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Autore: Voglioungufo    09/11/2015    8 recensioni
What if...?
"Nel Villaggio segreto della Foglia c'è un regola che tutti i ninja conoscono e rispettano. Quella legge impedisce a dire a Naruto Uzumaki che il suo nome, il suo aspetto è perfino il potere che possiede sono gli stessi dell'Eroe di Konoha che morì anni fa..."
E se Naruto morisse in missione e il Kyuubi con lui?
E se anni dopo un bambino uguale in tutto e per tutto a Naruto si presentasse alle porte del Villaggio?
E Sasuke?
Dal testo:
“Facciamo il punto della situazione” dice Shikamaru riacquistando un po’ di lucidità.
“Naruto muore in una missione per salvare i suoi compagni. Il Kyuubi muore con lui, la sua essenza si dissolve e solo fra mille anni potrà ricomparire su questa terra. Cinque anni dopo, si presenta un bambino uguale a lui, con il chakra della Volpe a Novecode sigillato dentro di lui, che dice di chiamarsi Naruto. Non sa chi siano i suoi genitori, dove sia nato, ha sempre vissuto da solo vagando e con solo il demone ad aiutarlo.
Qualcuno ci vede un nesso logico?”
No, non c’è."
|SASUNARU|KAKASAKU|
Genere: Angst, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Iruka Umino, Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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Kyūbiko no Ko
Il bambino della Volpe a Nove Code.
 
 
 
 
 
 
Non si può pensare, anche solo provarci è vietato, lo scrosciare dell’acqua che cade dal cielo nero riempie ogni spazio, ogni vuoto lasciato dalle parole, non c’è più silenzio e senza il silenzio non si può pensare. Piove e quando piove non si pensa, non si parla perché la pioggia è troppo forte e fredda e bagna e colpisce e distrugge i brandelli dei tuoi pensieri.
Sasuke non pensa, si lascia bagnare e probabilmente sta piangendo. Ha i capelli lucidi e bagnati, le gocce di pioggia incastrate tra le ciglia, gli occhi neri socchiusi e privi di vita, l’acqua che scivola per tutta la lunghezza del suo viso, che si appoggia sulle labbra, che precipita dal mento. I vestiti attillati, fastidiosi, freddi incollati al corpo.
Ha freddo, trema, la pioggia lo colpisce e gli fa male, fa male un po’ tutto a dir la verità, è tutto bagnato e gli sembra di soffocare. No, cioè, non è che gli manchi l’aria in maniera disperata, semplicemente non ne ha bisogno.
Erano andati via tutti, poco alla volta (le persone alla cerimonia funebre o le persone della sua vita, non ha importanza) ed era rimasto solo lui, aveva iniziato a piovere, piano e leggermente, poi ogni goccia era diventata più pesante e più vicina alla precedente. Adesso si ritrova sotto un temporale ma non si muove, resta lì ancora un po’ e guarda la tomba grigia del suo migliore amico, il simbolo della foglia è inciso beffardo sopra il nome di chi a quel villaggio ha dato tutto, anche la vita.
(Perché tutte le persone che ama lo antepongono al bene del villaggio? È egoistico sperare che almeno una volta lo abbiano amato più di quella stupide case?)
“Sei un maledetto bugiardo” urla alla fine, talmente forte che la pioggia tace per un secondo.
Avevi promesso che saremmo morti insieme, che non mi avresti lasciato da solo. Perché non hai mantenuto la promessa?
 
