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Autore: Jenny Ramone    08/11/2015    5 recensioni
Parigi, maggio 1789.
Irène Fournier è una giovane venditrice di giornali dal passato misterioso e oscuro che vive in miseria a Montmartre con il suo fidanzato, Jean e il loro bambino.
Quando si diffonde la notizia che Louis XVI ha deciso di convocare gli Stati Generali, Irène si rende conto che è giunto il momento di combattere per i diritti del popolo e in particolare delle donne: fa in modo di aiutarle con tutti i mezzi possibili e partecipa attivamente a tutti gli avvenimenti fondamentali della Rivoluzione Francese.
Ma nel frattempo il suo passato è dietro l'angolo, pronto a tornare a perseguitarla...
Londra, 1799.
Dieci anni dopo Irène, fuggita in Inghilterra dopo il 9 Termidoro e la caduta di Robespierre, racconta la propria storia di amore, coraggio, passione, sacrifici, dolore e amicizia a William, un giornalista inglese che sta scrivendo un saggio sulla condizione femminile per un circolo di intellettuali progressisti.
Genere: Drammatico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore
Capitoli:
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DISCLAIMER:

Tutti i personaggi qui descritti sono frutto della mia immaginazione, mi appartengono, e, a parte i personaggi storici,  non si basano su persone reali.
 Perdo tempo ed energie a scrivere quindi mi farebbe piacere che il mio lavoro non venisse plagiato e nel caso avviso che procederò con i dovuti mezzi a segnalare.
 Detto questo, buona lettura!


"Pleure Louis, à l'heure de ta mort,
D'avoir désolé la Patrie,
Tous les Français pourront long-temps encor
Pleurer les crimes de ta vie"

 "Parodie sur la Complainte de Louis Capet", 1793.

 

"Il mio nome è Irène Fournier.
 Fino a qualche anno fa ero una venditrice di giornali a Parigi.
 Si, Cittadino, venditrice di giornali.
 E io i giornali li so anche leggere, al contrario delle mie amiche e della maggior parte delle donne del popolo.
 E leggevo sempre che il popolo era scontento, che non c’era più cibo e, mentre noi morivamo di fame, il Re conduceva una vita nel lusso, a Versailles.
 Ogni giorno le notizie erano peggiori del precedente ma io non riuscivo a trovare il coraggio di raccontare la verità alle mie amiche, non riuscivo a rendere consapevoli le persone che amavo della nostra tragica situazione.
 Ad un certo momento però decidemmo che qualunque cosa sarebbe successa, se ci fosse stato modo per migliorare le nostre vite, noi avremmo combattuto, insieme.
 Non potevamo immaginare che avemmo visto cambiare radicalmente il mondo a cui eravamo abituate.
 Siediti Cittadino e ascolta.
 Ascolta la triste storia che sto per narrarti
".

Londra, 1799

“Miss Irène, grazie per essere venuta.
 Prego, sedetevi.
 Sono davvero felice che abbiate accettato di raccontare la vostra storia e di aiutarmi a scrivere questo saggio sulle donne.
 Mi sento onorato a poter discutere con voi di questo delicato argomento,insomma, una donna che si occupa di giornalismo non si vede tutti i giorni.
  A quanto mi hanno anticipato i miei colleghi, questo argomento vi riguarda da vicino.
 Non mi hanno detto di più, confido che i miei dubbi verranno chiariti direttamente da voi”-esordì il giornalista, dopo avermi baciato la mano e avermi invitata a sedermi, indicandomi una poltrona con un gesto elegante.
 L’Inghilterra era così diversa dalla Francia…mi sentivo fuori luogo e straniera, nonostante ormai mi fossi trasferita da parecchio tempo, erano tutti troppo raffinati e galanti rispetto a com’ero abituata, gli altri giornalisti mi davano del voi quando io, in seguito alla Rivoluzione,ero abituata a dare del tu.
 Mi sentivo a disagio ma avevo accettato di raccontare questa storia perché mi sembrava un buon modo per allontanare una volta per tutte i fantasmi del mio passato e per fornire agli inglesi, da sempre nemici del mio Paese, un modo per comprendere cosa era stata davvero la Rivoluzione, senza limitarsi a compiangere le teste coronate che erano cadute ma concentrandosi soprattutto sulla gente comune e i motivi che avevano spinto il popolo a reagire dopo anni di soprusi.
 Perché sui libri vengono ricordati i generali e i monarchi ma non si parla spesso del fatto che dietro quest’immagine gloriosa ci sono delle vite, delle persone comuni, nel loro piccolo ancora più eroiche.
 Sorrisi al mio collega e, dopo averlo ringraziato, iniziai a narrare la mia storia.
 
