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Autore: pickingupwords    08/11/2015    1 recensioni
JILY!AU
Inizia tutto con James che fa arrabbiare Lily, come sempre.
James che le porta sei macarons in segno di pace e che la stravolge.
Lily che ha paura.
Lily che è piena di colori e James che ne è abbagliato.
James che si accorge di quanto siano colorati loro e di quanto il mondo sia in bianco e nero se sono insieme.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Potter, Lily Evans | Coppie: James/Lily
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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10.07pm
La ragazza trattenne un urlo di esasperazione, chiuse il libro di letteratura inglese con violenza e si passò una mano nei capelli rossi guardando il soffitto: il vicino del piano di sopra faceva fin troppo rumore, come sempre, d'altronde, per i suoi gusti. La musica era così alta che nemmeno mettere i tappi per le orecchie migliorava la situazione, le voci provenienti da casa sua erano esagerate, risa sguaiate e grida che cercavano di sovrastare la musica; come mai nessuno fosse ancora andato a suonare alla sua porta e dargli una lezione per lei era inconcepibile. Così, con una determinazione che poche volte aveva sentito, si avviò fuori e salì una rampa di scale. Più camminava, più i rumori si facevano intensi. Batteva i piedi a terra con violenza ad oggi passo, nervosa e arrabbiata. Si era fatta un caffè per stare sveglia tutta notte a studiare e nessuno poteva permettersi di farle sprecare una grande tazza di caffè fumante. Prese un respiro e suonò il campanello con decisione. Nessuna risposta. Bussò e ottenne lo stesso risultato. Girò la manopola della porta e questa si aprì, facendole rivolgere gli occhi verso l'alto.
Quello che si trovò davanti era una casa del tutto disordinata: divani e poltrone che non rispettavano nessuna logica di arredamento, bicchieri e bottiglie ovunque, un ragazzo e una ragazza ballavano al centro della stanza, mentre il proprietario della casa parlava con qualcuno; non c'era molta gente, dal fracasso avrebbe scommesso ce ne fosse molta di più. Chiuse la porta con violenza per farsi notare e ottenne il risultato voluto, tutti si fermarono e si voltarono verso di lei, che camminò verso lo stereo e lo spense.
-Sarebbe carino se faceste silenzio, sono le dieci passate e io domani devo dare un esame di letteratura. Abbiate rispetto, buona serata.
Nessuno replicò, erano ancora tutti stupiti dall'evento inatteso che gli si era presentato davanti. Stava per uscire quando il proprietario si alzò e la fermò, prendendola per un braccio. -Evans, dove pensi di andare? Qua ci stiamo divertendo, stai con noi.
Lei fece una smorfia e si liberò. -Quale parte di 'ho un esame e devo studiare' non hai capito, Potter?- pronunciò il suo nome con un tono del tutto sprezzante.
I battibecchi tra i due andavano avanti da quando lui si era trasferito in quell'appartamento, prima abitato da un'anziana e gradevole signora con cui Lily andava molto d'accordo, circa tre mesi fa: lui non faceva altro che disturbare la quiete pubblica, senza contare che nelle riunioni di condominio non avevano mai le stesse idee e continuavano quindi a scontrarsi. Sapeva poche cose di lui: avevano la stessa età, lui studiava legge in qualche momento totalmente indeterminato della giornata o della notte, visto che passava la vita a divertirsi, si chiamava James Potter ed era un completo idiota.
Le fece un sorrisetto sornione. -Davvero non vuoi fermarti? Abbiamo ancora da bere.
Gli occhi verdi di lei si scontrarono con quelli castani scuri di lui. -Sono sicura- pronunciò con un labiale molto ampio dettato dalle labbra rosee per rendere il messaggio più chiaro.
-E se fate ancora tutto questo chiasso- aggiunse facendo scorrere lo sguardo su tutti i presenti in salotto. -Sarò costretta a chiamare la polizia.
-Oh, ma dai!- protestò uno degli amici, quello che stava ballando e lei non replicò, sfidandolo con lo sguardo.
-No, Sirius, la signorina ha ragione- fece James. -Ha bisogno di studiare e noi la stiamo disturbando. Andiamo in un locale, che ne dite?
Tutti, un po' rassegnati e seccati, si misero cappotti e giacche, per iniziare ad avviarsi fuori, lei restò dentro con James. -Grazie- disse con tono amaro.