**
“Che cosa hai intenzione di fare, adesso?”
Continua a piovere fuori, la pioggia sbatte contro le finestre creando dei rivoletti simili a lacrime sul vetro, come se la vecchia villa degli Uchiha stesse piangendo. Sasuke non ama particolarmente questo posto, per quanto si impegni a tenerlo pulito lo vede sempre sporco di sangue e sente ancora le sue grida da bambino. Questa casa piange da anni.
Sakura è seduta su una vecchia sedia, le mani strette attorno a una tazza di tè caldo appoggiata al tavolo in legno. Ha il viso stanco, come se non dormisse da mesi, e anche gli occhi verdi smeraldo sono spenti, i capelli rosa legati in una pratica coda con dei ciuffi che scivolano davanti al viso, ha il giubbotto verde da chuunin ma non indossa il copri fronte da ninja. Non lo guardava negli occhi quando glielo ha chiesto, fissava il fumo che saliva dal liquido bollente, adesso si porta il tè alle labbra e beve un piccolo sorso per non scottarsi la lingua.
È amaro.
Sasuke è in piedi, in un punto impreciso della stanza in penombra, non ha acceso le luci e lascia che siano due piccole candele e i lampioni fuori e illuminare l’interno. Ha paura di ferirsi gli occhi con una luce troppo diretta. Indossa una maglia blu molto a simile a quella che portava da bambino e tiene le mani dentro le tasche dei pantaloni, guarda fuori la finestra come se stesse aspettando qualcuno.
Oh, Sas’ke-kun, lui non arriverà...
“Cosa dovrei fare?” le rigira la domanda.
Sakura non lo sa, sinceramente ha paura di cosa l’Uchiha possa fare. Lei è triste e spaventata, come se avessero tolto una cosa fondamentale, tipo il pavimento sotto i piedi o il sole lasciando una notte lunga e piena di incubi. Aveva sempre avuto tre certezze nella vita, solo tre ma erano sempre state abbastanza, poche ma fondamentali: aveva la certezza del suo amore incondizionato per Sasuke, che non lo avrebbe mai abbandonato anche se non ricambiata, che lo avrebbe amato con tutta la capacità del suo fragile cuore; sapeva che Naruto ci sarebbe stato sempre, che non l’avrebbe mai abbandonata, l’avrebbe protetta e aiutata, le avrebbe dato tutta la forza necessaria per vivere; per ultima, la certezza che sarebbe diventata abbastanza forte da proteggere i due uomini della sua vita, avrebbe lottato con le unghie e con i denti, si sarebbe spinta oltre i suoi limiti per proteggere ciò che la rendeva ancora viva dopo quella disastrosa guerra, sempre più forte per poter stare accanto alle sue due ragioni di vita.
Ma adesso.
Adesso Naruto non c’è più, è morto e da sotto strati di terra, chiuso in una bara stupida, non può di certo sostenerla, non può asciugare le sue lacrime, non può proteggerla. Non può fare più niente.
E lei non è riuscita a proteggerlo, lei debole come la bambina che era un tempo ha lasciato che glielo uccidessero sotto gli occhi, non ha fatto niente per salvarlo. Ha pianto e basta, non ha avuto tempo, non ha avuto abbastanza forza. Non si è spinta contro nessun limite per salvare uno degli uomini della sua vita. È morto e basta.
Vorrebbe piangere ma non lo fa, ha pianto abbastanza e adesso c’è il cielo a farlo per lei, stringe la presa sulla tazza bianca e pensa solo a quanto adesso abbia paura. Le è rimasta una sola certezza, l’amore che prova per Sasuke ed è per questo che ha paura. Teme che l’Uchiha possa andarsene anche lui.
“Non lo so” dice con la voce che trema “Non so più niente” aggiunge talmente piano che si sente solo lei.
Il ragazzo non risponde perché ciò che vuole fare è distruggere ogni mattone di quel piccolo villaggio che gli ha portato via prima onii-chan e poi Naruto, vuole bruciare tutto con l’amaterasu, le fiamme nere che divorano tutto finché non resta solo cenere, urlare la sua furia, uccidere e distruggere quei bastardi che glielo hanno portato via. E magari far finire pure il mondo perché non ha senso che esista se lui non c’è a renderlo il posto migliore che tanto sognava.
Vuole lasciarsi andare, spalancare i suoi occhi rossi e iniziare la sua sanguinosa vendetta ma non ci riesce, c’è una mano sul suo cuore che mi impedisce di muoversi e una voce fastidiosa come il suo proprietario.
Gli dice di non fare cose stupide.
Visto che non ci sono più io a proteggere questi scemi, fallo tu.
“Farò quello che avrebbe fatto lui” dice alla fine, sa che è una cosa giusta quanto dolorosa, ma gliela deve a quella stupida testa quadra “Proteggerò il villaggio, lui avrebbe voluto questo. Ha sempre voluto questo”.
Sia Itachi-niisan che Naruto gli hanno lasciato questa eredità e non può fare nient’altro se non accoglierla.
 
**
 
Cinque anni dopo.
Sasuke Uchiha è un ANBU rispettato, per quanto la gente ormai continui a guardarlo di male occhio è riuscito a trovare un suo posto come ombra che protegge il villaggio dai nemici esterni. Non parla con nessuno, a volte con Sakura perché se la ritrova a casa, lei si sente sola e ha bisogno di un conforto che non trova nell’Uchiha ma sembra che la sua sola presenza le basti. Ogni tanto incontra Iruka e si fanno un cenno, ogni tanto commentano qualcosa di inutile o discutono delle novità con distacco, sa che il maestro va ogni giorno alla tomba per mettere dei fiori nuovi. Con Kakashi non parla più da anni se non per l’assegnamento delle missioni.
Sasuke si limita ad essere un ombra.
Ogni mattina si allena, ogni mattina indossa quell’armatura pezzo per pezzo ricordando quando lui e Naruto lo facevano insieme aiutandosi dove con un braccio solo non riuscivano ad arrivare. Ha provato a disfarsi dei ricordi, li ha soffocati in diversi modi ma alla fine ha rinunciato, tornavano sempre in momenti meno opportuni, come durante una missione, ha semplicemente capito di doverli accettare.
A volte quando piove va ancora a trovarlo, guarda la tomba fredda e basta, non parla e non fa niente. Pensa solo a quanto lo odi per averlo lasciato solo, per non aver mantenuto una stupida promessa.
“Non ci ha abbandonato, non ci ha lasciati soli” gli dice ogni volta Sakura “Lui è con noi”.
E odia anche lei per quella bugia così spudorata, Naruto ormai è polvere, terra e niente, non c’è più niente di lui e quelle sono solo menzogne.
**
“Non è possibile” dice Kakashi e Sasuke, da fuori l’edificio seduto su un balcone, non può che non essere d’accordo con lui.
Dentro l’ufficio dell’Hokage ci sono Kakashi che tiene stancamente le mani tra i capelli, seduto sulla sedia in una posa abbandonata, Shizune che si tiene le mani strette al petto, Shikamaru che per una volta ha abbandonato la sua perenne espressione annoiata per sostituirla con una sorpresa, Iruka che si massaggia la radice del naso nel tentativo di capirci qualcosa e Sakura che come al solito piange silenziosamente, il viso rotondo lucido dalle lacrime.
Sasuke dovrebbe essere lì dentro con loro ma resta fuori perché si rifiuta di entrare e scoprire che è tutto vero. Non capisce.
Oltre ai ninja, l’altra presenza è un bambino seduto a terra in maniera scomposta che si guarda attorno spaventato e curioso ed è proprio lui a scatenare quelle reazioni.
È piccolo, avrà cinque anni o poco meno, i capelli biondi lunghi e spettinati, pieni di nodi,  un viso rotondo e sporco con delle strane cicatrice parallele sulle guance dal quale svettano luminosi e profondi due occhi blu come il cielo estivo. Indossa degli stracci, è sporco dalla testa ai piedi ed è pieno di graffi e cicatrici, sembra un po’ denutrito e selvaggio, ha gli occhi diffidenti come quelli di un cane randagio. Lo hanno travato quella mattina alle porte di Konoha che correva, dove non lo sa nemmeno lui, avvolto in uno strano bagliore arancione: il manto del Kyuubi. Gli shinobi di guardia lo hanno immediatamente portato dall’Hokage e ora sono lì a guardarlo, a guardare quel bambino che porta l’aspetto e il nome di un fantasma.
Ha ripetuto mille volte di chiamarsi Naruto e che Kurama è sempre stato con lui da che ha ricordo, che non sa chi siano i suoi genitori, che non sa da dove venga o perché sia solo. Sa che è sempre stato così e che camminava per caso da quelle parti.
“Io sono Naruto Uzumaki!” soffia ancora, le guance gonfie in un broncio.
“No, che non lo sei!” sbotta Shikamaru guardandolo con gli occhi sbarrati. Ha visto il corpo del suo amico venire deposto su una bara e dopo quello come può solo pensare che sia tornato?
“Ti dico di sì!” urla a sua volta il bambino, le mani strette a pugno e una scintilla scarlatta brilla nei suoi occhi color cielo.
“Come può essere possibile tutto questo?” chiede Iruka, cerca di capire ma non ci riesce “Il nostro Naruto è morto”
“E’ un jinchuuriki” borbotta Kakashi come se fosse quello il punto cruciale “Possiede il chakra del Kyuubi. Ma il demone è morto insieme a Naruto, non dovrebbe più esistere”.
“Gli è stato estratto?” tenta Shizune cercando di non far tremare la propria voce.
“No” dice Sakura asciugandosi le lacrime “Naruto è morto davanti a me, io lo ho visto. Lui non può essere Naruto”.
Sasuke stringe le mani in un pugno, vorrebbe fare irruzione nella sala, prendere il bambino e urlargli contro perché, come osa quello sporco essere prendere il suo aspetto e il suo potere? Come osa chiamarsi Naruto?! Il peso di Kusanagi è tentatore, se non si trattiene sa che potrebbe farla calare sul quel corpo minuto.
 
