DISCUSSIONI
“...il mio
nome è Derek.” fu tutto
quello che mi rimase in testa per il resto della nottata di quel
Natale movimentato.
Non
credevo che quel ragazzo sopportasse le mie cure senza fare un
singolo fiato. Certo,ero brava in quello che facevo,ma quelle
ferite... Di certo non pensavo che superasse la notte.
Avevo
dovuto usare tutte le bende e le garze che avevo nella mia borsa. Non
pensavo di averne così tante. Per non parlare delle erbe e delle
pomate antibiotiche che avrei dovuto ricomprare e che costavano
davvero tanto.
Ma
comunque era il dilemma dell'essere l'unica “Guaritrice”
della famiglia. O almeno così
venivo chiamata dai membri del mio branco.
Comunque
solo dopo aver tolto la maglietta a Derek,sono riuscita a rendermi
conto delle sue reali condizioni.
Aveva
segni di morsi al fianco e sulla spalla. Sull'avambraccio sinistro
aveva un enorme livido violaceo,segno evidente che lì c'era stata
una frattura. Ma probabilmente aveva dovuto rimettersela apposto
durante la battaglia,per poter continuare a combattere. La guarigione
era già in atto,anche se stava andando davvero a rilento. E il fatto
che continuasse a perdere conoscenza non lo aiutava affatto.
“Finché i
lupi sono privi di coscienza le loro ferite non guariscono”
mi disse qualche tempo fa mio Nonno. In occasione di un addestramento
con Matt e Daniel,mio fratello minore. All'epoca li aveva strapazzati
per bene,e fu proprio in momento che scoprì che Daniel,così come
me,non aveva ereditato alcun gene.
Il
mio fratellino ci rimase così male che se ne andò di casa. E ancora
adesso faceva fatica a restare con noi per più di qualche ora. Per
questo il Natale non aveva voluto passarlo con noi. Non si sentiva
parte del branco.
Comunque
ben fasciato e imbacuccato sotto le coperte,Derek si stava riposando.
Dando modo alle mie erbe di fare ciò che la sua guarigione lenta,non
riusciva a fare.
Avevo
passato circa due ore tra bende,sangue e medicazioni,e ormai erano
quasi le quattro del mattino. Stiracchiandomi e facendo un po di
stretching,mi diressi verso la cucina. Non avevo fame,per carità! Il
cenone della sera prima mi sarebbe bastato per almeno una settimana.
Ma mi feci comunque un bel caffè bollente.
D'improvviso
sentii bussare alla porta. Così a bassa voce chiesi “Chi
è?” dando modo
all'individuo di fuori di rispondere con una voce calda e dolce
“Sofia sono io,aprimi,ti
ho portato dei vestiti...”
mi rispose la mamma.
Aprii
la porta e la guardai con un espressione colpevole “Vi
avrei avvisato,giuro. Ma è stato tutto così improvviso e Matt mi ha
detto di parlare con il Nonno. Sarei venuta a parlarvene subito
ma...”.
E
ottenni un sorriso in cambio. Mia madre entrò in casa e attese che
io chiudessi la porta per tendermi una mano e darmi una carezza sulla
guancia.
“La
tua vocazione è sempre stata quella di aiutare il prossimo. Io e tuo
padre non te ne facciamo una colpa. Anche se lui è piuttosto
dispiaciuto che la sua bambina non lo abbia chiamato subito. Dovrai
parlarci.”
mi disse accompagnandomi nella camera degli ospiti per continuare la
chiacchierata.
Io
accostai la porta e cominciai a spogliarmi “E
lo farò....appena potrò lasciare quel ragazzo senza il dubbio che
possa morire su quel letto...”.
Finalmente
dei vestiti comodi. Un paio di pantaloni della tuta,e un
felpone,probabilmente di Matt. Potevo sentirne l'odore. Scarpe da
ginnastica e un bellissimo elastico per capelli.
Odiavo
che i miei capelli fossero sciolti. Mi piacevano lunghi,ma ero un
amante delle code di cavallo.