-Di niente- le sorrise cortese. -Quando sono in torto devo ammetterlo. Non ti disturberemo più- si mise il cappotto. -Allora, vieni a fare una bevuta con noi?
Lei inarcò le sopracciglia, allibita. -Come, scusa?
Lui rise e si spettinò i capelli scuri e ricci. -Scherzavo. Anche se ti ci vorrebbe, sei un po' nervosa, dolcezza.
-Non chiamarmi così- sputò fredda, una voce che chiamava James si fece sentire.
-Arrivo!- esclamò, poi lanciò un'occhiata a Lily, notando quanto fosse pallida. E quanto fosse bella, più del solito. -Prima le signore- e si esibì in una stupida mossa che cercava di essere cavalleresca. Lei scosse la testa esasperata e uscì seguita a ruota da lui, che restò per un secondo a guardarla. -E' stato un piacere, vicina del piano di sotto.
Lei sorrise sarcastica. -Vorrei poter dire la stessa cosa, vicino del piano di sopra- non fece nemmeno un cenno di saluto agli amici, scese le scale e si chiuse la porta di casa sua alle spalle, mentre lui la osservava scuotendo la testa e ridacchiando fra sé e sé.


Un giorno più tardi, 4.51 pm
Qualcuno suonò al campanello e una Lily svogliata e stanca si alzò fatica dal divano, aprì la porta e si trovò davanti un viso coperto da un sacchetto di carta contenente qualcosa di ancora indefinito da cui sormontava una massa informe di ricci scuri. Non appena lei disse: -Sì?- il sacchetto venne spostato mostrando il viso allegro del vicino di casa, lei inarcò un sopracciglio dubbiosa. -Potter- disse soltanto, senza troppo entusiasmo.
-Evans, luce dei miei occhi. Posso entrare?
-E perché?
Lui fece una faccia ovvia che Lily trovò molto buffa e indicò il contenitore che aveva in mano. -Ho portato dei macarons, per il tè- visto che lei non reagiva a tutto quello che stava succedendo spiegò. -Sono tre a testa, ne ho presi due al pistacchio, perché quello al pistacchio è il mio preferito e se piace anche a te almeno ne avrò uno e se a te non piace ne avrò due, poco male- fece spallucce e lei rise. -Uno alla vaniglia, uno al lampone, uno al limone e uno al cioccolato.
-Mi stai chiedendo scusa per ieri, per caso?- lo provocò appoggiandosi allo stipite della porta.
-Oh, Evans- sospirò. -Non vorrai lasciare un povero ragazzo con sei macarons in mano fuori da casa tua, vero?- lei gli fece cenno di sputare il rospo e lui si arrese. -Okay, è per ieri, hai vinto. Sono un segno di pace.
Lei sorrise soddisfatta. -Non mi hai mai chiesto scusa, Potter, per i nostri battibecchi.
-Sto solo cercando di migliorare la mia persona- confessò ironico.
Lei rise ancora e si spostò per farlo entrare. -Che tè vuoi?
Lui si fece avanti e si trovò catapultato in un altro mondo: casa di Lily non era per niente come l'aveva immaginata, aveva sempre pensato che fosse piena di colori neutri e bui, ordinata, estremamente pulita e fredda; invece, davanti ai suoi occhi, c'era una casa accogliente, il salotto era dipinto di giallo, la cucina di azzurro e blu scuro e poté notare dalla porta lasciata aperta che camera sua fosse colorata di rosso. Rosso come i suoi capelli, le sue lentiggini. La casa era sparsa di libri ovunque: ce n'erano di abbandonati un po' dappertutto, sul divano, su ogni tavolo e tavolino disponibile, sul piano della cucina, alcuni addirittura erano usati come sostegno per i mobili e i restanti erano ben stipati nella libreria stracolma del salotto.
-Wow- sussurrò stupito.
-Come?- chiese lei non avendo capito.
-Cosa? Oh, no, niente- la rassicurò.
-Appoggia pure il giubbotto sull'appendiabiti nell'ingresso.
Lui eseguì e notò un allegro cappotto giallo ocra, uno rosso scuro e un altro verde mela; diverse sciarpe colorate con cappelli, o guanti, o cuffie abbinati. Lily Evans e così tanti colori, non se lo sarebbe mai aspettato. Ne restò particolarmente compiaciuto e sorrise tra sé e sé.