“Facciamo il punto della situazione” dice Shikamaru riacquistando un po’ di lucidità.
“Naruto muore in una missione per salvare i suoi compagni. Il Kyuubi muore con lui, la sua essenza si dissolve e solo fra mille anni potrà ricomparire su questa terra. Cinque anni dopo, si presenta un bambino uguale a lui, con il chakra della Volpe a Novecode sigillato dentro di lui, che dice di chiamarsi Naruto. Non sa chi siano i suoi genitori, dove sia nato, ha sempre vissuto da solo vagando e con solo il demone ad aiutarlo.
Qualcuno ci vede un nesso logico?”
No, non c’è.
**
“Iruka-san” lo chiama il bambino tirandolo per una manica.
Dopo il punto della situazione di Shikamaru tutti hanno iniziato a litigare dicendo le proprie ipotesi, ma non hanno combinato niente riempiendo solo la sala di confusione e facendo piangere il piccolo biondo. Iruka a quel punto si era reso conto che nessun bambino, impostore o meno, aveva il diritto di subire tutto quello e con il permesso dell’Hokage era uscito dall’ufficio portando il piccolo a fare un giro.
“Dimmi Na—“ si interrompe perché per quanto gli venga spontaneo dirlo visto la somiglianza c’è qualcosa che gli ricorda che il suo amato studente è morto.
“Naruto!” termina per lui il bambino, gonfiando le guance “Perché non mi credete? Perché dite che io devo essere morto?”
Lo aveva chiesto anche a Kurama ma la volpe gli aveva detto di non sapere niente.
“Eh?” chiede Iruka preso in contropiede.
“Io sono Naruto Uzumaki  e non sono morto! Io esisto!” ribatte con cipiglio sicuro. Gli occhi dell’insegnante pizzicano agli angoli perché il modo rumoroso di fare di quel bambino lo riporta indietro nel tempo, si porta una mano agli occhi per impedirsi di piangere.
“Lo so, ti credo” dice infine, non sa se per farlo contento o perché è sincero. “Hai fame? Vuoi mangiare qualcosa?”
A queste parole il viso del piccolo Naruto si illumina e Iruka è certo di aver colto il segno, quel bambino deve essere denutrito, così lo porta da Ichiraku a mangiare il ramen.
“Non fare domande” dice a denti stretti all’uomo dietro il bancone quando il piccolo sgambetta dentro con una risatina eccitata e sale sullo sgabello con qualche difficoltà e poi batte con trepidanza le mani sul banco in attesa del cibo. Quando gli mettono sotto il naso la ciotola fumante la guarda con adorazione, come se fosse la cosa più bella che abbia mai visto, la fissa a lungo prima di riscuotersi e gira la testa verso il giovane uomo:
“Iruka-san, come lo dividiamo?”
“Dividiamo?” chiede un attimo perplesso “Certo che no, quello è tutto tuo”.
La bocca del bambino si spalanca. “Davvero è tutto per me?”
“Mangia pure”
Naruto resta un secondo interdetto, poi apre la bocca in un sorriso enorme pieno di gioia e si getta con fame sulla ciotola, come un animale.
“Se ne vuoi ancora, chiedilo pure” lo sprona guardando divertito tutta quella voracità, in un minuto ha già finito la ciotola gigante.
“Davvero posso?”
“Certo che sì” gli sorride e spera che non abbia lo stesso appetito del suo Naruto e di avere, in quel caso, abbastanza yen dietro.
 