Parigi, maggio 1789

“Giornali, giornali! Comprate i giornali!
 Il re ha deciso di convocare gli Stati Generali, leggete la notizia sul giornale di Parigi!”-urlavo in strada, camminando avanti e indietro e porgendo i fogli di carta ai passanti.
 Questo era il mio lavoro ormai da anni e avrei dovuto considerarmi fortunata ad averne uno.
 Un’occupazione umile ma era già qualcosa: essendo una donna non potevo certo aspirare a molto di più no?
 Erano stati convocati gli Stati Generali, non accadeva da un secolo… io avevo chiare idee di quello che avrei voluto per il mio Paese, per le persone che amavo e per me stessa: libertà, uguaglianza, pari diritti, democrazia.
 Possibile che dovessimo andare a fare la fila alle cinque del mattino per un pezzo di pane nero da dare ai nostri figli mentre la Regina a Versailles viziava i suoi con qualunque cosa desiderassero?
 Impossibile.
 La Monarchia Assoluta ormai non si adattava più all’epoca in cui vivevamo, le cose stavano finalmente cambiando”.
“Democrazia? Diritti?
 Mi permetta Miss… volevo dire, Cittadina Fournier, non vorrei essere troppo brusco: com’è possibile che una semplice ragazza del popolo conosca questi termini?
 E’ già poco credibile che sappia scrivere,vuole dirmi cosa mi sta nascondendo?”-domandò il mio interlocutore, interessato, mentre versava una tazza di the ad entrambi.
 Guardai fuori dalla finestra  il cupo cielo londinese, poi, improvvisamente, mi voltai verso di lui,facendolo sobbalzare.
“Caro collega: tanto per cominciare dammi del tu, so che non è educazione e non è in uso qui in Inghilterra però mi trovo più a mio agio, se a te non dispiace.
 In secondo luogo: la vuoi sentire la mia storia?
 Ti interessa davvero scrivere un saggio per portare alla luce la condizione delle donne durante la Rivoluzione e attualmente?
 Se ti interessa, ascolta quello che ho da dire e non farmi domande fuori luogo.
 Perché so scrivere? Perché parlo in un modo più ricercato e ho una certa cultura  rispetto alle pescivendole?
 Come mai l’ho tenuta per me e ho vissuto per anni come le altre ragazze del popolo?
 Perché sono seduta a questo tavolo e sono una giornalista?
 Te lo spiegherò proseguendo la mia storia, dai tempo al tempo.
 Lo scoprirai, non ti preoccupare.
 Però devi lasciarmi parlare, tutte le tue curiosità verranno soddisfatte”-conclusi.
 L’uomo sospirò:”Va bene, Cittadina, scusami.
 Non ti interromperò più, continua pure, abbiamo tanti giorni a disposizione per finire il lavoro”.
Continuai:” Come dicevo, avevo idee piuttosto astratte però non me ne intendevo molto di politica materialmente.
 Avevo capito tuttavia che c’era qualcosa che non andava: perché il Re avrebbe dovuto prendere una decisione simile?
 Possibile che volesse davvero aiutarci?
 Non ne ero convinta, se le sue intenzioni fossero state quelle le avrebbe messe in pratica prima di mandare la Francia in rovina.
 Non volevo credere che il nostro re ci avesse dimenticati, eravamo il suo popolo no?
 Ci avrebbe dovuti amare, sicuramente avrebbe trovato un modo per risollevare l’economia francese.
“Irène, Irène!”-il flusso dei miei pensieri venne interrotto da una voce familiare: una ragazza bionda, con indosso un vestito tutto rattoppato e uno scialle mi corse incontro.
 Edith, una delle mie amiche,si fermò di fronte a me, con il fiatone.
“Mon Dieu, Edith, che succede? Non dovresti essere al lavoro? Anzi,anche io sto lavorando, ti dispiace se ci vediamo dopo?”-sussurrai  tra i denti mentre porgevo  un giornale ad un anziano signore e gli rivolgevo  un sorriso di circostanza.
 Lei però non aveva alcuna intenzione di demordere e mi afferrò per un braccio:”Ho bisogno di parlarti adesso, stanno succedendo strane cose nella famiglia per cui lavoro!”.
Controvoglia la seguii: sarei tornata per strada più tardi.
 Edith non diceva una parola e continuava a camminare, voltandosi ogni tanto per controllare che io la stessi seguendo.
 Davanti a me vedevo passare scenari diversi: palazzi nobiliari, la Cattedrale di Notre Dame, piazze piene di povera gente, carrozze da cui scendevano ricche signore, sollevando i bordi dei loro abiti in modo che gli ultimi capolavori dei sarti più famosi di Parigi non si rovinassero con la polvere e la melma del selciato.
 Voltai  la testa, disgustata.
 Oltrepassammo la Senna: dove stavamo andando?
 Finalmente Edith si fermò e io guardai la costruzione che si ergeva davanti a noi: la Conciergerie, una delle prigioni di Parigi.
 Un luogo che mi aveva sempre inquietata, con quell’aspetto imponente comunicava qualcosa di molto sinistro, quasi quanti la Bastiglia.
 Proseguimmo ancora per un tratto e ci ritrovammo in un vicolo dietro la prigione: qui ci sedemmo su dei massi appoggiati a terra e chiesi  spiegazioni alla mia amica.
“Edith ma che succede? Perché mi ha fatto smettere di lavorare e mi hai portata proprio qui, uno dei posti più pericolosi per fare rivelazioni? Insomma, sei pazza? Potrebbero scoprirci, ci sono guardie ovunque!”-sussurrai, spaventata.
“Irène tu che sai sempre tutto… volevo sapere cosa dicono i giornali, dovevo chiedertelo di persona.
