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Autore: Rei_    11/11/2015    3 recensioni
- Prima classificata al contest “Uno sguardo vale più di mille parole” indetto da Himeko Kuroba sul forum di Efp. -
La storia è ambientata sul pianeta Vegeta, prima che Freezer uccide il re. Vegeta è solo un bambino di otto anni, e quando vede suo padre umiliato da Freezer non può far altro che desiderare la vendetta con tutto il suo cuore. Ecco com'è nato il Vegeta che tutti conosciamo.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Freezer, Nappa, Re Vegeta, Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Vide quell'essere per la prima volta sul pianeta Vegeta.
Lo vide mentre umiliava suo padre, costringendolo ad inchinarsi.
Suo padre, il più forte di tutti i saiyan, aveva chinato la testa e appoggiato le ginocchia a terra. I suoi capelli neri e lucenti erano finiti calpestati in malo modo da una zampa viola, mentre una crudele risata risuonava tra le pareti, fino alle orecchie del principe Vegeta.

La rabbia, unita alla frustrazione per il senso di impotenza che provava in quel momento consumò il principe dall'interno. Strinse i pugni fino a sentire dolore, e se ne andò a passi svelti prima di essere notato.
La verità era che aveva paura, la paura di subire lo stesso trattamento.
E, in quel momento, quella paura aveva superato anche la volontà di difendere suo padre.

Quella stessa notte, però, quella scena gli ricomparve nella mente in modo talmente ossessivo da non permettergli di chiudere occhio.
Si girò e rigirò nel letto, con un senso di angoscia che minacciava di esprimersi da un momento all'altro sotto forma di acqua salata dai suoi occhi, perchè in fondo era ancora un ragazzino di otto anni, e per lui suo padre era il più forte dei saiyan, come poteva accettare che finisse umiliato in quel modo da quel mostro piccolo e informe?

Alla fine però non pianse. Non poteva, lui era il Principe dei saiyan, doveva essere forte.

Dopo qualche ora, tuttavia, l'ansia aveva superato ogni limite di sopportazione, provocandogli sudori freddi che avevano bagnato completamente le lenzuola pregiate e il cuscino di piume, dove si era rigirato ancora mille e mille volte senza prendere sonno.
Uscì dalla sua camera in fretta, imprecando contro se stesso, e la prima cosa che fece appena entrato in bagno fu rompere subito lo specchio enorme sopra il lavandino con una sfera di ki.

Non si sarebbe visto così debole. Mai.

Dopodichè si buttò in doccia, e l'acqua calda portò via la paura, lasciandogli dentro solo un'incontenibile rabbia.
Ma aveva solo otto anni. Cosa poteva fare?
No, un momento. Qualcosa poteva farlo. Poteva allenarsi, diventare più forte, e finalmente farla pagare a quel bastardo di Freezer.
Certo, Freezer era molto, molto più forte di suo padre e quindi anche di lui, questo lo sapeva bene: gli avevano insegnato fin dalla tenera età a non essere ingenuo e ad affrontare la realtà. Ma se si sarebbe allenato giorno e notte, senza sosta, magari qualche anno sarebbe bastato per raggiungere il suo livello.
In fondo era un saiyan, cosa poteva essere quel mostro a confronto della gloriosa razza dei migliori combattenti dell'intero universo?
Sì, doveva farlo assolutamente, anche se ora gli sembrava impossibile riuscirci, ci avrebbe provato.
Avrebbe speso ogni energia, ogni sforzo di ogni muscolo del corpo, ogni goccia di sudore, ogni respiro corto, ogni goccia di sangue.

Per suo padre.
Per il suo popolo.

 

 

 


Passò un mese in cui non rivide più quell'orribile essere rosa. Poi, un giorno, durante il consueto allenamento con gli altri saiyan, notò che qualcuno lo stava tenendo d'occhio da dietro il vetro della sala.

Era lui. Freezer.

Quando notò la sua presenza decise che, finalmente, era giunto il momento di fargli vedere tutta la sua forza che aveva accumulato in quel mese intenso.
Si era allenato senza sosta giorno e notte, costringendo i saiyan al suo servizio a stargli dietro fino a crollare sul campo di battaglia, e adesso avrebbe mostrato a quell'essere che non avrebbe avuto vita facile, gli avrebbe fatto vedere quanto valeva un vero saiyan!