“Sai,potresti
scendere adesso. Potrei stare io qui con lui,mentre tu vai a placare
l'animo di tuo padre. Sul serio,non credo di poterlo più
sopportare....” mi
chiese alzando gli occhi al cielo.
“No,mamma.
Non posso lasciarti da sola,se dovesse peggiorare...o avere bisogno
di qualcosa...”
aprendo la porta e sostando nel corridoio.
“Tesoro,ho
cresciuto tre figli. Ho avuto dei fratelli che quasi si uccidevano
tra di loro,posso occuparmi di un ragazzo moribondo che dorme
immobile sul letto. E poi,quanto potrà essere difficile trattenerlo
per un lupo mannaro in forma come me?” mi
fece notare.
Non
potevo di certo vincere in quella discussione. In realtà,una come
lei avrebbe potuto tranquillamente gestirlo se avesse dato di matto.
Mi preoccupava solo il fatto che quel ragazzo non sembrava essere a
suo agio con altri lupi mannari...o con le persone. Ma forse questo
era solo la mia prima impressione.
“Daccordo.
Allora io vado,ci parlo e torno.”
lanciando comunque una piccola occhiata alla camera da letto “In
cucina c'è del caffè caldo,puoi berlo se ti va...” dissi imboccando la porta di casa.
“Grazie,ma
adesso vai. Prima parli con tuo padre,prima si metterà l'anima in
pace.” mi
disse accompagnandomi alla porta e chiudendomela alle spalle.
Potevo
fidarmi. In fondo era la mia mamma.
Mentre
sostavo davanti all'entrata di casa mia,non sapendo se suonare o
aprire con le mie chiavi,la porta si spalancò,mostrando il mio papà
con un espressione corrucciata.
“Non
mi dire...Tua madre si è lamentata di me e ti ha costretta a
scendere?”
disse sbuffando.
“Già...Mi
fai entrare?” chiesi
abbozzando un sorriso.
“Ehi,è
un paese libero. E questa è casa tua. Non ho mai cacciato un figlio
e mai lo farò...” voltandomi
le spalle e lasciandomi entrare.
Chiusi
la porta alle mie spalle e notai che mio padre era dritto davanti a
me con le braccia incrociate e un sopracciglio alzato.
“Lo
so hai ragione...Ma è successo tutto così in fretta. Come potevo
chiamarti? Non ho avuto tempo...” provai
a spiegarmi.
“Ma
ai tuoi zii sei riuscita a spiegare cosa era successo...”
disse quasi sembrando un bambino geloso.
“Maddai
papà! Cera Anne,con me e Matt. Cosa avrei dovuto fare? Portarmela
appresso e farle vedere tutto quel sangue e quel ragazzo che tentava
di aggredirmi....” mi
morsi un labbro prima di poter finire la frase. Chiusi gli occhi per
un istante aspettandomi le sue grida,che non tardarono ad arrivare.
“Ti
ha aggredita?? Stai scherzando! Quel maledetto...”
continuando a parlare gesticolando con le mani “Deve
sperare di restarci secco questa notte! Perchè se si riprende....Che
ti ha fatto? Fammi vedere!” disse
cominciando ad alzarmi la manica della felpa e ad ispezionarmi con lo
sguardo.
“Papà!
Non è successo niente. Matt era lì. E comunque sono sicura che ci
fosse un motivo valido per quello...Non credo sapesse dove si
trovasse. Cavolo...era moribondo!” mi
alterai leggermente.
“Bè...comunque
dovrò fargli un bel discorsetto quando si riprenderà...”
disse mettendo le mani sui fianchi.
“Fai
come vuoi...” adesso
ero io quella con le mani incrociate e con il broncio.
“Ahhhhhhh....”
sospirò il mio papà “Avanti,vieni
qui...”
mi prese tra le braccia “Non
sono arrabbiato con te. Ma la prossima volta che succede una cosa del
genere,voglio essere avvisato dalla mia bambina. Non da altre
persone....”
mi disse mentre io mi perdevo nel profumo del suo dopobarba.
