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Autore: Emily27    10/11/2015    6 recensioni
A volte è così bello, d'aver paura che non sia vero. O troppo doloroso da desiderare che non sia vero.
E un giorno tutto può cambiare.
(Continuazione della oneshot "Adesso che te ne vai", ma non è necessario averla letta)
Genere: Romantico, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Jackson Hunt, Javier Esposito, Kate Beckett, Richard Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Goodbye kiss



 
Era lunedì mattina e Kate si stava recando alla sede dell'FBI. Il traffico era lento, le nubi nascondevano il sole e lei veniva da un fine settimana tutt'altro che riposante. Eppure non si sentiva stanca, anzi, era piena di energia. Non era nemmeno spazientita dagli automobilisti imbranati e non vedeva il grigiore della giornata, perché nel suo cuore il sole splendeva. Si scoprì canticchiare e sorrise, sollevandosi per un istante ad osservare il suo volto nello specchietto retrovisore. Le piaceva vedere quella nuova Kate, senza più ombre nello sguardo.
Era stato come svegliarsi da un incubo. Non avrebbe mai dimenticato il dolore che l'aveva accompagnata per due anni, ma se lo era già lasciato alle spalle per fare posto ad una felicità assoluta, resa tale dall'essere arrivata all'improvviso, dopo tanta sofferenza.
Non sapeva quando avrebbe rivisto Castle, però il pensiero che lui fosse vivo da qualche parte nel mondo bastava a farla sentire leggera. Erano lontani, ma vicini con i loro cuori, che si parlavano silenziosi. Un giorno, Rick l'avrebbe nuovamente circondata nel suo abbraccio, le avrebbe ancora regalato il suo sorriso e le sue buffe espressioni. Un giorno tutto sarebbe ricominciato da dove si era interrotto.
L'unica nuvola in mezzo a quel sereno era rappresentata dal pensiero di Javier. Si sentiva tremendamente in colpa nei suoi confronti, per essersi legata a lui con troppa leggerezza, pensando solo a se stessa e al suo bisogno di aggrapparsi a quella storia per non cedere al dolore. Se solo nel suo intimo fosse stata più sincera, avrebbe evitato di illuderlo e fargli del male. Non se lo meritava. Ormai, però, non poteva più rimediare.
Due giorni prima aveva comunicato ad Esposito la sua inevitabile decisione. Ricordò le parole che gli aveva detto, le stesse che avrebbe pronunciato anche se Rick non fosse stato ancora vivo.
«Non sono pronta, Javier.»
Lui incassò il colpo e, con malcelata delusione, disse: «Desideri aspettare ancora? Mi sembravi convinta.»
Esposito, indubbiamente, si stava riferendo alla convivenza, così Beckett fu più chiara.
«No, io... Io non sono pronta per stare con qualcuno, per vivere una nuova storia. Me ne sto rendendo conto solo adesso.»
Javier tacque, limitandosi a tenere gli occhi nei suoi, guardandola dapprima con incredulità, che si trasformò poi in dolorosa consapevolezza.
Il silenzio era pesante, insopportabile per Kate, peggio di mille parole dure.
«Mi dispiace» disse con un filo di voce.
Lui lasciò trascorrere ancora qualche istante, quasi volesse punirla con il suo mutismo, tenendola sulla corda in attesa di una sua reazione.
Infine, parlò. «Ho sempre saputo che non avrei mai preso il posto di Castle nel tuo cuore, che lui per te sarebbe sempre rimasto l'unico e il solo, e l'ho accettato, mi andava bene così, perché comunque tra di noi esisteva qualcosa che mi faceva pensare alla possibilità di un futuro insieme, nonostante tutto. Evidentemente, qualcosa che vedevo solo io.» Il suo tono era pieno di amarezza.
«No. Non sarà stato sufficiente, ma io ti ho dato tutto quello che potevo dare.» Capiva che era una magra, magrissima consolazione, ma ci teneva che lui lo sapesse. «Ero sincera.»
«I tuoi baci, i tuoi gesti, le tue parole lo erano?»
«Sì» rispose lei. «Sì» ripeté annuendo. «Anche se involontariamente, so di averti illuso. Perdonami, Javier.»
In quel preciso istante, il suo cellulare trillò. Kate guardò il chiamante e non poté evitare di rispondere. Era il suo capo, che richiedeva la sua immediata presenza per un caso della massima importanza.
«Devo andare» annunciò con rammarico. Non avrebbe voluto farlo, non senza aver terminato quella conversazione. Lo salutò chiedendogli di rimanere a DC per parlare ancora, immaginando, però, che sarebbe salito sul primo aereo per New York.

Come aveva previsto, Esposito se n'era andato. Kate non voleva che tra di loro restassero parole non dette, così decise che avrebbe chiesto un giorno di permesso e sarebbe volata a New York.

