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Autore: Giuls65    08/11/2015    0 recensioni
Jared si sentiva agitato, gli tremavano le mani come non gli succedeva da tempo: il giorno tanto atteso era arrivato, avrebbe finalmente rinunciato alla sua maschera di falsità a favore del vero sè.
In un gioco tra arte, filosofia e psicologia, l'ultima puntata di Beyond the horizon lascerà a bocca aperta tutti quanti, spazzando via qualsiasi dubbio sulla storia tormentata e profondamente intensa che Colin Farrell e Jared Leto hanno condiviso dal film Alexander fino ad adesso.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ed ecco, il fatidico giorno era arrivato. Non poteva più scappare, provare paura o avere ripensamenti. La troupe era già all'opera da quella mattina, i cameramen avevano già sistemato le solite due macchine da ripresa e la truccatrice era passata per annunciargli che sarebbe venuta per gli ultimi ritocchi di lì a dieci minuti. Aveva già indossato i suoi abiti neri, un giacchetto di pelle e una maglia normale senza scritte, e si era pettinato all'indietro i capelli rosa. Gli tremavano le mani. Era da un sacco di tempo che non gli accadeva: aveva già intervistato grandi personaggi come Deepak Chopra, Al Gore, Jeff Koons e Marina Abramovic, provando per loro profondo rispetto, profonda stima e ammirazione. Aveva perfino sentito un timore reverenziale nei confronti di Marina, per lui grande donna e grande artista, mentre lei gli parlava del suo lavoro, del suo modo di vedere il mondo e di superare i propri limiti. Questa volta, però, era diverso: non c'entravano solamente la stima e il rispetto. Di lì a poco non solo avrebbe intervistato il prossimo artista che aveva scelto per la sua serie, ma avrebbe dovuto mettere in gioco se stesso di fronte al mondo come mai prima di allora aveva fatto. «Jared come sei messo? Iniziamo tra poco», gli chiese Brandon, un suo collaboratore, che sbucò improvvisamente nel suo camerino, svegliandolo dalla trance in cui era caduto. «Sì, ci sono, arrivo». Si guardò negli occhi attraverso lo specchio. Come al solito, la sua figura da eterno giovane lasciava trasparire poco delle emozioni che gli annebbiavano la mente, regalandogli sempre quell'espressione accattivante e seducente che abbindolava chiunque avesse cercato di scavargli dentro senza il suo permesso. Com'era ottusa la gente, così concentrata sul suo aspetto fisico, su quella corsa ad essere il consumista ideale per compiacerlo. Non capivano che stavano sbagliando, non capivano che lui non era solo Jared Leto, quel cantante che quando saliva sul palco metteva in scena uno show costruito su misura per tutti quegli imbecilli che pendevano dalle sue labbra, oppure l'attore premio Oscar capace di interpretare ruoli eclettici, passando dalla dolce e complessa Rayon all'oscuro e psicopatico Joker in meno di tre anni. Ma era stanco di tutta questa finzione. Aveva bisogno che la sua vita, quella vera, prevalesse o almeno andasse pari passo con quella che si era creato. Lui era anche finzione, attore, showman, ma dietro la finta facciata ben costruita era molto di più. Lui era le sue canzoni, le parole che nascevano di notte grazie a piccole e mille emozioni e sensazioni provate; era quella scalata impervia davanti a cui, cocciutamente, non si arrendeva mai; era quel fratello minore che cercava sempre l'attenzione di Shannon, il suo più grande amico, l'uomo con cui aveva condiviso qualsiasi cosa da quando era venuto al mondo; infine era anche un amante. Un amante segreto, passionale, innamorato. Si alzò dalla sua sedia, spense la luce dello specchio e uscì dal camerino, mandando a chiamare la truccatrice. Nella piccola sala in cui avrebbero girato l'intervista regnava un caos frenetico e professionale, in cui tutti agivano, sistemavano le ultime cose prima di