Diede i dolcetti alla ragazza che li sistemò su un piattino che posò al centro del piccolo tavolo di legno bianco in cucina, poi mise su l'acqua per il tè e fece scegliere a James l'infuso che preferiva.
-Frutti di bosco- disse deciso.
Lei lo guardò. -Pensavo avessi gusti più forti- commentò distrattamente con un sorriso. -Io prenderò quello alla menta- disse decisa facendolo sorridere.
-Allora- cominciò lui catturando la sua attenzione. -Come è andato il famoso esame di quest'oggi?
-Bene, ho preso quasi il massimo dei voti, direi che posso ritenermi soddisfatta.
-Meglio così, non ho nessun brutto voto sulla coscienza- si sentì seriamente sollevato. -Sai, pensavo che non mi avresti fatto entrare- affermò sincero.
Lei lo guardò a braccia incrociate. -Mi credi così incivile, Potter?
-No, beh, ma sai- ridacchiò. -Non abbiamo mai avuto ottimi rapporti, io e te, quindi magari ieri avevo fatto traboccare l'ultima goccia del vaso- incontrò i suoi occhi.
-Sono sempre pronta a perdonare le persone per qualche stupido errore, non hai fatto niente di troppo grave, se non stufarmi e punzecchiarmi sempre alle assemblee di condominio o disturbarmi mentre studio- disse ironica e lui rise. -Tu come fai a studiare? Insomma: o non sei a casa, oppure sei a casa con i tuoi amici- cambiò drasticamente argomento.
Lui scosse la testa divertito. -Non studio molto, a dir la verità, ma riesco a cavarmela, quindi direi che va bene. Studio spesso qualche ora prima di un esame o cose simili, niente di che.
-Non ti piace quello che studi?- domandò lei tirando giù l'acqua del tè e versandola nelle tazze.
-Certo che mi piace, lo amo. Semplicemente ci sono portato, quindi non ho bisogno di troppe ore da dedicarci.
Posò le tazze sul tavolo e si sedette di fronte a lui. -Che cosa studi?- chiese distrattamente guardando con attenzione i macarons.
-Legge.
Posò il suo sguardo su di lui. -Legge?- fece incredula e lui annuì in conferma. -Vuoi diventare un avvocato?
-Perché no? O un poliziotto, o un agente federale, o entrare nella CIA.
Lei rise. -Nella CIA? Tu?
-La prendo come un'offesa, Evans- la avvertì ridendo con lei. -Dici che non sarei portato?- e lei scosse la testa divertita, iniziando a sorseggiare il tè. -Te cosa studi, rossa?
-Pensavo l'avessi capito dall'arredamento di questa casa- commentò togliendosi un ciuffo di capelli dal viso, più James la guadava più pensava che fosse bellissima. Dopo aver ricevuto lo sguardo interrogativo di lui rispose. -Letteratura inglese.
-E che vorresti fare dopo?- prese il macarons al pistacchio e lo addentò.
Lei abbassò lo sguardo. -Non lo so- prese il pasticcino al limone e lui sorrise. -Ho scelto questa facoltà non tanto per il futuro che potrebbe darmi, ma per la passione che nutro nella lettura. E' una parte fondamentale della mia vita e sono sicura che sarei una donna totalmente infelice se avessi scelto di dedicarmi ad un'altra materia solamente perché questa sarebbe stata in grado di darmi un lavoro assicurato. Sembro un po' sbandata, lo so, ma non dico così perché sopravvivo con i soldi dei miei genitori, certo, loro mi aiutano, ma io metto qualcosa di mio, lavoro quasi ogni giorno al bar qua di fronte, particolarmente nell'ora di pranzo (quando finisco le lezioni) e stacco alle quattro. Quindi direi che sto facendo la mia parte.
Non sapeva perché si fosse sentita in dovere di dire quello che aveva detto, semplicemente voleva mettere in chiaro che non era una stupida ragazzina piena di sogni e senza nemmeno un minimo di concretezza: studiava e lavorava e sapeva che gli studi che stava conseguendo non sarebbero riusciti a darle un lavoro non appena laureata, voleva dimostrargli che era una ragazza con i piedi per terra, che sì, seguiva le sue passioni, ma che non si dimenticava di ciò che la circondava.