Mezz'ora dopo era seduta alla sua scrivania, a sbrigare un po' di lavoro d'ufficio arretrato. Dopo un fine settimana frenetico, trascorso a dare la caccia e ad arrestare un terrorista, aveva accolto di buon grado quell'ordine da parte del capo.
Alzò gli occhi dalle scartoffie e osservò Rachel, intenta a sfogliare documenti. Ogni volta che la guardava, non poteva fare a meno di pensare a ciò che le stava nascondendo. Nonostante questo, non se la sentiva di essere arrabbiata con lei: al suo posto, avrebbe fatto esattamente la stessa cosa. Faceva parte del loro lavoro.
«Io e Javier ci siamo lasciati. O, per meglio dire, io l'ho lasciato» la informò. Nei giorni precedenti erano state così assorbite dalle indagini che non aveva trovato il modo di dirglielo.
McCord sollevò la testa e sul suo volto si lesse la sorpresa. Fu poi con espressione contrita che disse: «Mi dispiace.»
Dio che faccia tosta, pensò Beckett, immaginandola esultare nel suo intimo.
«Eviterò di dirti che avevo ragione» aggiunse trionfante.
«Me l'hai appena detto!» ribatté Kate. «Comunque sì, non ero pronta per una nuova storia» le concesse con un sospiro.
In quel momento, Hendricks passò loro accanto con la testa bassa, salutandole con un laconico ciao.
«Che gli è successo?» domandò Beckett aggrottando la fronte.
Rachel fece spallucce. «La ragazza lo ha lasciato.»
«Entro domani ne avrà trovata un'altra e riprenderà a fare lo spiritoso» prevedette lei sorridendo.
Firmò un incartamento, poi lo passò alla collega perché facesse altrettanto. Nel momento in cui McCord lo prese, il suo sguardo si soffermò un attimo di troppo sull'anulare sinistro di Kate, dove brillava l'anello di fidanzamento.
Si fissarono per alcuni lunghi istanti, finché sulle labbra di Rachel comparve l'ombra di un sorriso.
Kate pensò che se anche la sua partner avesse intuito che lei sapeva, e l'aveva intuito, compreso da chi le fosse stata rivelata la verità, avrebbe chiuso un occhio. Hunt era salvo. E lei, come gli aveva assicurato, non aveva aperto bocca.


 
**


Il capo le aveva accordato il permesso e il giorno dopo Kate era partita per New York. Una volta atterrata al La Guardia, a metà mattina, aveva chiamato Javier per chiedergli d'incontrarlo, dove e quando fosse stato per lui più comodo.
In quel momento lo stava aspettando seduta su una panchina di Central Park, nelle vicinanze dell'ingresso di Columbus Circle. Splendeva il sole in quel primo pomeriggio, ma nell'aria si sentiva il profumo dell'autunno.
Quella mattina era stata a trovare suo padre, il quale era rimasto sorpreso nel vederla, in modo particolare si era stupito che fosse a New York. Gli aveva raccontato della rottura con Javier e lui si era dispiaciuto, ma Kate sapeva, sebbene il padre non glielo avesse mai confessato, che doveva pensarla all'incirca come Rachel. Poi l'aveva guardata negli occhi e il suo volto si era fatto sereno, mentre le diceva che finalmente li vedeva di nuovo pieni di luce. Beckett lo aveva abbracciato.
Aveva pensato di far visita anche a Martha e Alexis, le avrebbe fatto piacere vederle, ma non era sicura che sarebbe riuscita a guardarle negli occhi sapendo che Rick era vivo, quindi aveva desistito.
Kate osservò i ciclisti che pedalavano lungo i vialetti del parco, i newyorkesi  che passeggiavano godendosi il sole ancora caldo, i turisti che curiosi si guardavano intorno e i grattacieli che svettavano in lontananza al di sopra delle piante: New York le era mancata. L'aveva lasciata con il cuore gonfio di dolore, e vi aveva fatto ritorno raggiante. Voleva tornare lì con Rick, nei luoghi che erano stati teatro dei loro momenti felici, che adesso era dolce ricordare, senza più farsi del male.
Esisteva una tomba che ora non aveva più alcun significato andare a visitare. Ironicamente, si domandò quale fosse il contenuto della bara. Era sicura che Castle avrebbe trovato qualche spiritosa battuta a riguardo con la quale esibirsi. Sorrise. Non vedeva l'ora. Chiuse gli occhi e sollevò il viso a farsi baciare dal sole, accarezzando quella che non era una speranza ma una meravigliosa certezza.