“Va
bene...Comunque...” slacciandomi
da quell'abbraccio sdolcinato “...potevi
anche chiedere a Matt...lui era con me...”
dissi guardandolo negli occhi.
“Oh,stai
tranquilla che parlerò anche con tuo fratello. Ho saputo che Franz
ci ha fatto una bella chiacchierata e ha mandato lui Phill,Louise e
Bryan a ispezionare il perimetro. In realtà stavo per andare anche
io...”
mi disse guardando l'orologio attaccato al muro.
“Il
Nonno crede che quel ragazzo potesse avere complici?”
chiesi prendendo le chiavi di casa dalla tasca.
“Non
lo so. Ma ha detto che era molto strano che si fosse volutamente
avvicinato in una zona così isolata che appartiene ad un altro
branco. Avrebbe dovuto avvertire la nostra presenza,o quanto meno
quella del nostro Aplpha. Quindi le cose sono due: o è stato ferito
dal suo Alpha e si è avvicinato a noi per cercare rifugio...”
disse
scuro in volto.
“...o
il suo è un piano per infiltrarsi e uccidere il Nonno. In quel caso
i suoi compagni non dovrebbero essere lontani...” continuai
io corrucciando le sopracciglia e stringendo le mani intorno alle
chiavi metalliche e fredde.
“Comunque
sia,credo che sia il caso che vada. E tu,signorina. Se posso darti un
consiglio,mi terrei tua madre per il momento. Sei diventata un
eccellente medico,e una discreta combattente,ma lui è un lupo. Con
tua madre che ti guarda le spalle,saresti più al sicuro...” era
evidente che era lui che si sarebbe sentito più tranquillo con la
mamma che mi proteggeva.
“Si...forse
hai ragione...stavo comunque pensando di chiederle di restare a darmi
una mano...” dando
sfogo ad una riflessione che tenevo nascosta
“Comunque ora è meglio che vada...Buona ronda,Papà.”
dissi facendogli un cenno con la mano mentre,sul
pianerottolo,cominciavo a salire la rampa di scale che portava
all'ascensore.
Lui
mi sorrise,i suoi occhi divennero gialli e accennando un occhiolino
mi disse “Grazie
tesoro.”
E
si dileguò più veloce della luce.
Chissà
com'era correre così velocemente. Avere il vento che ti sferzava in
faccia. Vedere ogni oggetto che ti circondava in modo confuso e
sfocato mentre i tuoi muscoli si spingevano al limite tra una falcata
e l'altra.
Dio
quanto li invidiavo.
Ma
comunque non potevo farci granché. Ero un essere umano e nonostante
per la testa mi fosse apparsa l'idea di farmi trasformare dal
Nonno,sapevo bene che esisteva anche il rischio che non riuscissi a
sopravvivere. Così ormai mi ero data per vinta.
Arrivata
alla porta del quinto piano,notai che era accostata. Un brivido mi
percorse la schiena e come una furia la spalancai di colpo
precipitandomi all'interno. Senza pensarci troppo mi diressi nella
camera da letto,dove riposava Derek.
Ma
niente. Non c'era nessuno. Poi un tonfo mi fece voltare di scatto.
“In salone!”
pensai mentre mi precipitavo nella grande stanza da pranzo. E proprio
lì,sdraiati per terra li vidi. Derek e mia madre completamente
trasformati. Mia madre con la schiena a terra mentre Derek,seduto su
di lei,le teneva la gola stretta fra gli artigli e una mano bloccata
sopra la testa.
Derek
le ringhiava a brutto muso e mia madre tentava di liberarsi.
Senza
perdermi inutilmente in stupidi attacchi di panico,tornai nella
camera da letto,presi dalla borsa una scatolina e tornai nel salone.
Estrassi
dalla scatola una pistola per iniezioni. Dentro c'era un potente
calmante. Decisa mi lanciai sul ragazzo e iniettai il potente siero
dritto nel suo collo. Ma appena quella furia avvertì la
puntura,liberò mia madre per rivolgere una possente manata
artigliata proprio verso la mia faccia.