 Stamattina me ne stavo seduta alla finestra della stanza da cucito di casa Dupont quando ho sentito un gran trambusto il cortile: mi sono affacciata e ho notato degli uomini che sono entrati a parlare con il padrone.
 Poco dopo li ho sentiti discutere e hanno detto qualcosa come “Il re ha convocato gli Stati Generali, andiamo!”.
Cosa è accaduto?
 E’ grave vero?”mi chiese, mettendosi le mani davanti agli occhi, terrorizzata come una bambina.
“E da quando ti interessi di politica?
 Edith cara, sarebbe meglio che ne stessimo alla larga entrambe… è triste ma una donna non dovrebbe nemmeno immaginare di dedicarsi a queste questioni.
 Rassegnati, siamo condannate alla miseria, non cambierà mai la nostra situazione”-dissi scuotendo la testa e mi alzai, incamminandomi sulla strada del ritorno.
“Fermati!
 Perché dici così?
 E tutti i tuoi ideali,la tua voglia di aiutare le donne a far sentire la loro voce… dove sono finiti?
 Dovresti impegnarti di più, so che ne saresti capace.
  Perfavore, leggimi che succede e spiegamelo.
 Sembra che mi vuoi tenere nascosto qualcosa… Irène, ci conosciamo da tanti anni, perché non vuoi aiutarmi?”.
A quel  punto mi arresi e le spiegai quello che c’era scritto sul giornale.
“Quindi in futuro il re non ci chiederà più di pagare tutte queste tasse?
 La vita della semplice popolazione come noi migliorerà mi stai dicendo?
 Bene, magari riuscirò anche a trovare un lavoro migliore e farò meno fatica a comprare le medicine per curare mia sorella.
 Magari si stanno aprendo delle possibilità, il nostro re non ci ha dimenticati, vedi?”-gridò, guardandomi con gli occhi pieni di gioia.
 Povera Edith, com’era ingenua… io non ero così sicura che tutto sarebbe andato bene.
 Decisi comunque di riporre ancora un po’ di fiducia nel futuro, all’epoca avevo vent’anni e avevo bisogno di credere in un domani più luminoso.
 Ritornai con Edith in centro: la mia amica si avviò a casa, tutta contenta; non vedeva l’ora di annunciare quello che le avevo raccontato alla sorella Julie.
 Io ormai avevo sprecato la mattinata: contai i soldi che avevo guadagnato e mi rassegnai a rientrare.
 Nel pomeriggio cercai di racimolare ancora qualcosa lavando i panni per una signora di buona famiglia per cui a volte lavoravo.
 La sera, tornata a Montmartre, passai dalla mia vicina di casa, una ricamatrice che si occupava del mio bambino di un anno mentre io ero fuori a lavorare: “Ciao René, tesoro mio.
 Hai fatto il bravo oggi?”-sorrisi, cullandolo mentre camminavo per la stanza.
 Avrei voluto pagare la mia vicina per tutto quello che faceva per me ma lei si rifiutava categoricamente, diceva che le faceva piacere occuparsi di René, suo figlio era morto poco dopo la nascita e lo rivedeva nel mio.
“Sai Irène, è passata Marion a cercarti.
 Ha detto che verrà a casa tua domani sera, visto che oggi pomeriggio non c’eri”-mi aveva detto.
 Marion aveva un paio di anni in più di me:era la mia più cara amica e spesso lasciava Belleville per venire a trovarmi, nonostante il tragitto fosse piuttosto lungo.
 Ti parlerò delle mie amiche in seguito, Cittadino.
 Adesso lasciami fare un quadro generale della mia vita, prima di addentrarmi nel vivo dei miei ricordi e rivivere le vicende che mi coinvolsero all’epoca; alcune molto dolorose.
 Entrai nella soffitta dove vivevo:per prima cosa ricordo che misi il bambino nella culla e in quel momento sentì due braccia cingermi la vita; mi voltai e vidi Jean, il mio fidanzato, che era appena tornato dal lavoro.
“Buonasera…-sorrisi, baciandolo.
 E' un uomo come non ce ne sono molti.
 Mi ama davvero con tutto se stesso, è gentile, mi sostiene sempre in tutte le decisioni che prendo, mi consola: era considerato il ragazzo più bello di Montmartre, le mie amiche mi invidiavano e così le altre donne del quartiere.
 Alto, i capelli mori ricci, gli occhi castani, fisico slanciato e un sorriso meraviglioso sulle labbra: sono fortunata, sono davvero fortunata ad averlo accanto.
“Com’è andata la giornata?-mi chiese, mentre si lavava il viso.
 Gli raccontai dell’incontro con Edith, degli Stati Generali, del  fatto che ero passata al Cafè Procope, un caffè dove si riunivano filosofi, uomini politici e importanti personalità: forse mi avrebbero presa come cameriera alla sera.
“Sono fiero di te Irène.
 Domani mi racconterai degli Stati Generali, vorrei capirci di più.
 Adesso però vado a dormire, sono molto stanco.
 Buonanotte René"-sussurrò al bambino, accarezzandolo, poi si rivolse a me e raccomandò di non fare tardi…
Io annuì ma tanto sapevo che si sarebbe addormentato appena toccato il letto: lavorava come uno schiavo tutto il giorno e non stavamo quasi mai insieme, tutto per poter sopravvivere.
 Aprii la finestra e guardai il cielo dai tetti di Parigi: forse non volevo ammetterlo neppure io, forse non avevo nemmeno il coraggio di ammetterlo però mi sarebbe piaciuto poter cambiare totalmente la mia esistenza
Ancora non immaginavo cosa mi avrebbe riservato di lì a poco il destino, non avevo idea che la mia vita sarebbe stata così in bilico tra il futuro e il passato.