Con dei colpi veloci uniti a piccole sfere di ki iniziò un feroce combattimento con Raditz e Napa alla massima velocità. Le sue sfere erano più forti, diverse da quelle di altri saiyan, perchè riuscivano a inseguire il nemico fino a che non lo avevano colpito, e così accadde, perchè i due saiyan caddero al suolo in meno di un minuto, perdendo entrambi molto sangue a causa del colpo.
Restò solo Vegeta in piedi, troneggiante al centro della sala, con il suo sguardo fiero puntato nei piccoli occhi malvagi di Freezer, quasi come a sfidarlo, come a dirgli di venire a battersi con lui se ne aveva il coraggio.

Quanto gli sarebbe costata quell'assurda sciocchezza, quell'inutile provocazione..

Venne bloccato subito dopo, prima di arrivare alle docce, e chiamato a bordo della navicella di Freezer, tra gli sguardi terrificati dei suoi compagni di allenamento che Vegeta però non riuscì a comprendere.

Era la prima volta che chiamavano lui, da solo, senza suo padre.

Ma non aveva paura. Probabilmente Freezer voleva solo constatare di persona la sua forza, e magari poi lo avrebbe spedito in giro per l'universo a razziare nel suo nome, come già facevano molti saiyan.
L'idea non lo entusiasmava certamente, però sarebbe stato un buon punto di partenza per la sua vendetta. E comunque Vegeta lo sapeva bene: Freezer stava sottomettendo il suo popolo da molto tempo ormai, e finchè i saiyan non avrebbero avuto la forza di ribellarsi sarebbero stati costretti a servirlo.

“Vieni avanti, caro principino”

Quando entrò nella sala enorme notò subito la presenza di tante persone attorno che ridacchiavano, ma non vi diede peso, camminando fiero dentro i piccoli stivaletti da combattimento, come gli avevano insegnato a fare. Lui era superiore a tutti quegli esseri deboli e inetti.
La sua fronte ed il collo erano ancora umidi del sudore dell'allenamento, e la pesante armatura non aiutava di certo a smaltire il calore, né a diminuire il dolore ai muscoli per lo sforzo di prima. Anche se era il più forte dei saiyan, non era stata un'impresa facile mettere KO Napa e Raditz in così poco tempo,

“Bene, bene.” Freezer lo fissò con due occhi penetranti dall'alto del suo trono. Il suo sguardo era di scherno e disprezzo autentico, e subito Vegeta strinse i pugni dalla rabbia.
Come si permetteva di guardarlo come se fosse stato un sacco di spazzatura?
“Sono spiacente di comunicarti che non mi è piaciuto affatto quel tuo sguardo di sfida di prima. Dovresti avere più rispetto per me, l'imperatore dell'universo, che sto dando un futuro prosperoso al tuo pianeta, non credi principe Vegeta?”
Scandì la parola “principe” dandogli un tono appositamente pomposo, e la sala intera scoppiò in una fragorosa risata.
Vegeta abbassò gli occhi, odiandoli tutti uno ad uno, ma non si scompose.

“Sì, signore”

Gli avevano insegnato che era quella l'unica risposta giusta da dare a Freezer. Ora doveva solo sperare che bastasse, non gli andava per niente di subire una lezione da lui.
Il suo orgoglio iniziava a tremare di indignazione, ma con un immenso sforzo di volontà lo mise a tacere.

“Oh.. tutto qui? Non credi di dovermi delle scuse?” aggiunse Freezer con un tono falsamente stupito, perforandolo con lo sguardo.

Questa volta, però, Vegeta non abbassò gli occhi.
Non poteva, era il principe dei saiyan!
Non si sarebbe scusato, oh no. Non lo avrebbe mai fatto davanti a lui, e soprattutto non davanti a tutta quella gente!

“No, signore” rispose con tutta la decisione che aveva.