James si sentì un po' in colpa, sentendo quelle parole: lui non sosteneva la scuola da solo, veniva totalmente finanziato dai suoi genitori, per tutto: ammirava Lily, non avrebbe mai pensato che fosse una ragazza così decisa e, oltretutto, pronta a porgere l'altra guancia, dopo tutto il disturbo che le aveva recato in quegli ultimi mesi. Calò il silenzio per qualche istante, nel quale lei prese il dolce alla vaniglia.
Gli piaceva vedere quali pasticcini scegliesse: capiva più del suo carattere, il cibo apre molte strade che spesso vengono sottovalutate. Presto scoprì che gli piaceva stare con lei, anche in silenzio. Guardarla far qualcosa, come in questo caso anche solo sorseggiare del tè, osservare la sua pelle pallida che metteva in risalto i suoi capelli rossi e i suoi occhi smeraldo, le sue lentiggini; in quella casa tutto sembrava più luminoso, persino i macarons. Probabilmente era Lily e il suo essere solare e sereno. James sorrise senza motivo e lei se ne accorse, ma non disse niente, lo guardò con attenzione, notando i suoi bellissimi occhi scuri nascosti dalle lenti degli occhiali tondi, i capelli così ricci e così impossibili da mantenere che sembravano fin troppo morbidi. Posò lo sguardo sulle sue mani grandi che tenevano la tazza blu, sulla sua bocca piena e rosea. Lily arrossì. Non si era mai accorta di quanto fosse bello, sempre troppo concentrata a battibeccare o arrabbiarsi con lui; ma in quel momento, tutto era fermo, immobile, c’erano solo lei e lui e Lily (si trovò sconcertata anche solo a pensarlo) sentì di non aver bisogno di altro al mondo.
Scosse la testa facendo muovere i capelli che a lui piacevano tanto e cercò di distrarsi bevendo un sorso di tè.
Dopo poco, la conversazione riprese, Lily mangiò il macaron al cioccolato, e lui terminò i restanti. James notò che non era presente nemmeno una foto, in quella casa. Né sua, né di qualche parente. Le chiese perché e lei fece spallucce.
-Non sento di dover avere qualche scatto in casa per sentirmi legata alle persone che amo.
Lui annuì e dopo essersi accorto dell’ora, disse di dover andare, i suoi genitori sarebbero andati a cena a casa sua e doveva cucinare qualcosa al volo, almeno per fare bella figura davanti a sua madre.
-Fai tutto all’ultimo momento, o sbaglio?- lo provocò appena Lily con tono scherzoso mentre lo accompagnava alla porta.
Lui scosse la testa ridendo. –No, cara, non sbagli.
Ringraziò per il tè, lei ringraziò per i pasticcini. Si sorrisero e lui salì la rampa di scale mentre lei lo guardava.
Furono tutti e due presi dallo strano bisogno di vedersi ancora.


Tre giorni dopo, 3.16pm
James portò Lily in un museo dedicato a Van Gogh, che lei apprezzò molto. Le fece da guida, l’arte era una delle sue più grandi passioni e Van Gogh era uno dei suoi pittori preferiti, anche se suonava un po’ un cliché. A lei piaceva Monet, ma apprezzava l’arte e le sue sfaccettature quindi non le dispiaceva scoprire qualcosa di più su un pilastro del Post-Impressionismo.
A James piaceva molto come si era vestita per quell’occasione: indossava un bellissimo vestito azzurro, che metteva in risalto le sue forme, delle scarpe rigorosamente basse e nere; lui sorrise quando la vide arrivare con il cappotto verde mela che aveva visto in casa sua.
Si rese conto che, quando era con lei, ogni cosa diventava in bianco e nero, mentre loro due erano l’unica cosa colorata che li circondava. Lei era la cosa più colorata di tutte.
-Sei un incanto, Evans. Potrei addirittura pensare che tu stia prendendo quest’uscita come un appuntamento- le aveva detto, sorridendo sornione. Lei in tutta risposta gli aveva dato un buffetto sul viso e gli aveva fatto una linguaccia.