Javier entrò a Central Park e, mossi alcuni passi, individuò Beckett seduta su una panchina poco lontana. Camminò nella sua direzione.
Aveva creduto in  un futuro con lei, invece Kate aveva posto la parola fine alla loro relazione. Era stato per lui come una doccia gelata, ma se la sua decisione lo aveva colto impreparato doveva incolpare soltanto se stesso, per non aver mai dato ascolto alla fastidiosa vocina che lo aveva messo in guardia, avvertendolo sulla fragilità di quel rapporto.
Kate aveva affermato di avergli donato tutto il possibile in modo sincero e le aveva creduto, ma ciò non bastava a farlo sentire meno ferito. Poi gli aveva domandato di perdonarla, però, prima che lui potesse esprimersi, era stata chiamata per un caso urgente. Era uscita di casa in tutta fretta, pregandolo di rimanere per continuare a parlare, ma lui non si era comprensibilmente trovato nello stato d'animo adatto per aspettarla e, di conseguenza, aveva fatto ritorno a New York con il primo volo.
Non si erano sentiti fino a quella mattina, quando aveva ricevuto una telefonata da parte sua, in cui Beckett lo aveva informato di essere a New York domandandogli d'incontrarsi.
A dirla tutta, Esposito non desiderava vederla, non adesso, dopo solo alcuni giorni dalla fine della loro storia, ma era consapevole che fra di loro restasse ancora qualcosa da dire. Così aveva acconsentito alla sua richiesta e si era ritagliato un attimo di tempo.
Raggiunse Kate e si sedette accanto a lei sulla panchina, facendola trasalire. Persa ad inseguire i suoi pensieri, non doveva averlo visto arrivare.
«Ciao.»
«Ciao, Javier.»
Dopo qualche istante d'imbarazzato silenzio, lui, senza preamboli, disse: «Ti perdono.»
I lineamenti di Beckett si distesero in un'espressione sollevata e lui continuò: «Ma non posso smettere di amarti da un giorno all'altro.
Lei chinò il capo. «Lo so.» Si tirò una ciocca di capello dietro l'orecchio ed Esposito si accorse che portava di nuovo l'anello di fidanzamento. Quella vista acuì il suo dolore: per Kate, lui era stato soltanto una parentesi.
«Vorrei poter fare o dire qualcosa , ma penso non servirebbe» disse ancora lei.
«Infatti. Credo non ci sia più nulla da aggiungere.»
«Solo una cosa.» Fu con tono speranzoso che lei gli pose la domanda. «Resteremo amici, come lo siamo sempre stati in passato?»
Javier non tardò a rispondere. «No, non è possibile. Io per te ci sarò sempre, Kate, ma non si può tornare indietro.»
Lei restò in silenzio, facendo segno di sì con la testa quasi impercettibilmente. Esposito comprese il suo dispiacere, ma era inevitabile che la loro amicizia risultasse compromessa. Tra di loro niente sarebbe più stato come prima.
«Ora sarà meglio che vada, devo tornare al Distretto» disse alzandosi dalla panchina. Beckett fece lo stesso.
«Buona fortuna, Kate.»
«Anche a te. Arrivederci, Javier.» Gli sorrise con un po' di tristezza.
Esposito rimirò il suo viso, incantevole ed attraente in ogni espressione, che amava come tutto il resto di lei. Le andò vicino, tanto da sentire il suo profumo, e posò le labbra sulle sue in un bacio delicato, per rubare ancora un attimo a quell'amore irrealizzabile.
Sotto allo sguardo di Kate, velato di stupore, Javier si allontanò da lei e s'incamminò lungo il vialetto senza mai voltarsi indietro. Non sapeva se ringraziare il destino per avergli regalato i giorni preziosi trascorsi con la donna che amava da tanto tempo, oppure maledire il momento in cui era iniziata la loro storia, se voler conservarne gelosamente i ricordi nel cuore, o cancellarli per sempre.
Entrambi avrebbero vissuto le loro vite, percorrendo ognuno la propria strada. Un giorno si sarebbero rincontrati e forse sarebbe riuscito a guardare Kate senza provare una fitta al cuore.
Forse.


 
 
Doomed from the start
we met with a goodbye kiss

Maybe the days we had are gone
living in silence for too long

Cause we burnt out, that's what you do
when you have everything, it can’t be true

Open you’re eyes and what do you see?
the last stand, let go of my hand

Turning slowly, looking back, see
no words can save this, you’re broken and I’m pissed
Run along like I’m supposed to, be the man I ought to

You go your way and I’ll go my way
no words can save us

I hope someday that we will meet again



(Kasabian - “Goodbye kiss”)

 
 



 
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E vissero tutti felici e contenti. Tranne Espo. Guardate che le sento le vostre risatine malefiche!
Siamo giunti alla fine. Mi dispiace non avere più l'appuntamento del martedì con voi, mi mancherà il tenervi sulla graticola per tutta la settimana! Ma, soprattutto, mi mancheranno le vostre ipotesi, le battute, i nostri scambi.
Vi ringrazio tantissimo per tutte le belle recensioni, per aver accolto in modo positivo questa storia un po' fuori dagli schemi, senza aver scagliato nulla contro la sottoscritta.
Ringrazio anche chi ha letto silenziosamente, dedicandomi parte del suo tempo, sperando che anche qui valga la regola che chi tace acconsente ;)
Comunque non preoccupatevi (o preoccupatevi) tornerò presto!
Grazie ancora :)

Cri



 
  
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