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Autore: HuGmyShadoW    25/02/2009    1 recensioni
Aprii l'acqua, scalciai lontano l'accappatoio e mi infila sotto il getto caldo della doccia rabbrividendo piacevolmente. Un'altra giornata si era conclusa finalmente, e potevo godermi i miei meritatissimi ventitré minuti di bagnoschiuma alla cannella e shampoo all'arancia. Sorridevo beata ascoltando il rilassante sciacquio dell'acqua sulla mia pelle, convinta che niente e nessuno avrebbe potuto turbare quella quiete, quando...
«Amyyy!».

Perché la vita è un continuo perdere la presa, sollevarsi, rialzarsi, perdere la presa...
Genere: Generale, Romantico, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Prologo_ “im Badezimmer (*)”



Aprii l'acqua, scalciai lontano l'accappatoio e mi infila sotto il getto caldo della doccia rabbrividendo piacevolmente. Un'altra giornata si era conclusa finalmente, e potevo godermi i miei meritatissimi ventitré minuti di bagnoschiuma alla cannella e shampoo all'arancia. Sorridevo beata ascoltando il rilassante sciacquio dell'acqua sulla mia pelle, convinta che niente e nessuno avrebbe potuto turbare quella quiete, quando...

«Amyyy!».

Alzai gli occhi al cielo. Mio fratello, chiaramente, non era affatto Nessuno, e tanto meno Niente.

Sospirai.

«Che cazzo vuoi, Tom?» gli urlai in risposta. Non spensi nemmeno il getto d'acqua, ero sicura di riuscire a mandarlo via in pochi istanti, i miei pochi preziosi istanti.

«Devo pisciare! Quanto ti manca?» replicò lui.

Sì, anche il vostro tappetino da mouse l'ha capito: la finezza non era il suo forte.

«Quando finisco vuol dire che ho finito! E intanto te la tieni. Oppure usi l'altro bagno.»

«E dovrei andare fino all'altra parte della casa? Ma sei matta?! Piuttosto me la tengo... tu però sbrigati» aggiunse in un mugolio quasi inudibile.

Sbuffai. Non avevo mai un momento di pace; nemmeno in doccia durante il Mio Momento per eccellenza rispettato e temuto da tutti riuscivo a rimanere sola coi miei pensieri! Se andava avanti così, ben presto avrei avuto bisogno di un analista. O di una bella corda robusta e un paio di lamette.

Chiusi il getto.

«Tom?» chiamai dolcemente.

«Sì?». Anche con una porta massiccia a separarci e le orecchie piene d'acqua riuscivo a percepire il suo tono sollevato; quasi me lo vedevo, in procinto di spingere la maniglia, la mano a tenere l'orlo della felpa troppo lunga, il piercing argentato imprigionato fra i denti. Sogghignai.

«Fatti un giro». E riaprii l'acqua.

Soddisfatta, impiegai i successivi tre minuti a sciogliere i muscoli delle spalle, tesi come corde di violino per il troppo stress, e a concentrarmi su un florido praticello verde abitato solo da piccoli e simpatici coniglietti dal pelo fucsia che...

Tum tum tum.

che battevano il tamburo? A parte nel film di Bambi, non mi risultava che i coniglietti percuotessero davvero i tronchi cavi; la verità era che forse avevo bisogno di iniziare ad acquistare Focus, in edicola, invece di Novella 2000.

Tum tum tum.

No, un momento... questo sembrava più un pugno non coperto di pelliccia e disposto di pollice opponibile che tentava di buttare giù la porta del mio bagno. Altro che coniglietti. Non appena realizzai, il praticello verde e gli anomali roditori, insospettabili fumatori d'erbetta, scomparvero come una nuvoletta di vapore.

«Che cazzo c'è ancora?» urlai.

«Tesoro? Sono io. Ti ho portato il pigiama».

Merda.