registrare. Normalmente avrebbe iniziato a snocciolare consigli e direttive a tutti quanti, ma quel giorno si sedette alla sua solita sedia e aspettò la truccatrice. Ce la poteva fare. Aveva paura, era quello il problema. Non tanto per come sarebbe andata l'intervista e neanche per come avrebbe reagito di conseguenza la gente. Non gli importava nulla dell'opinione altrui, non ora che aveva bisogno di vivere sommerso dalla luce, dalla verità. La sua paura nasceva da un istinto di conservazione che gli gridava di non esporsi troppo, di mantenere in quel protettivo abbraccio attutito le sue emozioni più forti. Aveva paura di sgualcirle, di rovinarle ancora una volta, ma, al contempo, era fiducioso della sua decisione. «Eccomi, scusami Jared», disse tutta trafelata una ragazza mora, alta, formosa e con due occhi giganti e verdi. Era palesemente infatuata di lui, glielo leggeva ogni volta che incrociava il suo sguardo. Lei iniziò a passargli un batuffolo di cotone imbevuto di una crema fresca e rigenerante sotto gli occhi, poi passò a stendergli un leggero strato di terra che gli avrebbe illuminato il viso sotto i proiettori ed, infine, si eclissò, lasciandogli la visuale di fronte a sé di nuovo libera. Fu in quel momento che il suo ospite fece ingresso nella stanza. Aveva stampato in faccia un sorriso tirato, nervoso, che creava delle rughe intorno alla bocca e sulla fronte alta, ma anche lui, come Jared, stava cercando di contenersi e di mostrarsi rilassato. Cosa impossibile per lui perché, malgrado facesse l'attore da anni, i suoi occhi comunicavano più di quello che a gesti e a parole avrebbe potuto dire. E furono proprio quegli occhi ad incatenarsi timidamente a quelli blu del cantante, trasmettendogli una gioia quasi incontenibile che si celava sotto tutta l'ansia provocata dal momento. Perché sì, Colin era entusiasta di questa idea, di far parte attivamente, finalmente, di uno dei suoi progetti. Prese posto nella sedia collocata a qualche metro di distanza da quella di Jared, accavallando le gambe nel suo consueto modo strano, le mani che trattenevano la caviglia appoggiata al ginocchio, e si lasciò cadere contro lo schienale come solo un vero playboy sa fare. «Quando vuoi, io sono pronto», annunciò con quel suo lieve accento irlandese, mentre ancora lo fissava intensamente con quegli occhi magnetici e neri, accentuati dalle folte sopracciglia. Il suo naso si arricciò quando sorrise furbo: sapeva che, come al solito, si era incantato a guardarlo. Non poteva farci nulla. Erano passati undici anni, ma ancora Colin riusciva a catturarlo in un vortice di emozioni primitive che gli si concertavano nello stomaco, fottendogli il cervello. Jared si schiarì la gola e distolse per un secondo lo sguardo. «Bene, allora iniziamo». Diede il segnale a Brandon di essere pronti e, in poco tempo, le luci della stanza furono spente, il caos frenetico si estinse e i fari vennero puntati addosso ai due protagonisti della nuova puntata di Beyond the horizon. Quando la spia rossa della macchina da ripresa si accese, Jared deglutì e iniziò a parlare. «Ciao, è un piacere averti qui». Nei giorni antecedenti, entrambi avevano concordato di comportarsi normalmente, di seguire il modus operandi che aveva sempre tenuto Jared con tutti gli altri ospiti. Così, ora, erano entrambi immersi nella loro parte: Jared avrebbe posto le domande di rito e Colin avrebbe risposto secondo ciò che aveva deciso precedentemente di dire. «Il piacere è tutto mio. È un onore per me essere stato invitato a partecipare a qualcosa di così profondo e importante sotto il profilo artistico, psicologico e filosofico. Spero di esserne all'altezza». Jared trattenne un sorriso e proseguì. «Tu fai parte di una categoria d'arte diversa da tutte quelle trattate fino ad ora in questo programma. Cos'è per te l'essere attore? E