Mi
scaraventò ai piedi di una libreria,senza provocare molti danni.
Certo apparte alla mia guancia.
“Sofia!”
urlò mia madre,attaccando il ragazzo e bloccandolo nella stessa
posizione in cui lui la teneva poco prima.
Lei
nell'attimo di rabbia,con una faccia spaventosa che non avevo mai
visto,si avvicinò a Derek e gli ruggì talmente forte,che i quadri
appesi ai muri cominciarono tremare e a cadere.
Il
ragazzo rimase immobile. Guardando dritto negli occhi di mia madre.
Poi lentamente le sue orecchie e il resto della faccia tornarono
normali,così come i suoi occhi,che tornarono del loro colore
naturale. I suoi occhi lentamente si chiusero e abbandonò alla
potenza del tranquillante.
Non
potevo immaginare che da quello scontro si sarebbe alzato un
polverone. Subito dopo che mia madre aveva ruggito,una folla di
parenti si era radunata in casa e per le scale. C'erano tutti. E
ognuno di loro era trasformato e minaccioso. Se li avessi lasciati
senza spiegazioni si sarebbero sbranati quel ragazzo molto
volentieri.
“Non
è successo niente! State calmi. Stava delirando per le ferite,ma
mamma è riuscita a calmarlo...”
dissi sperando che la mia mezza verità bastasse a tranquillizzarli.
Ma purtroppo non fu così facile. Zio Chad si avvicinò e mi inveì
contro “E' questo
che stavate nascondendo? Un lupo malconcio che vuole farci fuori
tutti? Esiste il Consiglio! Perchè non lo avete riunito per decidere
il da farsi?” disse
molto adirato.
“Anzi
tutto qui nessuno nasconde niente a nessuno...”
prese la parola mia madre “...secondo
poi, non ne abbiamo avuto il tempo! Questo ragazzo necessitava di
cure mediche. E apparte il riunirci in Consiglio,il nostro
regolamento VIETA severamente di abbandonare un fratello in
difficoltà! Mi rendo conto che anche in questo caso andava chiesto
il parere del branco,ma dovete capire la situazione.” concluse
avvicinandosi al fratello.
“Capire
la situazione? E' un lupo ostile,Paula! Guarda cosa ha fatto a Sofia!
I segni sulla sua guancia ti sembrano normali? Sappiamo cosa recita
il regolamento,ma anche per quello è necessario un confronto con la
famiglia. Ci sono dei bambini nel branco!” puntandole
un dito contro.
Io
intanto mi rialzai senza far notare la mia schiena dolorante,e mi
portai una mano al viso per constatare se ci fosse del sangue. Ma
nulla più di un grosso livido era presente sulla mia guancia.
Li
guardai. Tutti i miei zii. Facendo una faccia molto arrabbiata.
Poi
distolsi lo sguardo,che andai a posare sul corpo del ragazzo disteso
per terra.
Qualche
benda si era strappata,e il sangue aveva ripreso a colare dalla
ferita al fianco e alla schiena.
Così
mi inginocchiai vicino a lui cercando di tamponare l'emorragia.
“Il
Nonno mi ha dato il permesso. Non avete altro da fare che parlare con
lui.”
dissi lasciando delle facce scioccate a guardarmi.
“Non
è possibile! Non avrebbe mai acconsentito ad una cosa del genere. Lo
avrebbe messo in una cella aspettando il nostro giudizio,non in un
appartamento con tutte le agiatezze e un medico privato! E' stato lui
a fare le leggi!”
mi urlò contro il fratello di mia madre.
“No.
Ha ragione”
intervenne zia Mel “Ero
lì quando nostro padre le ha dato il permesso. Sofia ha ragione,se
avete qualcosa da obbiettare dovete parlare con lui.”
inginocchiandosi vicino a me per aiutarmi.
Io
la guardai e le sorrisi. Era come una sorella più grande per me. Ed
era sempre stata dalla mia parte...da quando...
