Soraya?»

«Cinque.»

«Marek?»

«Cinque.»

Markos rivolse uno sguardo fermo e furioso alla moglie, facendole un cenno con la mano. «Cinque anni. Sahen ne ha dieci, è abbastanza grande. Ho lasciato correre, ti ho dato tempo, ora decido io. Se vuoi che il bambino sopravviva alla suo battesimo di sangue, tra cinque anni, ti conviene smetterla con i tuoi soliti piagnistei da donnina di Talamh e fare quello che ti dico, hai capito?»

Ma Antee non rispose, strinse i denti, sentendosi umiliata di fronte a tutti, un conto era litigare sulla questione in privato, un altro era trattarla come una serva davanti ai sovrani di Keyll e alla loro prole. Per non parlare della presenza di Soraya, Erik, Marek e Slane.

«Hai capito, donna?» stavolta Markos mise così tanto disprezzo chiamandola donna, che Antee si sentì avvampare.

«Siete voi il re, marito» sibilò lei a denti stretti, alzandosi e prendendo Sahen per mano. Fece per lasciare la sala, ma Markos la fermò.

«Sahen resta qui!» esclamò, afferrando Sahen per il braccio e strascinandolo accanto a sé. Mai far infuriare Markos an Sgairp, si finiva sempre per perdere qualcosa.


***


Subito dopo la colazione, Soraya si era cambiata, indossando vesti più femminili e, insieme ad Erik, aveva deciso di assistere al primo allenamento di Sahen.

Slane era già sulla balconata che dava sullo spiazzo ad osservare i giovani principi dall'alto. Da lì potevano sia vedere che sentire tutto.

«Oh, i miei nipoti preferiti» li accolse Slane, con quella sua solita esuberanza. A volte sembrava che lo facesse di proposito.

«Caro zio.»

«Zio Slane.» Erik si fidava poco dello zio paterno, di rado lo si vedeva combattere ma, del resto, nemmeno Markos si allenava con un pubblico.

Soraya, invece, cercava solo di comprendere quei suoi atteggiamenti troppo marcati. Forse era la somiglianza con il padre, oppure quei tentativi di approccio con lei, ma non se la sentiva di detestarlo come faceva Erik. Secondo lui non era un bravo guerriero, tutti sapevano che il suo rito di passaggio l'aveva quasi ucciso, era riuscito a superarlo per puro miracolo, guadagnandosi diverse ferite sulla schiena e sulle gambe. Sebbene avesse un fisico prestante Slane non era più stato in grado di combattere contro una delle guardie corvine senza rischiare grosso, a stento riusciva a battere un normale soldato.

«Assistete agli allenamenti?» Soraya si rivolgeva allo zio con formalità, rispetto al padre.

«Volevo vedere come se la cavano i due» precisò Slane. «Marek sembra a suo agio.»

«Sahen pare impacciato.» Erik si appoggiò alla balaustra, piegandosi in avanti per appoggiare il mento sugli avambracci incrociati, sentendo la mano della sorella posarsi sulla sua schiena. «A volte mi chiedo se sia veramente nostro fratello.»

«Che intendi dire?» Slane aggrottò la fronte, studiando il nipote.

«Guardalo, non ha spina dorsale, è pelle e ossa e non ha il minimo senso della precisione» rispose lui, indicando il fratellastro cercare di tenere in mano una spada. «Non ha l'aspetto di molti altri guerrieri della nostra casata, si diverte di più a torturare gattini e infastidire i piccioni nei giardini.»

«Quanta arroganza, caro nipote, ma vorrei ricordarti che anch'io, da giovane, ero a dir poco impacciato nel combattimento. Magrolino, cagionevole, sempre preso di mira dagli altri ragazzi più grossi di me.»

«E poi, che è successo?» domandò Soraya, studiando lo zio. Quegli occhi azzurri come quelli di Markos la facevano sentire a disagio.

«Sono cresciuto, ho imparato che a volte non serve una spada per vincere una guerra, serve anche l'ingegno e l'astuzia. Così sono diventato più furbo di molti altri.»

«Certo, raccontalo alla guardia corvina che stava per ucciderti durante il tuo battesimo di sangue. Sappiamo tutti che ti sei salvato solo perché zio Morven intervenne.» Erik lo guardò con sdegno, sollevandosi e lanciandogli sguardi di sfida.

Non era ben voluto e Slane lo capì. «Con permesso» disse, chinandosi lievemente e allontanandosi dai nipoti.