Hanno mangiato e adesso camminano per le vie di Konoha quando il bambino di ferma e si gira a guardare i tetti delle case con sguardo timoroso.
“Che succede, Naruto?” gli chiede Iruka, chiamarlo per nome in quelle ore è diventato così spontaneo che non si sorprende più.
“Qualcuno ci segue” dice aggrappandosi alle sue gambe, un strano bagliore arancione fuoriesce dal suo corpo mentre le sue pupille di allungano e la iride diventa cremisi. “Il suo battito è cattivo, Kurama ha paura”.
Iruka spalanca gli occhi, battito? Che con quel nome, battito, intenda il chakra? Allora significa che Sasuke-kun li sta seguendo, come ha fatto il piccolo ad accorgersene?
“Non sono un moccioso!” urla improvvisamente Naruto aggrappandosi ancora più stretto alle gambe dell’adulto mentre il manto svanisce lentamente com’è comparso.
“Cosa?” chiede Iruka confuso da quel repentino cambio di umore. Naruto solleva gli occhi blu offesi verso di lui e con un adorabile broncio dice:
“Kurama mi ha dato del moccioso. Io non sono un moccioso, vero Iruka-san?”
Lo guarda, le labbra piegate e gli occhi incerti, gli stringe il cuore e fa male un po’ ovunque perché per la prima volta la sente sulla sua pelle la mancanza dell’Uzumaki.
“No, non sei un moccioso” decide di rispondere alla fine accontentandolo.
“Esatto” si stacca e mostra le manine al cielo chiuse in pugni, si guarda intorno e urla verso i tetti, verso la presenza che sente ma che non può vedere. “Io non ho paura di te, vieni fuori e combatti se ne hai il coraggio!”
Iruka prega intensamente che l’Uchiha non sia così crudele da prendere alla lettera il farneticare di un bambino un po’ spaccone. Fortunatamente, nella via non scende nessun ninja con intenti omicidi e il piccolo Naruto si gira orgoglioso verso il giovane uomo. “Hai visto quanto sono coraggioso?”
“Lo sei moltissimo” lo vezzeggia spettinandogli i capelli stopposi e pieni di nodi. Si allontana leggermente infastidito mentre cerca di rimettersi con le piccole manine i capelli ai loro posto.
“Neh, Iruka-san” lo chiama poi indicando le teste degli Hokage  “Ma quei brutti musi chi sono?”
L’insegnante ride. “Quelli, Naruto-kun, sono gli Hokage, dei supereroi fortissimi. Oggi ne ha conosciuto uno” aggiunge indicando l’ultimo volto che è stato scolpito.
“Ma chi? Il vecchietto?”
“...Vecchietto?”
“Certo, ha tutti i capelli bianchi, come i vecchi!”
“O-i, guarda che in realtà non è tanto più vecchio di me. Ed è fortissimo!”
“Seh. Io posso fare di meglio!” annuisce convinto portandosi le braccia dietro la testa e accentuando il suo sorriso sghembo “Anzi, sai che dico? Diventerò uno di quei Hokage, diventerò il più forte di loro dattebayo!”
Iruka si ferma in mezzo alla strada, lascia le braccia inermi lungo i fianchi e lo guarda con la bocca aperta, gli occhi spalancati e si rende conto di avere veramente davanti a sé un fantasma.
Tutto questo non può essere vero, si dice e stringe le mani a pugno. Oppure quel bambino è vivo, sa bene che i fantasmi non sono nulla, sono gelidi e non hanno carne e lui ha sentito la stretta sulle sue gambe, quando lo ha abbracciata ha sentito il calore di quel corpicino e il cuore che batteva regolare, quel muscolo pulsante c’è. C’è carne, c’è sangue e c’è vita. C’è un sorriso, ci sono i capelli biondi, c’è quella buffa espressione, lo sguardo deciso e blu, c’è gioia e coraggio, c’è Naruto in quel bambino.
Ma Naruto è morto, com’è possibile?
 
**
“Allora, cosa ne pensi?”
Sasuke entra nella stanza, per tutto il giorno ha seguito Iruka-sensi con il piccolo impostore nascosto tra i tetti delle case, non si aspettava che il bambino si accorgesse della sua presenza. Ripensa come ha definito il chakra, battiti del cuore, pensa anche a cosa ha aggiunto, oscuro; pensa a come rideva, a come si è sporcato con il ramen, a quello che sbraitava e come tendeva le piccole manine verso l’alto.
Nell’ufficio dell’Hokage sono rimasti solo Kakashi e Iruka, il bambino è crollato addormentato sfinito dopo la lunga giornata sul pavimento. Ha la stessa espressione che aveva Naruto quando dormiva, stringe le manine vicino al viso e il petto si solleva a ritmo regolare.
“Cosa dovrei pensare?” dice freddamente all’Hokage, non riesce a togliere lo sguardo da quel corpicino minuto e non sa cos’è quella morsa che prova dentro al cuore, se odio o amore, non sa se vuole ucciderlo o proteggerlo con tutte le sue forze.
“Non lo so” ammette l’uomo passandosi una mano sul viso stanco, è tutto il giorno che cercano di capirci qualcosa.
“E’ fin troppo uguale a lui. Sembra che qualcuno lo abbia rispedito indietro” sussurra Iruka.
“Non credo a queste cose”
“E allora a cosa credi, Sasuke-kun?”
Si avvicina al bambino che forse percependo il suo chakra nell’incoscienza del sonno si agita leggermente, sfiora con le dita quei capelli biondi e poi scuote la testa.
“Non credo che sia il Naruto che conosciamo noi. I morti non tornano indietro” dice alla fine lasciando andare la ciocca di capelli che ha tenuto tra le dita “Cosa avete intenzione di fare, adesso?”
“Niente” risponde Kakashi “Non ha addosso nulla di sospetto per farlo considerare un nemico. Domani farà dei controlli per vedere se si tratta di un jutso o altre diavolerie. Se risultasse pulito, vivrà nel villaggio. In fondo, si tratta di un bambino che ha bisogno di aiuto, ed è anche il Jinchuurike del Kyuubi”
Iruka annuisce, Sasuke non dice niente.
 
