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Autore: AnastasiaSmith    09/11/2015    2 recensioni
In cui Louis scrive una lettera ad Harry perché è tutto ciò che gli rimane.
E perché non è rimasto nessuno ad impedirglielo.
AU Harry/Louis!
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Part I.


E io a chi lo dirò tanti auguri a te, quando deciderai di allontanarti?

 


Harry.

Non ti scrivo da tanto e, probabilmente, avrai anche dimenticato la mia calligrafia, o il modo disordinato in cui scrivo.
Sorrido al pensiero di te, che invece sei sempre così ordinato.
Ti sei dimenticato anche di tutti quei fogli che trovavi nella doccia, e nei panni da lavare, e sulla tua scrivania?
Di quelli sul bancone della cucina e sotto i sedili della macchina, pieni di parole e canzoni che parlavano di te?

Da quanto tempo ti sei dimenticato di me? E, ti sei dimenticato davvero, di me?

Voglio scusarmi con te, Harry, perchè sono senza speranza,
e perchè è la prima cosa che fanno tutti, quando dopo tanto tempo tornano a casa, no? Scusarsi.
Scusa se sono stato via tanto, ora tornerà tutto come prima, non ti lascerò più sola perchè casa è casa, ed è dove voglio restare.
E se poi casa non ti vuole più? È successo a noi.

Tu non sei più la mia casa.
E quello che mi manca più di casa, lo sai, è il perdono. 

Tu non sei qua a perdonarmi: sei da qualche parte, dove nessuno può parlare con te o non vuole parlare di te, e ti starai divertendo.
Da solo, in compagnia.
Mi importa solo del fatto che mentre io sono qua a scriverti una lettera che imbucherò solo con il tuo nome,
perchè indirizzi per rintracciarti, amore mio infinito, non ne ho, tu stai vivendo la tua vita come hai sempre voluto: senza di me.
Ma ti scrivo lo stesso perchè, anche se non ti interesserà, purtroppo,
non è rimasto nessuno a perdonare i miei errori e se non c'è nessuno intorno a me, io non posso perdonarmeli da solo.
Le persone se ne sono andate, dando ragione a te su una questione che non li riguardava neanche.
Tu te ne sei andato e. Il silenzio non è te.

Il silenzio non può urlare, parlare, negare, sussurrare o sbuffare e se lui non può perdonare, io non posso perdonarmi;
tutto quello che ho fatto, le cause per cui l'ho fatto e gli scopi che ho provato a raggiungere, per me hanno senso.
Ma forse per il mondo no. E se il mio mondo sei tu, che senso ha più, vivere.
Sarà difficile, ma solo per me; tu continuerai a ridere, a pensare lucidamente,
magari tornerai a scrivere quelle poesie che amavi creare.
Me le raccontavi a tarda notte, o a primo mattino, quando finivamo di fare l'amore:
iniziavi a scuotere le mani, a fare espressioni buffe mentre recitavi quasi a memoria quelle righe piene di significati che non capivo.
Fu forse quello il mio errore?

Non capire quello che mi nascondevi, quando me lo palesavi, quasi a pregarmi,
Louis, amore, ti prego capiscimi, così potrò piangerti addosso?
Non le concludevi mai, le tue poesie.

Mi manca qualcosa, il finale, capisci Louis?
Ora che non ci sono, li hai trovati, i tuoi lieto fine?

Ricordo con malinconia quel giorno maledetto in cui tutto crollò.
Il fatto è che, non lo capii, che tutto mi stava crollando davanti, lo sai?
Quella mattina mi baciasti, accarezzandomi come fosse l'ultima volta sulle guance, e con gli occhi lucidi.
Mi dicesti che ci sarebbe stata una sorpresa ma, da quando le sorprese non sono belle?
Questo da piccolo non me lo hanno insegnato: mio padre mi insegnò come calciare un pallone,
mia madre come chiedere scusa, mia nonna come amare la natura.
Avrei voluto saperlo, che le sorprese non sempre sono giocattoli o proposte allettanti, ma anche addii.
Tristi, felici, aspettati ed inattesi.
Poi te ne andasti, facendomi promettere di farmi trovare al nostro ristorante preferito all'ora di cena;
restai in fibrillazione tutta la mattinata, fino a quando.

Fino a quando.

Quel pomeriggio tardi, molto tardi, mentre mi preparavo per la sorpresa, tornasti a casa.
Non dimenticherò mai il tuo sorriso e i tuoi occhi ubriachi d'amore.

Amore.
Non mio, non per me. E per chi era, quell'amore? mi chiesi.

Feci finta di niente, e tu mi portasti fuori, baciandomi le mani mentre guidavi, senza guardarmi neanche una volta;
credo fermamente che quell'amore persistente nei tuoi occhi non fosse per qualcuno,
ma solo per un'ideale: la libertà che stavi per raggiungere.
Eravamo ormai al dolce quando iniziasti un discorso farcito di Louis e di fiamma assopita e di credo sia meglio per entrambi.
Quel meglio, continua ad essere solo per te.
E di lacrime ne versai, non troppe, non quante avrei voluto, ma ci furono.
Ci furono i perchè che non spariranno mai, le dita attorcigliate tra loro mentre provavo a non piangere davanti a mia madre,
che non sapeva niente.
Oppure quando cercavo di non guardare negli occhi i nostri, i tuoi, amici,
che sotto commissione svuotavano il nostro nido d'amore di te.