Quell'improvviso moto di orgoglio, però, gli costò caro. Un raggio di luce lo colpì alla spalla in meno di un secondo, facendolo cadere in ginocchio. Il sangue gli schizzò sui vestiti, e il dolore lancinante lo prese alla sprovvista, causandogli un inevitabile gemito di sorpresa.

“Hai ragione, Vegeta, in effetti da questa posizione è molto meglio!” rise Freezer, causando di nuovo l'ilarità generale dei suoi soldati.

Il Principe respirò a fondo, coprendosi la ferita con la mano, sporcando di sangue il guanto bianco. Gli succedeva spesso, durante gli allenamenti, di perdere sangue. Era abituato a vederlo, a sentirlo uscire dal corpo, a medicare una ad una le sue ferite da quando era capace di reggersi in piedi.
Ma questa era diversa. Non era una ferita da combattimento, era una ferita per umiliarlo, fatta da un essere viscido e odioso, non certo da un saiyan della sua razza.

A fatica si rialzò, accorgendosi che le sue gambe tremavano.

Lui, il Principe dei saiyan, stava tremando.
Lui, il Principe dei saiyan, aveva paura?

Si era allenato, e non era servito a niente. Era ancora troppo debole, ancora troppo piccolo, e ora ne era sicuro: non lo avrebbe scalfito nemmeno al massimo delle sue forze.
Questa consapevolezza gli riempì il cuore di amarezza, mandando in frantumi ciò che restava del suo coraggio.

Rimaneva una sola cosa possibile da fare, a questo punto.

Piegò lo sguardo con freddezza, odiandosi nel profondo per ciò che era costretto a fare.
“Le chiedo perdono, signore, per essere stato insolente con lei”

Le risate generali accolsero le sue poche parole. Qualcuno, in mezzo alla folla, gridò qualche insulto dandogli della scimmia idiota, e per Vegeta fu molto difficile trattenersi dal chiudere all'istante le bocche dalla quale erano uscite quelle sconsiderevoli offese.
“Non ti sei inginocchiato, principe Vegeta”
Piegò le ginocchia, come aveva fatto suo padre prima di lui, mentre le ossa del suo corpo cercavano di rifiutarsi di compiere quell'atto ignobile, minacciando di non sostenerlo più.

Tutte le risa che seguirono a quell'atto sparirono nell'oblio della sua mente quando gli fu finalmente permesso di andarsene. Camminò sulle piccole gambe, e il freddo che percepiva alle ginocchia per il contatto con il pavimento di metallo gli mandò brividi gelidi lungo la schiena per tutto il percorso fino alla confortevole terra del suo pianeta.


Una volta fuori, iniziò a prendere a pugni l'esterno dell'enorme astronave di Freezer, con rabbia, d'istinto, rompendo la stoffa dei guanti e facendosi sanguinare le nocche della mano.
Non poteva, non poteva!
Come aveva potuto piegarsi davanti a Freezer, lui che era il principe dei saiyan, lui, che avrebbe dovuto vendicare l'umiliazione di suo padre?
Come aveva potuto permettere che quella viscida creatura rosa calpestasse il suo orgoglio di saiyan?

La rabbia fu talmente forte che non si fermò. Scalfì appena l'acciaio dell'astronave, mentre la sua mano si piegava dal dolore e le piccole ossa delle dita minacciavano di rompersi ad ogni colpo.
Ma non si sarebbe fermato.

Non si sarebbe perdonato per essere stato così debole.

Il sangue tinse di rosso il bianco del freddo metallo, formando un rigagnolo che colò giù fino a terra, fino alla sua terra del suo pianeta.
- Bastardo.. Bastardo.. Male..detto..Ba..Star..Do... -

“Vegeta, fermati!”
La voce gli giunse alle orecchie come se provenisse da lontano, anche se proveniva giusto da pochi centimetri dietro di lui, da qualcuno che, in quel momento, la sua mente non riconobbe.
Ma tanto non gli importava. Poteva anche essere uno della guardia di Freezer, per quello che contava.
Avrebbe comunque continuato a distruggere a pugni quella navicella maledetta, o, più probabilmente, a distruggere quel suo braccio così debole, così incapace di vendicare il suo popolo.