 
**
Due giorni dopo
A Naruto  quella nuova casa piace, è grande e ha un letto morbido su cui saltare, lo pensa mentre zampetta allegramente verso la porta dove dall’altra parte qualcuno bussa con insistenza.
“Yo, Naruto-kun” quando apre la parte (a fatica, perché la maniglia è troppo in alto per la sua bassa statura) trova una bella ragazza a salutarlo, la riconosce: è quella che piangeva due giorni. Inclina la testa e la guarda attraverso gli occhi socchiusi stringendo le labbra in una smorfia pensierosa.
“Cosa vuoi?” chiede scorbutico.
La ragazza si congela e sembra restarci male per quella risposta così brusca e lui si sente in colpa e allora la fa entrare. “chi sei?”
“Sono Sakura” si presenta guardando la stanza che sebbene sia abitata solo da un giorno è già in condizioni pietose “Hanno deciso che io sarò la tua dottoressa, perciò verrò ogni settimana a controllare la tua salute” aggiunge inclinandosi verso di lui facendogli l’occhiolino, poi si rialza e si dirige verso la tavola per appoggiare la borsa.
“Uh? Altri controlli? Che noia, dattebayo” sbuffa perché è da ieri che gira per l’ospedale a fare cose noiosissime e adesso vuole giocare un po’. Appena termina la frase Sakura si immobilizza, le mani stretta sulla tracolla e gli occhi sbarrati, il respiro si immobilizza tra le sue labbra.
“Tutto bene?” chiede il bambino accorgendosi dello strano stato della ragazza e avvicinandosi a lei.
“Oh? Certo che sì” si riscuote girandosi a guardarlo con uno sforzatissimo sorriso sulle labbra “Solo, non dire più quella parola, per favore”
“Uh? Che parola?” chiede ingenuamente spalancando gli occhi chiari.
“Dat-tebayo” dice tremante.
“Eeeh? E perché non posso dirla, a me piace. E non lo faccio apposta, ‘tebayo”
“Ma ti ho detto di non dirlo!” scatta Sakura, urla, e sbatte con rabbia la mano sul tavolo. Il bambino si ritrae spaventato, gli occhi grandi di paura e la guarda con la bocca spalancata , sembra a un passo dalle lacrime.
Haruno prende un grande respiro e chiude gli occhi maledicendosi, perché deve sempre lasciarsi andare così tanto ai sentimenti? Perché per una volta non può essere calma e imperturbabile come lo è Sasuke-kun? Perché non c’è Sasuke-kun? Lui saprebbe cosa fare, lui è bravo in tutto quello che fa.
“Mi dispiace” sussulta, il piccolo bambino si è aggrappato al suo vestito stringendolo con forza “Scusami, non lo faccio più, ma non piangere”.
Si passa una mano sulla guancia, la trova umida con sorpresa, è proprio un disastro; si era imposta di restare calma e lucida, di essere gentile e paziente, invece ha iniziato subito a piangere come la solita bambina.
“Sto bene” dice mente cerca di fare un altro sorriso rassicurante davanti allo sguardo dubbioso del bambino; il suo cuore sussulta quando il piccola allunga l’altra manina facendola scivolare tra i suoi capelli rosa.
“Sono molto belli” dice rapito fissando le sfumature che fanno le ciocche colpite dal sole “Hanno lo stesso colore di certi fiori nella foresta”.
“Ti- ti ringrazio” balbetta sentendosi come colpita da mille aghi. Non può farcela, non ci riuscirà mai.
“Neh, Sakura-Chan!”
“Che vuoi, bakamono-Naruto?”
“Certo che i tuoi capelli sono molto belli. Quando li avevi lunghi erano bellissimi, ma così corti mi piacciono ancora di più!”
 
Un tonfo la riscuote da quel ricordo, la borsa è caduta a terra provocando quel rumore. La fissa, non sente nulla, nemmeno la voce insistente del bambino che la chiama chiedendole se sia tutto okay, nel suo cervello tutto si è azzerato, c’è silenzio e il suo cuore che batte regolare.
Tum, tum, tum.
Abbassa lo sguardo, Naruto è ancora aggrappato al suo vestito e muove la bocca ma non esce nessun suono e ha i graffi sulle guance proprio come lui, e gli occhi blu spalancati come lui, il viso rotondo come lui, la bocca come lui e—
“Io... io devo andare” dice scoprendo si sapere ancor parlare.
“Cosa? Ma sei stata pochissimo. Non andare via” sente finalmente, il bambino si aggrappa con più forza ai suoi vestiti.
“Devo andare” ripete meccanicamente, con uno scatto della mano stacca quelle del bambino, non vuole essere toccata, non può aggrapparsi a lei con quelle mani uguali a quelle di lui. “Devo andare”
“Ma...”
“Devo andare!” strilla, gli occhi spalancati, il viso distorto dalla paura e da qualcosa che non riesce a capire, odio o pietà?
Molla la presa sui suoi vestiti e la guarda immobile mentre sbatte con forza la porta alle spalle, Naruto non ha capito, Naruto si sente sbagliato.
 
Sakura corre via lontana, corre e piange come una disperata e non sa nemmeno dove sta andando finché non sbatte contro il petto di un uomo.
“Sakura-chan?” chiede sorpreso Iruka-sensei guardando le lacrime che scendono dagli occhi verdi, porta le dita sulla faccia della ragazza nel tentativo di asciugarle. “Che succede Sakura-chan?”
“Sensei!” fa disperata, aggrappandosi alle sue spalle e nascondendo il volto sul suo petto, si aggrappa con tutte le sue forze, disperata come solo una persona passionale come lei può essere.
“I-io n-n-o-n vo-voglio” soffia tra le lacrime, singhiozza e balbetta “No-n-n vo-vog-lio p-più-ù ve-ved-erlo”
“Parli di Naruto?” indaga cercando al contempo di rassicurarla facendo passare le sue mani lungo la schiena tremante della ragazza.
“NO!” grida aggrappandosi ancor più forte “Lui-i no-on è Na-ru-to. È un-n mo-mostro, un impo-posto-re. Pe-perché ha-a pre-so il-il pos-sto di—.”
“Va tutto bene” la rassicura “non devi rivederlo se non vuoi, non sei costretta. Kakashi-san manderà qualche altro medico. Va tutto bene”
“Na-ru-to” balbetta “Pe-perc-hé ha l-la su-uah fa-faccia?”
“Non lo so” le da qualche pacca sulla spalla “Non lo so”.
 
