Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: Frytty    24/02/2009    1 recensioni
Jared è la tipica persona con la quale familiarizzi subito. Ma cosa succede se non riesci a ricordare l'importanza che ha avuto nella tua vita? One-Shot partecipante al concorso indetto da Writers Arena "Dalla fine all'inizio"
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Eccomi qui con una nuova One-Shot con cui ho partecipato al concorso indetto da Writers Arena "Dalla fine all'inizio" e con la quale mi sono posizionata terza *.* *me felice, anche se eravamo effettivamente solo in tre che partecipavamo ç_ç*... comunque, dicevamo, è una One-Shot senza pretese con cui ho voluto mettermi alla prova e spero che riesca almeno un minimo ad emozionarvi ^^

Something Else

< Sto bene, davvero. Non ho bisogno di niente. > Mormorai. Volevo solo essere lasciata in pace.
< Se ti serve qualcosa sai dove trovarmi. > Avevo già aperto la portiera della modesta Volvo di Jared per trascinarmi fuori, sostenendomi all'intelaiatura della stessa.
< Certo, lo so. Grazie, Jared. > Lo osservai già in piedi sul viottolo che mi avrebbe condotto in casa, al sicuro. La pelle troppo abbronzata per quella fredda metà di febbraio, gli occhi neri profondi, scintillanti, il sorriso dolce che gli deformava teneramente le labbra appena carnose.
Mi sforzai di sorridergli anch'io: glie lo dovevo.
< Figurati, per te questo ed altro principessa. >
Lo salutai con la mano mentre stretta nel piumino nero che indossavo, arrancavo verso la porta di casa. Infilai la chiave lunga, dalla dentatura complessa, all'interno della serratura appena arrugginita della porta verde. Bastarono tre scatti per ritrovarmi sommersa dall'odore di chiuso misto a fiori freschi.
Mi guardai intorno stranita come se non riconoscessi il tavolo di legno color noce della cucina, il divano nuovo nel salone, il pavimento di marmo della mia stanza, il letto matrimoniale, la scrivania semplice sommersa di libri, il calore della luce del sole sulle piastrelle gialle della cucina.
Forse non era davvero casa mia. Non dopo tutto quel tempo.
Feci scivolare lenta, un dito sulla superficie impolverata del tavolo di legno scuro della cucina. Forse i fiori erano stati cambiati da qualche giorno e il loro profumo mi solleticava il naso appena una folata di vento proveniente dalla finestra che avevo appena aperto, faceva muovere le loro corolle nella mia direzione.
Forse mia madre era passata di lì. O Jared magari.
Le rose blu erano i miei fiori preferiti.
Ne toccai i petali con delicatezza, sfiorandoli e mi avvicinai appena per respirarne di nuovo il profumo, chiudendo gli occhi.
La cucina mi sembrò troppo grande quando riaprii gli occhi. Vagavo per la casa come una vagabonda, come una possibile acquirente che sfiora i muri con le dita mentre passa, le cornici elaborate dei quadri, i termosifoni ancora caldi, le porte chiuse.
Avevo come la sensazione che in quelle settimane di assenza tutto si fosse duplicato: le mie sensazioni, il tempo che sembrava avesse deciso di prendersi una pausa senza avvisare, perfino la mia casa, quella che avevo comprato perché aveva il viottolo di pietra colorata, perché mi ricordava le vecchie foto di alcune riviste che avevo sfogliato e perché rispecchiava il mio carattere, credo. Ora non ne ero poi così sicura.
Era troppo silenziosa.
Non era mia.
Lo squillo del telefono sembrò riportarmi alla realtà. Rimasi un attimo impietrita, poi mi obbligai ad andare a rispondere.
< Allora, tutto bene? > Jared. Non gli sembrava di essere troppo ossessivo a volte?
< Abbastanza. Sembra tutto troppo grande e... silenzioso. >
< Sei stata via tre settimane. Tra qualche giorno sarà tutto come prima vedrai. > Sapevo che stava sorridendo.
Jared era la tipica persona con cui familiarizzi subito. Lo incontri per strada per la prima volta e ti sembra di conoscerlo da sempre. Sa sempre cosa pensi in qualunque caso, anche se tu preferiresti nasconderli certi pensieri, e automaticamente sai cosa pensa lui nel momento esatto in cui incroci i suoi occhi, tanto scuri e profondi, quanto sinceri e caldi.
Ed io, in quel momento, sapevo che stava sorridendo.
< Già. > Ero a corto di argomenti. In fondo non ci vedevamo da una mezz'ora scarsa. Non ci sarebbe stato comunque niente di nuovo di cui parlare.
< Vuoi che passi da te? >
Ci pensai un po' su.
Volevo essere lasciata in pace, è vero ma forse era meglio non rimanere da sola.
Stavo bene ma sarei stata meglio se avessi avuto la certezza di poter contare su qualcuno in caso di bisogno.
< Lo faresti? > Certo che lo avrebbe fatto. Avrebbe fatto di tutto per me e non era la prima volta che me lo dimostrava.