“Vegeta, basta!”
Una mano cercò di farlo smettere, ma Vegeta si oppose con tutte le forze, tanto da costringere l'altro a prenderlo da dietro e buttarlo per terra con le maniere forti.
Fu solo a quel punto, quando la sua faccia toccò la terra sporca e delle mani lo tenevano per le spalle, che si accorse che la persona che lo stava fermando era nientemeno che Napa.

“Lasciami in pace!”
Si rialzò di scatto, con l'intenzione di riprendere il lavoro da dove lo aveva lasciato, ma Napa glielo impedì subito, mettendosi di fronte a lui e afferrandogli il pugno nella sua mano.

Perchè?
Perchè, maledizione?
“Lasciami, bastardo!”

Scrollò il pugno, ma non ci fu verso di liberarsi. Si era troppo indebolito dopo l'allenamento, e la ferita alla spalla non aiutava di sicuro.
Quanto era debole. Non riusciva nemmeno a battere quel saiyan così inferiore a lui.
“Vegeta, mio principe..” Napa si inchinò, come di consueto. Nonostante la sua giovane età era già alto ed enorme, almeno il doppio di Vegeta. “Torniamo indietro. Non potete fare niente qui”
“Sta zitto! Sta zitto, devo vendicare mio padre!!”
Gli lanciò delle sfere di ki dalla mano, ma era troppo debole anche per quelle e venne fermato senza il minimo sforzo da parte dell'altro.
“Mio principe...”

Sarebbe stato facile piangere, a quel punto. Desiderava tanto lasciarsi andare, buttare fuori la rabbia, il dolore, l'umiliazione...
La paura...
Perchè non poteva mai farlo? Perchè lui, a differenza di tutti gli altri, non poteva mai permettersi di essere debole?

“Napa. Sei ai miei ordini, ricordi?”

Aveva il terrore che Napa potesse notare l'ombra di sconforto che in quel momento era impressa nei suoi occhi, che potesse vederlo debole, anche solo per una volta. Con che faccia poteva comandarlo se si mostrava così... inferiore?
“Sì, principe Vegeta”
Nessuna sfumatura nel suo tono di voce. Solo una mesta rassegnazione, un fedele orgoglio.
“Andiamo ad allenarci. Non smetteremo fino a quando non lo dirò io”

E Napa gli ubbidì, perchè non poteva fare altrimenti.

Gli ubbidì anche se cadde a terra numerose volte, con il respiro mozzato dai colpi di Vegeta e graffi in ogni angolo di pelle.


Passarono 12 ore di fila lì al campo di allenamento.
Nessun riposo, nessuna pausa. Nessun saiyan, in quel momento, avrebbe potuto fermare il piccolo Vegeta, che con orgoglio combatteva senza perdere un colpo.
E quando, sfinito, crollò a terra, scoprì che la fredda roccia del suo pianeta era quanto di più piacevole potesse desiderare in quel momento.

“Andiamo a casa, principe”
Nessuno dei due aveva la forza per rialzarsi, in quel momento. Ma entrambi erano felici, perchè non c'era niente che potesse rendere più felice un saiyan di un combattimento fino allo sfinimento.

“Sì, andiamo”

A sorpresa, Vegeta si rialzò in piedi. Il volto fiero era segnato da graffi di ogni tipo, e gli occhi erano parecchio stanchi, ma lo stesso pieni di desiderio.
Un atroce desiderio di vendetta.

Prese Napa per un braccio e, a sorpresa, si librò in aria.
Nessuno capì come Vegeta riuscì a tornare fino al palazzo, percorrendo kilometri e kilometri in volo con numerose ossa fuori posto. Ma quando lo videro arrivare e notarono il suo sguardo, nessuno osò nemmeno chiederglielo.
Nemmeno suo padre, che senza successo cercò un tocco affettuoso, prontamente scansato dal principe.
“Perdono, padre. Vado a riposarmi”

 

Fu l'ultima occasione che Re Vegeta ebbe per guardare suo figlio negli occhi.
E quando, il giorno dopo, morì per mano di Freezer, l'ultima cosa a cui pensò fu proprio quello sguardo.

 



“Tocca a te adesso, Vegeta..”





 

   
 
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