Sakura è pietosa, lo pensa Sasuke che ha visto tutta la scena dal cornicione della casa del piccolo Naruto. Scuote la testa e torna a spiare l’interno, il bambino fissa ancora la porta, le mani ancora sollevate dove prima stringeva il vestito di Sakura. Non sta piangendo, ma trema leggermente, lo vede portarsi le braccia al petto.
“E’ andata via” dice, come a rimarcare l’ovvio. Si sposta sul letto dove ci si getta sopra con un balzo.
“Perché sono solo?” chiede, ha gli occhi liquidi e stringe il cuscino tra le braccia bisognoso di un abbraccio vero.
Non sei solo, Naruto. Ci sono io con te. Gli risponde Kurama nella sua mente
 
**
La gente e cattiva e parla tanto, i loro sussurri sono taglianti come vetro e si spostano veloci fra le vie spinti dal vento, arrivano di casa in casa e ogni sussurro porta parole cattive e sguardi carichi di odio e disprezzo.
È passato un anno da quando il bambino che dice di chiamarsi Naruto è arrivato alle porte del villaggio, un anno da quando Sasuke ha preso a seguirlo di nascosto, da quando ha messo piede in quelle vie. Gli abitanti di Konoha avevano visto nel piccolo un demone, l’idea si era rafforzata con la presenza del kyuubi dentro di lui, un demone che aveva ucciso l’amato eroe del Villaggio della Foglia e rubato il suo corpo per vivere e perseguitarli. Odio gridavano i loro sguardi, assassino le loro parole, dicevano ai propri figli di non parlargli, di non guardarlo, ignoralo è un mostro, perché è ancora qui?, perché l’Hokage non lo manda via?, mostro, mostro, mostro.
Naruto camminava con sorrisi allegri tra quelle parole piene di odio, mostro, e la gente si scansava, lo ignorava come se non esistesse. Era doloroso per il piccolo essere ignorato o guardato con tanto odio, non capiva cosa avesse fatto di male, non trovava senso in tutti quegli sguardi e non capiva perché le poche persone che gli parlavano con gentilezze poi iniziassero a piangere. Non capiva, cos’aveva di sbagliato?
Sasuke non sa cosa prova per quel corpicino tutto , non sa cosa lo spinga a seguirlo ogni giorno, a spiarlo e fissarlo. Lo segue la mattina, il pomeriggio e la sera, di notte lo guarda dormire e non va a casa finché non s’assicura che non gli capiterà niente, che sarà al sicuro. Lo sa che il demone della volpe lo protegge, ha già visto più volte il chakra del novecode avvolgerlo per proteggerlo dalle rovinose cadute frequenti nelle sue corse vivaci, solo che non riesce a lasciarlo solo.
Lo odia perché ha la faccia del suo Naruto, ma non può non proteggerlo: è come se gli sia stata data una seconda possibilità.
È cresciuto da quando è arrivato e i vestiti che gli erano stati regalati da Iruka non gli vanno più (a proposito, il maestro ha iniziato a venire a salutarlo sempre meno perché è impegnato con l’Accademia e il biondo ormai passa le giornate in completa solitudine) e quando va in giro i pantaloni sono troppo corti e lasciando scoperti parecchie centimetri di caviglia. Guarda la tuta arancione che tiene in mano, non sa perché gliela abbia comprata, è stata una cosa istintiva, l’ha vista in un negozio e l’ha presa, tutto qui. Gliela appoggia sulla sedia e poi lancia uno sguardo al bambino addormentato, la testa bionda spunta appena dall’ammasso di coperte sotto cui si è rifugiato.
È così indifeso, potrebbe ucciderlo adesso e la volpe nemmeno se ne accorgerebbe. Ma non lo fa.
Lo vede agitarsi e sbadigliare, si fa attento e velocemente come è entrato esce dalla stanza per non essere visto dal bambino che si sta svegliando. Lo guarda mentre si stropiccia gli occhi con le manine, poi si alza a sedere e le coperte scivolano dal suo corpo scoprendo il pigiama azzurro con i pinguini. Si guarda intorno, convinto di non essere solo con lo sguardo assonnato che si illumina non appena lo posa sui vestiti nuovi; elettrizzato scende dal letto gettando di lato le coperte e zampetta con i piedi scalzi fino alla sedia, accarezza la stoffa con le dita, un sorriso meraviglioso sulle labbra.
“Guarda,Kurama, è bellissima!” esalta tutto felice con la volpe che porta dentro. Poi alza lo sguardo e sempre con quel bel sorriso guarda il soffitto, come se stesse vedendo il cielo. “E’ stato lui, vero?”
 