Durante quel pomeriggio, Lily riuscì a sentire attraverso le parole del ragazzo la sua passione per l’arte e per tutto ciò che la riguardava, ne era compiaciuta e piacevolmente sorpresa, tanto che quando finirono la mostra e uscirono lei disse: -Sai, non ti facevo così romantico, Potter.
-Romantico?- la guardò interrogativo.
-L’arte è molto romantica- sottolineò.
-Davvero?
Annuì in risposta.
-Quindi vuoi davvero prendere questa cosa come un appuntamento?
Lily si fermò e si voltò verso di lui, guardandolo senza parole. Si trovò completamente disarmata. James Potter, il ragazzo dei battibecchi e delle feste troppo rumorose che la disturbavano mentre stava studiando, le aveva praticamente detto di avere un interesse amoroso nei suoi confronti e si conoscevano appena. Tutto ciò le sembrava fin troppo affettato.
James, invece, era un ragazzo che si asciava trasportare, si era trovato fin troppo bene con lei qualche giorno fa e aveva sempre adorato punzecchiarla quando ne aveva avuto l’occasione, adorava sentire la sua risata e vedere i suoi occhi verdi perdersi nei suoi, da quel pomeriggio si rese conto di essere completamente disarmato nei suoi confronti. Era un ragazzo diretto e senza peli sulla lingua, si era sentito in dovere di dire quello che provava.
-Io…- Lily balbettò appena, senza sapere cosa dire.
-Non ti preoccupare, Evans. Probabilmente ho calcato troppo la mano.
Lei lo guardò con la bocca semi chiusa, presa in contromano. Non era abituata a non avere le redini di una situazione.
-Forse è meglio tornare a casa- concluse lei poi, con lo sguardo verso il basso.
-Sì, hai ragione- le sorrise appena e insieme a lei si mise in cammino.


Una settimana dopo, 11.45am
Si incontrarono in stazione, non era mai successo prima. Non si vedevano da una settimana, lui era consapevole di aver esagerato e lei era in imbarazzo: si evitavano come un topo evita il gatto.
Lei stava camminando leggendo un libro di testo e gli era andava contro. –Scusi- disse preoccupata. –Le ho fatto male?
E quando incontrò gli occhi conosciuti le si formò un groppo in gola. Lui si sistemò gli occhiali andati fuori posto a causa dell’urto e tossicchiò appena. –Evans.
-Ciao- si rese conto solo in quel momento quanto fosse evidente la loro differenza di altezza.
Lui per guardarla bene doveva piegare appena la testa e lo stesso doveva fare lei.
Notò quanto il cappotto rosso che indossava le donasse e si confondesse con i capelli.
-Come stai?- le domandò, tanto per rompere il ghiaccio.
-Sto bene, solo un po’ in ansia, ho…- iniziò ad aprire la borsa e frugarci dentro, cercando di trovare un posto dove mettere il libro che aveva in mano, i capelli del colore che James tanto amava le ricadevano sul viso e lei continuava a portarseli dietro le orecchie. –Ho… Ho un esame, oggi pomeriggio- riuscì nella sua missione e si ricompose, guardandolo. –E’ un esame molto importante dopo il quale dovrò fiondarmi al bar per lavorare- sorrise ironica. –Sarò distrutta.
Lui annuì appena. –Non puoi spostare il turno?- lei per tutta risposta scosse la testa sconsolata, avvicinandosi al binario della metropolitana.
-Non vorrei essere al tuo posto, Evans- la seguì, iniziò a sentirsi lo stridore delle ruote sulle rotaie. –Senti, mi dispiace- disse poi di punto in bianco.
Lo guardò, confusa. –Per cosa?
-Per quello che ho detto, l’ultima volta che ci siamo visti- non stava ricambiando il suo sguardo, ma l’aveva puntato di fronte a sé. –Ti ho presa in contro piede e ho esagerato, ho corso troppo. Sono troppo sicuro di me e credo di averti destabilizzata. Non dovevo, assolutamente.
Ci fu qualche attimo di silenzio tra loro due, mentre James aspettava la risposta della ragazza. –Ma lo pensavi?- fu l’unica cosa che gli chiese.
-Sì.
Qualcosa le colpì il petto e lei non capì cosa fosse. Si sentì mancare il fiato.