< Certo! Sai che mi fa piacere. > La sua risata appena accennata mi sommerse per un attimo ed anche se avrei voluto ricambiare, almeno provare a sorridere, non ce la feci.
< Sono da te in un attimo. > Aveva riattaccato ed io mi ritrovai a trascinare i piedi per tornare nel salone.
Accesi la tv e mi sedetti a gambe incrociate sul tappeto classico. Lo facevo sempre, da quando ero bambina.
Non mi andava di fare zapping. Ero già perfettamente informata del fatto che in tv era raro trovare qualcosa degno di essere guardato, per cui le prime immagini che apparvero, un cartone animato per bambini probabilmente, andarono benissimo.
Avevo solo bisogno di distrarmi fin quando non fosse arrivato Jared.
Avevo solo bisogno di non pensare.
Dopo una decina di minuti il rombo del motore della vecchia Volvo grigia rombò per qualche secondo nel vialetto prima di spegnersi.
Corsi alla porta e la spalancai.
Jared aveva ancora le chiavi in mano e non appena incrociò il mio sguardo sorrise.
Mi baciò una guancia a mò di saluto e aspettai che fosse entrato per seguirlo.
< Non ci credo! Stai guardando dei cartoni animati! > Occupò il mio posto sul tappeto dopo aver lanciato il cappotto di panno troppo leggero, sul divano.
< Avevo solo bisogno di distrarmi. Non cercavo niente di particolare da vedere. >
< Potremmo cercare un bel film. Sono rari in tv ma potrebbe essere la nostra serata fortunata questa, no? >
Annuii mentre lui si affannava alla ricerca del telecomando prima di scoprire di esserci esattamente seduto sopra.
Pigiò svogliatamente ogni tasto dell'affare senza risultati. Neanche l'ombra di un programma per lo meno divertente.
< Pazienza. Avevi qualche dvd o sbaglio? > Mi chiese girandosi a guardarmi.
Le immagini del cartone animato che stavo guardando mi abbagliavano, distraendomi.
< Mel, ci sei? >
Mi voltai di scatto quando vidi la mano di Jared sventolare di fronte ai miei occhi.
< S-si, mi ero distratta. Dicevi? >
< Chiedevo se avevi qualche dvd. Mi ricordo che ne eri piena. Potremmo scegliere qualcosa da lì sempre se a te va ancora. > Fece spallucce.
< Non lo so, non mi ricordo. > Ed era vero.
< Andranno benissimo anche i cartoni animati. > Sorrise poggiando il telecomando di fianco a lui e perdendosi nelle immagini del televisore. Nei suoi occhi si riflettevano le immagini colorate dei personaggi in movimento.
Chissà se avvertiva la sensazione di essere osservato.
Quando la pubblicità prese il posto della ragazzina cartone animato che non aveva fatto altro che disintegrare i suoi avversari a colpi di bacchetta magica, Jared si voltò verso di me.
< Che c'è? > Mi chiese.
< Niente. > Risposi ma continuai a guardarlo come se lo vedessi per la prima volta.
Nel salone era calato il buio. Doveva essere tardi.
< Non ti piace questo cartone animato? > Mi chiese troppo apprensivo.
Come un padre che non sa come comportarsi di fronte alla figlia neonata che piange disperata.
< No, va benissimo. >
< Sicura? Magari ti va di fare qualcos'altro. >
Scossi la testa.
< Ok. Non hai fame? >
Annuii.
Sorrise prima di scattare in piedi.
Si muoveva silenzioso in cucina perché non percepii alcun rumore eccetto quello di qualcosa che friggeva.
Quando ritornò neanche me ne accorsi.
Mi mise un piatto davanti al naso e avvertii il buon profumo delle uova e del pane tostato.
< Grazie. > Sussurrai. Sapeva cucinare. Neanche questo ricordavo.
< Com'è? >
< Buonissimo, grazie. >
Mi sorrise di nuovo e tornò al suo piatto.
Quando ebbi finito riportò entrambe le stoviglie in cucina e ritornò con due bicchieri di latte caldo.
Mi riscaldò subito la gola.
Era dolce e sapeva stranamente di menta.
< Me l'ha insegnato mia nonna tanto tempo fa. Continuava ad insistere perché lo bevessi così il latte, con la menta e il miele, perciò alla fine mi sono convinto. Ti piace? >
Annuii bevendone un'altra sorsata.
Era troppo premuroso nei miei confronti, me ne accorgevo. Qualche settimana fa di lui non ricordavo neanche il viso, il nome.
Si erano meravigliati tutti. Vedevo la gioia nei loro volti ma anche la sorpresa.
Lui rimaneva impassibile, scrutandomi e poi avevo capito, o per lo meno iniziato a capire.
Avevo ricordato il suo nome, i suoi occhi dolci, comprensivi e il timbro sicuro della sua voce.
Eravamo amici, forse migliori amici perché sentivo che con lui non mi piaceva mentire sul mio stato d'animo, non mi piaceva nascondere le cose, come facevo con gli altri, persino con mia madre.
Mi sorrideva di continuo ed io mi sentivo sempre confusa, strana.
Ma tutti dicevano che avrei capito con il tempo. Adesso era troppo presto.
Sentivo di aver bisogno di lui. Se non c'era mi sentivo triste, vuota eppure non capivo il perché.