“E
poi perdonatemi se ve lo chiedo,ma che fine aveva fatto il nostro
Consiglio sette anni fa?”
di nuovo presi la parola lasciandoli tutti con un'espressione confusa
“ 'A
nessuno sarà permesso di accusare un membro del branco senza
evidenti prove che dimostrino il suo coinvolgimento in atti ostili.
In quel caso l'eventuale minaccia sarà allontanata dalla comunità.
Qualora i suoi comportamenti rimanessero ostili,l'individuo sarà
eliminato'. Mi sembra recitasse
così una delle regole. Ebbene...” dissi
alzandomi in piedi e sfilandomi la felpa.
Mia
madre si voltò a guardarmi preoccupata. Tutti gli altri invece erano
confusi dal fatto che mi stessi spogliando davanti a loro. Sapevano
dove volevo andare a parare.
Gettai
la felpa per terra e mi voltai dando loro la schiena. Con le mani
sopra la testa raccolsi la maglietta e la tirai su,fino alle spalle.
Mostrando la mia schiena.
Sapevo
che le cicatrici erano ben visibili così continuai “...quella
stupida regola non avete voluto applicarla quando fu necessario.
Anche se avevate queste cicatrici come prova,e addirittura un SUO
artiglio conficcato nella mia pelle.”
veloce mi riabbassai la maglietta e mi voltai di nuovo a guardarli
minacciosa “E
adesso mi venite a dire che le leggi vanno rispettate? E' bello farlo
solo quando ci fa comodo! Quindi per favore,andatevene,e lasciatemi
fare il mio lavoro...”
riposizionandomi vicino a Derek.
La
mia famiglia non era cattiva,ma alcuni di loro stavano cominciando a
pensare solo al proprio tornaconto da quando la moglie di mio Nonno
ci aveva lasciati. E da una parte li capivo. Ora ognuno di loro aveva
una propria famiglia e doveva pensare ai propri figli,ma questo non
gli dava il diritto di dare ordini e fare quello che più gli pareva.
Lasciai
tutti a bocca aperta,a pensare alle mie parole. Zia Mel mi guardò
lanciandomi un piccolo sorriso,mentre io cominciai a sentire le
lacrime salire ai miei occhi,dopo aver ricordato quell'avvenimento.
“Adesso
potete tornare ognuno a casa sua. Domani come prima cosa ci riuniremo
a casa di nostro padre,e decideremo come vogliamo gestire questa
situazione. Ma adesso c'è un paziente che necessita di cure. Buona
notte.”
disse mia madre cercando di far uscire la “mandria” da casa.
Dopo
che la mia famiglia si era “gentilmente” congedata,mia madre e
zia Mel si caricarono Derek in spalla,riportandolo in camera da
letto. Io invece andai in cucina a cercare del ghiaccio da applicare
sul livido. Mi sedetti al piccolo tavolino e mi portai il piccolo
pacchetto di piselli surgelati alla guancia. Il dolore si stava
attenuando,anche se temevo che quel livido ci avrebbe messo un bel
po' ad abbandonare la sua posizione.
“Sai,quando
avevo la tua età e mi allenavo con tuo padre,gli mettevo una bella
bistecca congelata sulla faccia,se lo strapazzavo troppo.” disse
mia madre entrando in cucina con un sorriso.
“Bè...di
bistecche sembra che qui non ce ne sia nemmeno l'ombra. Ma questi
piselli fanno il loro dovere...”
dissi un po' sconsolata “Mi
dispiace per tutto questo...non pensavo di arrivare a tanto...Ma
certe volte odio essere parte di questo branco...”
dissi sincera.
“Lo
so,Sofia. Ma hai fatto solo quello che ti sembrava giusto. Nessuno
può incolparti per questo...” mentre
si sedeva di fronte a me.
“E
adesso chi glielo dice a papà che Derek mi ha ferita...Ha fatto una
storia incredibile quando sono andata a parlarci,perchè gli avevo
detto che quel tipo aveva solo cercato di aggredirmi...Lo
ucciderà,non c'è dubbio.” dissi
sospirando.