-Ma tu…- ora si voltò verso di lui e lo obbligò a fare lo stesso, non sapeva da dove le venisse fuori la voce dato che si sentiva il fiato mozzare in gola. –Tu mi sei sempre andato contro alle assemblee e mi hai sempre dato fastidio, solo perché sono stata disponibile con te quando ti sei presentato davanti a casa mia non significa che… Io non capisco, se ti fossi sempre piaciuta non ti saresti comportato così.
Lui ridacchiò appena. –Non tutte le persone si comportano nello stesso modo nei confronti di quello che provano, Evans.
-Ma perché proprio ora?- dovette urlare perché il treno stava arrivando.
-C’è un momento giusto per fare certe cose?- alzò la voce anche lui, tirando fuori le mani dalle tasche del giubbotto.
Lily non rispose, restarono a guardarsi negli occhi, facendo sparire il resto del mondo.
Forse non era ancora amore, ma era qualcosa di grande e tutti e due lo sapevano. Bastava solo che lo ammettessero. Nessuno si era mai guardato in quel modo senza che ci fossero i sentimenti in mezzo, Lily era scombussolata e non sapeva dare una spiegazione a quello che provava; James era sicuro, lo era sempre stato, voleva stare con lei e se n’era reso conto troppo tardi.
Il quesito che le aveva posto il ragazzo restò nell’aria, senza una risposta, perché lei non gliene diede una.
Quando arrivò il mezzo lei salì e lui rimase giù a guardarla attraverso i finestrino.
Quelli sguardi erano pieni d’un amore che Lily non riuscì a sostenere.
E abbassò il suo.


Qualche ora dopo, 5.52pm
Lily aveva i capelli raccolti, qualche ciuffo che le ricadeva sul volto e stava pulendo quando James entrò.
Si sedette in un tavolo in disparte, si sistemò gli occhiali e aspettò che lo notasse. Lo guardò da lontano, lui le sorrise appena, lei deglutì e si voltò dall’altra parte, prese un respiro profondo e dopo essersi decisa andò verso di lui.
-Cosa ti porto?- aveva lo sguardo sul taccuino e non aveva intenzione di portarlo.
-Nemmeno un ‘ciao, come stai?’- chiese leggermente seccato.
Lei puntò aggressivamente i suoi occhi su di lui. –Ciao, come stai? Cosa ti porto? Sto per finire il turno, quindi cerca di essere veloce, altrimenti ti lascio servire da Camilla- e fece un cenno ad una cameriera bionda che stava civettando con un cliente.
-Una cioccolata calda, grazie. E sono abbastanza arrabbiato, sei stata gentile a chiederlo. Lascia pure fare a Camilla quello che sta facendo, la vedo abbastanza impegnata.
Lily non fece una piega, scrisse con forza sul foglio, nervosa. –Torno subito con il tuo ordine.
Senza dire altro andò al bancone, preparò una cioccolata calda con movimenti violenti e mordendosi una guancia, stressata. Come poteva comportarsi in quel modo dopo l’incontro che avevano avuto? Che faccia tosta.
Stava per andare al suo tavolo quando se lo trovò di fronte. –Ecco- non fece una piega e gli porse la tazza fumante davanti, sul bancone. –Sono due sterline- lui le diede i soldi non staccando lo sguardo da lei, che invece evitava di guardarlo. Quando ebbe i soldi li portò in cassa e notando che ormai si erano fatte le sei si spostò nel retro per cambiarsi senza nemmeno salutarlo.
Lui la guardò allontanarsi, il fisico snello e magro che si muoveva con delicatezza, i capelli rossi che tanto amava spettinati che la rendevano ancora più bella. Alla fine, si disse, mi è sempre piaciuta, ho sempre adorato punzecchiarla e darle fastidio, ho sempre voluto catturare la sua attenzione e ora capisco perché.
Non fece in tempo a finire la bevanda che lei stava salutando l’altra commessa, Camilla e uscendo, ora con i capelli sciolti e leggermente spettinati, una sciarpa viola che le copriva il collo e un cappotto bianco. Era ovviamente passata da casa a cambiarsi prima di iniziare a lavorare. James la seguì.
-Ehi!- la richiamò, lei non si voltò e continuò a camminare, iniziando ad attraversare la strada. –Evans!- urlò e la raggiunse prendendola per un braccio e bloccandola, lei si divincolò subito dalla sua presa.