Ci furono i cuscini rotti, le foto nei cassetti chiusi a chiave e le occhiaie davanti al computer mentre scrivevo di te,
nelle canzoni che penso continui ad odiare. Ci fu tutto questo: ma per te?

Tu le lacrime le hai versate, i groppi alla gola li hai sentiti,
i segni dei denti sulle tue labbra ti mancavano, i miei occhi in testa li hai immaginati?
Hai mai pensato di cercare qualcun'altro per scaldarti la notte, o da stringere a te?
Lo hai trovato?

Ora ti racconto una storia, so che ti piacciono.

Appena ebbi il coraggio di raccontare tutto a qualcuno, quel qualcuno fu uno sconosciuto:
ero da solo per una strada sperduta di Doncaster, mentre fissavo in lontananza della gente ballare in una piazza, ad un concerto.
Se mi ricordi appena un poco, sai già che mi avvicinai.
Non troppo, perchè tutt'oggi ancora il coraggio di vedere persone innamorate senza vedere noi nei loro occhi,
a ballare e stringerci e amarci, non lo ho.
Mi sedetti su di una panchina bagnata, mentre tiravo giù il cappuccio della felpa e vedevo un'ombra avvicinarsi.
Mi chiese perchè non ballavo. Gli risposi che non avevo nessuno con cui ballare.

Allora lui si sedette vicino a me, e mi chiese chi avevo perso e chi aveva avuto il coraggio di abbandonarmi nella ballata della vita;
quella sera, tirai fuori dal mio corpo tutto quello che avevo e che ho di te e lo buttai là, davanti a quell'uomo,
per chiedergli di comprare ogni cosa che possedevo e liberarmi. Non battè neanche un'offerta, in quell'asta dei poco vissuti.
Ma disse una frase che ricorderò sempre: alla fine di un viaggio ci viene restituito quello che non era destinato a noi.

 È per questo che tu porti dentro di te, piccolo e squarciato, il mio cuore,
ed io non riesco a liberarmi dei tuoi difetti, modellati da me a pregi?

Ogni singolo giorno, te ne vai cento passi più avanti e lontano da me, con tutto quello che avevo di bello che ti ho donato,
e io me ne vado cento indietro per fare sembrare la distanza meno violenta, e più graduata, voluta da entrambi.

Quello che fa più male, è che, a modo tuo, andrai avanti.

Camminerai e ti alzerai senza bisogno della mia mano a sorreggerti.
Salterai muri che io provavo a distruggere, perché preferirai la via più facile per essere te stesso.
Ti ribellerai da chi ti bloccherà, senza il bisogno di piangere sulla mia spalla, perché sarai cresciuto.
Correrai da chi vuoi, abbraccerai chi vorrai.

Vivrai.

Ed io che farò? Ti aspetterò, e camufferò l’attesa giocando a carte con quel silenzio che non mi ascolta:
lui metterà sul tavolo i motivi per cui dovrei rinunciare, e io gli lancerò addosso la carta nascosta,
che contiene tutte le volte in cui mi hai ascoltato, facendomi sentire capito e felice.
Non demorderò, neanche quando la partita la vincerà sempre lui, perché l’attesa sarà infinita come la mia pazienza,
mentre invece lui si stancherà di lottare e, forse, sarà di nuovo sostituito dal tuo rumore.

Il tuo rumore è la mia musica preferita.

E gli ho detto addio, al rumore.
Ho appena svelato il motivo per il quale questa lettera pregherò ogni notte che ti arriverà: è un addio.

Anzi, no. Non ti sto dicendo addio, perché addio non sarò mai capace di dirtelo,
ma ti sto dicendo che mi dimenticherò, in un futuro sconosciuto a noi, di alcune cose.
Quelle piccole cose che erano solo nostre, solo tue, oppure erano di nessuno:
mi dimenticherò la profondità delle tue fossette, ma ricorderò la prima volta che mi dissi ti amo.
Mi scorderò il colore dei tuoi stivali preferiti ma ricorderò le parole esatte con cui mi dicesti di non farcela più;
mi dimenticherò da quale occhio scese la tua prima lacrima, la prima volta che piansi davanti a me,
ma ricorderò la tua canzone preferita quando la sentirò alla radio.

Mi scorderò di te, ma non di te.

Mi dimenticherò quelle piccolezze che rendevano questo amore così grande ma non quelle grandissime cose che lo rendevano amore,
che poi amore non lo era, perché per esserlo doveva essere ricambiato, e visto che i dubbi sorgono, Harry,
e se amore non lo fu se non nella mia testa?
Ormai lo annuncio come fosse da sempre solo e soltano un’innata e sconclusionata passione che non avrà mai fine.
E.

Come si conclude un lettera come questa?
Ce l’ho.

Io la tua calligrafia la ricorderò sempre, se volessi scrivermi, amore mio infinito:
non avere paura di me, mai.
Ti amerò come ti amo ora,
Louis.

 

 

 

 

 

 

  
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