“Proverò
a parlare io con tuo padre. E gli chiederò di aspettare a
ucciderlo,almeno fin quando non avremmo capito come è arrivato qui
questo ragazzo e perchè...”
mi sorrise.
Io
mollai la presa dal ghiaccio e allungai la mano verso mia madre,che
dolcemente si soffermò ad accarezzarne il dorso.
Poi
chiuse gli occhi e tutto ad un tratto il dolore era sparito.
Conoscevo quella sensazione. Infatti vidi le vene sulle sue mani
gonfiarsi e scurirsi. Così come pure sulle sue braccia. Mi stava
togliendo il dolore che provavo,e mi sentivo davvero meglio.
Dondolò
un po' in avanti e strizzò leggermente gli occhi,riaprendoli
all'improvviso. Prese una boccata d'aria e staccò le mani dalle mie
“Va meglio adesso?”
chiese rimettendosi in piedi.
“Grazie
mamma!”
la raggiunsi con un abbraccio.
La
mattina arrivò presto,e non riuscii a dormire per niente. Zia Mel si
era andata a stendere nella camera degli ospiti,mentre mia madre
dormiva sul divano del salone. Io invece ero rimasta a vegliare su
quel ragazzo tutta la notte. Ero seduta a terra con la schiena
appoggiata al lato del letto su cui lui dormiva. Stavo beatamente
leggendomi un libro quando avvertii un movimento.
Mi
alzai e notai che il ragazzo si era portato una mano alla fronte e si
guardava intorno con aria confusa.
Così
mi mossi lentamente,dandogli modo di vedermi e di non dare di matto.
I
suoi occhi ricaddero subito sui miei e con un movimento fulmineo
tentò di alzarsi sui gomiti,ma le fasciature strette e le fitte di
dolore glielo impedirono.
“Fermo,fermo!
O distruggerai tutto il lavoro che ho fatto fin ora!” mettendogli
una mano sulla spalla e una sul petto per incitarlo a rimettersi giù.
Lui
mi guardò minaccioso. Poi guardò le mie mani e posò di nuovo lo
sguardo su di me. Così capii di dover togliere le mani
“Okay,okay...non
ti tocco...Ma tu non ti muovere.”
lo pregai,spostando il piccolo sgabello vicino alla porta per
sedermici.
“Tu...chi
sei?”
mi chiese sdraiandosi e voltando lo sguardo verso di me.
“Sofia.
Non ti ricordi? Ti avevo già detto il mio nome.” chiesi.
“Non
mi ricordo. Dove mi trovo?” questa
volta spostando lo sguardo al soffitto.
“Bè,sei
ospite a casa mia. Ti abbiamo trovato io e mio fratello per
strada,conciato piuttosto male. Anche se non mi sembra che tu stia
poi così meglio...” mi
concedetti un piccolo sguardo alla sua ferita sul fianco,causando in
lui un piccolo scatto che mi fece togliere velocemente le mani.
“Senti,non
ho intenzioni ostili. Mi sono occupata di te per tutta la notte,e
vorrei continuare a farlo. Così guarisci per bene e te ne vai!
Insieme a tutti i problemi....”
mi lasciai sfuggire.
Derek
mi guardò curioso,tornò a mettersi comodo e rilassò i muscoli. Non
si fidava di me,era palese. I suoi occhi erano attenti a tutto quello
che stavo facendo. Alzai il cerotto a nastro dai bordi della grande
garza ed esposi la sua ferita al fianco. Presi delle garze e ci
versai sopra del disinfettante. Poi lentamente e delicatamente lo
passai sulla ferita.
Derek
strinse i denti e chiuse gli occhi per un momento,quella ferita era
profonda e gli causava non poco dolore. Ritrassi subito la mano.
Quando era svenuto era più facile.
“Mi
dispiace.”
provai a dirgli,ma tutto quello che ottenni in cambio fu un broncio
minaccioso.
Così
continuai cercando di non pensare alle sue reazioni. Se mi sbrigavo
sarebbe durato di meno quel supplizio.