-Cosa vuoi?- fece tagliente. C’era una leggera nebbia.
-Si può sapere che ti prende?- le domandò, aveva la voce un po’ più alta del solito, cosa che portò Lily ad alzare a sua volta il tono.
-Ti ricordi per caso quello che mi hai detto stamattina o ti sei già dimenticato?- si avvicinò a lui a mo’ di sfida.
-No- ora la sua voce si fece più calma. –Perché?
-Non so- lei fece ricadere le braccia sonoramente sulle cosce. –Ti sembra normale comportarti in questo modo dopo quello che è successo? Dopo quello che mi hai detto? Anzi!- esclamò. –Ti sembra normale quello che mi hai detto?
-Sono stato sincero- ribatté semplicemente. –Pensavo volessi che lo fossi.
-Perché non capisci?- urlò frustrata. –Tu non puoi comportarti in questo modo, non puoi balzare fuori da un giorno all’altro con i tuoi diavolo di dolcetti e poi chiedermi di uscire senza però dirmelo e poi buttare una bomba ad orologeria come quella di stamattina, tu non puoi farlo! E’ sbagliato.
-Io non vedo cosa ci sia di male- era sincero, alzò un sopracciglio.
-C’è di male che forse funziona con le sgualdrine che ti sei sempre portato a casa, ma non con me- gli occhi di lei si fecero due fessure, mentre quelli di lui si spalancarono, stupiti.
Non rispose. –Beh, scusa tanto se ho colpito un tuo tasto dolente, Evans- la sua voce e la sua espressione erano diventate dure e fredde, tutt’a un tratto Lily lo sentì distante anni luce, seppur fossero separati solo da qualche centimetro.
-Sarebbe?- chiese lei fingendo indifferenza.
-La paura che hai che qualcuno possa ferirti. Beh, flash news: non ho intenzione di farlo e sai perché? Perché sei l’unica ragazza che mi abbia mai fatto provare qualcosa di vero e non avevo nessuna intenzione di lasciarti andare, ma se tu vuoi evitarmi fai pure, vai avanti. Poi non venire da me quando scoprirai che forse avrei potuto amarti proprio come hai sempre voluto essere amata.
Lily doveva piegare la testa in alto per vederlo bene e lui doveva piegarla verso il basso, la sovrastava.
Quando finì di parlare, vedendo che lei non reagiva, ma teneva la bocca socchiusa e gli occhi fissi su di lui, si allontanò dalla strada, entrando nel condominio, lasciandola da sola.
A Lily venne da piangere.
Ma non lo fece.


Tre settimane dopo, 10.22pm
-Io non capisco- iniziò la sua amica Mary. –Sei così una bella ragazza, Lily Evans… E non hai un fidanzato. Insomma: se tu non hai un fidanzato, io come finirò?
Lily rise, rendendosi conto di quanto Mary fosse inconsapevole di essere carina: aveva due occhi grandi da bambola, un viso tondo, i capelli neri lucidi, lunghi e mossi; era bassa, ma ben formata.
-Sei una bella ragazza, Mary, non dire il contrario.
L’altra in tutta risposta sbuffò alzando gli occhi al cielo. –Ma quel James di cui mi parlavi… Com’è finita?
A Lily si mozzò il fiato, ma finse indifferenza scrollando le spalle. –Non è nemmeno mai iniziata.
-E io non ho ancora capito il perché.
Stavano parlando davanti a due drink alla frutta in un locale e Mary adorava stuzzicare la sua migliore amica e capirla, per poi spronarla a fare quello che era giusto per lei. –E’ complicato, Mary.
-Perché? Cos’ha che non va?
Lily esitò. –Tutto- prese un respiro profondo. –Lui è...- sorrise appena guardando verso il basso. –E’ diverso, mi stravolge, prende quella che sono e ne fa una versione migliore, mi rende diversa, dice che cose che mi spiazzano da un momento all’altro e mi lascia di stucco, senza parole. Riese a stupirmi senza rendersene conto ed è un uragano, mi trascina con sé e io mi sento così piccola di fronte a lui.
Mary stava sorridendo, contenta che l’amica provasse sentimenti simili. –Ma…?- la incoraggiò intuendo che ci fosse qualcosa che non andava.