Soraya attese che lo zio fosse abbastanza lontano e fuori dalla loro portata prima di dare un colpo secco alla nuca del fratello. «Sei davvero così stupido?»

«Sarà pure nostro zio, ma non mi fido di lui.»

«E per quale motivo?»

«Lo stesso per cui tu non ti fidi di Antee.»

Soraya strinse la mascella, sbuffando dal naso. «Non mi fido di Antee perché è figlia di re Egor, e abbiamo sentito tutti le voci che circolano sulla famiglia reale di Talamh.»

«Certo, fratelli che uccidono fratelli, mariti che uccidono mogli, una vera e propria famiglia felice, ma non era questo che intendevo dire.» Erik prese la sorella per le spalle. «Tu ed io ci fidiamo del nostro istinto più di qualsiasi altra cosa ed il mio mi dice che Slane non è una persona in cui confidare.»

Soraya guardò il fratello negli occhi, aveva ragione. Come il suo istinto le diceva di non fidarsi di Antee, quello di Erik gli diceva di fare lo stesso con Slane. Quegli occhi azzurri e quei modi zelanti nascondevano qualcosa e il giovane erede al trono l'aveva capito da molto tempo.


***


«Non ti piace, vero?»

Acantha aveva sentito il marito arrivarle alla spalle, ma non si era voltata, restando ferma ad osservare la vita scorrere fuori da quella finestra.

«La trovo troppo arrogante e volgare.»

«É una fanciulla di Crùn, le loro femmine impugnano le spade, le nostre ago e filo.»

«Ed Erik? Veramente vuoi che sposi nostra figlia?»

«Acantha...»

Acantha si voltò, mettendo le mani sul petto del marito. «Lo so, il primo matrimonio politico prestabilito doveva essere tra Soraya e Andràs e, grazie agli dei il loro fidanzamento è naufragato, ma veramente vuoi lasciare la tua unica figlia, la perla preziosa di Keyll qui, nelle mani di un troglodita che tracanna birra dal mattino alla sera?»

«Penso proprio che questo matrimonio porterà molti vantaggi sia per noi che per gli altri regni» disse il re, lasciando un bacio sulla tempia della moglie. «In più nostra figlia diventerà cognata di colei che fra cinque mesi sarà sovrana di Logh ed anche la tua regina.»

«Io sono la regina» sorrise Acantha, ben sapendo a cosa si riferiva il marito.

«Tua madre era una lady di Logh, mia cara, per metà appartieni a quelle terre.» Derek le mise le mani sulle spalle. «E, in merito a nostra figlia, qui starà benissimo, non esiste luogo più sicuro di Rìoghachd, qui sarà protetta e, con il tempo, amata. Dai solo una possibilità a queste nozze, come hai fatto con me.»

La donna non sembrava tanto convinta, ma il modo in cui Soraya le aveva risposto l'aveva colpita. Nessuna principessa o lady di Keyll aveva mai osato sfidare apertamente la regina, eppure lei l'aveva fatto e, questo, la rendeva una fanciulla o troppo stupida o coraggiosa abbastanza da difendere le proprie idee e convinzioni da chiunque cercasse di dirle che sbagliava. In più Derek aveva ragione. Lei gli aveva dato una possibilità il giorno in cui l'aveva sposato, forse poteva anche darla ad un donnaiolo arrogante come Erik.




Pronunce:

Bethia – Beia, TH mute

Ùir - Oir

an Leòghann – en Lioan

Lasair – Losar

Bearg – Bir




Angolo Autrice:

Ed ecco il nuovo capitolo. Abbiamo scoperto qualcosa di più della religione, per la quale mi sono ispirata agli antichi culti praticati dai celti, greci e pagani.

Lentamente apprendiamo la storia delle famiglie reali, i nomi, le loro usanze. Credetemi, i capitoli noiosi e di conoscenza stanno per finire, nel prossimo ci sarà il matrimonio e vedremo per la prima volta re Egor, scoprendo alcuni piccoli tasselli riguardanti la sua ascesa al trono ed i suoi figli.

Erik ha accennato alle morti di fratelli e mogli, ne scopriremo di più nel prossimo capitolo.

Intanto vi lascio a questo e vi auguro una buona serata. Per qualsiasi cosa, se notate errori, o volete darmi dei consigli, accorgimenti, dite pure, non mi offendo!

Ele

   
 
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