**
Naruto sta giocando sull’altalena, dondola lentamente e guarda i muri dell’Accademia, ha sei anni a e fra pochi mesi potrà andarci anche lui. Vuole diventare forte come il maestro Iruka, anzi di più! Vuole superare i supereroi scolpiti nella roccia ed essere così amato da tutti, la gente ama gli eroi quindi se lo diventerà non dovrà più subire quegli sguardi pieni di un incomprensibile rancore.
Sente la campanella suonare e decretare la fine delle lezioni, la porta di apre e tanti bambini escono dall’edificio, alcuni portano cartelle sulle spalle, altri ridono tra loro. Ci sono i genitori e li accolgono a braccia aperte, i figli ci si gettano veloci oppure scappano ai baci con “Mamma, ma io sono grande!”
Vede un bambino prendere la mano del padre, vede una ragazza pettinare i capelli della sorella e due genitori battere pacche orgogliose sulle spalle del figlio.
“Kurama, ma dov’è la mia famiglia?” chiede aggrappandosi con più forza alle corde dell’altalena mentre dondola sempre più in altro.
“Kurama?” chiama quando non ottiene risposta.
I tuoi genitori sono dovuti andare via, ma hanno lasciato me con te in modo che potessi proteggerti al loro posto.
Sorride. “Sono stati gentili. Ma vorrei che fossero qui con me”.
Non ti basto, moccioso?
Ride. “Sì, tu mi basti, volpaccia” salta giù dall’altalena e atterra appoggiandosi con le mani per non cadere in avanti. Alcuni dei genitori lo hanno visto e lo guardano con disapprovazione, tengono nascosti i figli dietro le proprie gambe.
“Be’, che avete da guardare?” bercia gonfiando le guance graffiate “Io non vi ho fatto niente!” e scappa via tra gli alberi lasciandosi alle spalle quegli sguardi che gli bucano la schiena.
Sasuke, accovacciato tra i rami degli alberi, lascia vagare gli occhi ancora per qualche secondo sull’altalena che continua a dondolare sempre più piano fino a fermarsi, poi lo segue.
**
Naruto aveva compiuto sette anni aveva pensato che andando all’accademia tutto sarebbe migliorato, che avrebbe finalmente incontrato qualcuno con cui ridere e passare il tempo (oltre che con la vecchia volpe, si intende)
Invece nella scuola ha trovato gli stessi sguardi carichi di odio che trova per strada, solo che alcuni adesso lo insultano apertamente e gli fanno dei dispetti orribili. Aveva sperato che Iruka-sensei potesse renderlo meno solo, magari essere gentile e consolarlo, ma lo tratta come tutti gli altri studenti, spesso lo rimprovera perché non fa i compiti per casa e non segue attentamente le lezioni. Si sente ignorato, per questo si è trasformato in una piccola peste: dipinge cose oscene sui muri dell’Accademia, tira i gessetti contro Iruka, mette le rane nella borse delle sue compagne e tanti altri dispetti, ma non funzionano e riceve solo insulti e strigliate cattive.
È seduto sull’altalena, nessuno la usa e allora fa compagnia lui a quel vecchio gioco, e guarda i compagni mangiare la merenda preparata dai genitori mentre il suo stomaco brontola perché lui non ha niente da mangiare, la mattina si è alzato tardi e non c’era nessuno ad avergli preparato qualcosa. Si spinge lentamente per distrarsi dalla fame, ne ha tanta, e ignora i bambini che lo guardano e bisbigliando.
 
“Sono a casa!” grida quando apre la porta e sebbene sapesse già che nessuno avrebbe risposto il silenzio lo colpisce comunque come un pugno in piena faccia. Richiude la porta alle spalle e i suoi occhi corrono a uno strano contenitore sopra il tavolo, curioso si avvicina e lo guarda con gli occhi spalancati, un principio di sorriso gli compare sul volto. Lo apre con un po’ di difficoltà perché è chiuso ermeticamente ma quando finalmente toglie il coperchio il suo viso si illumina e spalanca completamente la bocca incapace di contenere il sorriso: dentro ci sono degli onigiri e hanno un aria buonissima.
“E’ stato lui, non è vero?” urla eccitato a Kurama che può sentirlo benissimo anche se non strilla così tanto, come gli fa notare. Naruto ride e ignora quel tono burbero unendo le mani tra di loro, alza lo sguardo e dice:
“Itadakimasu¹”
**
Fa freddo, i respiri delle persone si condensano in nuvolette che salgono verso il cielo grigio, qualcuno dice che fra un po’ nevicherà e che è strano tutto quel gelo in una città calda come Konoha, sarebbe la prima nevicata dopo undici anni.
Naruto sfrega le mani tra di loro protette dalla lana di alcuni vecchi guanti che ha ritrovato a casa e ci soffia sopra per riscaldarle, ha la punta del naso rossa e una sciarpa troppo grande striscia fino a terra. Ha chiesto a Iruka-sensei di mangiare del ramen insieme da Ichiraku ma lo shinobi lo ha liquidato velocemente con un sorriso di scuse perché doveva correggere i compiti, ha anche ribadito il fatto che il bambino non li avesse fatti tutti. Quindi adesso è solo e andare a mangiare il ramen da solo non è una bella cosa per questo è andato all’alimentari e ha comprato delle scatole di ramen preconfezionato da scaldare a casa, le tiene dentro una borsa di plastica che sbatte con insistenza contro il suo fianco.
C’è un grande andirivieni di persone per la via, tutti stretti nel propri cappotti scuri e le mani ben nascoste nella tasche, le sciarpe alte fin sopra il naso e Naruto si sente infinitamente basso in mezzo a tutte quelle persone alte e rese grosse per tutti i vestiti che indossano. Si stringe nelle spalle e cerca di scivolare fra la folla ma un uomo lo colpisce  con il gomito alla schiena e per non cadere mette le mani avanti aggrappandosi al cappotto lungo di un’altra persona, la borsa gli scivola dalla spalla rovesciando per la strada gelata tutta la sua spesa.  Fa un gemito strozzato perché cadendo ha sbattuto il ginocchio e adesso gli fa male.
“Ma guarda dove vai, brutto ba—” La voce stridula della donna a cui si è appoggiato si spegne quando il bambino punta gli occhi blu sul viso dell’estraneo per chiedere scusa. Gli occhi della donna sono attraversati da un lampo d’odio e con uno scatto lo allontana con sprezzo. “Non mi toccare” sibila.
Le persone si sono fermate a guardare la scena e bisbigliano fra loro mentre la donna si allontana con passi secchi e furiosi lamentandosi con la propria amica, come se fosse stata contagiata da una brutta malattia, e guardano il bambino raccogliere le sue scatole di ramen istantaneo e metterle nella borsa con le mani tremanti per il freddo, nessuno alza un dito per aiutarlo. Lo guardano dall’alto della loro statura con gli occhi  socchiusi in disprezzo e cappelli calati sul viso.
Perché? Perché lo guardano così? Che cosa ha fatto per meritarselo?
In uno sprizzo di orgoglio raddrizza la schiena tenendo la borsa con presa sicura, le ciglia arcuate nel viso distorto dalla rabbia, li guarda tutti e ogni volta che incontra gli occhi di uno di loro quello distoglie lo sguardo, come se la sola vista gli facesse ribrezzo. Gonfia le guance e sbraita: “Si può sapere che cosa vi ho fatto?! Smettetela di guardarmi così!” sente gli occhi pizzicare, le lacrime lottare per uscire e ha un nodo in gola che gli fa morire le parole.
“Io diventerò l’Hokage più forte, ve lo farò vedere ‘teb-bayo!” grida prima di dare la schiena a quel muro di persone e correre in una via secondaria verso casa. Sta correndo da pochi minuti quando va a sbattere contro qualcun altro.
“Mi scusi” soffia senza alzare il viso perché non vuole essere riconosciuto, non vuole vedere ancora quello sguardo.
“Naruto-kun?” conosce la voce e la sorpresa gli fa sollevare il volto verso la ragazza dai capelli rosa avvolta in una sciarpa verde.
“Sakura-chan!” dice ma la felicità gli muore in gola non appena vede gli occhi della giovane donna iniziare a tremare, pronti ad accogliere le lacrime che scenderanno lungo il viso pallido.
“Naruto-kun” ripete con quella voce sorpresa, come se avesse visto un fantasma
  Digrigna i denti. “Perché... perché ogni volta che mi vedi inizi a piangere?” sussurra senza reprimere la rabbia.
Sakura ripete il suo nome con il tono inclinato, tremante, e solleva una mano per toccare la testina bionda del bambino ma lui la scaccia con furore e riprende a correre verso casa con il cuore pesante e troppe domande in testa.
 