«Ah. Sì, grazie mille mamma. Posalo pure dietro la porta, ho quasi finito». Per poco non mandavo affanculo mia madre. Per poi sorbirmi la decimilionesima ramanzina sul mio “linguaggio scurrile” e il mio “atteggiamento provocatorio”. Tutte cazzate, ovviamente. Ammetto che ogni tanto mi lasciavo andare a qualche esclamazione poco signorile e ad atteggiamenti più congeniali all'amico di uno scaricatore di porto, ma ciò mica faceva di me un pessimo soggetto! No?

Scacciai in fretta qualunque pensiero superfluo e mi incantai a fissare il vapore che saliva pigramente verso l'alto disperdendosi appena fuori dal box. La parola d'ordine di quei pochi minuti che mi rimanevano era: relax... relax... relax...

Toc toc.

«Cazzo!».

Chiusi l'acqua: adesso era davvero troppo!

«Chiunque tu sia, fuori da quella porta, è dove resterai finché io non uscirò, chiaro? Tom, hai capito? Puoi tenertela, la tua pisciata, tanto Io Non...»

«Mimmy?».

Merda.

«Dimmi, Bill...» sospirai mordendomi il labbro.

Silenzio. Non mi era difficile immaginarlo, a strofinarsi un braccio o una gamba in modo teneramente imbarazzato, magari torcendosi una ciocca di capelli, mentre aspettava la mia risposta da dentro il bagno.

«Volevo chiederti... se... be', se tu...». Nonostante il nervosismo che mi attorcigliava i nervi delle spalle come pasta per le tagliatelle, non potei rimanere impassibile ascoltando il suo nervoso, adorabile balbettio.

Sì, ancora una volta, il vostro tappetino per mouse è più perspicace di una coccinella con il complesso dei punti neri: era Bill il mio fratellino preferito.

«Insomma, io dovrei... andare in bagno... quindi, se hai finito...».

«Esco in un secondo!» lo precedetti, uscendo dal box e avvolgendomi in fretta e furia in un grande asciugamano bianco.

«Non voglio metterti fretta...» continuava.

«Nessuna fretta» risposi frizionandomi i capelli in un asciugamano più piccolo.

«In fondo potrei anche aspettare un altro po'...».

«Non farti troppe seghe mentali, ti ho detto che ho finito!» ribattei tormentandomi la chioma mossa e bionda. Optai per farla asciugare naturalmente, lasciandola sciolta.

«Ma La Doccia è il tuo momento speciale, mi romperebbe rovinartelo».

Aprii la porta di colpo, facendogli fare un salto.

«Bill, quando dico che ho finito vuol dire che ho finito». Sorrisi, poi mi scostai leggermente per farlo passare.

«Prego, è tutto tuo».

Il ragazzo mi ringraziò con un bacino sulla guancia e prima che potessi rispondere si era già volatilizzato.

«Adesso faccio io la doccia, d'accordo?» lo sentii esclamare da lì dietro.

«No problem» urlai in risposta.

Cominciai ad armeggiare col nodo dell'asciugamano e feci per dirigermi lungo il corridoio buio, verso la mia stanza, quando una figura sbucò dall'ombra facendomi quasi mollare la presa.

«Uah!» strillai balzando ad accendere la luce e contemporaneamente preparandomi a mollare un calcio fotonico.

Per fortuna (o sfortuna?) mi accorsi appena in tempo che il potenziale Joker pronto a tendermi un tranello altri non era che Tom, ugualmente spaventoso ma non malintenzionato, e gli risparmiai il fracassamento di palle.

«Ah, sei uscita!» disse lui, che ovviamente non si era accorto di nulla. Notai che saltellava da un piede all'altro come se stesse camminando sui carboni ardenti.«Pensavo avresti messo radici in quel bagno!» commentò avviandosi balzelloni verso la porta.

«C'è Bill» lo anticipai. La sua mano rimase sospesa.

«Ma cos... C'ero prima io! Te l'ho chiesto prima io!» esclamò diventando tutto rosso.

«Lo so. Ma a lui voglio bene, a te no» ribattei con una linguaccia. Prima che potesse rispondere ancora scivolai nella mia stanza e gli chiusi la porta in faccia.







(*) “nella stanza da bagno”




   
 
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