ANGOLO AUTRICE: Bonsoir! :)
 Ecco finalmente la storia.
 Se vi sembra di averla già inserita nei preferiti o letta, non vi preoccupate: non è plagio, semplicemente avevo pubblicato una storia con il titolo di "Revolutionary Girls", era solo un prologo: adesso l'ho cancellata per inserire questa versione ma non è la versione definitiva e potrebbe subite dei cambiamenti.
 Tanto per cominciare delle informazioni “tecniche”: cercherò di essere il più precisa possibile con gli eventi storici di cui narrerò, in base alle mie conoscenze.
 Più avanti avremo delle caratteristiche proprie dell’epoca di cui stiamo parlando, per esempio i mesi rivoluzionari o le canzoni che erano in voga( “ça ira”, il titolo della storia, è appunto il ritornello di una delle canzoni rivoluzionarie più importanti ma anche questo lo vedremo a suo tempo).
 Il Cafè Procope esiste davvero ma ne parlerò meglio quando entreremo nel vivo della vicenda.
 Il racconto sarà narrato in prima persona da Irène, che sta raccontando le vicende a un giornalista: non è detto che non interverranno anche gli altri personaggi a dare il loro parere, inoltre si passerà dal passato al presente ogni tanto, per non rendere troppo pesante la narrazione.
 Come ho già detto, prima che qualcuno arrivi a dire è irreale perché una ragazza del popolo non sapeva certo scrivere e non parlava così: Irène è anche molto misteriosa, è tutto studiato e calcolato perché coincida con il personaggio, io fossi in voi starei attenta all’ultima frase del capitolo.
 Cosa o chi si nasconderà in quel passato?
 Come ha intenzione di agire la protagonista per cambiare la propria vita e in che modo gli eventi la toccheranno?
 Lo scoprirete presto se vorrete seguire la storia.
 Fatemi sapere cosa ne pensate di questo primo capitolo,
 Grazie e a presto! :)
 Jenny

  
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