< Hai battuto la testa, cara, è normale. >
< Ho... battuto la testa? Come? >
< Hai fatto un incidente tesoro. Non ricordi nulla? >
< Io... no. >
< Sei stata in coma due settimane, non ricordi nulla? >

Li guardavo spaesati. I loro volti non mi erano familiari. Mi mancava l'aria, come se si stessero chiudendo in cerchio su di me per soffocarmi.
Avevo urlato e tremavo. Avevo freddo, lo ricordo ancora.
Poi la sua mano calda mi aveva accarezzato i capelli, la guancia, mi aveva sorriso rassicurante. Mi aveva sistemato le coperte e mi aveva tenuto la mano tutta la notte.
Quando mi svegliai lui era ancora lì che mi teneva la mano, a braccia conserte sul mio letto, la testa poggiata su di esse. Dormiva. Lo avevo osservato stranita poi avevo preso ad accarezzargli i capelli, quasi inconsciamente e lui si era svegliato.
Mi aveva guardata per un istante e poi aveva sorriso e lasciato la mia mano giusto il tempo di stiracchiarsi.

< Come va? >
< B-bene. Credo. >
< Mmm, sento profumo di colazione. Perché non mangi qualcosa? >

Gli avevo sorriso. Mangiavo con una sola mano per non lasciare la sua.
Avevo fame e non me ne ero mai resa conto, troppo presa a ribellarmi inutilmente.
Lui era felice.
E poi ricordo di aver mormorato il suo nome una mattina, come se avessi avuto all'improvviso un'illuminazione e lui si era destato di scatto.

