Up to the sky.


 

Non pensate che io sia una ribelle; una di quelle che per senza motivo si accinge a prendersela con qualcuno, una di quelle che per puro divertimento schiaffeggia il destino. No, io non sono così, né credo che sia questo 'destino' a comandarmi. 

Io sono Merida, e adoravo ogni cosa di me... adoravo il mio arco, adoravo i miei fratelli, mia madre, mio padre, il mio fedele cavallo ed amico Angus. 
Sapete cosa facevo quando mia madre non mi costringeva ad adempiere alle sue raccomandazioni o quando non mi insegnava - seppure con riluttanza - le virtù e le delizie di una principessa, futura regina? Mi svegliavo al mattino, raggiante, felice, prendevo il mio arco, salivo in groppa al mio fedele Angus e correvamo, correvamo a più non posso verso una meta serena nella foresta, verso un destino programmato da me, verso la mia libertá. 
Percepivo l'aria tersa e candida insinuarsi nelle mie narici, avvertivo il vento che mi soffiava sul viso, sinonimo di bellezza ed il freddo che rilasciava fin dietro la schiena, pseudonimo di avventura. Ed io adoro le avventure, quelle in cui sei te stesso senza vergognartene, quelle in cui non vieni deriso, quelle in cui nessuno ti condiziona perché è giusto che tu viva facendo ciò che credi sia più saggio, e c'è rispetto per la tua decisione. Quelle in cui assapori ogni attimo come se fosse il primo o l'ultimo, quelle in cui non t'importa di cadere giacché ti rialzerai e sarai più fiero e forte di prima.
Il mio arco non è solo un passatempo, le mie frecce non sono soltanto motivo di soddisfazione quando centrano il bersaglio ma molto di più. Stanno a significare la vera me, loro mi completano. Sono un'aquila che vola fino quasi a raggiungere il cielo e che vive ogni momento, contemplandolo, ponderandolo fin quando non decide di mirarlo e catturarlo. E se l'aquila mira alla preda più vicina, io miro alla mia libertá, alla vittoria. Miro a me stessa.

Mia madre questo non l'aveva capito. Mi ci è voluto del tempo, a mia volta, per capire che la mia scelta di ferirla era sbagliata. Non dovevo farlo, è stato ingiusto, è stato da egoista, ma grazie al mio errore sono cresciuta. E lei, con la sua dolcezza e la sua empatia è riuscita altrettanto a comprendere quanto per me era importante essere tutto ciò che ero e nient'altro che questo. Continuare con negligenza ad appoggiare le sue lezioni e ramanzine era inutile, come lo sarebbe stato il mio futuro se non avessi lottato. E alla fine abbiamo vinto entrambe. 

Io ho vinto me. Sono ancora un'aquila che leva in alto con il mio arco, il quale adora ancora come la mia famiglia e il mio fedele Angus, compagno di mille esperienze; vedo la luna, i suoi remoti e grigi cenere crateri non fanno che renderla ancora più affinata, riesco a sentire il calore del sole, i suoi raggi mi riscontrano e rendono i miei capelli d'un rosso veneziano, viaggio con gli altri uccelli, viaggio attraverso gli alberi e attraverso i fiori, sapendo distinguere i loro colori, i loro profumi, seppure flebili, verso il mio orizzonte.
 

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