cos'è per te la menzogna?» Colin si mosse inconsapevolmente sulla sedia, aggrottando le sopracciglia e grattandosi il mento. «Credo che ci sia una linea ben precisa tra il mentire e il fare l'attore. Nel primo caso è qualcosa che concerne la vita reale, la nostra quotidianità. Mentendo si tradisce sé stessi, ciò che siamo davvero. Ma come facciamo a sapere chi siamo davvero? La risposta, per me, sta nel realizzare la propria persona, nell'esplorare ogni meandro delle proprie possibilità, spingendoci oltre, varcando i propri limiti e ridimensionarci a partire da questi. È questo che per me significa essere un attore: portare sé stessi in una dimensione extracorporea, fuori da ogni schema limitativo dettato dal nostro essere per poi tornare alla normalità, ma con un bagaglio d'esperienza totalmente arricchito. Se in modo positivo o in quello negativo sta poi a noi valutare. Non è semplice abbandonare il nostro punto di vista per indossarne un altro: la personalità di un determinato personaggio può starti stretta, così da costringerti a domare te stesso, oppure può lasciarti un ampio spazio di margine da cui, a volte, potresti sentirti stordito e spaesato. La cosa più importante, però, è il sapersi mettere nei panni dell'altro. Non c'è attore se non si è estremamente sensibili nei confronti dell'umanità, o almeno sensibili nei confronti del proprio personaggio. Che ti piaccia o meno, va trattato con cura perché ogni singolo individuo impersonato forma la tua arte e di conseguenza la tua persona realizzata» «Tu hai dovuto lottare contro l'abuso di droga e alcol. Pensi che sia stata la fama e tutta la macchinazione che c'è dietro al mondo dello spettacolo ad averti portato su questa strada?» «Chi lo può sapere... Potrei dirti di sì, dare tutta la colpa a questa società corrotta e falsa e lavarmi via qualsiasi peccato commesso in passato, ma sappiamo entrambi che non si può. Nella vita vanno prese delle responsabilità ed io, da sciocco com'ero, mi sono lasciato travolgere non tanto dalla società, tanto più da me stesso e dalla mia stupida visione che avevo del mondo. È tutta una questione di prospettiva. L'essere razionali di fronte ai propri errori è un traguardo aspro da raggiungere, ma importante. Come dicevo prima, non si può accollare la colpa dei propri errori alla società o alle persone che si hanno accanto. Ovvio, il mondo esterno influisce in modo consistente dentro di noi, ma tutti dovremmo imparare a guardare dentro di noi e a metterci una mano sulla coscienza, aprire gli occhi e accettare di essere pieni di difetti. Si può essere celebri, intelligenti, brillanti, bellissimi, ma alla fine, la cosa che conta di più, è ciò che hai fatto nella vita. Come ho sfruttato il mio tempo? Sono stato autentico? Sono stato fedele a me stesso? Guardandomi alle spalle posso affermare con assoluta certezza di non aver fatto nulla di tutto ciò. Mi sono affogato con le mie mani e rischiavo di non risalire più in superficie, preso com'ero da un mondo che avevo creato io stesso nella mia mente. Pensavo di essere perfetto, di non poter mai sbagliare perché osannato e voluto da tutti. Avevo tutto: soldi, una carriera in ascesa, una donna diversa ogni notte a scaldarmi il letto. Cosa potevo volere di più? Poi, però, arriva il giorno in cui la tua vita cambia e devi scendere a patti con te stesso, aprire gli occhi e affrontare le conseguenze di tutti i tuoi errori. Ed è in quel momento, in quel preciso istante che capisci di essere nient'altro che carne ed ossa, pensiero e parola. Ed è in quel momento che capisci di essere fottuto perché hai sprecato occasioni che, invece, potevano elevare il tuo essere a qualcosa di superiore» «E cosa sarebbe questo “qualcosa di superiore”?». Colin distolse lo sguardo dalla telecamera, a cui si era rivolta fino a quel momento, e lo guardò, facendo