-Ma ho paura. Non ho il coraggio di lasciarmi andare, di lasciare che la mia vita dipenda da qualcun altro, non sono abbastanza forte per permettere a qualcuno di prendere i miei sentimenti e trattarli come più gli piace. Ho paura di rimanere ferita, sola, abbandonata, presa in giro.
L’amica sospirò, annuendo piano, in segno di comprensione.
-Sei sempre stata una maniaca del controllo, Evans- ridacchiò per rendere l’atmosfera meno pesante e Lily ricambiò. –Ma forse non è questione di dare la tua vita nel pugno della mano di un’altra persona: forse è solo questione di prendere la tua vita e provare a condividerla con qualcuno e non è per niente detto che tu debba soffrire, come non è per niente detto che debba andar bene. E’ un cinquanta e cinquanta. So che per te è un salto nel buio, ma forse dovresti farlo. Se lui ti fa star bene, cosa può andar male?
Lily si passò una mano nei capelli. –Continuiamo a bisticciare, a stuzzicarci, a darci fastidio- disse come se questo mettesse un punto alla questione.
Mary rise, questa volta sinceramente. –Io credo che dovresti andare da lui.
-Cosa?- la guardò stupita.
-Lily: non ti ho mai vista così presa da un ragazzo in tutta la tua vita. E non mi interessa della tua paura, se non ci provi nemmeno non saprai mai come sarebbe andata e so per certo che te ne pentirai per sempre. Quindi, raccogli questo corpo e viso fantastico, mettiti la giacca e vattene, prima che ti fermi. Anche perché se sono da sola ho più opportunità di abbordare il ragazzo che c’è al bancone- e fece un cenno malizioso in quella direzione.
Lily la guardò, cercando di sorridere alla battuta.
Esitava.


00.37am
James Potter chiuse il portone della palazzina e si trascinò sulle scale, sospirando stanco. Si passò una mano sul viso, mentre l’altra era sul corrimano. Ripensò alla conversazione avuta con Sirius poco prima, che gli diceva di lottare per quella ragazza alla quale pensava da ormai settimane e settimane. Alla quale aveva detto tutto quando avrebbe dovuto dire niente, non correre, non mettere la quarta e aspettare. Lily era un fiore fragile e lui se ne rendeva conto solo in quel momento, quando solo, al buio, saliva le scale per arrivare a casa sua, passando davanti a quella di lei; Lily aveva bisogno di tempo, di cure, di attenzioni: non era come lui, lui che si faceva stravolgere il mondo da qualcuno dopo cinque minuti di conoscenza, lui che non pensava due volte prima di parlare, lui che lasciava entrare le persone nella sua vita fidandosi ciecamente. Aveva sovrapposto il suo essere a quello di Lily, credendo di far la cosa giusta. Aveva parlato senza pensare, aveva detto cose che avrebbero spaventato chiunque non fosse come lui e il problema era che come lui c’era poca gente, ma, soprattutto: Lily era diversa da lui. Lily faceva venir fuori ogni parte migliore di James, faceva risaltare ogni aspetto positivo del suo carattere e anche ogni insicurezza, ogni dubbio: metteva in discussione tutto e lui reagiva come era sempre stato solito a fare, ossia con forza, prepotenza, con l’attacco. Sbagliando.
Per questo quando arrivò davanti alla porta di casa sua e la trovò appoggiata lì si bloccò sul pianerottolo. Lily lo guardava, per niente sorpresa. Il vestito blu corto e stretto, le calze ricamate con motivi floreali, i tacchi e un giubbino di pelle; i capelli rossi lasciati liberi, le labbra rosse scuro.  
James si innamorò ancora.
L’unica cosa che lei fece fu spostare un braccio da dietro la schiena e mostrare un sacchetto di carta. –Sono un segno di pace.
Disse soltanto.
E lui capì e sorrise appena, inclinando il lato destro della bocca verso l’alto e abbassando gli occhi.
Lily si innamorò in quel momento e in quel preciso istante sentì che guardandolo il mondo avrebbe potuto smettere di girare e non se ne sarebbe accorta.
James si avvicinò a lei, senza dire una parola e aprì la porta, facendole cenno di entrare.
Lily non esitò, non questa volta ed entrò, seguita da James, che chiudendo la porta si lasciava il resto del mondo alle spalle e che con lei creava l’unica dimensione che avesse importanza: la loro.
  
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