“Sai,nella
mia esperienza con le brutte ferite ho appreso che quando viene l'ora
della medicazione,non c'è miglior modo per ostacolare il dolore se
non quello di parlare d'altro. Mentre parli regoli il respiro,e
facendo ciò l'apporto di ossigeno nel sangue si
stabilizza,permettendoti di avvertire meno dolore. Quindi...” .
Ma
ovviamente ottenni di nuovo un broncio.
“Daccordo
allora...”
dissi coprendo di nuovo la ferita con garze sterili e applicando
altre strisce di cerotto a nastro.
Mi
alzai tentando di raggiungere la spalla sinistra,che si trovava dalla
parte opposta. Alzai anche lì,il cerotto e le garze e rimasi
sorpresa nel vedere che ormai erano rimasti solo dei segni rossi. La
pelle si era rimarginata quasi del tutto. Così tolsi le fasciature
lasciando la spalla scoperta.
Lui
la guardò,e notai nella sua espressione un pizzico di rabbia misto a
tristezza.
Poi
gli afferrai l'avambraccio destro.
“Questa
era una frattura,vero?” provai
a fare conversazione.
“Già.”
fu tutto quello che riuscii a scucirgli.
“Molti
non sarebbero riusciti a rimetterla apposto...sai per il dolore...e
il coraggio di affrontarlo...” ci
spalmai una pomata per far riassorbire il livido.
“Non
si può combattere con un braccio solo.”
ammise voltando il suo sguardo per non incrociare il mio.
“No
di certo.”
conclusi.
“Hai
una brutta ferita anche dietro la schiena. Ma non potrò vederla
finchè non almeno a metterti seduto.”
gli confessai alzandomi e dandogli le spalle per mettere a posto le
garze avanzate.
Girandomi
di nuovo lo vidi che a fatica era riuscito a sedersi sul letto. Il
braccio sinistro era piagato e afferrava il fianco destro. E
respirava a fatica tenendo gli occhi chiusi in una smorfia di dolore.
“Che
cavolo fai! Non c'è bisogno di fare l'eroe! Se non puoi muoverti non
devi farlo per forza!” mettendogli
una mano sulla spalla e una sul petto per spingerlo indietro. Ma lui
facendo resistenza quasi mi ringhiò.
“Daccordo
allora. Diamo un'occhiata.”
dissi con aria sconfitta mentre riprendevo le garze e le risistemavo
sullo sgabello.
Tolsi
le fasciature e le garze e quasi mi sentii male per quella ferita.
Era davvero profonda. Solo a guardarla faceva male. Cercai di nuovo
di fare più in fretta possibile. Ma la posizione non era delle
migliori. Per di più ogni volta che passavo la garza con il
disinfettante il ragazzo produceva un gemito di dolore. E quindi mi
fermavo e soffiavo sulla ferita,dandogli un leggero sollievo
temporaneo.
Dopo
aver buttato una decina di garze,finalmente la ferita era stata
ripulita. La coprii di nuovo e applicai il cerotto a nastro tutto
intorno.
“Ecco
fatto,ora puoi sdraiarti.”
gli dissi tenendogli sempre una mano sulla spalla.
Così
lentamente,gli afferrai la spalla con decisione,con la mano destra la
sua mano,dandogli una leva per risistemarsi giù,e lo accompagnai a
sdraiarsi.
“La
prossima volta sarà più facile. Ci vorrà un po' perchè tu
guarisca. Le tue ferite stanno ancora grondando sangue nero. E non è
una cosa positiva. Ma d'altronde hai combattuto un Alpha,quindi è
già tanto che tu sia vivo,no?” cercai
di tirarlo su.
Ma
mi lanciò un occhiataccia,mentre cercava di regolarizzare il suo
respiro.
Così
mi alzai,ordinai i miei strumenti sul cassettone e mi diressi alla
porta.
“Qui
fuori ci sono io,mia zia e mia madre. Quella che hai aggredito
qualche ora fa. Tanto per la cronaca...”
me ne andai chiudendo la porta.