un lieve respiro col naso. Era giunto il momento. «L'amore, Jared. Secondo il mio punto di vista ci sono vari tipi d'amore ed è per questo che mi piace pensare che sia qualcosa che non va smezzato o circuito solo su un soggetto, bensì è più un donarsi all'infinito, un moltiplicarsi negli occhi e nei cuori degli altri, una traccia indelebile condivisibile, ecco. Nella mia vita ho provato molti tipi di amore, ti faccio qualche esempio: ho amato la madre del mio primo figlio di un amore giovanile, spensierato e leggero, quasi sconsiderato; c'è l'amore per i miei genitori e fratelli, profondo e devoto; c'è quello verso la mia terra, la mia Irlanda, che rappresenta una parte importante e preponderante di me; c'è l'amore per i miei figli, James e Henry, che va al di là dell'umana concezione e solo chi è padre può comprendermi appieno. Infine c'è un amore che supera ogni confine di tempo e spazio. Penso si possa chiamare l'“amore dell'anima”, ossia quel sentimento che lega la parte più profonda di te a quella di un altro individuo, il solo che può completarti davvero. Non tutti possono affermare di conoscere questo amore, mentre molte volte lo si confonde con un amore totalmente diverso, più “terreno”, ecco» Jared sentiva risalirgli su tutto il corpo una scia di brividi freddi, i quali gli strinsero i muscoli in una morsa, rendendolo incapace di muoversi di un solo millimetro. Fece fatica a ordinare alle sue labbra di muoversi per articolare la fatidica domanda, ma alla fine ci riuscì. «E tu lo hai trovato questo “amore dell'anima”? Da come me ne hai parlato, pare proprio di sì». Anche Colin pareva vittima di leggeri tremiti di agitazione, ma sorrise luminoso mentre rispose: «Certo che sì, lo sai bene. E sai anche a chi mi riferisco». Si alzò in piedi, rompendo così ogni tipo di distanza tra lui e Jared, e si inginocchiò al suo fianco, una mano sulla sua guancia coperta lievemente di barba, proprio come piaceva a lui. Si guardarono negli occhi intensamente e, per una frazione di secondo, a Jared tornò alla memoria una lontana première di Alexander in cui avevano condiviso uno sguardo simile. «Tu sei il mio “amore dell'anima”. La mia anima e la tua sono identiche perché sono le stesse. Sei stato il mio salvatore, la mia ragione e il mio mentore. Senza di te ora non sarei l'uomo che sono, non sarei capace di giudizio, non avrei fede né in me né nel mondo. Mi hai aperto gli occhi con il tuo amore e con la tua amicizia. Mi hai destato dal sonno di una vita inconsistente in cui correvo a vuoto e in circolo, costringendomi ad affrontare tutte le mie paure, tutte le mie incertezze e le decisioni sbagliate. Non potrò mai ringraziarti appieno per quello che hai fatto per me, malgrado tutto, malgrado la nostra storia turbolenta, sofferta, dolorosa. Ci sono voluti undici anni per essere dove siamo ora, ma sappi, mo cushla, che non è passato un solo attimo in cui io non provassi un amore così profondo e così totale per te. Ti amo sopra ogni cosa, più di me stesso, più della mia carriera e delle chiacchiere che scaturiranno da questa nostra rivelazione. Null'altro mi importa, se non te». Jared ora sbatteva veloce quei suoi grandi occhi blu ricolmi di lacrime di gioia. Colin stava ancora sorridendo, anche lui profondamente commosso ed emozionato, totalmente innamorato. Non c'era più nessuno in quel momento: nessun tecnico, nessuna telecamera, nessuna truccatrice infatuata. C'erano solo loro due, Colin e Jared, ed il loro amore. Il cantante posò la sua mano su quella dell'altro, la quale gli carezzava ancora una guancia, e abbozzò un sorriso timido e speciale. «Anche io ti amo, Colin». Detto ciò, l'attore gli prese il volto fra le mani e si sporse verso di lui, appoggiando le sue labbra morbide su quelle più sottili di Jared.
   
 
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