Quando entra a casa ha gli occhi umidi e le guance tutte rosse, ma dopo aver corso così a lungo si sente bene, è contento che il cuore gli batti così veloce per la fatica e non per la rabbia. Lascia cadere la borsa a terra con poca grazia e le scatole di ramen rotolano per il pavimento, toglie anche il giubbotto, i guanti e la sciarpa, getta tutto a terra e accoglie con piacere il calore della sua piccola casetta. Muove le dita arrossate per scaldarle e tira giù la zip della felpa che indossa guardando la stanza disordinata, le magliette sporche sparse a terra, il letto da sistemare e le sua colazione ancora sul tavolo. Prende uno dei ramen in scatola che sono rotolati fuori dalla borsa e lo appoggia sul banco, il rumore sebbene lieve nella stanza silenziosa sembra un frastuono.
Mangiare il ramen da solo non è bello.
Fa un piccolo sorriso. “Perché non entri e ti fai vedere? Riesco a sentire il battito del tuo cuore, lo so che ci sei”.
Sasuke seduto sul cornicione spalanca mitemente sorpreso gli occhi. Il bambino da dentro la casa continua a parlare:
“Tu mi segui praticamente da sempre, sei tu che mi sistemi i vestiti nell’armadio e che mi compri le verdure, vero? Lo so che sei fuori vicino alla finestra, a volte ti siedi sopra il tetto. Perché non entri?”
La finestra si solleva e una ventata di aria gelida entra dentro la casa colpendo le spalle del bambino e facendo ondeggiare la felpa aperta, sorride apertamente e il cuore gli batte furiosamente nel petto né per la rabbia e né per la corsa, crede sia l’emozione.
“Io lo so chi sei...” dice socchiudendo gli occhi e girandosi verso la persona che è entrata nella stanza. È un ragazzo sui vent’anni alto e bello, sembra una statua di perfezione e armonia coni capelli neri che gli coprono una parte di volto, gli occhi scuri e grandi che lo fissano senza nessuna particolare emozioni, lucidi come le pietre nere; Il naso è dritto e lungo, la bocca piccola e la pelle chiara come la neve, un viso ovale e dolce. Indossa uno strano mantello nero per proteggersi dal freddo.  Lo guarda e non dice niente, lo guarda e basta.
“Io lo so chi sei” ribadisce il piccolo Naruto allacciando le mani dietro alla schiena, sorride allegro e felice.
 “Tu sei un angelo, vero?”
 
 
 
 
 
 
NDA.
Chi mi legge, sa benissimo quanto io sia logorroica e quindi dubito sia sorpreso dalla lunghezze del testo (sedici pagine di word auf auf), per quelli nuovi che sono arrivati fin qui: complimenti!
Nella mia testa era nata come una one-shot, solo che non potevo buttarvi trentacinque pagine tutto in un colpo, vi ammazzavo (non che adesso io abbia risolto lol) quindi l’ho divisa in due.
EEEEee, in certi punti mi sono messa a piangere come una matta, da sola, tipo che passavano i miei e mi vedevano piangere davanti al computer. NORMALISSIMO! Sì, mi rendo conto di aver fatto una cosa abbastanza angst ma non trovate che il piccolo Naruto con il pigiama azzurro con i pinguini sia una cosa totalmente tenerella? (Perché parlo come Leopardi?)
Detto questo, lascio la parola a voi (sempre che siate sopravvissuti fin qui hahah) e alle vostre recensioni/critiche/lacrime/pomodori che fate tanto felice Sas’ke/ramen/mele/fragole/commenti e tutto il resto, si accetta ogni cosa qui! No, dai seriamente, non lasciatemi da sola in questa valle di lacrime auto creata T_T
 

 
Lo so che in tutti gli anime lo traducono con buon appetito, in realtà è un ringraziamento, letteralmente dovrebbe essere “Io ricevo qualcosa” e lo si dice in segno di umiltà, tipo: “Grazie per avermi offerto questo cibo”.
Quindi boh, parentesi lessicale molto brutta perché le cose non so spiegarle io.
   
 
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