< Hai detto il mio nome! >
< S-si, non lo so... >
< Ridillo. >
< J-Jared? >
< Si! Te lo sei ricordata, te lo sei ricordata! >

Mi sembrò strano che non si fosse messo a saltellare per la stanza. La porta era chiusa, ed ero l'unica ad occuparla perciò non l'avrebbe visto nessuno. Invece mi accarezzò solo i capelli e mi baciò una guancia, riprendendomi la mano.

Avevo dimenticato troppe cose però.
Ricordavo le cose remote, del mio passato come il volto di mia madre, la mia casa, ricordavo che le rose blu erano i miei fiori preferiti, che non amavo il silenzio ostinato e la neve, troppo monotona.
Ma il resto mi sembrava troppo confuso.
Avrei dato qualsiasi cosa pur di ricordare tutto, come se non fosse successo niente.
< Cos'hai? Tutto bene? > Il volto di Jared era ad un centimetro dal mio.
Trasalii ad averlo così vicino.
< Si, pensavo... > Mi sorpresi della mia voce, così... chiara.
< Pensieri tristi? > Mi si allontanò abbassando il volume della tv.
< Vorrei riuscire a ricordare tutto. > Abbassai lo sguardo sul tappeto.
< Fino ad ora sei stata bravissima Mel! Non c'è bisogno di pretendere tutto e subito. Ricorderai a tempo debito. > Mi accarezzò il braccio a mò di conforto.
Alzai lo sguardo su di lui.
< Vorrei ricordare qualcosa in più su di te. > Sussurrai. Sperai quasi non mi avesse sentito ma i suoi occhi si accesero.
< Mel... > sembrò pesare le parole mentre mi si avvicinava, sedendosi esattamente di fronte a me, precludendomi la vista della tv. Non che mi interessasse.
< Non ho nessuna fretta. Aspetterò se necessario. > Sorrise appena.
Non uno dei suoi soliti sorrisi radiosi.
< Sono io che non voglio aspettare. C'era qualcosa di più tra di noi, vero? >
Sembrò sorpreso del cambiamento nel mio tono di voce, gelido quasi. Me ne meravigliai anche io.
Annuì piano e nonostante l'oscurità riuscii a vedere la tristezza riflessa nei suoi occhi scuri, bellissimi.
Non sapevo bene cosa dire.
Non avevo più voglia di fingere. Ero stanca. Volevo solo capire.
Spostai le gambe di lato, allungandomi verso di lui fino a sfiorargli una guancia con un dito.
< Jared... > Mormorai quasi sulle sue labbra.
Mi sembrò che stesse trattenendo il respiro.
Chiusi gli occhi alla sua espressione stranita e lo baciai.
Chiedevo solo un bacio per ricordare.
Ma non ricordai il suo sapore né la consistenza delle sue labbra sulle mie.
Eppure lo stavo baciando davvero.
Mi si contorse lo stomaco quando ci pensai e avvampai.
Mi accarezzò i capelli quando mi separai da lui, toccandomi le labbra con le dita come non fossero le mie.
Alzai gli occhi su di lui. Lo amavo?
Non trovai risposta nei suoi occhi muti, nell'espressione del suo viso quasi indifferente.
< Io... mi spiace, forse non era il caso, io volevo solo... >
< Cosa? Volevi solo cosa? Ricordare? > Mi tolse le parole di bocca.
< Si, ricordare. >
< Niente? > Il tono di voce non era duro, non voleva rimproverarmi. Il parco... la neve...

< Il nostro primo bacio... > Mormorai in un sibilo.
Il suo viso parve riaccendersi.
Mi abbracciò come se avesse fretta e io non so perché cominciai a piangere.
< Shh... sono qui, sono qui. > Mi sussurrava cullandomi.
< Va tutto bene. > Continuò.

Quando pensai che tutto fosse finito, quando voltai le spalle, lui si rialzò.

COMMENTATE? ^^

   
 
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Frytty